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Riconoscimento fotografico con cerchietto rosso (Cass. 44448/15)

4 novembre 2015, Cassazione penale

Riconoscere fotogrammi (anche se cerchiati di rosso) durante le indagini rende superflua la ricognizione di persona in dibattimento.

L'individuazione fotografica effettuata dal teste, nel giudizio, mediante le fotografie contenute nei verbali di individuazione fotografica redatti nella fase delle Indagini preliminari costituisce attività del tutto legittima, in quanto i fascicoli fotografici conservano una loro sostanziale autonomia e possono essere successivamente mostrati ai testimoni chiamati ad effettuare detto riconoscimento in sede di istruttoria dibattimentale, essendo del tutto superfluo sottoporre a questi ultimi altro e diverso fascicolo fotografico; né, d'altro canto, vi è alcuna norma processuale che prescriva l'utilizzo di fascicoli fotografici diversi nelle due fasi in questione

All'individuazione fotografica non si applicano, infatti, gli adempimenti previsti per la ricognizione di persona ed, in particolare, essa non deve essere preceduta dalla descrizione delle fattezze fisiche, trattandosi di adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona.

Cfr. anche, in tema di ricognizione fotografica, l'approfondimento

Corte di Cassazione

sez. III Penale, sentenza 17 settembre ? 4 novembre 2015, n. 44448
Presidente Franco - Relatore Amoresano

Ritenuto in fatto

1.La Corte di Appello di Genova, con sentenza dei 7/11/2014, confermava la sentenza dei Tribunale di Genova, emessa in data 29/10/2013, con la quale V.P. B., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, era stato condannato alla pena di mesi tre di reclusione per il reato di cui ail'art.6 bis comma 1 L.401/89 ("perché, durante la partita di calcio Genova vs Palermo, lanciava una bottiglietta di plastica, semipiena di sostanza liquida, all'indirizzo dell'allenatore dei P.S.C., bottiglietta che, pur non colpendolo, ricadeva poco distante dal predetto all'interno del campo di gioco'); pena sospesa e non menzione.
Rilevava la Corte territoriale, innanzitutto, che fosse pienamente valido ed utilizzabile il riconoscimento fotografico
La difesa aveva dedotto che, in dibattimento, ai testi erano stati sottoposti dei fotogrammi estrapolati dalle telecamere di sorveglianza dello stadio, raffiguranti un gruppo di tifosi tra cui l'imputato, il cui volto era cerchiato di rosso; inoltre tali fotogrammi, espunti dal fascicolo per il dibattimento, erano stati utilizzati per le contestazioni "in aiuto alla memoria" attraverso una non consentita estensione dei disposto dell'art.500 cod.proc.pen.
Nel rigettare l'eccezione difensiva, riteneva la Corte distrettuale, richiamando la sentenza della Corte di Cassazione, sez. 5, n.43363 del 21/01/2010, che la individuazione, sia fotografica che personale, costituisse manifestazione riproduttiva di una percezione visiva, e rientrasse perciò nel più, generale concetto di dichiarazione.
Né certamente la genuinità del riconoscimento poteva essere inficiato dalla cerchiatura in rosso del viso del B., dal momento che esso era stato già effettuato nella fase delle indagini, nell'immediatezza dei fatti, e la sottoposizione dei fotogrammi in sede dibattimentale rappresentava soltanto un richiamo alla memoria. Peraltro vi era già una pregressa conoscenza dei B. da parte dei testi (uno dei quali gli aveva procurato anche il biglietto).
Dal lancio della bottiglia era derivato poi certamente un pericolo concreto per l'incolumità delle persone (il reato contestato non richiede il danno alla persona), dal momento che essa era piena di liquido ed era quindi dotata di una forza cinetica e di una massa tali da poter provocare gravi lesioni.
Infine, in ordine ai testi della difesa, ammessi e peraltro non citati, il Tribunale legittimamente ne aveva ritenuto la superfluità alla luce delle acquisizioni probatorie, disponendo la revoca dell'ordinanza ammissiva. Né tanto meno vi era l'assoluta necessità di escutere gli stessi in rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.
2.Ricorre per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la inosservanza di norme processuali, nonché la mancanza e comunque la contraddittorietà, manifesta illogicità e/o mera apparenza della motivazione.
L'affermazione di responsabilità dell'imputato risulta fondata su una individuazione fotografica, effettuata in palese violazione delle norme processuali.
La Corte territoriale ha richiamato il principio di diritto enunciato dalla sentenza n.43363/2010, senza però spiegare come esso possa applicarsi alla fattispecie in esame.
Nel corso dl dibattimento il P.M. mostrava ai testi una serie di fotogrammi raffiguranti un gruppo di tifosi, tra i quali l'imputato, il cui volto risultava cerchiato in rosso.
Tali fotogrammi, su eccezione della difesa, erano stati espunti dal fascicolo per il dibattimento.
Nel corso dell'esame dibattimentale, il P.M., invece di procedere ad un formale riconoscimento o ad individuazione fotografica ex novo, utilizzava il suddetto materiale espunto, sottoponendolo ai testi "in aiuto alla memoria"; così facendo loro dichiarare che la persona, cerchiata in rosso, fosse l'autore del lancio della bottiglietta.
Il riconoscimento in tal modo effettuato è in palese violazione degli artt.213 e 216, nonché dell'art.500 cod.proc.pen.
Gli atti acquisiti nel corso delle indagini preliminari non sono, invero, utilizzabili salvo le eccezioni espressamente previste (come nel caso di cui all'art.500 cod.proc.pen., che presuppone, però, che il teste abbia già deposto e che la contestazione riguardi le dichiarazioni rese in precedenza: condizioni entrambe non ricorrenti nel caso di specie).
Stante la inutilizzabilità della individuazione fotografica, dagli atti non emerge alcuna prova della riferibilità all'imputato dei lancio della bottiglietta.
Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento oggettivo dei reato ed in particolare dei "pericolo concreto" di danno alle persone.
Il convincimento espresso dai Giudici di appello in proposito risulta in insanabile contrasto con gli atti processuali.
Essi avrebbero dovuto verificare, per ritenere la configurabilità dei reato, se Il lancio della bottiglietta avesse determinato il pericolo di danno, in concreto, all'allenatore C. (così come risultava contestato con l'imputazione).
Peraltro con i motivi di appello era stato evidenziato che non risultava neppure accertato il punto preciso in cui era caduta la bottiglietta, anche in considerazione del fatto che il campo da gioco, nello stadio "Luigi Ferraris" di Genova, è separato dagli spalti da una zona di circa 5 metri. Ed era probabile che, essendo la bottiglietta semivuota, fosse caduta proprio in tale zona.
In mancanza di prove di un pericolo concreto per l'integrità fisica dell'allenatore C. non poteva, pertanto, pervenirsi all'affermazione di responsabilità
Con il terzo motivo denuncia la mancata assunzione di prova decisiva con riferimento alla omessa escussione della parte offesa, S.C., ed il vizio di motivazione sul punto.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, una volta ammessi i testi, la parte non decade dalla escussione degli stessi ove non provveda alla citazione; a meno che il Giudice non ritenga la prova superflua.
Il Tribunale aveva invece ritenuto che la mancata citazione dei teste C. costituisse una rinuncia implicita all'assunzione della prova.
Con i motivi di appello era stata evidenziata l'illegittimità della decisione dei primo giudice e richiesta, comunque, la rinnovazione sul punto dell'istruttoria dibattimentale.
La Corte territoriale, con motivazione apparente, ha però rigettato ogni eccezione e richiesta.

Considerato in diritto

1.II ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

2.Secondo la giurisprudenza di questa Corte l'individuazione fotografica effettuata dal teste, nel giudizio, mediante le fotografie contenute nei verbali di individuazione fotografica redatti nella fase delle Indagini preliminari costituisce attività del tutto legittima, in quanto i fascicoli fotografici conservano una loro sostanziale autonomia e possono essere successivamente mostrati ai testimoni chiamati ad effettuare detto riconoscimento in sede di istruttoria dibattimentale, essendo del tutto superfluo sottoporre a questi ultimi altro e diverso fascicolo fotografico; né, d'altro canto, vi è alcuna norma processuale che prescriva l'utilizzo di fascicoli fotografici diversi nelle due fasi in questione (Cass. sez. 5 n.19638 del 06/04/2011, Rv.25012011).

Legittimamente furono, pertanto, mostrati ai testi i fotogrammi, estrapolati dalle telecamere di sorveglianza dello stadio ed utilizzati nella fase delle indagini preliminari.

Ha poi, correttamente, rilevato la Corte distrettuale che la genuinità dei riconoscimento non potesse essere inficiata dalla "cerchiatura in rosso", dal momento che esso era stato già effettuato nella immediatezza ed assumeva una particolare e non equivoca valenza in quanto vi era una pregressa conoscenza dei testi con l'imputato (uno di essi gli aveva addirittura procurato il biglietto).

Né certamente può parlarsi di violazione degli artt.213 e 216 cod.proc.pen.

All'individuazione fotografica non si applicano, infatti, gli adempimenti previsti per la ricognizione di persona ed, in particolare, essa non deve essere preceduta dalla descrizione delle fattezze fisiche, trattandosi di "adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona" (Cass.sez.2 n.9380 dei 20/02/2015; conf.Cass. sez. 1 n.47937 dei 09/11/2012).

3. Il reato di cui all'art.6 bis, comma 1, L.401/89 è configurabile se la condotta posta in essere abbia determinato un concreto pericolo per l'incolumità delle persone.
La Corte territoriale, attraverso un puntuale esame delle risultanze processuali (in particolate test. Isp.Ivaldi), ha accertato la sussistenza di siffatto pericolo.
Ha, infatti, evidenziato, che la bottiglietta, lanciata dal B. dalle gradinate sul campo da gioco. fosse piena di liquido e, quindi, dotata di una forza cinetica ed una massa tali da determinare gravi conseguenze nel caso avesse attinto una persona (al momento del lancio, sia in campo che in panchina, erano presenti, oltre i giocatori e la terna arbitrale, gli staff tecnici, gli addetti alla sicurezza etc.).
E, disattendendo i rilievi difensivi, ha ulteriormente sottolineato che il campo di Marassi fosse privo di pista di atletica e/o di spazi significativi di delimitazione dei campo (posto in posizione di contiguità rispetto alle gradinate).
3.1.11 ricorrente ripropone in questa sede di legittimità le medesime doglianze, prospettando, da un lato, una sorta di non corrispondenza tra il fatto contestato e quanto ritenuto in sentenza, senza tener conto che la bottiglietta, pur essendo stata lanciata all'indirizzo dell'allenatore del Palermo, era ricaduta all'interno del campo da gioco (v.imputazione), con concreto pericolo quindi per tutte le persone in precedenza indicate.
Dall'altro richiede una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali.
Il controllo demandato alla Corte di legittimità va, invero, esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell'interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. Anche a seguito della modifica dell'art.606 lett.e) c.p.p., con la L.46/06, il sindacato della Corte di Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame", non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell'iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all'annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr.Cass.pen. sez.6 n.752 del 18/12/2006;Cass.pen.sez.2 n.23419/2007-Vignaroli; Cass.pen. sez. 6 n. 25255 dei 14/02/2012).
4. Quanto alla eccepita (con iiterzo motivo) mancata assunzione di una prova decisiva, venendo denunciata la violazione di norme processuali, la Cassazione è giudice anche dei fatto, per cui è consentito l'accesso agli atti.
All'udienza del 19/03/2013 si dava atto che i testi indicati dalla difesa (ed ammessi) non erano presenti, per cuisi disponeva il rinvio al 9/07/12013, con citazione a cura della difesa stessa che si impegnava a rinunciare ai testi qualora essi non si fossero presentati a detta udienza.
All'udienza del 26/09/2013 il difensore dichiarava che, pur avendo preso l'impegno, non poteva rinunciare al teste C..
Il Tribunale, dopo aver dato atto che i testi indicati dalla difesa non erano stati citati, dichiarava chiusa l'istruttoria dibattimentale ed invitava le parti a concludere.
Risulta, quindi, dagli atti che la difesa reiteramente non provvedeva alla citazione dei testi ammessi, dei quali, quindi, implicitamente non riteneva assolutamente necessaria l'escussione, tanto da impegnarsi formalmente a rinunciarvi.
4.1. Si può convenire con il ricorrente che non possa parlarsi di decadenza dei diritto alla prova non essendo questa prevista da alcuna norma processuale (i'art.173 cod.proc.pen. stabilisce che i termini si considerano a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge); in tal senso, del resto, è orientata la prevalente giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass.sez.5 n.41340 del 23/11/2006).
La mancata citazione dei testi ammessi e quindi il mancato adempimento dell'onere incombente sulla parte non può, però, essere privo di conseguenze, altrimenti si farebbe dipendere la celebrazione dei processo dagli adempimenti, più o meno tempestivi, della medesima. Opinando diversamente si attribuirebbe, invero, alla parte la facoltà di determinare i tempi dei processo che devono, invece, essere regolati dal giudice (così Cass.sez.3 n.32343 del 2007).
Anche più di recente è stato ribadito che la mancata citazione dei teste per l'udienza, sebbene non determini la decadenza dalla prova, possa essere legittimamente valutata dal giudice come comportamento significativo della volontà della parte richiedente di rinunciare alla prova già ammessa, la cui acquisizione ad una udienza successiva comporterebbe una ingiustificata dilatazione dei tempi della decisione incompatibile con il principio della ragionevole durata dei processo (Cass. sez. 3 n.20267 del 08/04/2014, Rv. 259668; conf. Sez. 3 n.20851 dl 11/03/2015, Rv.263774).
L'inerzia reiterata nel tempo (come nel caso di specie) non può, quindi, che essere interpretata come rinuncia (peraltro anche preannunciata) alla prova ancorchè ammessa.
L'esame dei testi indicati si configura come mezzo di prova rimesso alla disponibilità della parte, per cui, qualora detto esame sia stato richiesto ed ammesso, essa deve manifestare il suo interesse alla effettiva assunzione dello stesso, provvedendo alla citazione.
Il diritto alla prova, previsto dall'art.190 c.p.p., nel vigente sistema processuale, caratterizzato dalla dialettica e dall'impulso delle parti, implica anche il principio di disponibilità della prova medesima.
In presenza, pertanto, di un comportamento concludente di rinuncia alla prova ammessa non è necessario neppure un provvedimento formale di revoca.
4.2. I Giudici di merito hanno, comunque, ritenuto che fosse assolutamente superflua l'escussione, in qualità di teste, di C. Stefano.
Nel rigettare la richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento la Corte territoriale ha ritenuto che detta escussione non fosse assolutamente necessaria.
Del resto neppure con il ricorso viene indicata la decisività di detta testimonianza (alla luce di quanto evidenziato in precedenza).
Per prova la cui mancata assunzione può costituire motivo di ricorso per cassazione, deve intendersi solo quella che, confrontata con le ragioni poste a sostegno della decisione, risulti determinante per una diversa conclusione del processo, e non anche quella insuscettibile dì incidere sulla formazione dei convincimento del giudice, in quanto costituente una diversa prospettazione valutativa della normale dialettica tra differenti tesi processuali" (Cass.sez.1 sent. n.17284 dei 15/04/2003).
Il vizio di mancata assunzione di una prova decisiva rileva, quindi, "quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni addotte in motivazione a sostegno della decisione, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una diversa decisione" (cfr.Cass.sez.4, 8/5/2007 n.27738)
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La non manifesta infondatezza del ricorso medesimo avrebbe consentito la declaratoria di prescrizione dei reato, anche se maturata dopo l'emissione della sentenza impugnata.
Alla data odierna però non è ancora maturata siffatta causa estintiva, dovendosi al termine massimo di anni 7 e mesi 6 aggiungere il periodo di sospensione per complessivi giorni 189 (rinvii dal 19/03/2013 al 09/07/2013 e poi ai 26/09/2013 per adesione dei difensore all'astensione dalle udienze, proclamate dagli organismi di categoria).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.