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Testimone all'estero e testimonianza in Italia (Cass. 2476/20)

22 gennaio 2020, Cassazione penale

L’acquisizione dei verbali delle dichiarazioni rese, nel corso delle indagini, da persona residente all’estero, si pone, infatti, come "extrema ratio", in deroga ai principi generali in tema di letture vietate, e impone al giudice la rigorosa verifica preliminare: della corretta citazione della persona residente all’estero, dell’esistenza di una causa di impossibilità assoluta ed oggettiva ad assumere la testimonianza medesima, nonchè dell’impossibilità di esaminare il teste attraverso rogatoria internazionale.

Dato che il richiamo costituzionale a una impossibilità di natura oggettiva si riferisce a fatti indipendenti dalla volontà del dichiarante, deve escludersi che l’impossibilità possa comunque dipendere esclusivamente dalla volontaria sottrazione del testimone al dibattimento.

Il decesso del dichiarante ovvero le sue gravi condizioni di salute consentono l’utilizzabilità a fini probatori delle dichiarazioni predibattimentali, acquisite ai sensi dell’art. 512 c.p.p., senza che ciò determini una violazione dell’art. 6 CEDU, qualora la sentenza di condanna si fondi in modo esclusivo o significativo sulle medesime, in quanto nè la sopravvenuta morte nè le gravi condizioni di salute del dichiarante ( possono essere collegate all’intento di sottrarsi al contraddittorio dibattimentale.

Quanto all’imprevedibilità della impossibilità di ripetizione dell’atto, essa va valutata con criterio "ex ante", avuto riguardo non a mere possibilità o evenienze astratte ed ipotetiche, ma sulla base di conoscenze concrete, di cui la parte interessata poteva disporre fino alla scadenza del termine entro il quale avrebbe potuto chiedere l’incidente probatorio. Detto requisito (la imprevedibilità della sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell’atto) non è, invece, richiesto dall’art. 512 bis c.p.p., stante la finalità della norma che riguarda soggetti che possono trovarsi anche per brevissimo tempo e di passaggio in Italia. Se, invece, il soggetto al momento della deposizione era anche di fatto residente in Italia, non vi sono ragioni per non applicare l’art. 512, e derogare alla necessita del requisito, altresì, della imprevedibilità.

 

Corte di Cassazione

sez. V Penale, sentenza 30 ottobre 2019 – 22 gennaio 2020, n. 2476
Presidente Catena – Relatore Belmonte

Ritenuto in fatto

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo ha confermato la decisione del Tribunale di quella stessa città che aveva dichiarato B.G. colpevole del reato di furto con strappo ai danni di una cittadina tedesca, condannandolo alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, ed Euro 200 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, revocando il beneficio della sospensione condizionale della pena, precedentemente concesso.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con il ministero del difensore, il quale svolge due motivi.

2.1. Denuncia, in primis, mancata assunzione di prova decisiva con riferimento alla escussione della persona offesa - residente in Germania - esponendo che, durante il dibattimento nel giudizio di primo grado, non era stato possibile escutere la persona offesa, la quale, a seguito della citazione inviata dal P.M., aveva fatto pervenire certificazione medica attestante condizioni di salute assolutamente incompatibili con la testimonianza in Italia (come da verbale dell’udienza del 09/02/2016, allegato al ricorso). Il Tribunale aveva, quindi, acquisito, ai sensi dell’art. 512 c.p.p., la denuncia - querela e il verbale di ricognizione personale effettuato dalla vittima, nonostante l’opposizione della difesa dell’imputato, che rilevava come la ricognizione personale non fosse divenuta impossibile per una circostanza sopravvenuta, dal momento che l’A.G. avrebbe potuto superare l’impossibilità della trasferta della persona offesa in Italia mediante l’attivazione del sistema di video conferenza, o con rogatoria internazionale oppure mediante l’esame testimoniale nel luogo in cui il teste si trovava, ai sensi dell’art. 502 c.p.p.. Segnalava, in quella circostanza, la difesa che la ricognizione era stata eseguita in violazione dell’art. 213 c.p.p., in quanto effettuata direttamente dalla polizia giudiziaria, all’atto dell’arresto, in assenza di garanzie difensive. In analogo errore è incorsa la Corte di Appello, che, pur dopo avere disposto la rinnovazione istruttoria con la citazione della persona offesa, acquisiva ex art. 512 c.p.p., i medesimi atti, a seguito di altra certificazione medica attestante l’impedimento a rendere testimonianza in Italia della persona offesa, affetta da grave depressione, ancora una volta senza il consenso della difesa, la quale lamenta che la certificazione in parola attesti una impossibilità di locomozione e non a rendere testimonianza, anche con modalità diverse dalla deposizione in aula.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 512 c.p.p., in relazione all’art. 727 c.p.p., e degli artt. 6 Cedu e 117 Cost.. Si duole che la Corte territoriale abbia applicato principi di diritto formatisi in relazione alla situazione disciplinata dall’art. 512 bis c.p.p., riguardante il diverso ambito della acquisibilità delle dichiarazioni rese da persona residente all’estero, pur avendo, tuttavia, adottato la procedura di cui all’art. 512 c.p.p..
Segnala che, comunque, la persona offesa, già al momento del fatto, era residente in Germania, e che la citazione è avvenuta senza le modalità di cui all’art. 727 c.p.p., per le rogatorie internazionali. Richiama i principi di diritto affermati dalla giurisprudenza convenzionale e da quella di legittimità in ordine alla necessità del rispetto del contraddittorio orale e al divieto di fondare la condanna sulle sole dichiarazioni della persona offesa che l’imputato non abbia potuto interrogare.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

2. Come premesso, si tratta di un episodio di furto ai danni di una cittadina straniera - presente in Italia solo occasionalmente, in quanto residente, all’epoca del fatto, in Germania - la quale, durante la celebrazione del processo, sia in primo che in secondo grado, ha fatto pervenire certificazione medica attestante l’impossibilità a partecipare al dibattimento per motivi di salute.

Più precisamente, dai certificati inviati emergeva un’affezione di tipo psichiatrico trattandosi di depressione grave - che non consentiva alla persona offesa di partecipare alle udienze nel Tribunale di Palermo, sussistendo il rischio di un aggravamento della patologia (sentenza impugnata pg. 3).

La Corte di appello - come già il Tribunale in primo grado - nella situazione di fatto venutasi a determinare, ovvero a fronte di persona straniera residente all’estero e impossibilitata a venire in Italia per gravi motivi di salute - disponeva la acquisizione della querela della persona offesa e del verbale di ricognizione dalla stessa effettuato durante le indagini ai sensi dell’art. 512 c.p.p., avendo ravvisato la sopravvenuta e imprevedibile impossibilità a testimoniare.

3. La questione relativa alla impossibilità di rendere testimonianza della vittima del reato, che risulti ab origine residente all’estero, e non domiciliata neppure di fatto in Italia, trova, tuttavia, disciplina legale nella diversa disposizione di cui all’art. 512 bis c.p.p..

3.1. Come è stato chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, gli artt. 512 e 512 bis c.p.p., infatti, concernono fattispecie processuali ben distinte: l’art. 512 bis, trova applicazione "sempre che il soggetto fosse effettivamente residente all’estero già al momento in cui rese le dichiarazioni della cui lettura si tratta"; di contro, l’art. 512 c.p.p., ha riguardo al caso in cui "il soggetto al momento della deposizione era anche di fatto residente in Italia" ed è comprensivo anche del "requisito della imprevedibilità della sopravvenuta impossibilità di ripetizione" (Sez. U, n. 27918 del 25/11/2010, dep. 2011, D. F.; conf., da ultimo, Sez. 5, n. 13522 del 18/01/2017, Rv. 269398).

3.1.1. Più in particolare, e per quanto qui di rilievo, l’art. 512 c.p.p., consente la lettura delle dichiarazioni predibattimentali a condizione che, per fatti o circostanze imprevedibili, ne sia divenuta impossibile la ripetizione. La norma postula, quindi, la concomitanza di due condizioni: a) la impossibilità
sopravvenuta della ripetizione, b) la imprevedibilità di tale situazione.

3.1.2. Quanto all’art. 512 bis c.p.p., le Sezioni Unite n. 27918 del 25/11/2010, hanno affermato il principio di diritto per cui "Affinché, ai sensi dell’art. 512 bis c.p.p., possa disporsi la lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all’estero è, tra l’altro, necessario: a) che vi sia stata una effettiva e valida notificazione della citazione del teste, secondo le modalità previste dall’art. 727 c.p.p., per le rogatorie internazionali o dalle convenzioni di cooperazione giudiziaria, e che l’eventuale irreperibilità del teste sia verificata mediante tutti gli accertamenti opportuni e necessari in concreto, non essendo sufficienti la mancata notificazione o le risultanze anagrafiche o verifiche meramente burocratiche; b) che l’impossibilità dell’esame dibattimentale del teste sia assoluta ed oggettiva, non potendo consistere nella mera impossibilità giuridica di disporre l’accompagnamento coattivo nè in circostanze dipendenti dalla libera volontà del dichiarante o in situazioni temporanee o in difficoltà logistiche o economiche; c) che sia stata inutilmente richiesta, ove possibile, la escussione del dichiarante attraverso una rogatoria internazionale "concelebrata" o "mista" del tipo di quella prevista dall’art. 4 della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959". (S.U. Rv. 250198).

3.2. Nella successiva giurisprudenza di legittimità è stato, altresì, ribadito che, in tema di acquisizione di verbali di dichiarazioni rese, nel corso delle indagini, da persona residente all’estero, detta disposizione trova applicazione nel caso in cui le dichiarazioni della cui lettura si tratta siano state rese da soggetto effettivamente residente in quel momento all’estero, dovendo invece trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 512 c.p.p., qualora tale soggetto fosse, al momento della deposizione, anche di fatto residente in Italia. (Sez. 5, n. 13522 del 18/01/2017 Rv. 269398; Sez. 6, n. 12374 del 11/02/2013, Rv. 255389; Sez. 5 n. 43596 del 17/07/2018 Rv. 274013).

In tale ipotesi, è consentita la lettura delle dichiarazioni predibattimentali a condizione che, pure regolarmente citata, la persona non compaia e non ne sia assolutamente possibile l’esame dibattimentale.

3.3. Con riferimento alla impossibilità dell’esame, le Sezioni Unite n. 27918 del 25/11/2010 hanno rilevato che, nel nuovo quadro costituzionale, non è più possibile collegare la lettura dibattimentale di atti non più ripetibili alla libera determinazione del dichiarante. Invero, poiché il richiamo costituzionale a una impossibilità di natura oggettiva si riferisce a fatti indipendenti dalla volontà del dichiarante, deve escludersi che l’impossibilità possa comunque dipendere esclusivamente dalla volontaria sottrazione del testimone al dibattimento. In tale prospettiva, si sono mosse le decisioni della successiva giurisprudenza che ha ribadito che l’impossibilità di natura oggettiva non può dipendere esclusivamente dalla volontaria sottrazione del testimone al dibattimento (Sez. 1, n. 46010 del 23/10/2014, Rv. 261265), ed è stato riconosciuto che il decesso del dichiarante ovvero le sue gravi condizioni di salute consentono l’utilizzabilità a fini probatori delle dichiarazioni predibattimentali, acquisite ai sensi dell’art. 512 c.p.p., senza che ciò determini una violazione dell’art. 6 CEDU, qualora la sentenza di condanna si fondi in modo esclusivo o significativo sulle medesime, in quanto nè la sopravvenuta morte (Sez. 6, n. 6846 del 12/01/2016, Farina, Rv. 265900) nè le gravi condizioni di salute del dichiarante (Sez. 2, n. 2232 del 20/12/2017, dep. 2018, Diana, Rv. 272016) possono essere collegate all’intento di sottrarsi al contraddittorio dibattimentale.

3.4. È opportuno, altresì, considerare che, con riferimento, all’imprevedibilità della impossibilità di ripetizione dell’atto, rilevante per le ipotesi che rientrano nella disciplina dettata dall’art. 512 c.p.p., la Corte di legittimità ha chiarito che essa va valutata con criterio "ex ante", avuto riguardo non a mere possibilità o evenienze astratte ed ipotetiche, ma sulla base di conoscenze concrete, di cui la parte interessata poteva disporre fino alla scadenza del termine entro il quale avrebbe potuto chiedere l’incidente probatorio (Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014, lussi, Rv. 261427). Detto requisito (la imprevedibilità della sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell’atto) non è, invece, richiesto dall’art. 512 bis c.p.p., stante la finalità della norma che riguarda soggetti che possono trovarsi anche per brevissimo tempo e di passaggio in Italia. Se, invece, il soggetto al momento della deposizione era anche di fatto residente in Italia, non vi sono ragioni per non applicare l’art. 512, e derogare alla necessita del requisito, altresì, della imprevedibilità. (Sez. U. del 2010).

4. Orbene, come si è premesso, nel caso in scrutinio la persona offesa, residente all’estero al momento del fatto, occasionalmente presente sul territorio italiano, regolarmente citata per essere esaminata durante il dibattimento, non è comparsa, adducendo, rectius documentando, l’impossibilità a comparire.

È bene ricordare che il nuovo testo dell’art. 512 bis - così come introdotto dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 43 - prevede ora che "Il giudice, a richiesta di parte, può disporre, tenuto conto degli altri elementi di prova acquisiti, che sia data lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all’estero anche a seguito di rogatoria internazionale se essa, essendo stata citata, non è comparsa e solo nel caso in cui non ne sia assolutamente possibile l’esame dibattimentale".

Come indicato dalle Sezioni Unite del 2010, sono chiare le finalità perseguite dalla L. n. 479 del 1999: armonizzare la disciplina delle letture col metodo dialettico di formazione della prova imposto dal novellato art. 111 Cost.; garantire i principi del contraddittorio nell’acquisizione della prova, anche se ciò può comportare un allungamento dei tempi del processo per la necessità di ulteriori accertamenti volti a verificare l’eventuale effettiva assoluta impossibilità di procedere all’esame dibattimentale; conformare l’ordinamento interno agli obblighi internazionali.

Secondo la nuova disposizione, per poter recuperare a fini probatori le dichiarazioni pregressei non è più sufficiente la mancata comparizione o, addirittura, la mancata citazione, ma occorre che la parte richiedente abbia regolarmente citato la persona residente all’estero e, qualora questa non si sia presentata, occorre, altresì, che sia accertata l’assoluta impossibilità di sottoporla ad esame dibattimentale.

La nuova formulazione tende, dunque, a neutralizzare le così dette "irripetibilità di comodo" e si fonda principalmente sulla impossibilità di ripetizione delle dichiarazioni.

La citata pronuncia del massimo consesso nomofilattico ha declinato gli elementi previsti dall’art. 512 bis c.p.p. - da interpretarsi restrittivamente e rigorosamente, trattandosi di norma avente carattere eccezionale e residuale rispetto al principio generale posto dall’art. 111 Cost., del favor per l’assunzione della fonte dichiarativa nel contraddittorio delle parti e innanzi al giudice chiamato a decidere - nel senso che, per quanto qui di specifico rilievo, deve risultare l’assoluta impossibilità del suo esame dibattimentale. Ed è stato chiarito che l’impossibilità, oltre che oggettiva, deve essere assoluta. Non può pertanto discendere, ad esempio, dalla constatazione di difficoltà logistiche, di spese elevate, di intralci burocratici, connessi alle procedure volte ad ottenere la ripetizione delle risultanze investigative in giudizio. Nemmeno potrebbe integrare una impossibilità assoluta una precaria assenza del testimone dal suo domicilio, o una infermità provvisoria, o il caso in cui il teste, residente all’estero, pur non presentandosi, abbia comunicato la propria disponibilità a rendere l’esame in una data successiva. In ogni caso, il giudice non può limitarsi a constatare la validità della citazione e la mancata presenza del testimone, ma, pur non potendone disporre l’accompagnamento, deve attivarsi per compiere non solo tutte le indagini occorrenti per localizzarlo, ma anche tutte le attività necessarie perché il teste stesso possa essere in qualche modo sottoposto ad un esame in contraddittorio tra le parti. E ha precisato che "tra queste attività che il giudice deve compiere vi è anche quella di disporre, ove sia possibile, una rogatoria internazionale così detta "concelebrata" o "mista" del teste residente all’estero, con garanzie simili a quelle del sistema accusatorio"; difatti, "poiché l’impossibilità di comparire deve essere, oltre che "oggettiva", anche "assoluta", essa richiede che il giudice abbia esplorato, senza successo, tutte le possibilità e tutti gli strumenti a sua disposizione per cercare di superare gli ostacoli e di pervenire alla formazione della prova in contraddittorio”.
Lo strumento richiamato dalle Sezioni unite è quello previsto dall’ordinamento italiano, nell’ipotesi di testimone residente all’estero, ovvero la possibilità di assunzione della testimonianza o di altro atto istruttorio mediante rogatoria internazionale cd. "concelebrata", secondo il modello previsto dall’art. 4 della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ratificata dall’Italia in data 23 agosto 1961 e resa esecutiva con la L. 23 febbraio 1961, n. 215, art. 2. Il suddetto art. 4 dispone che, se l’autorità richiedente lo domanda espressamente e l’autorità richiesta lo consente, l’autorità richiedente e le parti processuali possono assistere all’esecuzione della rogatoria. Pertanto, anche se è pur sempre l’autorità straniera richiesta a compiere l’atto istruttorio secondo le regole previste dalla legge locale, tuttavia l’autorità italiana richiedente, titolare del processo, e le parti dello stesso processo, possono essere ammesse secondo le convenzioni internazionali e la disponibilità della stessa autorità straniera, a formulare o suggerire domande secondo lo spirito del modello accusatorio.
D’altro canto, l’art. 431 c.p.p., alle lettere d) ed f), dispone che sono inclusi nel fascicolo del dibattimento, e quindi sono suscettibili di essere letti ex art. 511 c.p.p., non solo tutti i "documenti" acquisiti all’estero mediante rogatoria internazionale, ma anche i verbali degli "atti assunti" per rogatoria internazionale quando si tratti di atti non ripetibili o di atti ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana. Si tratta di un normale strumento giuridico che l’ordinamento mette a disposizione del giudice, il quale,quindi lè tenuto ad utilizzarlo allorché si renda necessario sentire in contraddittorio il teste residente all’estero. Nel rispetto del principio del contraddittorio nella formazione della prova fissato dall’art. 111 Cost., comma 4, un’assoluta impossibilità di assumere la prova in contraddittorio si potrà, dunque, verificare solo quando il giudice, dopo avere esperito tutte le opportune e necessarie attività dirette a localizzare il teste, lo abbia inutilmente citato a comparire ed abbia tentato, altrettanto inutilmente, di fare assumere la prova per rogatoria internazionale "concelebrata" o "mista", senza raggiungere lo scopo per ragioni a lui non imputabili e insuperabili, ad esempio per la mancanza di convenzioni di assistenza giudiziaria con lo Stato di residenza del teste (Sez. U. 2010 cit.).

5. Occorre, dunque, uno scrutinio particolarmente accurato, e può concludersi il presente esame di legittimità affermando che, erroneamente, i giudici di merito hanno vagliato la situazione processuale che si era prospettata secondo il parametro di cui all’art. 512 c.p.p., vertendosi, invece, in una situazione di fatto riferibile allo schema dell’art. 512 bis cod. proc..

Si trattava, infatti, di dichiarazioni rese, in fase investigativa, da cittadina straniera, per la quale non v’era alcuna ragione per ritenere che non avrebbe fatto ritorno nel proprio Paese, non avendo alcun domicilio di fatto in Italia. Al suo esame avrebbe, dunque, dovuto procedersi secondo le forme disciplinate dalla disposizione di legge da ultimo richiamata, e alla luce dei principi di diritto declinati dalla giurisprudenza di legittimità.

A fronte dei certificati problemi di salute, attestanti sì un impedimento, tuttavia, non assoluto, trattandosi di problematica di tipo psichiatrico, in ordine alla quale venivano addotte, dai medici che redassero i certificati depositati in atti, conseguenze pregiudizievoli connesse al viaggio in Italia, e alla deposizione in aula di giustizia, i giudici di merito, non ricorrendo, nella rappresentazione proveniente dalla certificazione medica, un caso di impossibilità assoluta della deposizione della p.o., avrebbero dovuto sperimentare le soluzioni indicate dalle Sezioni Unite, e verificarne la compatibilità con l’assunzione della testimonianza mediante l’attivazione della videoconferenza o con altre modalità previste dall’ordinamento italiano.

L’acquisizione dei verbali, ex art. 512 bis c.p.p., delle dichiarazioni rese, nel corso delle indagini, da persona residente all’estero, si pone, infatti, come "extrema ratio", in deroga ai principi generali in tema di letture vietate, e impone al giudice la rigorosa verifica preliminare: a) della corretta citazione della persona residente all’estero, secondo le modalità fissate dall’art. 727 c.p.p.; b) dell’esistenza di una causa di impossibilità assoluta ed oggettiva ad assumere la testimonianza medesima; c) dell’impossibilità di esaminare ilteste attraverso rogatoria internazionale, secondo il modello previsto dall’art. 4 della convenzione Europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959. (Sez. 2, n. 51410 del 18/09/2013 Rv. 257975).


6. L’epilogo del presente scrutinio di legittimità, pertanto, è l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame finalizzato alla verifica della esistenza dei presupposti per l’esame testimoniale della persona offesa, da eseguirsi alla luce dei principi di diritto sopra richiamati. Restano assorbiti gli altri motivi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.