Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Strappare di mano il cellulare alla moglie è rapina? (Cass. 26982/20)

28 settembre 2020, Cassazione penale

L'elemento distintivo del delitto di rapina da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone risiede nell'elemento soggettivo perché nel primo caso l'autore agisce al fine di procurare a sé o ad altri un profitto ingiusto, ben sapendo che quanto pretende non gli spetta e non è giuridicamente azionabile, nell'altro agisce nella ragionevole opinione di esercitare un diritto con la coscienza che l'oggetto della pretesa gli spetti; così l'esercizio delle proprie ragioni con violenza sulle cose o sulle persone, commesso con minaccia dell'esercizio di un diritto in sé non ingiusta, può integrare gli estremi della rapina se si estrinseca con modalità violente che denotano soltanto la volontà di impossessarsi della cosa.

L'esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone può integrare il reato di rapina se la violenza utilizzata dal soggetto agente nei confronti della vittima è di tale intensità da trasmodare completamente le ragioni del credito, denotando la volontà di impossessarsi comunque di una cosa.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

(ud. 11/09/2020) 28-09-2020, n. 26982

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico - Presidente -

Dott. MANTOVANO Alfredo - Consigliere -

Dott. DI PAOLA Sergio - rel. Consigliere -

Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere -

Dott. RECCHIONE Sandra - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI NORD;

nel procedimento a carico di:

C.S., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 7/4/2020 del G.i.p. del Tribunale di Napoli Nord;

udita la relazione svolta dal Consigliere DI PAOLA Sergio;

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale MANUALI Valentina che ha chiesto rigettarsi il ricorso.

Svolgimento del processo


1. Il G.i.p. del Tribunale di Napoli Nord, con l'ordinanza impugnata in questa sede, non ha convalidato l'arresto di C.S., eseguito dalla p.g. perchè ritenuto indiziato del delitto di rapina di un telefono cellulare che l'indagato aveva sottratto al coniuge - da cui era in fase di separazione - in occasione di un incontro finalizzato al ritiro degli effetti personali della donna dall'abitazione familiare. Il G.i.p. aveva ritenuto che l'indagato avesse sottratto il telefono non per finalità di profitto, ma per impedire che la donna proseguisse nell'eseguire le riprese dei propri beni; da ciò riteneva che il fatto dovesse essere qualificato come fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, reato che non consentiva l'adozione della misura precautelare.

2.1. Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, deducendo, con unico motivo, violazione di legge - in riferimento agli artt. 393 e 628 c.p., art. 380 c.p.p., - e vizio di motivazione, manifestamente illogica e contraddittoria, nella parte in cui aveva qualificato il fatto storico accertato dalla polizia giudiziaria, riconoscendo l'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, non quale condotta di rapina, ma come fattispecie riconducibile al disposto dell'art. 393 c.p., omettendo di individuare e indicare quale fosse la pretesa giuridica tutelabile davanti all'autorità giudiziaria che l'indagato aveva ritenuto di esercitare, sottraendo il telefono cellulare al coniuge con una spinta, mentre costei riprendeva i propri beni che aveva rinvenuto danneggiati.

Motivi della decisione
1.1. Il ricorso è fondato.

Il provvedimento emesso dal G.i.p., nel qualificare l'episodio che aveva determinato la p.g. a procedere all'arresto, si fonda sulla considerazione dell'avvenuta sottrazione del telefono cellulare da parte dell'indagato non per finalità di profitto, ma "per impedire un atto a suo dire illecito". La motivazione adottata, come rileva il Procuratore ricorrente, risulta affetta da evidente violazione di legge, poichè non individua quale fosse la pretesa tutelabile davanti all'autorità giudiziaria, rispetto alla quale il C. avrebbe ritenuto di farsi giustizia da sè sottraendo alla moglie il telefono cellulare: nè può ritenersi che l'esecuzione di riprese con un telefono cellulare, peraltro di oggetti di proprietà della persona che le esegue, possa costituire condotta illecita in grado di procurare danni a terzi soggetti, ipotesi che anche ove ritenuta sussistente dall'indagato in buona fede non avrebbe comune consentito di conseguire altro rimedio che quello risarcitorio (e non anche la sottrazione della disponibilità del telefono cellulare alla proprietaria del bene).

Insegna, infatti, la giurisprudenza di legittimità che "in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ai fini della configurabilità del reato, occorre che l'autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale, anche se detto diritto non sia realmente esistente; tale pretesa, inoltre, deve corrispondere perfettamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico, e non mirare ad ottenere un qualsiasi "quid pluris", atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato" (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268362).

2. All'accoglimento del ricorso, consegue in linea con l'orientamento prevalente della Corte di legittimità (Sez. 2, n. 21389 del 11/03/2015, P.M. in proc. Morelli, Rv. 264026; Sez. 5, n. 12508 del 07/02/2014, P.M. in proc. Scognamiglio, Rv. 260000; Sez. 1, n. 5983 del 21/01/2009, P.M. in proc. Abdelsalam Ibrahim, Rv. 243358) l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza di non convalida dell'arresto, attesa l'inutilità di investire il giudice a quo di una pronuncia che avrebbe valore meramente formale, essendo già stata riconosciuta in questa sede la legittimità dell'operato della Polizia giudiziaria.

P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata senza rinvio per essere stato l'arresto legittimamente eseguito.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020