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Rischio di contagio COVID19 non impedisce consegna MAE (Cass. 22275/20)

23 luglio 2020, Cassazione penale

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Il rischio di contagio in caso di consegna in ambito MAE per alto tasso di positività al virus nella città dell'autorità giudiziaria del paese emittente non inerisce al tema dell'inadeguatezza intrinseca delle strutture penitenziarie a garantire un livello minimo di vivibilità ai detenuti al fine di non incorrere nel divieto stabilito dalla seconda parte dell'art. 3 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo; si tratta peraltro su un dato puramente congetturale ed è quindi manifestamente infondata.  

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

sentenza n. 22275 dep. il 23.07.2020

Presidente BRICCHETTI RENATO GIUSEPPE
Relatore VILLONI ORLANDO

ha pronunciato la seguente
sentenza 

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Venezia ha disposto in favore dell'autorità giudiziaria francese la consegna di L. A.., richiesta in forza di mandato di arresto europeo processuale emesso dal competente organo requirente francese in esecuzione di titolo interno emanato il 27/11/2019 dal Tribunale di Grande Istanza di Rennes in relazione a un'indagine condotta per i reati di furto commesso in banda organizzata, ricettazione in banda organizzata e partecipazione ad un'associazione per delinquere dedita alla commissione di crimini e reati punti con la pena di dieci anni di reclusione.
In particolare al consegnando si ascrive il concorso nella consumazione di tre furti, riguardanti in tutto undici calessini (sulky) da competizione, in danno della scuderia ippica Guarato ubicata in località Le Ménil - Bérard e commessi in più riprese nei mesi di aprile e settembre 2017 e nel luglio 2018 nonché la ricettazione di altri sulky, provento di distinti furti commessi da persone risultanti con lui in rapporti di convivenza e/o affinità (H. F.., suocero; H.M., cognata; C. D., cognato; H. N., convivente).

La Corte veneziana ha disatteso l'eccezione difensiva della formale riferibilità del mandato ad un organo requirente anziché ad un giudice (art. 1, comma 3 legge n. 69 del 2005); ha osservato che i reati per cui si procede corrispondono ad ipotesi di delitto previste anche dalla legge italiana; ha rilevato per detti reati la sussistenza dei limiti massimi di pena di cui all'art. 7, comma 4 I. n. 69 del 2005; ha escluso la sussistenza di una delle condizioni ostative di cui all'art. 18
stessa legge, prima fra tutte quella della commissione del reato di natura associativa in tutto o in parte nel territorio nazionale (art. 18 bis lett. b] legge n. 69 del 2005, come modificato dalla legge 4 ottobre 2019 n. 117).
La consegna è stata, infine, subordinata alla condizione del rinvio del
L.A. in Italia, dopo il suo esame, al fine di scontarvi la pena, trattandosi di cittadino italiano.

2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione L.A., che formula i seguenti motivi di censura.
Con un primo motivo, deduce la sussistenza del motivo di rifiuto stabilito dall'art. 18 lett. h) della I. n. 69 del 2005 in relazione alla omessa verifica delle condizioni detentive cui andrebbe incontro in caso di consegna all'autorità giudiziaria francese, con particolare riferimento alle condizioni in cui versa il carcere di Rennes nella presente situazione di pandemia da Covid-19, penitenziario in cui sono stati già riscontrati numerosi casi di contagio sia tra i detenuti (230) che tra gli agenti di polizia penitenziaria (300).

Con un secondo motivo deduce la violazione dell'art. 18 lett. b) legge n. 69 del
2005 perché il reato di natura associativa è stato commesso in parte in Italia, dal momento che il consegnando e le altre persone coinvolte nell'inchiesta penale fanno parte di due nuclei familiari stabilmente residenti nel Comune di Occhiobello (Ro); errata risulta, inoltre, l'applicazione e la lettura dell'art. 9 cod. pen., che va interpretato nel senso di attribuire la giurisdizione allo Stato estero in caso di rifiuto espresso all'estradizione o alla consegna da parte dello Stato italiano non solo all'esito della procedura ma anche di valutazione potenziale. Con un terzo motivo deduce erronea applicazione della legge processuale nella parte in cui la sentenza non ha negato la consegna nonostante l'omesso invio di parte della documentazione richiesta con l'ordinanza del 12 marzo 2020.
La motivazione posta a sostegno della consegna appare contraddittoria con tale ordinanza poiché non dà seguito al contenuto della stessa sebbene in sentenza si affermi espressamente l'assenza della documentazione richiesta.
Con un quarto ed ultimo motivo, deduce erronea applicazione dell'art. 24 legge n. 69 del 2005 nella parte in cui non ha disposto il rinvio della consegna in attesa dell'espiazione della condanna del Tribunale di Ferrara del 12/11/2019

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

2.1 Passando all'esame delle censure, va disattesa la prima concernente la sussistenza del motivo di rifiuto di cui all'art. 18 lett. h) legge n. 69 del 2005. A prescindere, infatti, da ogni considerazione concernente tempi e modi di rilevabilità delle violazioni di legge nella procedura di consegna del mandato d'arresto europeo, in cui la Corte di Cassazione è investita anche di una cognizione di merito (Sez. Sez. 6, n. 43804 del 9/11/2012, Casini, Rv. 253433), a stretto rigore il ricorrente non lamenta il pericolo di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti derivanti dalle condizioni carcerarie dello Stato di esecuzione, ma diversamente il pericolo di essere esposto a contagio da Covid-19 nell'ipotesi in cui, durante la pendenza del procedimento in Francia, dovesse essere collocato nel carcere di Rennes, divenuto teatro di forte diffusione della malattia sia tra la popolazione carceraria che tra gli agenti penitenziari.

Da un lato, pertanto, la doglianza esula dal tema dell'inadeguatezza intrinseca delle strutture penitenziarie francesi a garantire un livello minimo di
vivibilità ai detenuti al fine di non incorrere nel divieto stabilito dalla seconda parte dell'art. 3 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, dall'altra essa si fonda sul dato puramente congetturale che poiché l'autorità giudiziaria procedente è quella di Rennes, la collocazione - temporanea, essendo il mandato di tipo processuale e il ricorrente cittadino italiano - presso una struttura detentiva inevitabilmente avverrà presso il penitenziario della stessa città e in una sua articolazione sicuramente esposta a contagio da Covid-19, il che non appare allo stato né scontato né evidentemente auspicabile.

2.2 Va disatteso anche il secondo motivo di censura.
La commissione del reato in tutto o in parte nel territorio dello Stato richiesto della consegna costituisce oggi motivo facoltativo e non obbligatorio di rifiuto ai sensi dell'art. 18 bis lett. b) legge n. 69 del 2005, come modificato dalla legge 4 ottobre 2019 n. 117.

La modifica è intervenuta per favorire un più stretto coordinamento nella azione di repressione dei crimini a livello europeo e al tempo stesso al fine di prevenire e risolvere conflitti di giurisdizione penale tra gli Stati membri della Unione europea, alla luce del Considerando n. 9 della decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio del 30.11.2009, tra l'altro trasfusa nell'ordinamento interno con il d. Igs. n. 29 del 15 febbraio 2016.

In tale prospettiva, la Corte di merito ha compiuto le proprie valutazioni, congruamente ancorandole al dato obiettivo, rappresentato dal fatto che nel caso specifico è il giudice francese ad avere le migliori possibilità di giudicare adeguatamente i fatti, avendo a disposizione tutti gli elementi di prova (indagini di polizia giudiziaria e conseguenti acquisizioni investigative) per apprezzare complessivamente il fenomeno delittuoso, ancorché sia fuor di dubbio che la determinazione iniziale di perpetrare i furti in Francia sia avvenuta nell'ambito di due nuclei familiari entrambi residenti in Italia.

2.3 E' invece manifestamente infondato il terzo motivo di ricorso.
Alla pag. 11 della sentenza la Corte di merito ha congruamente argomentato le ragioni per cui sulla base della documentazioni disponibile e conseguita ha potuto effettuare le proprie valutazioni, richiamando in particolare la relazione del 18 marzo 2020 a firma del Vice Procuratore presso il Tribunale di Grande Istanza di Rennes, pervenuta alla corte veneziana il successivo 20 marzo a seguito di richiesta di informazioni integrative inoltrata ai sensi dell'art. 16 legge n. 69 del 2005 in data 12 marzo 2020.

Sulla base di detta relazione, la Corte d'appello ha ritenuto il compendio indiziario astrattamente idoneo ed evocativo nella prospettiva dell'ordinamento francese di una partecipazione del ricorrente a tutti i reati contestati, così come indicati nel mandato d'arresto europeo, che è quanto reputa sufficiente la giurisprudenza di questa Corte di legittimità a partire della sentenza Sez. Un. 4614 del 30/01/2007, Ramoci, Rv. 235348 in avanti.

2.4 E' infine manifestamente infondato anche il quarto motivo di censura. L'evocato art. 24 della legge n. 69 del 2005 pone, infatti, un motivo facoltativo di rinvio della consegna, insindacabile ove congruamente motivato (Sez. 6, sent. n. 10892 del 05/03/2014, B, Rv. 259340) e soprattutto del cui mancato esercizio il consegnando non può dolersi, a meno che non l'abbia espressamente sollecitato, adducendo al riguardo uno specifico interesse (Sez. 6, sent. n. 13994
del 20/03/2018, Ademi, Rv. 272768; Sez. 6, sent. n. 35181 del 28/09/2010, Mallucci, Rv. 248006).

Nel caso di specie la Corte d'Appello ha comunque dato atto che a carico del ricorrente consta la pendenza di più procedimenti penali in Italia, in un caso contraddistinto anche dall'emissione di un'ordinanza cautelare di applicazione della custodia in carcere, pur tuttavia rilevando l'assenza di più specifici elementi informativi per poter esperire la valutazione di opportunità richiesta dalla legge, con riferimento sia agli elementi indicati dall'art. 20 della legge n. 69 del 2005 (gravità dei reati per cui si procede in Italia, data di consumazione) sia a quelli ulteriori indicati dalla giurisprudenza di legittimità, quali lo stato di restrizione della libertà del consegnando, la complessità dei procedimenti, la fase o il grado in cui si trovano, l'eventuale definizione con sentenza passata in giudicato, l'entità della pena da scontare e le prevedibili modalità di esecuzione (Sez. 6, sent. n. 26877 del 25/05/2017, P.G. in proc. Alexe, Rv. 270164; Sez. 6, sent. n. 10892/14 cit.).

3. Alla dichiarazione d'inammissibilità dell'impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in € 3.000,00 (tremila).

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5 legge n. 69 del 2005.

Così deciso, 21 luglio 2020