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Reticenza dell'assicurato nel contratto di assicurazione può costare caro (Cassazione. 24563/18)

5 ottobre 2018, Cassazione civile

In tema di contratto di assicurazione, la reticenza dell’assicurato è causa di annullamento del contratto ex art. 1892 cod. civ., quando si verificano all’atto della conclusione del contratto, simultaneamente, tre condizioni: che la dichiarazione sia inesatta o reticente; che l’assicurato abbia reso la dichiarazione con dolo o colpa grave; che la reticenza sia stata determinante ai fini della formazione del consenso dell’assicuratore.
Inoltre, il giudizio sulla rilevanza delle dichiarazioni inesatte o sulla reticenza del contraente, implicando un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto se non sia sorretto da una motivazione logica, coerente e completa

 

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 10 luglio – 5 ottobre 2018, n. 24563
Presidente Vivaldi – Relatore Fiecconi

Rilevato in fatto

1. E.P. s.p.a. ricorre per cassazione con ricorso notificato per via telematica a S.F. avverso la sentenza n. 1232/2017 della Corte d’appello di Roma, pubblicata in data 24 febbraio 2017 e notificata a mezzo posta certificata in pari data. S.F. non è comparso nonostante la regolarità della notifica.

2. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, sull’appello proposto dall’assicurato avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato il contratto di assicurazione di polizza " vita" stipulato il 18 dicembre 2000, ha ritenuto che non si fosse verificata la causa di annullamento del contratto di assicurazione, ex art. 1892 cod. civ., sull’assunto che

i) il giudice di primo grado non aveva considerato il doc. 20 che contiene una relazione medica del 29.11.2011 (proveniente dal direttore responsabile della UOS del policlinico (omissis) ), che riteneva che all’epoca il paziente non poteva ritenersi affetto da disfunzioni renali solo per la presenza della proteinuria rilevata in sede di ricovero prima della stipula del contratto;

ii) tale atteggiamento dava prova della posizione incolpevole del paziente assicurato che poteva non considerare necessario e doveroso segnalare quanto avvenuto nei mesi precedenti in fase di ricovero;

iii) la mancanza di univocità e specificità dei sintomi all’epoca rilevati, unitamente alla mancata deduzione di altri elementi da parte della compagnia assicuratrice, ridimensionavano le dichiarazioni del paziente riferite al medico in sede di anamnesi nel 2009, quando la malattia era in fase di ulteriore accertamento;

iv) sotto il profilo del nesso causale, riportandosi alle conoscenze acquisite all’epoca, l’assicurato non aveva ancora cognizione delle sue effettive condizioni di salute, tale da potere rilevare dolo o colpa nelle dichiarazioni rilasciate (citando Cass. 12 838/2014); iv) accertava la validità della polizza;

v) accoglieva la domanda di risarcimento del danno "ex art. 1219 cod. civ.", riconoscendo anche il danno morale a prescindere da un’allegazione nell’atto introduttivo del giudizio (Cass. 8724/2010), rivalutandolo sino alla data della sentenza di secondo grado.

3. Il ricorso è affidato a cinque motivi.

Ritenuto in diritto

1. I MOTIVO: Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 1892 cod. civ., in quanto i sintomi non rivelati, all’epoca della stipula del contratto di assicurazione sinistro, erano già noti all’assicurato: in particolare la proteinuria era già presente, i disturbi all’ apparato urogenitale erano presenti, e l’assicurato era già stato colpito da edemi generalizzati, constatati in un ricovero immediatamente antecedente alla stipula della polizza. Dunque vi erano state inesattezze riguardo alla considerazione della presenza di circostanze significative di uno stato di salute già preoccupante, posto che i sintomi non potevano ritenersi aspecifici rispetto al questionario sottoposto all’assicurato. Le reticenze si dimostravano così determinanti ai fini del consenso, posto che l’assicurato non aveva riferito nulla dei sintomi e dei risultati dei ricoveri con riscontri di varie anomalie funzionali e tiroidee. Inoltre, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, sussisteva un inadempimento colpevole, poiché per integrare il vizio di formazione della volontà contrattuale considerato nella norma di riferimento, è sufficiente la coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. Al riguardo, quale precedente rilevante si richiama la pronuncia resa da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7245 del 29/03/2006 (Rv. 588953 01), laddove ha sancito che " in tema di contratto di assicurazione, la reticenza dell’assicurato è causa di annullamento del contratto ex art. 1892 cod. civ., quando si verificano all’atto della conclusione del contratto, simultaneamente, tre condizioni: che la dichiarazione sia inesatta o reticente; che l’assicurato abbia reso la dichiarazione con dolo o colpa grave; che la reticenza sia stata determinante ai fini della formazione del consenso dell’assicuratore.
Inoltre, il giudizio sulla rilevanza delle dichiarazioni inesatte o sulla reticenza del contraente, implicando un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto se non sia sorretto da una motivazione logica, coerente e completa (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto rilevante ai fini dell’annullamento del contratto di assicurazione la mancata indicazione dell’anomalia congenita rappresentata dall’aorta bicuspide accompagnata da un soffio cardiaco presente fin dall’infanzia, in nesso causale con il complesso morboso presentato dall’assicurato, condizione nota all’assicurato e la cui ignoranza da parte dell’assicuratore era stata determinante del consenso)".

1.3. Occorre tuttavia rilevare che nel caso concreto si versa nella situazione, non adeguatamente considerata dalla Corte di merito, in cui l’assicurato non ha risposto a uno specifico questionario che, in ipotesi, lo doveva indurre a dare risposte più circostanziate sul suo stato di salute.

1.4. Il contratto di assicurazione, invero, è annullabile per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 c.c. "quando l’assicurato abbia con coscienza e volontà omesso di riferire all’assicuratore, nonostante gli sia stata rivolta apposita domanda, circostanze suscettibili di esercitare una effettiva influenza sul rischio assicurato, non essendo necessaria anche la consapevolezza di essere affetto dalla specifica malattia che abbia poi dato luogo al sinistro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto sussistere colpa grave del contraente che, al momento della stipula della polizza, pur non essendo consapevole di avere una patologia tumorale, aveva sottoscritto una dichiarazione attestante una circostanza non vera, ossia di non aver subito interventi chirurgici nei cinque anni precedenti, v. Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 19520 del 04/08/2017 (Rv. 645729 - 01))".

1.5. In tema di annullamento del contratto di assicurazione per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 cod. civ., sotto il profilo dell’elemento soggettivo, al fine di integrare l’elemento soggettivo del dolo non è necessario che l’assicurato ponga in essere artifici o altri mezzi fraudolenti, essendo sufficiente la coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente; quanto alla colpa grave, occorre invece che la dichiarazione inesatta o reticente sia frutto di una grave negligenza che presupponga la coscienza dell’inesattezza della dichiarazione o della reticenza in uno con la consapevolezza dell’importanza dell’informazione, inesatta o mancata, rispetto alla conclusione del contratto ed alle sue condizioni (v. Sez. 3 -, Ordinanza n. 19520 del 04/08/2017; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12086 del 10/06/2015 - Rv. 635562 - 01-). Difatti nel contratto di assicurazione gli obblighi informativi hanno la precipua funzione di garantire un giusto equilibrio tra i rischi che ogni parte si assume in ordine all’evento futuro e incerto che costituisce l’oggetto del contratto.

1.6. Per valutare la correttezza del comportamento assunto dall’assicurato in rapporto agli obblighi informativi cui era tenuto nello stipulare la polizza "vita", il giudice, dunque, deve porre la sua attenzione sugli elementi denotanti le condizioni di salute, presenti al tempo della sottoscrizione della polizza, già noti o conoscibili da parte dell’assicurato in base a un criterio di ordinaria di diligenza, senza tener conto di quanto accaduto ex post se non in termini di ulteriore elemento di riscontro circa il collegamento logico-temporale con lo stato pregresso di salute.

.7. La pronuncia impugnata dimostra, invece, di non aver adeguatamente considerato i criteri dettati dalla Corte di legittimità per svolgere una corretta applicazione della norma, che impone un adeguato scrutinio del complessivo contegno tenuto dall’assicurato al momento della stipula del contratto di assicurazione, riportando la situazione ex ante. La Corte d’appello, in particolare, ha trascurato la rilevanza del questionario sottoposto al paziente, le cui mancate risposte sono da valutarsi unitamente agli esiti di pregressi ricoveri, indagini e analisi mediche e alle eventuali cure intraprese, conosciuti dall’assicurato al tempo della stipula del contratto.

1.8. Il motivo è pertanto fondato con assorbimento degli ulteriori motivi sollevati sotto altri profili, ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. e per violazione dell’art. 1218 cod. civ. ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ..

2. Conclusivamente la Corte accoglie il primo motivo, e assorbiti gli ulteriori motivi, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Roma perché, in diversa composizione, alla luce dei suddetti principi decida nel merito, anche per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

I. accoglie il primo motivo e, assorbiti gli ulteriori motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma perché decida, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.