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Tagliando falso, condannato anche se il falsario è disabile (Cass. 11713/20)

9 aprile 2020, Cassazione penale

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 Disabile vero con tagliando falso (per risparmiare sugli oneri connessi al rinnovo): è comunque reato.

 

Corte di Cassazione

sez. V Penale, sentenza 22 novembre 2019 – 9 aprile 2020, n. 11713
Presidente Sabeone – Relatore Mazzitelli

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha confermato la decisione del Tribunale di Lecco, che aveva dichiarato Gi. Ma. Br. colpevole del reato di cui agli artt. 477,482 cod. pen., per avere contraffatto il contrassegno per il parcheggio disabili n. 2221 a lui rilasciato dal Comune di Seregno, valevole fino al 10 maggio 2014, cancellandone la cifra finale 4 e scrivendo la cifra 6, in tal modo posticipando la scadenza al 20 maggio 2016, condannandolo, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di mesi quattro di reclusione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputato il quale, con il patrocinio difensivo, denuncia violazione di legge in relazione all'art. 131 bis cod. pen. Espone che il ricorrente aveva optato per la definizione del procedimento con il rito abbreviato cd. secco, e che la difesa aveva rappresentato che l'imputato era un autentico disabile, avente diritto a usufruire del parcheggio riservato; che, tuttavia, in mancanza di disponibilità economiche che consentissero di procedere al rinnovo dell'autorizzazione, egli aveva modificato la data del contrassegno, con condotta che, pur antigiuridica, non era tale da destare allarme sociale. Tale situazione, ad avviso della difesa, giustifica una sentenza assolutoria ai sensi dell'art. 131 bis cod. pen,. in mancanza di comportamento abituale, e alla luce del decorso del tempo dalla commissione del fatto. In subordine, la difesa invoca una riduzione della pena, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contesta recidiva.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile, perchè propone motivi che costituiscono una riedizione di quelli già dedotti in appello e inammissibilmente riproposti in sede di legittimità, in cui non è consentito di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o all'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri, di ricostruzione e valutazione dei fatti. Come affermato già da Sez. U. n. 6402/1997 , Dessimone, Rv. 207944, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, non censurabile dalla Corte di Cassazione, se condotta nel rispetto dei canoni della logica e della completezza.

1.1. Ciò che è riscontrabile nel caso di specie, in cui i giudici di merito, il Tribunale prima e la Corte di Appello, poi, hanno reso una plausibile argomentazione, a giustificazione della propria decisione, in ordine alla insussistenza dei presupposti per la declaratoria di non punibilità. E' stato, infatti, evidenziata l'intrinseca connotazione di gravità della condotta falsificatrice, rispetto alla quale non si è ritenuto di dare rilevanza alla circostanza, segnalata dalla difesa, che il ricorrente sia effettivamente portatore di disabilità; inoltre, si è valorizzata, a carico del ricorrente, la presenza di due precedenti specifici.

1.2. Il giudizio della Corte di merito è corretto, perché conformato all'insegnamento delle Sezioni Unite "Tushaj" che hanno delineato i contorni del comportamento abituale, ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall'art. 131 bis cod. pen., indicandolo come tale quando l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame (così ai punti nn. 14 e 15 del "considerato in diritto" della sentenza Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 26659), sicché "In breve, il terzo Illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all'applicazione dell'istituto. " 2. Manifestamente infondato il motivo di ricorso con cui si invoca un più benevolo bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche, in ordine al quale la Corte di merito ha richiamato la previsione di cui all'art. 99 comma 4 cod. pen. che contiene il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti.

3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell'estensore, ai sensi dell'art. 1, comma 1 lettera a) del d.p.c.m. 8 marzo 2020.