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Salute compromessa, estradizione negata dal giudice solo se .. (Cass. 10770/19)

6 giugno 2019, Nicola Canestrini

Non può ritenersi accertato un generale rischio di trattamento inumano da parte della Croazia in caso di estradizione.

In tema di estradizione verso l’estero, la valutazione compiuta dalla Corte d’appello concerne esclusivamente la legale possibilità della estradizione passiva, esulando dalle sue attribuzioni ogni valutazione di opportunità – ad esempio, sulla necessità che l’estradando debba essere curato in Italia – che rientra, invece, nell’esclusiva sfera di competenza del Ministro della Giustizia.

L’unica verifica che spetta all’autorità giudiziaria italiana, laddove l’interessato abbia segnalato di essere affetto da gravi patologie, concerne il solo pericolo concreto che l’estradando sia sottoposto ad un trattamento avente, in relazione alle sue condizioni di salute, un obiettivo carattere inumano e degradante.

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE PENALE

  udienza del 06/06/2019

    Sent. sez. n. 1047/2019 - R.G.N. 10770/2019

  Composta da:

 GIORGIO FIDELBO                                           - Presidente -  

STEFANO MOGINI                                     - Relatore -                          

MIRELLA AGLIASTRO                                                                             

ERCOLE APRILE

RICCARDO AMOROSO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

sul ricorso presentato da:

 

TE nata a ** il **

 avverso la sentenza del 08/02/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA

 udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO MOGINI;

 sentite le conclusioni del PG MARCO DALL’OLIO che chiede l’annullamento con rinvio;

 udito il difensore, avvocato GRENCI ETTORE del foro di BOLOGNA difensore di fiducia di TE, che insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso.

 RITENUTO IN FATTO

 

            1. TE ricorre per mezzo del proprio difensore di fiducia avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Bologna ha dichiarato l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione esecutiva presentata dalla Repubblica della Croazia sulla base di sentenza definitiva di condanna alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione (di cui mesi undici e giorni tre ancora da espiare) pronunciata nei confronti della ricorrente il 01/03/2012 dal Tribunale di Fiume per reato di truffa commesso dal gennaio al dicembre 1998.

 

            2. La ricorrente deduce con unico, articolato motivo la violazione degli artt. 698 e 705 comma 2, lett. c) bis c.p.p. in relazione alla mancata valutazione e al mancato riconoscimento della presenza di condizioni ostative all’estradizione alla luce delle precarie condizioni di salute e della vulnerabilità soggettiva dell’estradanda e delle conseguenti ricedute che l’estradizione e il regime carcerario determinerebbero sulla stessa ricorrente. Inoltre, la decisione impugnata è stata presa omettendo di esaminare le condizioni degli istituti di pena croati, con particolare riferimento alle persone detenute affette da patologie cliniche. La difesa aveva fornito alla Corte territoriale elementi aggiornati tanto in relazione all’incompatibilità con la prefigurata detenzione delle condizioni di salute della ricorrente che in ordine alle condizioni degli istituti di pena croati evidenziate nel Rapporto al Governo Croato sulla visita del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e di Pene e Trattamenti Inumani e Degradanti (CPT) eseguita dal 14 al 22 marzo 2017, con particolare riferimento all’uso della forza da parte del personale di custodia e alla presenza di personale sanitario all’interno degli istituti di pena, nonché al sovraffollamento carcerario e alle condizioni materiali di restrizione della libertà nelle strutture di polizia e all’uso sproporzionato di misure di sicurezza al loro interno. Sicché la Corte di appello avrebbe dovuto effettuare un supplemento di istruttoria in conformità a quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 05/04/2016, C404/15, Aaranyosi e Caldararu.

             3. In data 29/05/2019 la difesa ha depositato memoria scritta, e aggiornata documentazione medica, con la quale si segnala che le attuali condizioni di salute e l’età della ricorrente comportano per lei il concreto rischio di conseguenze di eccezionale gravità in caso di estradizione.

 

 CONSIDERATO IN DIRITTO

  

            1. Il ricorso è fondato, nei termini e nei limiti di seguito indicati.

            Va in primo luogo osservato che, contrariamente agli assunti della ricorrente, non può ritenersi accertato un generale rischio di trattamento inumano da parte della Croazia in caso di estradizione (vedi, per il caso di mandato di arresto europeo esecutivo, Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv. 267296, che collega la sussistenza di un rischio concreto di trattamento inumano e degradante alle condizioni generali di detenzione nello Stato membro emittente).

            A tale riguardo, giova ricordare che la Corte EDU (Grande Camera, sentenza 20 ottobre 2016, Mursic c. Croazia) ha recentemente affermato che il problema del sovraffollamento carcerario in Croazia è già stato esaminato in numerose pronunce, nessuna delle quali – al di là dell’esito sul singolo – ha evidenziato violazioni strutturali dell’art. 3 Convenzione EDU (cfr. Cenbauer c. Croazia, n. 73786/01, ECHR 2006-III; Testa c. Croazia, n. 20877/04, 12.07.2007; Štitić c. Croazia, n. 29660/03, 08.11.2007; Dolemec c. Croazia, n. 25282/06, 26.11.2009; Longin c. Croazia, n. 49268/10, 06.11.2012; Lonić v. Croazia, n. 8067/12, 04.12.2014). La Corte EDU ha confermato tale valutazione anche nel caso Mursic, sottolineando che il proprio giudizio concerneva la sola situazione del carcere di Bjelovar e non il complessivo stato del sistema penitenziario croato (§142).

            Il Rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e di Pene e Trattamenti Inumani e Degradanti (CPT) sulla visita eseguita dal 14 al 22 Marzo 2017 ha sostanzialmente confermato tale giudizio, rilevando espressamente i significativi miglioramenti generalmente conseguiti delle Autorità croate in tema di sovraffollamento negli istituti di pena e segnalando sporadici casi nei quali il problema è stato ancora denunciato.

Anche i rilievi del CPT relativi ad allegazioni di maltrattamenti fisici da parte del personale di custodia o all’uso sproporzionato di misure di sicurezza intramurarie e mezzi di contenzione fisica non sono sfociati in specifici accertamenti e non hanno condotto il Comitato a ritenere inverato un generale e concreto rischio di trattamenti inumani e degradanti delle carceri croate. Del pari, i problemi pratici riscontrati dal CPT nell’approvvigionamento di medicinali e nella tempestiva somministrazione di trattamenti medici specializzati ai detenuti, che pure hanno indotto il Comitato ad una specifica raccomandazione, non hanno comportato più radicali censure.

Il Governo croato ha del resto inviato al CPT, in data 22/12/2017 (documento CPT/Inf (2018) 45), puntuale risposta alle osservazioni ricevute, con la quale vengono dettagliate le misure adottate per rimediare ai problemi rilevati in alcune strutture.

             È peraltro pacifico nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di estradizione verso l’estero, la valutazione compiuta dalla Corte d’appello concerne esclusivamente la legale possibilità della estradizione passiva, esulando dalle sue attribuzioni ogni valutazione di opportunità – ad esempio, sulla necessità che l’estradando debba essere curato in Italia – che rientra, invece, nell’esclusiva sfera di competenza del Ministro della Giustizia (Sez. 6, n. 11941 del 04/03/2014, S., Rv. 259339; Sez. 6, n. 24702 del 22/05/2007, Moscaliuc, Rv. 237186; Sez. 6, n. 15111 del 09/03/2004, Bordeianu, Rv. 229169): di talché, l’unica verifica che spetta all’autorità giudiziaria italiana, laddove l’interessato abbia segnalato di essere affetto da gravi patologie, concerne il solo pericolo concreto che l’estradando sia sottoposto ad un trattamento avente, in relazione alle sue condizioni di salute, un obiettivo carattere inumano e degradante (Sez. 6, n. 35892 del 12/07/2004, Sumanschi, Rv. 229964; Sez. 6, n. 11941 del 04/03/2014, S., Rv. 259339; Sez. 6, n. 47237 del 18/11/2015, Savic, Rv. 265520).

             Inoltre, in tema di estradizione esecutiva per l’estero, richiesta sulla base della Convenzione europea di estradizione, non spetta all’autorità giudiziaria disporre l’esecuzione in Italia di pene inflitte all’estero sia per lo straniero residente che per il cittadino italiano, rientrando invece nelle attribuzioni del Ministro della giustizia attivare la procedura per il riconoscimento della sentenza straniera, ove la stessa in base ai relativi accordi internazionali possa poi essere eseguita in Italia (sez. 6, n. 3897 del 22/01/2010, P., Rv. 245812, in fattispecie relativa a un’istanza di estradizione avanzata dalle autorità romene per reati commessi anteriormente alla data del 7 agosto 2002; Sez. 6, n. 7750 del 24/11/2015, Janeczko, Rv. 266125).

             In tale ottica, ferme restando le valutazioni discrezionali riservate al Ministro della Giustizia ai sensi dell’art. 708 c.p.p., va rilevato come, nel caso di specie, la ricorrente abbia concretamente allegato – sia dinanzi alla Corte territoriale che, da ultimo, con la memoria depositata il 29/05/2019 – uno stato di salute compromesso, puntualmente rappresentato nei certificati medici a firma del Dott. AL in data 07/02/2019, 05/03/2019 e 24/05/2019 e nel verbale stilato in data 05/03/2019 dalla Commissione sanitaria istituita ai sensi della L. n. 104/1992, che ha ribadito la sussistenza di un handicap, conseguente alla diagnosi espressa nel medesimo verbale, comportante per la ricorrente un’invalidità superiore a due terzi.    

             A fronte di tali emergenze, deve ritenersi del tutto apodittica l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale nessun elemento è emerso o è stato fornito dalla difesa per ritenere che sussista il concreto pericolo che nello Stato estero la estradanda sarebbe sottoposta a trattamento avente, in relazione alle sue condizioni di salute, un obiettivo carattere inumano e degradante, ovvero sia affetta da condizioni di salute o di età tali da non comportare il rischio di “conseguenze di eccezionale gravità” quali previste dall’art. 705, comma 2, lett. c) bis c.p.p..

             Invero, lo stato di salute della ricorrente, precisamente descritto nelle diagnosi contenute nelle certificazioni mediche e nel verbale sopra citati, unito ai già citati problemi pratici riscontrati dal CPT nell’assistenza sanitaria ai detenuti nelle carceri croate, in particolare per quanto concerne l’approvvigionamento di medicinali e la tempestiva somministrazione di trattamenti medici specializzati, oggetto di specifica raccomandazione del Comitato al Governo croato, fanno emergere l’esigenza di acquisire con urgenza dalle competenti Autorità dello Stato richiedente esaurienti elementi conoscitivi in ordine allo specifico trattamento penitenziario che sarebbe applicato alla ricorrente in caso di consegna (regime di trattamento; luogo e istituto di detenzione; condizioni materiali di detenzione; meccanismi nazionali o internazionali per il controllo delle condizioni effettive di detenzione dell’estradanda), con particolare riferimento all’assistenza sanitaria che sarebbe ad essa effettivamente assicurata in relazione alle plurime e specifiche patologie delle quali risulta affetta. La sentenza impugnata deve essere quindi annullata affinché la Corte di appello inoltri, per il tramite del Ministro della Giustizia, alle competenti Autorità croate, ai sensi dell’art. 704, comma 2, c.p.p., siffatta richiesta di informazioni complementari.

             Ricevute le informazioni richieste, la Corte di appello dovrà valutare se sulla base delle stesse risulti escluso il rischio concreto di conseguenze di eccezionale gravità per la persona richiesta in consegna ovvero di un trattamento contrario all’art. 3 Convenzione EDU in conseguenza delle specifiche condizioni di salute e di età della Tosi.

Laddove pervengano informazioni (o, trattandosi di estradizione passiva, eventuali rilevanti rassicurazioni, vedi Sez. 6, n. 24475 del 04/05/2016, Cernobrovciuc, Rv. 268703; Sez. 6, n. 10965 del 11/02/2015, P.G. in proc. Pizzolato, Rv. 262934) sufficienti ad escludere per la ricorrente i rischi testé descritti, saranno dichiarate sussistenti le condizioni per l’estradizione. Al contrario, se dalle informazioni ricevute non potessero escludersi i cennati rischi, la Corte di appello è tenuta a rifiutare la consegna estradizionale.

             La sentenza impugnata deve essere quindi annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna per uovo giudizio in ordine alla questione relativa alla sussistenza delle ipotesi di rifiuto di cui all’art. 705, comma 2, lett. c) e c-bis) c.p.p., secondo i principi enunciati. 

            La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 203 Disp. att. c.p.p.

 P.Q.M.

 Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui all’art. 203. disp. att. c.p.p..

 Così deciso il 06/06/2019.

    Il Consigliere estensore                                          Il Presidente

            Stefano Mogini                                                         Giorgio Fidelbo