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Termine decadenziale per mancata traduzione non rispetta diritto UE (CGUE, TL 2022)

1 agosto 2022, Corte di Giustizia dell'Unione Europea

L’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, letti alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale la violazione dei diritti sanciti da dette disposizioni di tali direttive dev’essere invocata dal beneficiario di detti diritti entro un termine determinato, a pena di decadenza, quando questo termine inizia a decorrere ancor prima che l’interessato sia stato informato, in una lingua che egli parla o comprende, da un lato, dell’esistenza e della portata del suo diritto all’interpretazione e alla traduzione e, dall’altro, dell’esistenza e del contenuto del documento fondamentale in questione nonché degli effetti collegati a quest’ultimo.

 

Corte di giustizia dell'Unione europea 

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

1° agosto 2022 (1)

«Rinvio pregiudiziale – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva 2010/64/UE – Diritto all’interpretazione e alla traduzione – Articolo 2, paragrafo 1, e articolo 3, paragrafo 1 – Nozione di ‟documento fondamentale” – Direttiva 2012/13/UE – Diritto all’informazione nei procedimenti penali – Articolo 3, paragrafo 1, lettera d) – Ambito di applicazione – Omesso recepimento in diritto nazionale – Efficacia diretta – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 e articolo 48, paragrafo 2 – Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – Articolo 6 – Condanna a una pena detentiva accompagnata dalla sospensione condizionale della medesima in regime di libertà vigilata – Inadempimento agli obblighi derivanti dal regime di libertà vigilata – Omessa traduzione di un documento fondamentale e assenza di interprete all’atto della redazione di quest’ultimo – Revoca della sospensione condizionale – Omessa traduzione degli atti processuali relativi a detta revoca – Conseguenze sulla validità di detta revoca – Vizio di procedura sanzionato con una nullità relativa»

Nella causa C‑242/22 PPU,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal da Relação de Évora (Corte d’appello di Évora, Portogallo), con decisione dell’8 marzo 2022, pervenuta in cancelleria il 6 aprile 2022, nel procedimento penale a carico di

TL

con l’intervento di:

Ministério Público,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facenti funzione di giudici della Prima Sezione, I. Ziemele (relatrice) e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona,

cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 giugno 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per TL, da L.C. Esteves, advogado;

–        per il governo portoghese, da P. Almeida, P. Barros da Costa e C. Chambel Alves, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da B. Rechena e M. Wasmeier, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 luglio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli da 1 a 3 della direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (GU 2010, L 280, pag. 1), nonché dell’articolo 3 della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali (GU 2012, L 142, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra TL e il Ministério Público (Pubblico Ministero, Portogallo), in merito alle conseguenze della mancata assistenza di un interprete e dell’omessa traduzione di vari documenti relativi al procedimento penale promosso a carico di TL.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 La direttiva 2010/64

3        I considerando da 5 a 7, 9, 14, 17, 22 e 33 della direttiva 2010/64 così recitano:

«(5)      L’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali[, firmata a Roma il 4 novembre 1950; in prosieguo, la ‟CEDU”] e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo, la ‟Carta”) sanciscono il diritto a un processo equo. L’articolo 48, paragrafo 2, della Carta garantisce il rispetto dei diritti della difesa. La presente direttiva rispetta tali diritti e dovrebbe essere attuata di conseguenza.

(6)      Sebbene tutti gli Stati membri siano firmatari della CEDU, l’esperienza ha dimostrato che questa circostanza non sempre assicura un grado sufficiente di affidamento nei sistemi di giustizia penale degli altri Stati membri.

(7)      Ai fini di un rafforzamento della fiducia reciproca è necessaria un’applicazione più coerente dei diritti e delle garanzie stabiliti all’articolo 6 della CEDU. È inoltre necessario, per mezzo della presente direttiva e di altre misure, sviluppare ulteriormente all’interno dell’Unione le norme minime stabilite nella CEDU e nella Carta.

(...)

(9)      Le norme minime comuni dovrebbero incrementare l’affidamento nei sistemi di giustizia penale di tutti gli Stati membri, che a sua volta dovrebbe generare una più efficace cooperazione giudiziaria in un clima di fiducia reciproca. Tali norme minime comuni si dovrebbero stabilire nell’ambito dell’interpretazione e della traduzione nei procedimenti penali.

(…)

(14)      Il diritto all’interpretazione e alla traduzione per coloro che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento è sancito dall’articolo 6 della CEDU, come interpretato nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. La presente direttiva facilita l’applicazione di tale diritto nella pratica. A tal fine, lo scopo della presente direttiva è quello di assicurare il diritto di persone indagate o imputati all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali al fine di garantire il loro diritto ad un processo equo.

(...)

(17)      La presente direttiva dovrebbe assicurare un’assistenza linguistica adeguata e gratuita, consentendo a indagati o imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale di esercitare appieno i loro diritti della difesa e tutelare l’equità del procedimento.

(...)

(22)      L’interpretazione e la traduzione a norma della presente direttiva dovrebbero essere fornite nella lingua madre degli indagati o imputati o in qualsiasi altra lingua che questi parlano o comprendono, per consentire loro di esercitare appieno i loro diritti della difesa e per tutelare l’equità del procedimento.

(...)

(33)      Le disposizioni della presente direttiva, che corrispondono ai diritti garantiti dalla CEDU o dalla Carta, dovrebbero essere interpretate e applicate in modo coerente rispetto a tali diritti, come interpretati nella pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’Unione europea».

4        L’articolo 1 della direttiva 2010/64, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», nei paragrafi 1 e 2 così dispone:

«1.      La presente direttiva stabilisce norme relative al diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali e nei procedimenti di esecuzione di un mandato di arresto europeo.

2.      Il diritto di cui al paragrafo 1 si applica alle persone che siano messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se abbiano commesso il reato, inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle istanze in corso».

5        L’articolo 2 della medesima direttiva, intitolato «Diritto all’interpretazione», così dispone:

«1.      Gli Stati membri assicurano che gli indagati o gli imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale in questione siano assistiti senza indugio da un interprete nei procedimenti penali dinanzi alle autorità inquirenti e giudiziarie, inclusi gli interrogatori di polizia, e in tutte le udienze, comprese le necessarie udienze preliminari.

2.      Gli Stati membri assicurano, ove necessario al fine di tutelare l’equità del procedimento, che l’interpretazione sia disponibile per le comunicazioni tra indagati o imputati e il loro avvocato, direttamente correlate a qualsiasi interrogatorio o audizione durante il procedimento o alla presentazione di un ricorso o di un’altra istanza procedurale.

[...]

5.      Gli Stati membri assicurano che, secondo le procedure della legislazione nazionale, gli indagati o gli imputati abbiano il diritto di impugnare una decisione che dichiara superflua l’interpretazione e, nel caso in cui l’interpretazione sia stata fornita, abbiano la possibilità di contestare la qualità dell’interpretazione in quanto insufficiente a tutelare l’equità del procedimento.

(…)».

6        L’articolo 3 di questa stessa direttiva, intitolato «Diritto alla traduzione di documenti fondamentali», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri assicurano che gli indagati o gli imputati che non comprendono la lingua del procedimento penale ricevano, entro un periodo di tempo ragionevole, una traduzione scritta di tutti i documenti che sono fondamentali per garantire che siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa e per tutelare l’equità del procedimento.

2.      Tra i documenti fondamentali rientrano le decisioni che privano una persona della propria libertà, gli atti contenenti i capi d’imputazione e le sentenze.

3.      In qualsiasi altro caso le autorità competenti decidono se sono fondamentali altri documenti. Gli indagati o gli imputati o il loro avvocato possono presentare una richiesta motivata a tal fine.

(...)

5.      Gli Stati membri assicurano che, secondo le procedure della legislazione nazionale, gli indagati o gli imputati abbiano il diritto di impugnare una decisione che dichiara superflua l’interpretazione di documenti o di passaggi degli stessi e, nel caso in cui una traduzione sia stata fornita, abbiano la possibilità di contestare la qualità della traduzione in quanto non sufficiente a tutelare l’equità del procedimento.

(...)».

 La direttiva 2012/13

7        I considerando 5, 7, 8, 10, 19, 25 e da 40 a 42 della direttiva 2012/13 così recitano:

«(5)      L’articolo 47 della [Carta] e l’articolo 6 della [CEDU] sanciscono il diritto a un processo equo. L’articolo 48, paragrafo 2, della Carta garantisce il rispetto dei diritti della difesa.

(...)

(7)      Sebbene tutti gli Stati membri siano firmatari della CEDU, l’esperienza ha dimostrato che questa [circostanza] da sola non sempre assicura un grado sufficiente di fiducia nei sistemi di giustizia penale degli altri Stati membri.

(8)      Ai fini di un rafforzamento della fiducia reciproca sono necessarie norme dettagliate sulla tutela dei diritti e delle garanzie procedurali derivanti dalla Carta e dalla CEDU.

(...)

(10)      Le norme minime comuni dovrebbero incrementare la fiducia nei sistemi di giustizia penale di tutti gli Stati membri, la quale a sua volta dovrebbe generare una più efficace cooperazione giudiziaria in un clima di fiducia reciproca. Tali norme minime comuni dovrebbero essere fissate nel settore dell’informazione nei procedimenti penali.

(...)

(19)      Le autorità competenti dovrebbero informare prontamente gli indagati o imputati, oralmente o per iscritto, sui [loro] diritti (...). Per l’esercizio pratico ed effettivo di questi diritti, le informazioni dovrebbero essere fornite tempestivamente nel corso del procedimento e al più tardi anteriormente al primo interrogatorio degli indagati o imputati da parte della polizia o di un’altra autorità competente.

(...)

(25)      Gli Stati membri dovrebbero garantire che, nel fornire informazioni a norma della presente direttiva, alle persone indagate o imputate siano fornite, se necessario, le traduzioni o l’interpretazione in una lingua a loro comprensibile, conformemente alle norme di cui alla direttiva 2010/64(…).

(...)

(40)      La presente direttiva stabilisce norme minime. Gli Stati membri possono ampliare i diritti previsti dalla presente direttiva al fine di assicurare un livello di tutela più elevato anche in situazioni non espressamente contemplate dalla presente direttiva. Il livello di tutela non dovrebbe mai essere inferiore alle disposizioni della CEDU, come interpretate dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

(41)      La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti dalla Carta. In particolare, la presente direttiva intende promuovere il diritto alla libertà, il diritto a un equo processo e i diritti della difesa e dovrebbe essere attuata di conseguenza.

(42)      Le disposizioni della presente direttiva, che corrispondono ai diritti garantiti dalla CEDU, dovrebbero essere interpretate e applicate in modo coerente rispetto a tali diritti, come interpretate nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo».

8        Ai sensi dell’articolo 1 di detta direttiva, intitolato «Oggetto»:

«La presente direttiva stabilisce norme relative al diritto all’informazione, delle persone indagate o imputate, sui diritti di cui godono nel procedimento penale e [su]ll’accusa elevata a loro carico (…)».

9        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», nel suo paragrafo 1 così dispone:

«La presente direttiva si applica nei confronti delle persone che siano messe a conoscenza[,] dalle autorità competenti di uno Stato membro, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle procedure d’impugnazione».

10      L’articolo 3 della medesima direttiva, intitolato «Diritto all’informazione sui diritti», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti almeno i seguenti diritti processuali, ai sensi del diritto nazionale, onde consentire l’esercizio effettivo di tali diritti:

(...)

d)      il diritto all’interpretazione e alla traduzione;

(...)

2.      Gli Stati membri assicurano che le informazioni fornite a norma del paragrafo 1 siano fornite oralmente o per iscritto, in un linguaggio semplice e accessibile, tenendo conto delle eventuali necessità delle persone indagate o imputate in condizioni di vulnerabilità».

 Diritto portoghese

11      L’articolo 92, paragrafi 1 e 2, del Código do processo penal (codice di procedura penale portoghese; in prosieguo: il «cpp»), così dispone:

«1.      Negli atti processuali, scritti e orali, si utilizza la lingua portoghese, a pena di nullità.

2.      Nel caso intervenga nel procedimento una persona che non conosce o non padroneggia la lingua portoghese, è nominato, senza alcun onere per tale persona, un interprete idoneo».

12      Ai sensi dell’articolo 120 cpp:

«1      Le nullità diverse da quelle di cui all’articolo precedente devono essere invocate dagli interessati e sono soggette alla disciplina prevista nel presente articolo e in quello seguente.

2      Costituiscono nullità rilevabili su istanza di parte, oltre a quelle previste in altre disposizioni di legge:

(...)

c)      la mancata nomina di un interprete, nei casi in cui sia obbligatoria per legge;

(...)

3      Le nullità di cui ai paragrafi precedenti devono essere invocate:

a)      nel caso in cui si tratti di nullità di un atto da adottarsi in presenza dell’interessato, prima della conclusione di tale atto;

(...)».

13      L’articolo 122 cpp, intitolato «Effetti della dichiarazione di nullità», nel suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Le nullità rendono invalido l’atto in cui sono rilevate, nonché gli atti che dipendono da quest’ultimo e su cui le medesime possono incidere».

14      L’articolo 196 cpp, in materia di «dichiarazione d’identità e di residenza» («Termo de Identidade e Residência»; in prosieguo: la «DIR»), così recita:

«1.      L’autorità giudiziaria o l’organo di polizia giudiziaria, nell’ambito del procedimento, provvede a che per qualsiasi persona incriminata si rediga una [DIR], anche nel caso in cui tale persona sia già stata identificata (...).

2.      La persona incriminata indica (...) la propria residenza, il suo luogo di lavoro o un altro domicilio di sua scelta.

3.      Dalla dichiarazione deve risultare che le seguenti informazioni e obblighi sono stati comunicati alla persona la cui responsabilità penale è in corso di accertamento:

a)      l’obbligo di comparire dinanzi all’autorità competente o di restare a sua disposizione ogniqualvolta la legge lo prescriva o gli sia stata inviata una notificazione a tal fine;

b)      l’obbligo di non cambiare residenza né di assentarsene per più di cinque giorni senza comunicare il suo nuovo indirizzo o il luogo in cui sia possibile reperirla;

c)      le seguenti notificazioni saranno effettuate con lettera ordinaria all’indirizzo indicato al paragrafo 2, salvo che la persona la cui responsabilità penale è in corso di accertamento ne abbia comunicato un altro, con domanda depositata o inviata per posta raccomandata presso il cancelliere in cui si trova in quel momento il fascicolo di causa;

d)      l’inosservanza delle disposizioni di cui ai punti precedenti autorizza la rappresentanza di tale persona da parte di un difensore in tutti gli atti procedurali ai quali ha diritto o obbligo di assistere personalmente, nonché la realizzazione dell’udienza in sua assenza (...);

e)      in caso di condanna, la [DIR] rimane valida sino all’estinzione della pena.

(...)».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

15      Il 10 luglio 2019, TL, cittadino moldavo che non padroneggia la lingua portoghese, è stato incriminato, in Portogallo, per fatti di resistenza e coercizione nei confronti di un funzionario, di guida pericolosa di un autoveicolo e di guida senza patente. Il verbale di incriminazione è stato tradotto in rumeno, lingua ufficiale della Moldavia.

16      Lo stesso giorno, la DIR è stata redatta dalle autorità competenti, senza l’intervento di un interprete e senza che tale documento venisse tradotto in rumeno.

17      Con sentenza dell’11 luglio 2019, divenuta definitiva il 26 settembre 2019, TL è stato condannato ad una pena detentiva di tre anni, con sospensione condizionale della stessa durata in regime di libertà vigilata, a una pena accessoria di interdizione dalla guida di veicoli a motore per un periodo di dodici mesi e ad una pena pecuniaria di 6 euro al giorno per 80 giorni, per un importo complessivo di EUR 480. Durante l’udienza, TL ha beneficiato dell’assistenza di un difensore e di un interprete.

18      Ai fini dell’esecuzione del regime di libertà vigilata prescritto con la sentenza dell’11 luglio 2019, le autorità competenti hanno tentato invano di mettersi in contatto con TL all’indirizzo indicato nella DIR.

19      TL è stato allora citato a comparire con ordinanza del Tribunal Judicial da Comarca de Beja (Tribunale circondariale di Beja), del 7 gennaio 2021, notificata il 12 gennaio 2021 all’indirizzo indicato nella DIR, al fine di essere sentito sull’inosservanza degli obblighi derivanti dal regime di libertà vigilata, prescritti dalla sentenza dell’11 luglio 2019. Il 6 aprile 2021 è stata effettuata una nuova notificazione di detta ordinanza al medesimo indirizzo. Queste due notificazioni sono state effettuate in portoghese.

20      Poiché TL non è comparso alla data stabilita, detto giudice, con ordinanza del 9 giugno 2021, ha revocato la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva. Quest’ordinanza, notificata il 25 giugno 2021 in portoghese a TL all’indirizzo indicato nella DIR nonché al suo legale, è divenuta definitiva il 20 settembre 2021.

21      Il 30 settembre 2021 TL è stato sottoposto a fermo presso il suo nuovo indirizzo ai fini dell’esecuzione della sua pena. Da tale data egli si trova detenuto.

22      Dopo aver nominato, l’11 ottobre 2021, un nuovo avvocato, il 18 novembre 2021 TL ha presentato un ricorso per far dichiarare la nullità, in particolare, della DIR, dell’ordinanza del 7 gennaio 2021, che lo citava a comparire, e dell’ordinanza del 9 giugno 2021, la quale revocava la sospensione condizionale.

23      A sostegno di tale ricorso, TL ha affermato che, a causa di un cambiamento di residenza avvenuto successivamente alla redazione della DIR, egli non era stato raggiungibile all’indirizzo indicato in quest’ultima e, di conseguenza, non aveva potuto ricevere le notificazioni di tali ordinanze. Egli ha precisato di non aver comunicato il suo cambiamento di residenza poiché ignorava l’obbligo di farlo nonché le conseguenze dell’inosservanza di detto obbligo poiché la DIR, dove detto obbligo e dette conseguenze erano illustrate, non gli era stata tradotta in rumeno. Inoltre, egli non sarebbe stato assistito da un interprete né in tale occasione né al momento della redazione dell’atto di incriminazione. Infine, né l’ordinanza del 7 gennaio 2021, che lo citava a comparire a seguito degli inadempimenti agli obblighi derivanti dal regime di libertà vigilata, né l’ordinanza di revoca della sospensione del 9 giugno 2021 sarebbero state tradotte in una lingua che egli parla o comprende.

24      Investito in primo grado di detto ricorso, il Tribunal Judicial da Comarca de Beja (Tribunale circondariale di Beja) ha respinto quest’ultimo con la motivazione che, sebbene i vizi di procedura denunciati da TL fossero dimostrati, questi ultimi dovevano considerarsi sanati, poiché l’interessato non li aveva invocati entro i termini previsti dall’articolo 120, paragrafo 3, cpp.

25      Il giudice del rinvio, investito in appello di tale decisione di primo grado, nutre dubbi quanto alla conformità di tale disposizione nazionale con le direttive 2010/64 e 2012/13, lette in combinato disposto con l’articolo 6 della CEDU.

26      In primo luogo, tale giudice constata che tali direttive non sono state recepite in diritto portoghese sebbene, per ciascuna di esse, il termine per il recepimento sia scaduto. Esso ritiene, tuttavia, che alle disposizioni pertinenti di tali direttive debba riconoscersi efficacia diretta, per cui dovrebbero applicarsi direttamente alla controversia principale, dal momento che esse sono incondizionate, sufficientemente chiare e precise e che esse conferiscono alle persone il diritto all’interpretazione, alla traduzione e all’informazione nell’ambito dei procedimenti penali.

27      In secondo luogo, il giudice del rinvio ritiene che gli atti in questione nel procedimento principale, vale a dire la DIR nonché l’ordinanza del 7 gennaio 2021, che citava TL a comparire, e l’ordinanza di revoca della sospensione condizionale, del 9 giugno 2021, rientrino nella nozione di «documenti fondamentali» ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/64, data l’importanza che rivestono atti di tale natura per i diritti della difesa delle persone la cui responsabilità penale sia in corso di accertamento e tenuto conto delle informazioni procedurali ivi fornite. In tale contesto esso sottolinea, in particolare, che tramite la DIR sono comunicate all’interessato le informazioni relative ai suoi obblighi in materia di residenza e, in particolare, l’obbligo di comunicare alle autorità qualsiasi cambiamento di indirizzo.

28      Alla luce di tali considerazioni, il giudice del rinvio si chiede se ad esso spetti disapplicare la normativa nazionale in questione nel procedimento principale, nella parte in cui essa, come nel caso di specie, subordina l’invocazione dei vizi procedurali connessi alla mancata assistenza da parte di un interprete e all’omissione delle traduzioni dei documenti fondamentali in una lingua compresa dall’interessato a termini determinati, a pena di decadenza.

29      Ciò premesso, il Tribunal da Relação de Évora (Corte d’appello di Évora, Portogallo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli da 1 a 3 della [direttiva 2010/64/UE] e 3 della [direttiva 2012/13/UE], di per sé o in combinato disposto con l’articolo 6 della CEDU, possano essere interpretati nel senso che essi non ostano a una norma di diritto nazionale la quale prevede il vizio della nullità relativa, rilevabile su istanza di parte, in caso di mancata nomina di un interprete e di omissione della traduzione di atti processuali fondamentali per una persona, la cui responsabilità penale è in corso di accertamento e che non comprende la lingua processuale, consentendo che tali vizi siano sanati decorsi i relativi termini di legge».

 Sulla domanda di applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza

30      Il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale sia sottoposto al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto dall’articolo 23 bis, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

31      Nel caso di specie, occorre constatare che le condizioni previste per l’applicazione di tale procedimento sono soddisfatte.

32      Da un lato, infatti, la domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle disposizioni delle direttive 2010/64 e 2012/13, le quali rientrano nei settori disciplinati dal titolo V della parte terza del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Pertanto, tale domanda può essere sottoposta a procedimento pregiudiziale d’urgenza.

33      Dall’altro, per quanto riguarda il criterio relativo all’urgenza, da una giurisprudenza costante risulta che tale criterio è soddisfatto quando l’interessato nel procedimento principale è, alla data di introduzione della domanda pregiudiziale, privato della libertà e il suo mantenimento in custodia dipende dalla soluzione della controversia principale [sentenza del 28 aprile 2022, C e CD (Ostacoli giuridici all’esecuzione di una decisione di consegna), C‑804/21 PPU, EU:C:2022:307, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

34      Orbene, dalla descrizione dei fatti fornita dal giudice del rinvio risulta che TL, interessato nel procedimento principale, era effettivamente privato della libertà alla data di introduzione della domanda pregiudiziale.

35      Inoltre, il giudice del rinvio chiede alla Corte se sia compatibile con il diritto dell’Unione l’applicazione, in condizioni come quelle oggetto del procedimento principale, di una normativa nazionale che subordina al rispetto di determinati termini la facoltà di invocare determinati vizi gravanti su un procedimento penale, che abbiano portato, in particolare, alla revoca della sospensione della pena detentiva a cui l’interessato è stato condannato, di modo che tale giudice, in funzione della risposta della Corte alla questione sollevata, possa essere indotto ad annullare gli atti viziati e, di conseguenza, a disporre la scarcerazione di TL.

36      Alla luce di tali circostanze, la Prima Sezione della Corte ha deciso, il 12 maggio 2022, su proposta della giudice relatrice, sentito l’avvocato generale, di accogliere la domanda del giudice del rinvio volta a sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

 Sulla questione pregiudiziale

37      Nel quadro della procedura di cooperazione prevista dall’articolo 267 TFUE, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato la sua questione all’interpretazione di una disposizione specifica del diritto dell’Unione, una siffatta circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi di tale diritto che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che detto giudice vi abbia fatto, o meno, riferimento nel formulare le proprie questioni. A tal proposito, spetta alla Corte ricavare dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, e segnatamente dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di detto diritto che richiedono un’interpretazione in considerazione dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale (sentenza del 15 luglio 2021, DocMorris, C‑190/20, EU:C:2021:609, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

38      Poiché la questione pregiudiziale riguarda gli articoli da 1 a 3 della direttiva 2010/64 e l’articolo 3 della direttiva 2012/13, considerati singolarmente o in combinato disposto con l’articolo 6 della CEDU, occorre ricordare, da un lato, che tale disposizione garantisce il diritto a un equo processo e il rispetto dei diritti della difesa, il che include, conformemente a tale articolo 6, paragrafo 3, il diritto di ogni accusato di essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua che egli parli o comprenda e in modo dettagliato, della natura e della causa dell’accusa formulata a suo carico nonché di farsi assistere gratuitamente da un interprete, qualora non parli o non comprenda la lingua utilizzata in udienza.

39      D’altra parte, l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta precisa che, qualora quest’ultima contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli loro conferiti da detta convenzione. Inoltre, conformemente alle spiegazioni relative all’articolo 47 e all’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, che, come risulta dall’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE, e dall’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, devono essere prese in considerazione per l’interpretazione di quest’ultima, dette disposizioni corrispondono, rispettivamente, all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della CEDU [v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2021, IS (Illegittimità dell’ordinanza di rinvio), C‑564/19, EU:C:2021:949, punto 101].

40      Peraltro, per quanto riguarda l’interpretazione delle direttive di cui trattasi nel procedimento principale, occorre ricordare che, in forza dei considerando da 5 a 7, 9 e 33, e dell’articolo 1 della direttiva 2010/64, nonché dei considerando 5, 7, 8, 10 e 42, e dell’articolo 1 della direttiva 2012/13, tali direttive mirano a stabilire norme minime comuni in materia di tutela delle garanzie e dei diritti procedurali derivanti dall’articolo 47 e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, nonché dall’articolo 6 della CEDU, segnatamente nei settori dell’interpretazione, della traduzione e dell’informazione nell’ambito dei procedimenti penali, e che dette norme dovrebbero essere interpretate e applicate in modo coerente con tali diritti e garanzie, al fine di rafforzare in tal modo la reciproca fiducia nei sistemi giudiziari penali degli Stati membri, per incrementare l’efficacia della cooperazione giudiziaria in materia.

41      In tal senso, l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2010/64 impone agli Stati membri di provvedere affinché agli indagati o imputati, che non parlino o non comprendano la lingua del procedimento penale in questione, sia offerta senza indugio l’assistenza di un interprete durante tale procedimento penale dinanzi ai servizi inquirenti e alle autorità giudiziarie, mentre l’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva chiede loro di garantire che gli indagati o gli imputati che non comprendono tale lingua beneficino, entro un termine ragionevole, della traduzione scritta di tutti i documenti fondamentali per consentire loro di esercitare i diritti della difesa ad essi spettanti e per garantire l’equità del procedimento. Quanto all’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13, esso impone agli Stati membri di provvedere affinché gli indagati o imputati ricevano rapidamente le informazioni relative al loro diritto all’interpretazione e alla traduzione in modo da consentire l’esercizio effettivo dello stesso.

42      Pertanto occorre constatare che, da un lato, nel procedimento principale sono in discussione, in particolare, detto articolo 2, paragrafo 1, e detto articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, nonché detto articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13 e che, dall’altro, tali disposizioni concretizzano i diritti fondamentali a un processo equo e al rispetto dei diritti della difesa, quali sanciti, in particolare, dall’articolo 47 e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, e devono essere interpretati alla luce di questi ultimi.

43      Ciò premesso, si deve considerare che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13, letti alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale, da un lato, la violazione dei diritti sanciti da dette disposizioni di tali direttive può essere utilmente invocata solo dal beneficiario di questi ultimi e, dall’altro, detta violazione deve essere denunciata entro un termine determinato, a pena di decadenza.

44      A tal riguardo occorre rilevare, anzitutto, che dalla decisione di rinvio risulta che TL non ha beneficiato dell’assistenza di un interprete al momento della redazione della DIR e che tale documento non gli è stato tradotto in una lingua che egli parli o comprenda. Inoltre, né l’ordinanza del 7 gennaio 2021, che lo citava a comparire a seguito dei presunti inadempimenti agli obblighi derivanti dal regime di libertà vigilata, né l’ordinanza di revoca della sospensione condizionale, del 9 giugno 2021, sono state tradotte in una lingua compresa da TL.

45      Inoltre, sebbene la decisione di rinvio non riferisca esplicitamente che TL non è stato informato, all’atto della sua incriminazione, del suo diritto di beneficiare di un interprete e della traduzione dei documenti fondamentali del procedimento penale avviato nei suoi confronti, risulta tuttavia che il giudice del rinvio parte dalla premessa implicita che una siffatta informazione è assente, ragion per cui esso interroga la Corte non solo riguardo all’interpretazione della direttiva 2010/64, ma anche riguardo a quella della direttiva 2012/13.

46      Infine, questa stessa decisione precisa che l’articolo 92, paragrafo 2, cpp, applicabile ai fatti del procedimento principale, impone la designazione di un interprete nei procedimenti riguardanti una persona che non conosca o non padroneggi la lingua portoghese e che, conformemente all’articolo 120 cpp, l’omessa designazione di un interprete all’atto della redazione di un atto al quale l’interessato assista può comportare la nullità di detto atto alla duplice condizione, da un lato, che la domanda di nullità provenga da questa persona e, dall’altro, che tale domanda venga formulata prima del compimento dell’atto di cui trattasi.

47      Pertanto, è alla luce di tale contesto che occorre esaminare la questione, quale riformulata al punto 43 della presente sentenza.

48      Al fine di rispondere a tale questione occorre constatare, in primo luogo, che, anche nell’ipotesi in cui l’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13 non siano stati recepiti o lo siano stati in modo incompleto nell’ordinamento giuridico portoghese, ipotesi che il giudice del rinvio ritiene accertata laddove il governo portoghese sembra contestarlo, TL può avvalersi dei diritti derivanti da tali disposizioni dal momento che queste ultime, come osservato sia da detto giudice sia da tutti gli interessati che sono intervenuti nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte, sono direttamente produttive di effetti.

49      Infatti occorre ricordare che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, le persone possono invocarle dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro interessato, quando quest’ultimo ha omesso di recepire la direttiva nell’ordinamento nazionale entro i termini oppure quando l’ha recepita in modo scorretto (sentenza del 14 gennaio 2021, RTS infra e Aannemingsbedrijf Norré-Behaegel, C‑387/19, EU:C:2021:13, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

50      A tal riguardo, la Corte ha precisato che una disposizione del diritto dell’Unione è, da un lato, incondizionata quando sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto concerne la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri e, dall’altro, sufficientemente precisa per poter essere invocata da un soggetto di diritto ed applicata dal giudice allorché sancisce un obbligo in termini inequivocabili (sentenza del 14 gennaio 2021, RTS infra e Aannemingsbedrijf Norré-Behaegel, C‑387/19, EU:C:2021:13, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

51      La Corte ha dichiarato inoltre che, anche qualora una direttiva lasci agli Stati membri un certo margine di discrezionalità per l’adozione delle modalità della sua attuazione, una disposizione di tale direttiva può essere considerata di carattere incondizionato e preciso una volta che essa pone a carico degli Stati membri, in termini inequivocabili, un’obbligazione di risultato precisa e assolutamente incondizionata quanto all’applicazione della norma da essa enunciata (sentenza del 14 gennaio 2021, RTS infra e Aannemingsbedrijf Norré-Behaegel, C‑387/19, EU:C:2021:13, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

52      Poiché l’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, e l’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13 enunciano, come sottolineato dall’avvocato generale nei paragrafi da 58 a 62 delle sue conclusioni, in modo preciso e incondizionato, il contenuto e la portata dei diritti di cui gode qualsiasi indagato o imputato, di beneficiare di servizi di interpretazione e traduzione di documenti fondamentali nonché di essere informato su questi primi due diritti, tali disposizioni devono essere considerate come direttamente produttive di effetti, di modo che chiunque sia titolare di tali diritti possa farli valere nei confronti dello Stato membro, dinanzi ai giudici nazionali.

53      In secondo luogo, è importante rilevare che i tre atti processuali di cui trattasi nel procedimento principale, ossia la DIR, l’ordinanza del 7 gennaio 2021, che cita TL a comparire, e l’ordinanza di revoca della sospensione condizionale, del 9 giugno 2021, rientrano nell’ambito di applicazione delle direttive 2010/64 e 2012/13 e costituiscono, in particolare, documenti fondamentali la cui traduzione scritta avrebbe dovuto essere fornita a TL in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, della prima di tali direttive.

54      A questo riguardo occorre ricordare che, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2010/64, nonché all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/13, i diritti da essi riconosciuti si applicano alle persone dal momento in cui esse sono informate, dalle autorità competenti di uno Stato membro, del fatto di essere indagate o imputate per aver commesso un reato, fino alla conclusione del procedimento penale, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato contestatogli, incluse, eventualmente, l’irrogazione della pena e la decisione pronunciata in esito a qualsiasi impugnazione.

55      Pertanto, dalle disposizioni menzionate nel punto precedente risulta che tali direttive sono applicabili ai procedimenti penali nei limiti in cui questi ultimi mirano a stabilire se l’indagato o l’imputato abbia commesso un reato [v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2021, AB e a. (Revoca di un’amnistia), C‑203/20, EU:C:2021:1016, punto 69].

56      Viceversa, un procedimento che non abbia ad oggetto la determinazione della responsabilità penale di una persona, quale un procedimento di natura legislativa relativo alla revoca di un’amnistia o un procedimento giurisdizionale avente ad oggetto il controllo della conformità di tale revoca alla costituzione nazionale, non può rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2012/13 (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2021, AB e a. (Revoca di un’amnistia), C‑203/20, EU:C:2021:1016, punti 70 e 71].

57      Parimenti, un procedimento speciale, come un procedimento avente ad oggetto il riconoscimento di una decisione giudiziaria definitiva, emessa dal giudice di un altro Stato membro, di cui l’interessato avesse già ricevuto una traduzione conformemente all’articolo 3 della direttiva 2010/64, non rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva in quanto, da un lato, un siffatto procedimento si svolge, per definizione, dopo l’accertamento definitivo del fatto che l’indagato o imputato abbia commesso, o meno, il reato che gli è addebitato e, se del caso, dopo la condanna di quest’ultimo e, dall’altro, una nuova traduzione di detta decisione giudiziaria non è necessaria alla tutela dei diritti della difesa o del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva dell’interessato e non si giustifica, di conseguenza, alla luce degli obiettivi perseguiti da detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2016, Balogh, C‑25/15, EU:C:2016:423, punti da 37 a 40).

58      In questo contesto, come enunciato segnatamente dai considerando 14, 17 e 22 della direttiva 2010/64, quest’ultima è diretta a garantire a indagati o imputati che non parlino o non comprendano la lingua del procedimento il diritto all’interpretazione e alla traduzione, agevolando l’esercizio di tale diritto, al fine di garantire a tali soggetti il beneficio di un equo processo. È dunque in tal senso che l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della menzionata direttiva prevede che gli Stati membri assicurano che detti soggetti dispongano, entro un periodo di tempo ragionevole, di una traduzione scritta di tutti i documenti fondamentali, ivi compresi, segnatamente, tutte le decisioni restrittive della libertà personale, tutte le incriminazioni o tutti gli atti di accusa, e qualunque sentenza pronunciata nei loro confronti, per garantire che siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa e al fine di tutelare l’equità del procedimento (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2016, Balogh, C‑25/15, EU:C:2016:423, punto 38).

59      Orbene, occorre constatare che, a differenza delle situazioni oggetto delle cause che hanno condotto alle sentenze del 16 dicembre 2021, AB e a. (Revoca di un’amnistia) (C‑203/20, EU:C:2021:1016), e del 9 giugno 2016, Balogh (C‑25/15, EU:C:2016:423), i tre atti processuali oggetto del procedimento principale sono, come sottolineato, in sostanza, sia dal giudice del rinvio sia da tutte le parti interessate intervenute nel procedimento dinanzi alla Corte, parte integrante del procedimento che ha accertato la responsabilità penale di TL, e l’applicazione delle direttive 2010/64 e 2012/13 a tali atti è pienamente giustificata dagli obiettivi che esse perseguono.

60      In tal senso, per quanto riguarda, da un lato, la DIR, dalla decisione di rinvio nonché dall’articolo 196 cpp risulta che tale dichiarazione, redatta sin dal momento dell’incriminazione di una persona come fase del procedimento penale, costituisce una misura di coercizione preventiva che comporta l’enunciazione di una serie di obblighi gravanti su tale persona nonché di conseguenze procedurali in caso di inadempimento a tali obblighi e che consente, in particolare, alle autorità competenti di conoscere l’indirizzo al quale si presume che detta persona si tenga a loro disposizione; quest’ultima, tra l’altro, deve dichiarare qualsiasi cambiamento al riguardo. Tale misura coercitiva rimane in vigore fino all’estinzione della pena alla quale lo stesso soggetto è, se del caso, condannato. Pertanto, l’inosservanza di detto provvedimento coercitivo può comportare la revoca della sospensione condizionale di una pena inflitta. Tenuto conto degli obblighi e delle rilevanti conseguenze derivanti dalla DIR per l’interessato durante tutto il procedimento penale e del fatto che quest’ultimo è informato di detto obbligo e di siffatte conseguenze con tale dichiarazione, un documento di questo genere costituisce, come ritiene giustamente il giudice del rinvio, un documento fondamentale ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/64; il paragrafo 3 dell’articolo in questione di tale disposizione precisa, peraltro, che «in qualsiasi altro caso le autorità competenti decidono se sono fondamentali altri documenti».

61      Pertanto, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, e dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, TL aveva diritto alla traduzione scritta della DIR nonché all’assistenza di un interprete al momento della redazione di tale dichiarazione. Inoltre, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13, TL aveva il diritto di essere informato di tali diritti. A quest’ultimo proposito, dal considerando 19 di quest’ultima direttiva risulta che le informazioni previste dalla medesima dovrebbero essere fornite rapidamente nel corso del procedimento e al più tardi anteriormente al primo interrogatorio ufficiale dell’indagato o imputato, al fine di consentire l’esercizio pratico ed effettivo dei suoi diritti processuali.

62      Sebbene il governo portoghese abbia affermato, all’udienza dinanzi alla Corte, che, in generale, i diritti previsti dalle disposizioni menzionate nel punto precedente sono rispettati nell’ambito dei procedimenti penali avviati in Portogallo nei confronti di persone che non comprendono il portoghese, dalla decisione di rinvio risulta tuttavia che ciò non si è verificato nella situazione di cui al procedimento principale, dato che TL non è stato informato dell’obbligo, previsto dall’articolo 196 cpp, di non cambiare residenza senza comunicare il suo nuovo indirizzo e che egli non ha potuto soddisfare pertanto quest’obbligo. Da essa si ricava che le autorità competenti all’esecuzione degli obblighi del regime di libertà vigilata hanno tentato invano di mettersi in contatto con lui all’indirizzo indicato nella DIR. Parimenti, l’ordinanza del 7 gennaio 2021, che lo citava a comparire a seguito degli inadempimenti a detti obblighi, e l’ordinanza di revoca della sospensione, del 9 giugno 2021, sono state notificate a quest’indirizzo e non a quello della sua nuova residenza, mettendo TL nell’impossibilità di conoscere queste ordinanze.

63      D’altro canto, occorre constatare che, come osservato dal governo portoghese e dalla Commissione, dette ordinanze costituiscono atti processuali complementari alla condanna dell’interessato, che fanno ancora parte del procedimento penale, ai sensi delle direttive 2010/64 e 2012/13.

64      A tale riguardo, l’applicazione delle direttive 2010/64 e 2012/13 agli atti processuali relativi a un’eventuale revoca della sospensione condizionale della pena detentiva alla quale l’interessato è stato condannato, senza essere stato messo in grado di comprendere i documenti fondamentali redatti nel corso del procedimento penale, è necessaria alla luce dell’obiettivo di tali direttive, di garantire il rispetto del diritto a un processo equo, quale sancito dall’articolo 47 della Carta, nonché il rispetto dei diritti della difesa, quale garantito dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, e di rafforzare in tal modo la fiducia reciproca nei sistemi di giustizia penale degli Stati membri al fine di accrescere l’efficacia della cooperazione giudiziaria in materia.

65      Infatti, tali diritti fondamentali sarebbero violati se una persona, condannata per un reato a una pena detentiva con sospensione condizionale dell’esecuzione in regime di libertà vigilata, fosse privata – a causa dell’omessa traduzione della convocazione o dell’assenza di un interprete all’udienza vertente sull’eventuale revoca di tale sospensione – della possibilità di essere sentita, in particolare, sui motivi per i quali essa è venuta meno agli obblighi del regime di libertà vigilata. Pertanto, una siffatta possibilità presuppone, da un lato, che l’interessato riceva la convocazione all’udienza in vista dell’eventuale revoca della sospensione in una lingua che egli parla o comprende, altrimenti non si può ritenere che egli sia stato debitamente convocato e informato dei motivi di una tale convocazione, e, dall’altro, che egli possa beneficiare, se necessario, di un interprete in tale udienza, per essere effettivamente in grado di spiegare le ragioni all’origine del suo inadempimento agli obblighi del regime di libertà vigilata; ragioni che, se del caso, possono essere legittime e giustificare così il mantenimento della sospensione dell’esecuzione.

66      Inoltre, poiché la decisione di revoca della sospensione condizionale comporta l’esecuzione della pena della detenzione inflitta all’interessato, detta decisione dev’essere parimenti oggetto di traduzione quando la persona di cui trattasi non parla o non comprende la lingua processuale, e ciò al fine di consentirle, in particolare, di comprendere le ragioni che supportano tale decisione e, se del caso, di proporre un ricorso contro quest’ultima.

67      Questa interpretazione è confortata dall’economia della direttiva 2010/64. Infatti sebbene, da un lato, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, di quest’ultima, essa riguardi espressamente l’«irrogazione della pena» e sebbene, dall’altro, conformemente al suo articolo 3, paragrafo 2, la nozione di «documenti fondamentali» comprenda espressamente tutte le «decisioni che privano una persona della propria libertà», sarebbe incoerente escludere dalla sfera di applicazione di tale direttiva gli atti riguardanti la possibile revoca di una sospensione condizionale dell’esecuzione, dal momento che questi atti possono condurre, in definitiva, all’effettiva incarcerazione dell’interessato e, pertanto, alla più rilevante ingerenza sui suoi diritti fondamentali nel corso del procedimento penale.

68      Peraltro, la Corte ha già dichiarato che, quando un atto processuale è trasmesso soltanto nella lingua del procedimento in questione a una persona, laddove quest’ultima non padroneggi tale lingua, detta persona non è in grado di comprendere gli addebiti che le sono contestati e, dunque, non può esercitare efficacemente i propri diritti della difesa, se non dispone di una traduzione di detto atto in una lingua che lei parli o comprenda (v., in tal senso, sentenza del 12 ottobre 2017,Sleutjes, C‑287/16, EU:C:2017:757, punto 33).

69      Orbene, nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che né l’ordinanza del 7 gennaio 2021, che citava TL a comparire, né l’ordinanza di revoca della sospensione condizionale, del 9 giugno 2021, sono state tradotte in lingua rumena. Inoltre, risulta che TL non è stato informato del diritto di ricevere una traduzione di tali ordinanze. Infine, dal fascicolo a disposizione della Corte non risulta che, all’udienza vertente sugli inadempimenti agli obblighi connessi al regime di libertà vigilata, TL abbia beneficiato di un’interpretazione o sia stato anche solo informato di tale diritto.

70      Ciò premesso, e come risulta dai punti 61 e 69 della presente sentenza, i diritti che TL trae dall’articolo 2, paragrafo 1, e dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, nonché dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13 sono stati violati nell’ambito del giudizio penale di cui trattasi nel procedimento principale.

71      In terzo luogo, per quanto riguarda le conseguenze di tali violazioni, risulta dalle constatazioni del giudice del rinvio che la violazione del diritto all’interpretazione costituisce, nell’ordinamento giuridico portoghese, un vizio di procedura che comporta, conformemente all’articolo 120 cpp, la nullità relativa dei corrispondenti atti processuali. Tuttavia, da un lato, in forza del paragrafo 2, lettera c), di tale articolo, spetta all’interessato denunciare la violazione del diritto in questione. Dall’altro, ai sensi del paragrafo 3, lettera a), del medesimo articolo, tale vizio di procedura dev’essere invocato, nel caso di una domanda diretta alla nullità di un atto alla cui redazione l’interessato ha assistito, prima del completamento di tale atto, a pena di decadenza.

72      In risposta a un quesito posto dalla Corte in udienza, il governo portoghese ha confermato che l’articolo 120 cpp era applicabile anche all’invocazione dei vizi relativi alla violazione del diritto alla traduzione dei documenti fondamentali del procedimento penale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, così come l’applicabilità di tale disposizione alla violazione del diritto di essere informato dei suoi diritti all’interpretazione e alla traduzione dei documenti fondamentali.

73      A questo proposito, occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafo 5, e l’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2010/64 impongono agli Stati membri di provvedere affinché, secondo le procedure previste dal diritto nazionale, gli interessati abbiano il diritto di contestare il provvedimento che giudichi inutile un’interpretazione o una traduzione.

74      Tuttavia, né tale direttiva, né la direttiva 2012/13 precisano le conseguenze che devono derivare da una violazione dei diritti ivi previsti, in particolare nell’ipotesi, quale quella oggetto del procedimento principale, in cui l’interessato non sia stato informato né dell’esistenza di una decisione siffatta, né del suo diritto di ottenere l’assistenza di un interprete e una traduzione dei documenti in questione, e neppure della redazione di alcuni di questi documenti.

75      Secondo costante giurisprudenza, in mancanza di una disciplina specifica in materia, le modalità di attuazione dei diritti spettanti alle persone in forza del diritto dell’Unione rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio d’autonomia procedurale di questi ultimi. Tali modalità, tuttavia, non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

76      Per quanto concerne il principio di equivalenza, fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio dovrà effettuare, non c’è nulla nel fascicolo di cui dispone la Corte da cui risulti che un siffatto principio sarebbe trasgredito applicando l’articolo 120 cpp in un’ipotesi di violazione dei diritti derivanti dalle direttive 2010/64 e 2012/13. Infatti, detto articolo disciplina le condizioni in presenza delle quali può invocarsi una nullità, a prescindere dal fatto che detta nullità derivi dalla trasgressione di una norma che trae fondamento dalle disposizioni del diritto nazionale o da quelle del diritto dell’Unione.

77      Quanto al principio di effettività, è importante ricordare che, sebbene le direttive 2010/64 e 2012/13 non disciplinino le modalità correlate all’attuazione dei diritti da esse previsti, dette modalità non possono pregiudicare l’obiettivo cui mirano queste direttive, di garantire l’equità del procedimento penale nonché il rispetto dei diritti della difesa degli indagati e degli imputati durante il suo svolgimento (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2015, Covaci, C‑216/14, EU:C:2015:686, punto 63, nonché del 22 marzo 2017, Tranca e a., C‑124/16, C‑188/16 e C‑213/16, EU:C:2017:228, punto 38).

78      Orbene, da un lato, l’obbligo imposto alle autorità nazionali dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13, di informare gli indagati e gli imputati dei loro diritti all’interpretazione e alla traduzione, previsto dall’articolo 2, paragrafo 1, e dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, riveste un’importanza fondamentale per la garanzia effettiva di tali diritti e quindi per il rispetto dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta. Infatti, in assenza di una tale informazione l’interessato non può conoscere l’esistenza e la portata di tali diritti né esigerne il rispetto, di modo che egli si troverebbe nell’impossibilità di esercitare pienamente i suoi diritti della difesa e di beneficiare di un processo equo.

79      Pertanto, imporre alla persona implicata in un procedimento penale, condotto in una lingua che non parla o non comprende, di dichiarare, entro un termine preciso a pena di decadenza, il fatto che non sia stata informata dei suoi diritti all’interpretazione e alla traduzione, quali previsti dall’articolo 2, paragrafo 1, e dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, produrrebbe l’effetto di rendere privo di contenuti il diritto di essere informati, garantito dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13, mettendo così in discussione i diritti di tale persona a un processo equo e al rispetto dei diritti della difesa, sanciti, rispettivamente, dall’articolo 47 e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta. Infatti, in assenza di una siffatta informazione, detta persona non può avere conoscenza del fatto che il suo diritto all’informazione sia stato violato ed ella si troverebbe, pertanto, nell’impossibilità di denunciare tale violazione.

80      Inoltre, una simile conclusione si impone anche, per questo stesso motivo, per quanto riguarda i diritti all’interpretazione e alla traduzione, previsti, rispettivamente, dall’articolo 2, paragrafo 1, e dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, quando l’interessato non è stato informato dell’esistenza e della portata di tali diritti.

81      Nel caso di specie, poiché, come rilevato al punto 45 della presente sentenza, la decisione di rinvio non menziona esplicitamente che TL non sia stato informato, al momento della sua incriminazione, del suo diritto di beneficiare di un interprete e della traduzione dei documenti fondamentali del procedimento penale avviato nei suoi confronti, spetta al giudice del rinvio verificare, se del caso, se detta informazione gli sia stata realmente comunicata o meno.

82      D’altra parte, anche qualora l’interessato abbia effettivamente ricevuto tali informazioni a tempo debito, è comunque necessario, come ha sostanzialmente sottolineato l’avvocato generale nei paragrafi da 83 a 87 delle sue conclusioni, che egli sia a conoscenza dell’esistenza e del contenuto del documento fondamentale in questione e degli effetti ad esso collegati, per poter denunciare una violazione del suo diritto alla traduzione di tale documento o del suo diritto all’interpretazione all’atto della sua redazione, garantiti dall’articolo 2, paragrafo 1, e dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, e quindi di poter beneficiare di un processo equo nel rispetto dei suoi diritti di difesa, come imposto dall’articolo 47 e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta.

83      Pertanto, il principio di effettività sarebbe violato, in particolare, se il termine, al quale una disposizione di procedura nazionale subordina la facoltà di invocare una violazione dei diritti conferiti dall’articolo 2, paragrafo 1, e dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, nonché dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13, iniziasse a decorrere ancor prima che l’interessato sia stato informato, in una lingua che egli parla o comprende, da un lato, dell’esistenza e della portata del suo diritto all’interpretazione e alla traduzione e, dall’altro, dell’esistenza e del contenuto del documento fondamentale in questione nonché degli effetti collegati a quest’ultimo (v., per analogia, sentenza del 15 ottobre 2015, Covaci, C‑216/14, EU:C:2015:686, punti 66 e 67).

84      Orbene, nel caso di specie, dagli accertamenti effettuati dal giudice del rinvio, il solo competente ad interpretare le disposizioni del suo diritto nazionale, discende che la pura e semplice applicazione dell’articolo 120 cpp alla situazione di cui al procedimento principale, quale apparentemente effettuata dal giudice di primo grado, non era tale da garantire il rispetto delle prescrizioni derivanti dal punto precedente.

85      In particolare, dalle informazioni di cui dispone la Corte risulta che, in applicazione dell’articolo 120, paragrafo 3, lettera a), cpp, la nullità di un atto alla cui redazione l’interessato assista dev’essere invocata, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’atto di cui trattasi.

86      Ciò implica, in particolare per un atto come la DIR, che una persona che si trovi in una situazione quale quella di TL è privata, de facto, della facoltà di denunciare la nullità. Infatti quando detta persona, che non conosce la lingua del procedimento penale, non è in grado di comprendere la notificazione dell’atto processuale e le sue implicazioni, ella non dispone delle informazioni sufficienti per valutare la necessità dell’assistenza di un interprete all’atto della sua redazione o di una traduzione scritta di tale documento, che può sembrare una pura formalità. Inoltre, la facoltà di invocare la nullità di detto atto è ulteriormente compromessa, da un lato, dall’assenza di informazioni quanto al diritto di beneficiare di una siffatta traduzione e dell’assistenza di un interprete nonché, dall’altro, dal fatto che il termine per eccepire tale nullità scade, in sostanza, in modo istantaneo, per il mero fatto della realizzazione dell’atto di cui trattasi.

87      In tali circostanze, spetta al giudice del rinvio verificare se esso possa pervenire ad un’interpretazione della normativa nazionale che consenta di rispettare le prescrizioni derivanti dal punto 83 della presente sentenza e, in tal modo, di garantire l’esercizio dei diritti della difesa nell’ambito di un processo equo.

88      Qualora il giudice del rinvio dovesse ritenere che una tale interpretazione della normativa nazionale oggetto del procedimento principale non sia possibile, occorre ricordare che il principio del primato impone al giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito di sua competenza, le disposizioni del diritto dell’Unione l’obbligo, qualora non sia possibile procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, di garantire la piena efficacia alle medesime nell’ambito della controversia di cui è investito disapplicando se necessario, di propria iniziativa, qualsiasi normativa o prassi nazionale, anche successiva, che sia contraria a una disposizione del diritto dell’Unione avente efficacia diretta, senza dover chiedere o attendere la previa eliminazione di tale normativa o prassi nazionale per via legislativa o mediante qualsiasi altra procedura costituzionale (sentenza dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto), C‑205/20, UE:C:2022:168, punto 37].

89      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13, letti alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, nonché del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale la violazione dei diritti sanciti da dette disposizioni di tali direttive dev’essere invocata dal beneficiario di detti diritti entro un termine determinato, a pena di decadenza, quando questo termine inizia a decorrere ancor prima che l’interessato sia stato informato, in una lingua che egli parla o comprende, da un lato, dell’esistenza e della portata del suo diritto all’interpretazione e alla traduzione e, dall’altro, dell’esistenza e del contenuto del documento fondamentale in questione nonché degli effetti collegati a quest’ultimo.

 Sulle spese

90      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’articolo 2, paragrafo 1, e l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, letti alla luce dell’articolo 47 e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale la violazione dei diritti sanciti da dette disposizioni di tali direttive dev’essere invocata dal beneficiario di detti diritti entro un termine determinato, a pena di decadenza, quando questo termine inizia a decorrere ancor prima che l’interessato sia stato informato, in una lingua che egli parla o comprende, da un lato, dell’esistenza e della portata del suo diritto all’interpretazione e alla traduzione e, dall’altro, dell’esistenza e del contenuto del documento fondamentale in questione nonché degli effetti collegati a quest’ultimo.

Firme