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Recensioni non veritiere, Tripadvisor deve essere più chiaro (Cons. Stato, 4976/19)

15 luglio 2019, Consiglio di Stato

TripAdvisor non è in grado di garantire la veridicità e l’autenticità delle recensioni pubblicate dagli utenti, ,ma ingenera la convinzione che lo sia: il falso convincimento circa l’affidabilità delle recensioni pubblicate va quindi sanzionato.

La sola presenza di un disclaimer - peraltro non immediatamente visualizzabile- non è idoneo per tutelare un utente medio rispettto al falso convincimento circa l’attendibilità e genuinità delle recensioni pubblicate: il consumatore medio dev’essere infatti messo in condizione di autodeterminarsi sin dal primo contatto pubblicitario -

I limiti del sistema di controllo circa le fonti delle recensioni vanno esplicitti chiaramebnte sin dal prim octatto con l'udiente medio; gli illeciti conseguenti a pratiche commerciali scorrette hanno natura di pericolo per pacifico riconoscimento giurisprudenziale.

Consiglio di Stato

SEZIONE VI

 Sentenza 27 giugno -15 luglio 2019, n. 4976

 Pubblicato il 15/07/2019 N. 04976/2019 REG.PROV.COLL.N. 09487/2015 REG.RIC.

 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 sul ricorso numero di registro generale 9487 del 2015, proposto da Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato -Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata ex lege; contro

 Tripadvisor Llc, e TripadvisorItaly s.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati (..) 11; per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 09355/2015, resa tra le parti, concernente l’irrogazione di una sanzione pecuniaria amministrativa per pratica commerciale scorretta.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; visti gli atti di costituzione in giudizio della Tripadvisor Llc e della Tripadvisor Italy s.r.l.; visti tutti gli atti della causa;Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti l’avvocato GG, su delega dell'avv. FA e l'avvocato dello Stato CC;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 In seguito ad alcune segnalazioni pervenute, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un’indagine sul sito internet www.tripadvisor.it -dedicato alla diffusione di informazioni turistiche, consistenti in recensioni di utenti, registrati sul medesimo sito, che rilasciano giudizi sui profili di strutture ricettive (di ristorazione, alberghiere, di “bed and breakfast” e natura simile), dopo averne usufruito –volta a verificare la correttezza del comportamento tenuto dalle societàTripAdvisor LLC e TripAdvisor Italy s.r.l., atteso che risultavano diffuse informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni, posto che “...Tripadvisor, (...) pur dichiarando di non controllare i fatti contenuti nelle recensioni ed essendo a conoscenza che sul predetto sito vengono pubblicate false recensioni, sia di valenza positiva che negativa, da parte di utenti che non hanno effettivamente fruito dei servizi offerti dalle

strutture presenti nel database, utilizza informazioni particolarmente assertive, come tali idonee ad accrescere la fiducia dei consumatori sul carattere autentico egenuino delle recensioni pubblicate dagli utenti”.

 Seguivano, quindi, sei citazioni dal sito che avrebbero attestato tale carattere assertivo.Illustrando il modello imprenditoriale di Tripadvisor (vendita di spazi pubblicitari all’interno del sito con forme di remunerazione basate sugli schemi cc.dd. “click-based” o “display-based”, ove l’ammontare è relazionato con il volume di “click” generato dai visitatori sui “link” pubblicitari”, ovvero sulla base di un numero di visualizzazioni dei “banner” collocati sul sito), l’AGCM si è soffermata sulla struttura della piattaforma, rilevando che, dai rilievi svolti d’ufficio, era emerso che risultava molto facile registrarsi al sito, anche usando un “server proxy” e un servizio di mail temporanea, dato che il professionista non aveva predisposto alcun “captcha” (test di riconoscimento in cui si chiede all’utente di scrivere lettere e/o numeri presenti in una sequenza che appare distorta o offuscata sullo schermo), né aveva inviato alcuna e-mail per verificare la validità dell’indirizzo di posta elettronica utilizzato per la creazione dell’“account” utente.

 Ha poi precisato che l’utente poteva pubblicare la sua recensione dopo aver compilato un modulo, che la pubblicazione avveniva dopo 24-48 ore se conforme al regolamento di Tripadvisor, fermi tempi più lunghi per approfondimenti, che era consentita la pubblicazione di più recensioni da parte dello stesso utente nel rispetto dei limiti temporali di cui al detto regolamento, anche se contava la validità della sola ultima recensione ai fini del calcolo dell’indice di “popolarità” che classificava le strutture.

 L’AGCM ha accertato che al momento di pubblicazione di una recensione Tripadvisorinforma gli utenti sulla politica adottata per contrastare la pubblicazione di recensioni non veritiere, chiedendo di aderire (“opting-in”) ad una specifica dichiarazione, ma ha evidenziato anche che, da rilievi d’ufficio, era emerso che svariati utenti avevano rilasciato recensioni per strutture che presentavano ancora un profilo “aperto”, pur non essendo più attive sul mercato.Ha altresì rilevato che i rappresentanti ufficiali delle strutture hanno la facoltà di replicare alle recensioni pubblicate dagli utenti, con pubblicazione dopo qualche giorno e sotto la relativa precedente recensione oggetto di replica, senza avere, comunque, una diretta incidenza nell’indice di popolarità.

 L’Autorità ha, quindi, riportato le dichiarazioni di Tripadvisor in relazione al sistema di verifica delle recensioni adottato mediante controllo automatico e manuale (quest’ultimo prima e dopo la pubblicazione sul sito) e al numero delle false recensioni individuate, con le conseguenti modalità di attribuzione di “penalizzazioni” alle strutture, se coinvolte.

 Ha, inoltre, richiamato la presenza di una serie di recensioni palesemente non veritiere tra il 27/8/2014 e il 9/9/2014 perché riferite a strutture non più attive, anche da tempo, o perché riconducibili a un profilo di evidente fantasia o perché riferite ad un periodo in cui la struttura interessata era stata chiusa, secondo quanto evidenziato anche da iniziative in tal senso della Federalberghi, quale soggetto segnalante.

 Dopo aver riportato le argomentazioni difensive del professionista e il contenuto del parere dell’AgCom, l’Autorità ha espresso dunque le sue valutazioni conclusive, con le quali ha ribadito che la condotta esaminata, correlata all’inidoneità degli strumenti e delle procedure adottate per contrastare il fenomeno delle false recensioni, dava luogo alla diffusione di informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni pubblicate, idonea a influenzare le determinazioni di un’ampia platea di consumatori, i quali, affidandosi all’asserito carattere genuino e autentico delle recensioni stesse, orientano le proprie preferenze.

 

Pur riconoscendo che il professionista si era dotato di un articolato sistema di controllo delle recensioni e di misure di contrasto alle attività collegate col rilascio delle false recensioni, l’AGCM ha evidenziato che esso non era stato in grado di vagliare effettivamente, e in maniera efficace, la genuinità del loro contenuto informativo, né l’attendibilità della valutazione complessiva che con le stesse si rilascia alle strutture, non essendo mai il professionista effettivamente in grado di verificare la veridicità delle informazioni ricavabili dalle recensioni.

 Richiamando una delle argomentazioni difensive, secondo le quali l’elevatissimo numero di recensioni non consentiva i controlli richiesti, l’AGCM ha rimarcato il carattere ingannevole di una delle affermazioni ricavabili dal sito secondo cui: “Non importa se preferisci le catene alberghiere o gli hotel di nicchia: su Tripadvisor puoi trovare tante recensioni vere e autentiche, di cui ti puoi fidare. Milioni di viaggiatori hanno pubblicato on-line le proprie opinioni più sincere su hotel, bed & breakfast, pensioni e molto altro”.

 In definitiva il carattere decettivo è stato dedotto dall’inadeguatezza del sistema di controllo rispetto all’esigenza di compiere adeguate verifiche, in quanto ad esso erano dedicate scarse risorse umane (soli 5 dipendenti nel gruppo di investigazione per l’Europa, di cui solo uno conoscente l’italiano) e dalla facilità di registrazione degli utenti, dovuta all’assenza di “captcha” e alla possibilità per l’interessato di rilasciare una recensione anche mediante “nickname”, dando così luogo ad un aumento delle stesse recensioni che risulta funzionale al sistema di remunerazione dell’attività del professionista.

 Né la facoltà di replica concessa ai rappresentanti ufficiali delle strutture è apparsa all’AGCM rilevante, data la sua mera natura informativa e la sua inefficacia sull’indice di popolarità che classifica le strutture stesse.

 In sostanza, il professionista è stato ritenuto inadempiente all’obbligo di mettere a disposizione dei consumatori “fin dal primo contatto, un quadro informativo chiaro, esaustivo e veritiero in relazione alla promozione di servizi sottesa alle condotte contestate”.

 All’esito del procedimento l’AGCM ha, quindi, adottato la determinazione 19/12/2014, n. 25237, con la quale, riscontrato l’esercizio di una pratica scorretta e, di conseguenza, la violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, ne ha vietato la diffusione e continuazione, irrogando in solido alle suddette società la sanzione di euro 500.000.Ritenendo il provvedimento sanzionatorio illegittimo le due società lo hanno impugnato con due distinti ricorsi al T.A.R. Lazio –Roma, il quale, riunite le impugnazioni, con sentenza 13/7/2015, n. 9355, le ha accolte.

 Avverso la sentenza ha proposto appello l’AGCM.

 Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio la TripAdvisor Italy e la TripAdvisor.Con successive memorie le parti hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.

 Alla pubblica udienza del 27/6/2019 la causa è passata in decisione.

 Contro la sentenza l’appellante deduce i seguenti quattro motivi.

 1) Il Tribunale avrebbe travalicato i limiti del proprio potere giurisdizionale sindacando nel merito le valutazioni compiute dall’Autorità.Nello specifico avrebbe operato una propria ricostruzione delle informazioni presenti sul sito del professionista e una decodifica alternativa al significato delle informazioni oggetto della pratica commerciale contestata, sulla base della quale ha ritenuto che le stesse fossero prive di carattere ingannevole. Avrebbe, inoltre, delimitato l’ambito della valutazione di scorrettezza individuandolo non solo nella veridicità delle informazioni fornite dal professionista circa le fonti delle recensioni, ma anche, in contrasto col provvedimento, nella “veridicità delle recensioni” e nell’idoneità del sistema di controllo approntato

 2) La pronuncia si fonderebbe su un’erronea ricostruzione della pratica commerciale in esame e dei parametri di valutazione rilevanti.

Ed invero, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di prime cure, i claim contestati sarebbero stati pubblicati anche sulla home page del sito www.tripadisor.it, nonché in altre pagine del medesimo sito e sarebbero tali, anche per l’enfasi e l’assertività che il caratterizza, da ingenerare nei consumatori il falso convincimento dell’attendibilità e genuinità delle recensioni pubblicate.In sintesi, non sarebbe stata attentamente valutata la portata decettiva dei claim e, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, il disclaimer [“Non eseguiamo controlli sui fatti riportati nelle recensioni. Con oltre 100 milioni di recensioni e oltre 1,5 milioni di hotel, ristoranti e attrazioni sarebbe impossibile per noi verificare ogni singolo dettaglio. Riteniamo che l’elevato numero di recensioni (ne pubblichiamo in media 60 al minuto) consenta ai viaggiatori di individuare le tendenze e di stabilire se una struttura è adatta alle proprie esigenze”], di per sé comunque poco chiaro, non si sarebbe trovato in posizione visibile nella home page del sito, ma in una sezione del medesimo a cui poteva accedersi solo attraverso varie schermate. Peraltro, l’Autorità avrebbe accertato la mancata predisposizione da parte di TripAdvisor di idonei strumenti per contrastare il fenomeno delle false recensioni Correttamente, dunque, sarebbe stata appurata l’esistenza di una pratica commerciale scorretta in quanto idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento del consumatore medio in relazione ai servizi promossi dal professionista.

 

3) La sentenza risulterebbe erronea anche nella parte in cui ha ritenuto che l’utente medio di internet dovrebbe diligentemente conoscere i meccanismi e le insidie dei siti “aperti” quale quello di Tripadvisor.Infatti, nei settori ad alta evoluzione tecnologica non bisognerebbe fare riferimento al grado di percezione di “un consumatore adulto, smaliziato, esperto navigatore del web e perito nell’utilizzazione del computer”. In questi settori occorrerebbe, invero, valorizzare il comportamento assunto dall’operatore commerciale, piuttosto che il livello di consapevolezza e conoscenza riscontrabile in capo ad un consumatore normalmente avveduto e informato.

 

4) La sentenza sarebbe, infine, erronea nella parte in cui, valorizzando l’esiguo numero di segnalazioni ricevute direttamente dai consumatori, ha affermato che l’Autorità non avrebbe appurato l’effettivo nocumento arrecato a questi ultimi.

Ed invero, il contenuto ingannevole di una comunicazione commerciale sarebbe ravvisabile anche laddove la stessa avesse riguardato un solo consumatore, atteso che la pratica commerciale scorretta avrebbe natura di illecito di pericolo.

 Le doglianze cosi sinteticamente riassunte, meritevoli di accoglimento, si prestano a una trattazione congiunta

 L’Autorità ha contestato, in particolare, la rilevanza ingannevole dei seguenti claim pubblicati sul sito internet del professionista:

 a) “Non importa se preferisci le catene alberghiere o gli hotel di nicchia: su tripadvisor puoi trovare tante recensioni vere e autentiche, di cui ti puoi fidare. Milioni di viaggiatori hanno pubblicato on-line le proprie opinioni più sincere su hotel, bed& breakfast, pensioni e molto altro”;

 b) “Vuoi organizzare un viaggio? Passa prima su TripAdvisor. I viaggiatori della community di TriAdvisor hanno scritto milioni di recensioni sulle loro vacanze migliori e peggiori che ti aiuteranno a decidere cosa fare. Nelle nostre guide gratuite puoi trovare i preziosi consigli e le foto dei viaggiatori per guidarti alla scoperta delle più importanti mete di viaggio”;

 c) “Scarica le nostre guide di viaggio gratuite e scoprirari i consigli dei viaggiatori su attrazioni turistiche, hotel, ristoranti e luoghi di divertimento”;

 d) “TripAdvisor offre consigli di viaggio affidabili, pubblicati da veri viaggiatori”;

 e) “Ottieni le recensioni e le opinioni dei viaggiatori sugli hotel delle città più visitate”;

 f) “(numero) persone hanno scritto una recensione su questo hotel”, “Cosa dicono i viaggiatori di (Città)”.

 I trascritti claim, indipendentemente dal fatto che non fosse garantita la veridicità del contenuto e della fonte, letti nel loro insieme risultano idonei, come correttamente affermato nel provvedimento impugnato, a ingenerare in un utente medio di internet il falso convincimento dell’attendibilità e della genuinità delle recensioni pubblicate.

 Sul punto le conclusioni raggiunte dall’Autorità, sorrette da una motivazione esente da vizi logici, risultano del tutto condivisibili, atteso che i claim, alcuni dei quali particolarmente assertivi e già presenti nella home page del sito, sono tali, anche nella presentazione complessiva, da influenzare i consumatori sin dal primo contatto ingenerando il falso convincimento dell’affidabilità delle recensioni pubblicate.

 

A nulla vale in contrario considerare che fosse stato predisposto un apposito disclaimer, atteso che il medesimo, come appurato dall’Autorità, non era immediatamente visualizzabile, occorrendo all’uopo raggiungere una specifica sezione del sito accessibile solo attraverso alcune schermate.

 

Le conclusioni del Tribunale contrastano, quindi, con il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui il consumatore medio, dev’essere messo in condizione di autodeterminarsi sin dal primo contatto pubblicitario (Cons. Stato, Sez. VI, 22/7/2014, n. 3896).

 

La contrarietà alla richiesta diligenza professionale risulta congruamente motivata anche in relazione al fatto che il professionista ha tenuto la condotta contestata, pur consapevole dei limiti intrinsechi del proprio sistema di controllo delle fonti delle recensioni, così violando l’obbligo di mettere a disposizione dei consumatori un quadro informativo chiaro, esaustivo e veritiero.

 

E’, infine, del tutto irrilevante la valorizzazione, operata dal Tribunale, dell’esiguo numero di segnalazioni ricevute direttamente dai consumatori, attesa la natura di illecito di pericolo che la giurisprudenza pacificamente riconosce agli illeciti conseguenti a pratiche commerciali scorrette (Cons. Stato, Sez. VI, 14/9/2018, n. 5396 e 16/3/2018, n. 1670).L’appello va, in definitiva accolto.

 

Occorre conseguentemente esaminare la censura, in questa sede ritualmente riproposta, con cui le appellate hanno contestato l’entità della sanzione irrogata.

 

Al riguardo costoro deducono che l’Autorità, avrebbe determinato la somma da pagare senza un’adeguata motivazione e violando gli artt. 3 e 11 della L. 24/11/1981 n. 689 e 27, comma 3, del D. Lgs. 6/9/2005, n. 206 (codice del consumo).

 

Ed invero:

a) la condotta addebitata non sarebbe qualificata dalla colpa;

 

b) non sussisterebbe la rilevata gravità della condotta contestata in quanto:

 

1) solo due dei claim oggetto di rilievo conterrebbero le diciture incriminate ossia “relative al carattere autentico, veritiero e genuino delle recensioni pubblicate”;

 

2) tali claim sarebbero in posizione marginale nel sito;

 

3) sarebbero stati predisposti numerosi disclaimer circa la genuinità delle fonti delle recensioni;

 

4) le informazioni sarebbero inidonee a trarre in inganno l’utente medio di internet;

 

5) non vi sarebbero prove che i consumatori sarebbero stati tratti in errore;

 

c) l’importo della sanzione non sarebbe coerente con lo sviluppo del procedimento, essendosi l’addebito finale notevolmente ridimensionatorispetto all’impianto accusatorio originario;

 

d) non sarebbe stato formulato uno specifico giudizio sulla personalità del professionista e sull’opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione;

 

e) sarebbe stato violato anche il principio di proporzionalità e ragionevolezza come si ricaverebbe dalle sanzioni generalmente applicate dall’Autorità in ipotesi di pratiche commerciali scorrette di più significativa gravità;

 

f) non sarebbe stato chiarito il ruolo e il peso assegnato ai criteri dell’importanza e della durata della violazione.

 

La doglianza così sinteticamente riassunta merita accoglimento.

Ed invero, come correttamente dedotto dalle appellate l’AGCM, nel quantificare la sanzione pecuniaria ha espressamente dichiarato di aver tenuto conto della gravità della violazione, dell’importanza del professionista “che costituisce uno dei principali operatori mondiali del mercato delle recensioni online” senza però fornire adeguata motivazione in ordine alle conclusioni raggiunte.

 

Nello specifico non risulta adeguatamente valutata la rilevanza dei disclaimer predisposti dal professionista, nell’attenuare la portata decettiva delle recensioni pubblicate, atteso che se gli stessi non sono sufficienti, giusta quanto sopra rilevato, a eliminare la condotta illecita, devono ritenersi, comunque, idonei a mitigarne l’illiceità.

 

Nemmeno risulta considerata, come pure richiesto dall’art. 11 della L. n. 689/1981, la personalità dell’agente e, sotto questo profilo, il fatto che esso non sia mai incorso in violazioni di disposizioni a tutela del consumatore, e i vantaggi sul piano economico derivanti dalla pratica (Cons. Stato, Sez. VI, 27/10/2011, n. 5785).Tenuto conto di quanto sopra, il Collegio ritiene che la sanzione pecuniaria possa essere rideterminata nella somma di € 100.000/00 (centomila).

 

In definitiva va accolto l’appello e va altresì accolto il motivo del ricorso di primo grado, in questa sede riproposto, con cui le appellate hanno contestato l’entità della sanzione irrogata.

 

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

 

Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei limiti di quanto in motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma dell’appellata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado limitatamente alla quantificazione della detta sanzione che ridetermina in € 100.000/00 (centomila).

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2019 con l'intervento dei magistrati:Diego Sabatino,Presidente FFVincenzo Lopilato,Consigliere Alessandro Maggio,Consigliere, EstensoreStefano Toschei,Consigliere Oswald Leitner,Consigliere

 L'ESTENSOREAlessandro MaggioIL PRESIDENTEDiego SabatinoIL SEGRETARIO