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Restituzione in termini: termine di fase decorre dalla carcerazione (Cass. 25954/21)

8 luglio 2021, Cassazione penale

Il termine di fase della custodia cautelare non decorre dal provvedimento che ha restituito nel termine l'imputato, ma dalla data della sentenza di primo grado ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia.

 

Cassazione penale

SEZIONE QUARTA PENALE

Sent., (ud. 12/05/2021) 08-07-2021, n. 25954

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente -

Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere -

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -

Dott. RANALDI Alessandro - rel. Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

KP, nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 02/02/2021 del TRIBUNALE di LECCE;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRO RANALDI;

sentite le conclusioni del PG Dr. FODARONI MARIA GIUSEPPINA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore:

E' presente l'avvocato CG del foro di ROMA in difesa di: K.P.;

il difensore presente si riporta ai motivi.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza resa il 2.2.2021 ex art. 310 c.p.p., il Tribunale di Lecce ha rigettato l'appello proposto nell'interesse di K.P. avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Brindisi aveva rigettato l'istanza difensiva di declaratoria di perdita d'efficacia della misura cautelare per essere decorso il termine di fase di cui all'art. 303 c.p.p., comma 1, lett. c), n. 3.

2. Il difensore dell'imputato ricorre per cassazione avverso il suddetto provvedimento.

Premette che il ricorrente è stato condannato alla pena di 12 anni di reclusione con sentenza resa il 3.7.2006 dal Tribunale di Brindisi (divenuta irrevocabile il 23.3.2007); il (OMISSIS) il K. viene tratto in arresto in forza dell'ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi; la Corte d'appello di Lecce, con ordinanza depositata il 10.12.2020, restituisce nel termine l'imputato per proporre appello avverso la sentenza emessa nei suoi riguardi il 3.7.2006 dal Tribunale di Brindisi, revocando solo formalmente l'ordine di carcerazione e disponendo l'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere a suo tempo emessa dal GIP presso il Tribunale di Lecce in data 28.11.2003 nei confronti del K..

Tanto premesso, il ricorrente chiede l'annullamento dell'ordinanza impugnata per violazione delle norme processuali disciplinanti il computo della decorrenza del termine di fase di durata della misura cautelare in atto nei suoi confronti.

Deduce che, secondo il maggioritario e preferibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, la norma di cui all'art. 303 c.p.p., comma 2, debba essere interpretata nel senso che il termine di durata della custodia cautelare, ripristinata per effetto della regressione del processo dalla fase esecutiva alla fase di cognizione a seguito di dichiarata non esecutività della sentenza di primo grado, riprende a decorrere dalla data di pronuncia di quest'ultima e non già dalla data del provvedimento del giudice dell'esecuzione che ha disposto il regresso (cfr., in termini, Sez. 1, n. 33121 del 14/07/2011, Rv. 250671; in senso analogo v. Sez. 1, n. 15892 del 16/12/2014 - dep. 2015, Rv. 263204; in senso difforme v. Sez. 6, n. 34204 del 02/07/2014, Rv. 260592).

Ne discende che per il ricorrente è già decorso il termine di fase dall'emissione della sentenza di primo grado, pari ad un anno e sei mesi, decorrente dalla data di arresto ((OMISSIS)9), anche tenuto conto della sospensione per Covid-19 ex D.L. n. 18 del 2020, art. 83, per cui deve essere dichiarata la perdita di efficacia della misura cautelare in atto nei confronti del K..

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono.

2. Sulla questione sollevata dal ricorrente, il Collegio ritiene preferibile aderire all'orientamento prevalente sintetizzato nella seguente massima: "Il termine di durata della custodia cautelare, ripristinata per effetto della regressione del processo dalla fase esecutiva alla fase di cognizione a seguito di dichiarata non esecutività della sentenza di primo grado, riprende a decorrere dalla data di pronuncia di quest'ultima e non già dalla data del provvedimento del giudice dell'esecuzione che ha disposto il regresso" (Sez. 1, Sentenza n. 33121 del 14/07/2011, Rv. 250671 - 01).

E' infatti indubbio che la norma di cui all'art. 303 c.p.p., comma 2, disciplina solo la fase di cognizione, non potendo perciò parlarsi, in senso tecnico, di "regressione" del procedimento dalla fase esecutiva, non trattandosi in tale caso, a ben vedere, di una vera e propria "regressione". Invero, con il termine regredire si intende quella situazione in cui il procedimento (di cognizione) torna, per così dire, indietro, vale a dire ad una fase o ad un grado del giudizio di merito per i quali si è già proceduto (tipico il caso dell'annullamento con rinvio ad opera della Corte di cassazione, ma vi sono altri casi di possibile regressione dal giudizio di primo grado alla fase dell'udienza preliminare ovvero di regressione dal giudizio di appello a quello di primo grado per una nullità non sanabile dal Giudice che procede).

Diversamente, nel caso della restituzione in termini concessa in fase esecutiva per procedere all'impugnazione - come verificatosi nel caso in esame non vi è una vera e propria "regressione" nel senso dianzi accennato, posto che, a rigore, nel procedimento di cognizione non si torna indietro (ad una fase o ad un grado del giudizio già svolti), semmai si va avanti, nel senso che si prende atto del fatto che il titolo esecutivo non si è formato correttamente, consentendo all'imputato di dare ingresso - tramite l'impugnazione - all'ulteriore fase o grado del giudizio da cui deve "riprendere" il giudizio di merito.

3. In tale prospettiva non convince il diverso orientamento della Corte di legittimità, compendiato nel principio secondo cui "La previsione di cui all'art. 303 c.p.p., comma 2 si applica anche all'ipotesi di ripristino della misura cautelare a seguito della regressione del processo dalla fase esecutiva a quella di cognizione ai sensi dell'art. 175 c.p.p., comma 2, con la conseguenza che i termini di fase della custodia decorrono nuovamente dalla data del provvedimento di restituzione nel termine per impugnare emesso dal giudice dell'esecuzione" (Sez. 6, Sentenza n. 34204 del 02/07/2014, Rv. 260592 - 01).

Tale orientamento, cui ha aderito il provvedimento impugnato, fa essenzialmente leva su due argomenti:

a) il dato letterale (la norma in disamina usa l'espressione "o per altra causa"), che farebbe rientrare nella previsione, interpretata in senso estensivo, anche la "regressione" alla fase di cognizione determinatasi a seguito di un provvedimento emesso in fase esecutiva, per cui il termine di fase ricomincerebbe a decorrere da tale ultimo provvedimento. L'argomento non è decisivo, potendosi ribattere che per "altra causa" si intenda sempre disciplinare, nell'esclusivo ambito del procedimento di cognizione, una qualsiasi situazione che determini la regressione ad una fase o grado precedenti, come è sempre possibile nella fisiologia (o, se si vuole, patologia) del processo di merito (per cause di nullità o altro). In ogni caso, si è già precisato che dalla fase esecutiva a quella di cognizione non sia ha una vera e propria "regressione", ma una "ripresa" del giudizio di cognizione.

b) il dato, per così dire, funzionale: l'interpretazione "estensiva" della norma consentirebbe di risolvere il vulnus alle esigenze di cautela, spostando in avanti la decorrenza del termine custodiale per impedirne una anticipata scadenza. L'argomento non considera che una simile esigenza può valere nella fase di cognizione, ma non anche nella diversa fase esecutiva, in cui semmai il vulnus è quello dell'imputato, nei cui confronti si esegue un titolo esecutivo formatosi illegittimamente; nè si vede per quale motivo si dovrebbe ovviare a tale vulnus facendo decorrere i termini dal provvedimento esecutivo, provvedimento del tutto avulso ed estraneo alla disciplina dei termini di fase cui all'art. 303 c.p.p..

4. Tirando le somme del ragionamento svolto, si deve ritenere che la disciplina dell'art. 303 c.p.p., comma 2, trovi applicazione solo ai casi di "regressione" verificatisi nell'ambito del procedimento di cognizione, con conseguente inapplicabilità della norma nelle ipotesi di restituzione nel termine in fase esecutiva. Per quanto qui rileva, dunque, il termine di fase della custodia cautelare non può decorrere dal provvedimento che ha restituito nel termine l'imputato, ma dalla data della sentenza di primo grado ovvero - ed è il nostro caso - dalla sopravvenuta esecuzione della custodia.

Ne discende come nel caso che occupa sia pacificamente già decorso il termine di fase della misura custodiale applicata nei confronti del ricorrente, arrestato il (OMISSIS) in forza di ordine di esecuzione poi revocato per restituzione nel termine disposta dalla Corte di appello con ordinanza depositata il 10.12.2020. In particolare, è decorso il termine di un anno e sei mesi di cui all'art. 303 c.p.p., comma 1, lett. c), n. 3, decorrente appunto dal (OMISSIS), senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello; ciò anche considerando la sospensione di 64 giorni prevista dal D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 2, (convertito dalla L. n. 27 del 2020).

5. Consegue l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata e di quella del GIP del Tribunale di Brindisi datata 18.12.2020, dovendosi dichiarare la perdita di efficacia della misura in atto nei confronti del K., di cui va ordinata l'immediata liberazione se non detenuto per altro. Seguono le comunicazioni previste dall'art. 626 c.p.p..

P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata, nonchè l'ordinanza del Tribunale di Brindisi del 18.12.2020 e dichiara la perdita di efficacia della custodia cautelare in carcere; ordina la immediata liberazione del ricorrente se non detenuto per altra causa e manda alla Cancelleria per l'immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell'art. 626 c.p.p..

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2021