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Valida impugnazione a PEC sbagliata per Tribunale ma non per DGSIA (Cass. 24953/21)

30 giugno 2021, Cassazione penale

Non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione la trasmissione ad un indirizzo pec dell'ufficio giudiziario diverso da quello indicato come abilitato dal provvedimento organizzativo del presidente del Tribunale, ma compreso nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, contenente l'individuazione degli indirizzi pec degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, in quanto tale sanzione processuale è prevista dall'art. 24, comma 6-sexies, lett. e), D.L. cit. esclusivamente in caso di utilizzo di indirizzi PEC di destinazione non ricompresi neppure nell'allegato del citato provvedimento direttoriale.

 

Corte di Cassazione

Sez. V penale

(data ud. 10/05/2021) 30/06/2021, n. 24953
 SENTENZA

G.G.D.J., nato il (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 17/03/2021 del TRIBUNALE DEL RIESAME di GENOVA;

udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale PAOLA FILIPPI che ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe, il Tribunale del riesame di Genova ha dichiarato inammissibile l'appello cautelare proposto da G.G.D.J. avverso l'ordinanza con cui la Corte d'Appello di Genova ha rigettato l'istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere in atto nei suoi confronti per più reati furto aggravato. L'inammissibilità si fonda sulla constatazione da parte del Tribunale del riesame dell'utilizzo errato di un indirizzo di posta elettronica certificata, non abilitato alla ricezione degli atti perchè diverso da quello indicato dal provvedimento del Presidente del Tribunale di Genova in data 18.11.2020, in ossequio alle direttive contenute nel D.L. n. 137 del 2020, art. 24, comma 4, e nel successivo provvedimento del Direttore generale dei servizi informativi e automatizzati del 9.11.2020.

2. Ha proposto ricorso l'imputato, mediante il suo difensore, deducendo con un unico motivo violazione di legge processuale e dei principi generali del favor impugnationis e di conservazione degli atti.

Il ricorrente rappresenta che gli indirizzi di PEC del Tribunale di Genova ai quali è stato inviato l'atto di appello cautelare - (OMISSIS) e (OMISSIS) - sono entrambi ricompresi nell'elenco allegato al provvedimento del Direttore Generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia contenente l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4.

Si evidenzia, altresì, che la disposizione normativa del citato art. 24, al comma 6 bis, stabilisce che l'impugnazione è inammissibile in alcuni casi da ritenersi tassativi, tra i quali non rientra quello che la Corte d'Appello ha ritenuto sussistente, dimenticando la corrispondenza, degli indirizzi PEC di inoltro, a quelli previsti dal provvedimento del DGSIA citato e conferendo valore ad un provvedimento di fonte dirigenziale del Presidente del Tribunale di Genova, con cui si individuava, tra i tre indirizzi indicati dal DGSIA, uno soltanto per essere quello cui destinare le impugnazioni in materia cautelare ((OMISSIS)).

Il fatto che il ricorrente non avesse utilizzato quest'ultimo indirizzo per l'invio dell'appello ex art. 310 c.p.p., non poteva, pertanto, determinarne l'inammissibilità, stante l'irrilevanza del provvedimento del Presidente del Tribunale di Genova a tal fine.

Il difensore del ricorrente, infine, contesta il richiamo al precedente giurisprudenziale di legittimità operato dall'ordinanza impugnata, e cioè la sentenza Sez. 1, n. 9887 del 26/1/2021, poichè mal interpretato, avendo statuito la Cassazione, in tale arresto, proprio un principio opposto, e cioè l'inammissibilità collegata all'utilizzo di un indirizzo di PEC per nulla inserito tra quelli individuati dal provvedimento del DGSIA, ma non che l'inammissibilità derivi dall'utilizzo di uno (o due, come nel caso di specie) di tali indirizzi, tuttavia non corrispondenti ad un terzo di essi, dedicato all'invio delle PEC in materia di impugnazione di misure cautelari personali e reali da un mero provvedimento del dirigente del Tribunale locale.

3. Il Sostituto Procuratore Generale Paola Filippi ha chiesto, con requisitoria scritta, l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. La questione sottoposta al Collegio attiene a se l'istanza di riesame o di appello cautelare depositata a mezzo di posta certificata dal difensore ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4 - convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 - sia inammissibile ai sensi del comma 6 sexies, del citato articolo, qualora sia stata inviata presso uno degli indirizzi PEC dell'ufficio giudiziario destinatario, indicati nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati (DGSIA) pubblicato il 9/11/2020, ma non a quello, tra questi, specificamente individuato dal Presidente del Tribunale, con proprio provvedimento, per la trasmissione delle impugnazioni cautelari.

La soluzione deve essere negativa.

Occorre, tuttavia, procedere ad un rapido inquadramento delle disposizioni emergenziali la cui applicazione è controversa nel caso di ispecie.

3. Il decreto L. 28 ottobre 2020, n. 137 - convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176 e recante "Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19" - nel testo seguito all'approvazione della legge di conversione, stabilisce, all'art. 24, comma 4, la possibilità di deposito con valore legale, mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui all'art. 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2 (e cioè diversi da quelli per i quali è previsto il deposito in via esclusiva mediante portale del processo penale telematico, per la durata del periodo emergenziale), fino alla scadenza del termine di cui al D.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2020, n. 35.

In particolare, è stato previsto, tra l'altro, che il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici, segnalando anche che, con il medesimo provvedimento, sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e alla sottoscrizione digitale, nonchè le "ulteriori modalità di invio" e disposizioni per messaggi che eccedono la dimensione massima stabilita (art. 24, comma 4, seconda parte).

La legge di conversione ha aggiunto, tra l'altro, all'art. 24 suddetto, i commi da 6 bis a 6 undecies, con i quali sono state previste disposizioni specifiche relative alla digitalizzazione del deposito e della ricezione degli atti di impugnazione penale.

Più precisamente, l'art. 24, comma 6 ter, citato stabilisce che l'impugnazione è trasmessa tramite posta elettronica certificata dall'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 4, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate, espressamente escludendo l'applicazione, in tal caso, della disposizione di cui all'art. 582 c.p.p., comma 2, (e cioè le specifiche possibilità di deposito "fisico" dell'impugnazione in ufficio diverso da quello del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato).

L'applicazione generalizzata, poi, delle disposizioni emergenziali a tutti gli atti di impugnazione, comunque denominati - e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli artt. 410 e 461 c.p.p., e art. 667 c.p.p., comma 4, e ai reclami giurisdizionali previsti dalla L. 26 luglio 1975, n. 354 - è assicurata dal successivo comma quinquies, che stabilisce, altresì, specificamente, che, per le richieste di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali (la norma cita anche quelle "reali", ma per queste ultime in realtà il richiamo avrebbe dovuto essere operato alla disposizione prevista dall'art. 324 c.p.p., comma 5), l'atto di impugnazione, in deroga a quanto disposto dal comma 6 ter, è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del Tribunale di cui all'art. 309 c.p.p., comma 7, e cioè, ovviamente, del Tribunale sede distrettuale.

Anche tenuto conto della rubrica del D.L. n. 137 del 2020, art. 24, (Disposizioni per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19), la disciplina emergenziale ha una chiara finalità di alleggerimento del sistema complessivo di deposito degli atti giudiziari, comprese le impugnazioni, al fine di rispondere all'emergenza sanitaria in corso.

Con tale obiettivo, si è perseguita una "dernaterializzazione" del sistema di deposito anche degli atti di impugnazione, qualsiasi essi siano, proponendo l'utilizzo di modalità informatiche certificate, come possibilità per le parti (inequivoca l'espressione "è consentito il deposito...").

Successivamente all'intervento di legislazione primaria, il 9.11.2020, il Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia ha emanato il proprio provvedimento attuativo, contenente l'individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4, e le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio, ed il relativo Allegato 1, contenente gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4.

3.1. In tale contesto di disciplina (modalità semplificate, più sicure per la salute pubblica, e, al tempo stesso, efficaci e utili a garantire l'ordinato esplicarsi del diritto di impugnazione), il legislatore, al medesimo D.L. n. 137 del 2020 cit., art. 24, comma 6 sexies, ha previsto anche cause espresse di inammissibilità dell'impugnazione, che operano qualora essa venga proposta al di fuori degli schemi legali emergenziali predetti, le quali costituiscono, dunque, cause ulteriori di inammissibilità, rispetto a quelle sancite in via generale dall'art. 591 c.p.p. (fatte esplicitamente salve).

Stando al tenore del testo normativo richiamato l'impugnazione è inammissibile:

a) quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore;

b) quando le copie informatiche per immagine di cui al comma 6 bis, non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all'originale;

c) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4;

d) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore;

e) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale di cui all'art. 309 c.p.p., comma 7, dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati di cui al comma 4.

La specifica causa di inammissibilità declinata dalla lett. e) del comma 6 sexies, per il suo tenore letterale, è di evidente applicazione limitata ai soli casi nei quali il deposito dell'atto di impugnazione avvenga tramite una casella di posta elettronica non indicata nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati.

Si aggiunga che, così come per ogni causa di inammissibilità relativa al diritto di impugnazione nel processo penale, in relazione alle ipotesi previste dal D.L. n. 137 del 2020, art. 24, comma 6 sexies, deve ritenersi operante il principio di tassatività, che ne impedisce l'estensione ad ipotesi analoghe di irregolarità delle modalità di trasmissione, non contemplate esplicitamente dal dettato legislativo (sulla tassatività delle cause di inammissibilità dell'impugnazione previste dall'art. 591 c.p.p., cfr. Sez. 1, n. 24433 del 29/4/2015, Masalmeh, Rv. 263970; Sez. 2, n. 8413 del 23/3/1998, Gatto, Rv. 211188; Sez. 1, n. 5887 del 5/5/1997, Gruber, Rv. 207929).

Orbene, l'inammissibilità prevista dalla lett. e) della disposizione citata non fa richiamo alcuno ad una sanzione processuale collegata alla trasmissione ad un indirizzo diverso da quello indicato dal dirigente dell'ufficio destinazione per le impugnazioni avverso determinati provvedimenti piuttosto che altri (nella specie, si tratta dell'appello ex art. 310 c.p.p., avverso una misura cautelare custodiale carceraria a carico del ricorrente, come segnalato).

Anzi, neppure è contemplato il potere di successiva specificazione-integrazione del provvedimento del Direttore DGSIA da parte dei capi degli uffici, probabilmente non a caso: si tratta, infatti, di modalità emergenziali e di cause di inammissibilità parametrate alla natura dei mezzi di deposito di nuova introduzione, sicchè ragioni di opportunità ne hanno verosimilmente circoscritto l'ambito applicativo alla comunicazione, di rilievo nazionale, che consegue all'atto-fonte di natura secondaria e regolamentare quale è il provvedimento direttoriale suddetto, che, solo, può integrare la previsione di natura primaria (l'art. 24, comma 6 sexies), mediante la tecnica del rinvio normativo.

Il legislatore avrebbe potuto prevedere tale potere integrativo o avrebbe potuto indicare come causa di inammissibilità il far ricorso agli indirizzi contenuti nel provvedimento direttoriale DGSIA, dando indicazioni per distinguerli quanto meno per le istanze in materia cautelare; ma così non è stato.

Se, pertanto, i dirigenti degli uffici giudiziari ritengono di individuare, tra quelli loro assegnati dal provvedimento del Direttore DGSIA, degli indirizzi "dedicati" da destinare alla ricezione di talune categorie di atti - possibilità legittima, non vietata dal punto di vista normativo - tali disposizioni assumono valenza solo organizzativa interna, benchè resa pubblica con modalità di comunicazione esterne da parte degli uffici, e non possono assurgere a disciplina integrativa di quella di legge in materia di deposito delle impugnazioni con valore legale, nè tantomeno essere causa di inammissibilità, ai sensi del citato comma 6 sexies.

Nel caso di specie, il difensore del ricorrente ha inviato la propria richiesta di appello cautelare a due dei tre indirizzi PEC attribuiti all'ufficio competente (il Tribunale di Genova) dal provvedimento del Direttore DGSIA del 9.11.2020 (ricompresi nell'Allegato 1) e, dunque, in conformità a quanto prescritto dall'art. 24, comma 4, sicchè non vi era spazio per dichiarare l'inammissibilità ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 6 sexies, lett. e), convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, solo perchè gli indirizzi utilizzati non corrispondevano a quello, tra i tre, individuato dal Presidente del Tribunale di Genova per essere dedicato specificamente a ricevere le PEC relative alle impugnazioni in materia cautelare (e cioè (OMISSIS)).

La giurisprudenza di legittimità citata dal provvedimento impugnato, e cioè la sentenza Sez. 1, n. 9887 del 26/1/2021, Giambra, Rv. 280738, non smentisce l'opzione adottata poichè con tale pronuncia questa Corte ha inteso affermare l'inammissibilità dei motivi nuovi del ricorso in cassazione, se trasmessi a una casella di posta elettronica certificata diversa da quella individuata dal citato provvedimento del 9 novembre 2020 emesso dal DGSIA e, dunque, non ricompresa nell'Allegato 1.

3.2. Pertanto, deve concludersi nel senso che la violazione dei provvedimenti organizzativi adottati dal dirigente dell'ufficio giudiziario in ordine alla destinazione dei singoli indirizzi di posta elettronica certificata (PEC) assegnati all'ufficio medesimo per il deposito degli atti difensivi non costituisce causa di inammissibilità dell'impugnazione cautelare, in quanto tale sanzione processuale è prevista dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 6 sexies, lett. e), convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, esclusivamente per il caso del mancato rispetto delle indicazioni contenute nel provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della giustizia, emesso ai sensi del precedente comma 4, della medesima disposizione, pubblicato il 9.11.2020 (e dunque solo in caso di utilizzo di indirizzi PEC di destinazione non ricompresi nell'Allegato 1 del citato provvedimento direttoriale).

3.3. Il provvedimento impugnato, pertanto, deve essere annullato con rinvio al Tribunale di Genova perchè proceda al giudizio di impugnazione cautelare.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per il giudizio al Tribunale di Genova.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 10 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2021