Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Rinvio richiesto dalla difesa sospende sempre prescrizione fino alla nuova udienza (Cass. 3438/20)

28 gennaio 2020, Cassazione penale

Il rinvio del processo disposto sull’accordo delle parti, e non sol oquello richiesto dalla difesa, comporta la sospensione del termine di prescrizione per l’intera durata del rinvio.

Corte di Cassazione

sez. II Penale, sentenza 27 novembre 2019 – 28 gennaio 2020, n. 3438
Presidente De Crescienzo – Relatore De Santis

Ritenuto in fatto

1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Torino, in riforma della decisione del locale Tribunale in data 14/7/2015, riqualificava il delitto di truffa pluriaggravata e continuata in danno della Gherra srl in quello di indebito utilizzo di una scheda di acquisto carburanti e dichiarava la prescrizione delle condotte commesse sino alla data del 1/11/2010, rideterminando la pena inflitta al R. nella misura di mesi undici di reclusione ed Euro 180,00 di multa e confermando le statuizioni civili.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. DD, deducendo:

2.1 la nullità della sentenza per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 521 bis e 522 c.p.p., in quanto i giudici territoriali, pur avendo accolto il gravame difensivo in ordine all’erronea qualificazione del fatto alla stregua del delitto di truffa piuttosto che di quello D.Lgs. n. 231 del 2007, ex art. 55, comma 9, ha ritenuto di non dover trasmettere gli atti al P.M., considerando applicabile l’art. 521 c.p.p., comma 1, disposizione -ad avviso della difesa- inconferente, dovendo invece trovare applicazione il disposto dell’art. 521 bis c.p.p., comma 1, il quale prevede che -se a seguito della diversa definizione giuridica del fatto il reato risulta tra quelli attribuiti alla cognizione del Tribunale per cui è prevista l’udienza preliminare e questa non si è tenuta- il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al P.M.;

2.2 l’inosservanza o erronea applicazione dell’art. 159, comma 1, n. 3, in riferimento all’art. 25 Cost., comma 2, art. 1 c.p. e art. 14 disp. gen. nonché degli artt. 129 e 531 c.p.p. e correlata mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza della causa di sospensione della prescrizione del reato dal 20/11/2013 al 5/2/2014 e alla conseguente mancata emissione da parte della Corte d’Appello di sentenza ex art. 531 c.p.p., per intervenuta prescrizione, già maturata alla data di emissione della sentenza.

La difesa lamenta che la Corte territoriale, ai fini del computo della prescrizione, ha ricompreso nel periodo di sospensione anche i 77 giorni conseguenti al rinvio disposto il 20/11/2013 fino al 5/2/2014, accordato su concorde istanza delle parti in pendenza di trattative.

Secondo il ricorrente, l’interpretazione della sentenza impugnata si pone in contrasto con il disposto dell’art. 159 c.p., comma 1, n. 3, che tra le cause tassativamente elencate non comprende i rinvii disposti su concorde richiesta delle parti ma solo quelli su richiesta dell’imputato o del suo difensore.

La Corte d’appello ha dichiarato al riguardo di aderire all’interpretazione della giurisprudenza prevalente sebbene il contrario orientamento, che esclude il rilievo ai fini della sospensione delle richieste congiunte, abbia convincentemente sottolineato che ad una lettura estensiva della disposizione si oppone il principio del favor rei che ne suggerisce un’interpretazione rigorosa. In conseguenza della necessaria espunzione del periodo di sospensione erroneamente computato dalla Corte territoriale, al termine di anni sette e mesi sei devono aggiungersi esclusivamente ulteriori 89 giorni sicché il reato risulta essersi prescritto lo stesso giorno della pronunzia della sentenza d’appello.

Considerato in diritto

3. Il primo motivo non merita accoglimento siccome manifestamente infondato. Invero, alla luce del chiaro tenore dell’art. 597 c.p.p., comma 3, il giudice d’appello, anche in presenza della sola impugnazione dell’imputato, può procedere ad una nuova e più grave qualificazione giuridica del fatto, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado. Si tratta di una facoltà in linea con il potere riconosciuto al giudice di primo grado dall’art. 521 c.p.p., comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunziata in imputazione a condizione che il reato non ecceda la sua competenza nè risulti attribuito alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale anziché monocratica. L’ulteriore condizione costituita dal fatto che la fattispecie come riqualificata non risulti ricompresa tra i reati per i quali è prevista l’udienza preliminare e questa non si sia tenuta risulta, dopo una breve vigenza, soppressa dalla L. n. 144 del 2000.

L’art. 521 bis c.p.p., sin dalla rubrica limita l’ambito d’operatività alle sole modifiche della composizione del giudice a seguito di nuove contestazioni, prevedendo la restituzione degli atti al P.m. nelle ipotesi in cui alla riqualificazione ovvero alle contestazioni ex artt. 516, 517 e 518 c.p.p., consegua una modifica della competenza per materia in favore del Tribunale in composizione collegiale. La ratio della norma è da ravvisare nell’intento di evitare, attraverso il ricorso allo strumento delle contestazioni suppletive, l’aggiramento della garanzia costituita dall’udienza preliminare quando ne è prevista la celebrazione e trova compiuta giustificazione nel coordinamento con le previsioni di cui al capo 6 bis del codice di rito, di coeva introduzione, relative all’inosservanza delle disposizioni concernenti l’attribuzione dei reati alla cognizione del Tribunale nella sua duplice costituzione.

4. Quanto alla questione relativa alla sospensione del corso della prescrizione in ipotesi di congiunta richiesta delle parti, la Corte territoriale ha fatto applicazione del prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il rinvio del processo disposto sull’accordo delle parti comporta la sospensione del termine di prescrizione per l’intera durata del rinvio, ai sensi dell’art. 159 c.p.p., comma 1, n. 3), (Sez. 4, n. 51448 del 17/10/2017, Polito, Rv. 271328; Sez. 6, n. 51912 del 17/10/2017,Pizzolante, Rv. 271561; Sez. 5, n. 26449 del 13/04/2017, Flammia e altro, Rv. 270539; Sez. 7, n. 8124 del 25/01/2016, Nascio e altro, Rv. 266469; Sez. 5, n. 25444 del 23/05/2014, Zandomenichi e altri, Rv. 260414; Sez. 4 n. 39606 del 28/06/2007, Marchesini e altro, Rv. 237877; Sez. 1, n. 7337 del 21/12/2006 - dep. 2007, Volpe e altri, Rv. 235711).

È, infatti, rimasta isolata la difforme opinione alla cui stregua il rinvio del dibattimento disposto dal giudice in accoglimento della concorde richiesta delle difese (di imputato e di parte civile), nulla opponendo il pubblico ministero, non determina la sospensione del termine di prescrizione, non potendosi ricomprendere detta tipologia di differimento, fatta propria anche dalla parte civile, nelle ipotesi di sospensione di cui all’art. 159 c.p., comma 1, n. 3, che si riferiscono a rinvii dell’udienza conseguenti a richiesta che provenga solo dall’imputato o dal suo difensore (Sez. 2, n. 28081 del 12/06/2015, Corvo, Rv. 264288, conforme Sez. 5, n. 43372 del 24/09/2008 Pietroleonardo, Rv. 242187).

Come condivisibilmente evidenziato dalla già richiamata sentenza Pizzolante "se si considera com’ebbero ad affermare le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza Cremonese (n. 1021 del 28.11.2001 - dep. 2002, Rv. 220509), anticipatrice delle modifiche apportate al testo del più volte citato con la L. n. 251 del 2005, art. 159, - che il processo vigente “vive prevalentemente delle iniziative non solo istruttorie delle parti anche private, che hanno il potere di contribuire autonomamente a determinare tempi, modalità e contenuti delle attività processuali”, onde le parti medesime “non hanno più solo poteri limitativi dell’autorità del giudice, ma condividono con il giudice la responsabilità dell’andamento del processo. E debbono assumersi conseguentemente gli oneri connessi all’esercizio dei loro poteri”, del tutto irragionevole sarebbe il solo ipotizzare che una parte che abbia sollecitato il differimento del processo possa poi dolersi del rinvio da essa stessa richiesto, al fine di escluderne la rilevanza nel computo dei termini di prescrizione". Ugualmente illogico risulterebbe, alla luce delle cennate premesse, che colui il quale abbia aderito alla richiesta di rinvio di altra parte processuale, nella sostanza condividendola, ovvero l’abbia congiuntamente formulata, ne ricusi poi gli effetti.

Nè persuade il richiamo della difesa al principio del favor rei giacché nella specie si verte non in ipotesi di opzioni interpretative da risolvere alla stregua del criterio del minor pregiudizio possibile per l’imputato ma di scelte effettuate dalla difesa tecnica nella piena consapevolezza delle conseguenze giuridiche che vi si riconnettono.

Deve, pertanto, ritenersi -in adesione all’indirizzo dominante e conformemente a quanto argomentato dalla Corte territoriale- che, poiché la richiesta congiunta o quella alla quale aderisca l’imputato o il suo difensore devono ritenersi del tutto equivalenti alla richiesta formulata dal solo imputato o dal suo difensore, la sospensione dei termini di prescrizione deve essere calcolata per l’intera durata del differimento,non operando il limite previsto dall’art. 159 c.p., comma 1, n. 3, seconda parte.

5. Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d’esonero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.