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Punibili offese tra avvocati nel giudizio disciplinare? (Cass. 19496/22)

18 maggio 2022, Cassazione penale

L'esimente della non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative non è applicabile agli esposti inviati al Consiglio dell'Ordine forense, in quanto l'autore dell'esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l'esimente di cui all'art. 598 c.p. attiene agli scritti difensivi in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce.

 

Cassazione penale

sez. V, ud. 28 febbraio 2022 (dep. 18 maggio 2022), n. 19496
Presidente Vessichelli – Relatore Brancaccio

Ritenuto in fatto

1. Viene in esame la sentenza del Tribunale di Varese, con cui è stata confermata la condanna di P.S. alla pena di 400 Euro di multa, oltre al risarcimento del danno, decisa dal Giudice di pace di Varese il 2.2.2019 per il reato di diffamazione ai danni di F.F. .

Imputata e persona offesa sono due avvocatesse, con rapporti reciprocamente conflittuali, esasperatisi nella difesa, su fronti contrapposti, di due coniugi coinvolti in un procedimento per separazione, nell'ambito della quale l'avvocatessa F. ha intrapreso una relazione sentimentale con il marito separando della coppia, suo assistito. In tale contesto, P.S. ha inoltrato al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di (…) un esposto nei confronti di F.F. ed una memoria difensiva in proprio favore, nella quale riportava espressioni ritenute dai giudici di merito lesive dell'onore della persona offesa, mettendone in discussione il "profilo personale e psicologico", accusandola di "gravissime violazioni" nel corso degli anni; di tenere una condotta "lontana dalla decenza e dal buon gusto"; di perseguitare l'esponente con "scorrettezze" e "volgarità" sin dal 2009, nonché tacciandola di "numerosi insuccessi professionali", "impertinenza", "villania" e di aver posto in essere "stratagemmi", tali da far sì che le proprie figlie ottenessero "un ingente capitale immobiliare" ricavandone vantaggi personali e facendosi "promotrice di un'iniziativa processuale da cui trarre vantaggi finanziari attraverso un'operazione economica a suo esclusivo e personale interesse".

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputata, tramite il difensore, deducendo un unico motivo di censura con cui denuncia violazione di legge per il mancato riconoscimento dell'esimente del diritto critica difensiva contenuta in atti giudiziari, prevista dall'art. 598 c.p..

Il giudice d'appello ha erroneamente ritenuto che le offese contro la vittima del reato non fossero contenute in uno scritto difensivo di parte, bensì in un esposto diretto al Consiglio dell'Ordine, escluso dall'ambito applicativo dell'esimente secondo la giurisprudenza di legittimità, che ritiene l'autore dell'esposto non sia parte del successivo giudizio disciplinare.

La tesi della ricorrente è che le dichiarazioni diffamatorie fossero contenute, invece, proprio in uno scritto difensivo, e precisamente nelle note difensive del 3.3.2017, redatte dall'avvocatessa P. in risposta all'esposto n. 7 del 2017 scritto contro di lei dall'avvocatessa F. , sicché il fatto non costituirebbe reato e dovrebbe essere annullata senza rinvio la sentenza di condanna, ovvero con rinvio, per l'ulteriore esame da parte del Tribunale di Varese.

3. Il PG G. R. ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

3.1. La ricorrente ha depositato conclusioni scritte con le quali si associa alla richiesta del PG e si riporta ai motivi del ricorso.

3.2. La parte civile ha depositato conclusioni scritte e note difensive con le quali chiede anzitutto l'inammissibilità del ricorso per aspecificità e difetto di autosufficienza, per non aver riprodotto la ricorrente esattamente il motivo di censura d'appello che sarebbe stato disatteso.

Quindi, nel merito, critica le conclusioni del PG, segnalando come, al più, potrebbe essere considerato "scritto difensivo" solo quello del 3.3.2017 diretto al Consiglio dell'ordine degli avvocati di Varese a propria difesa, nell'ambito del procedimento disciplinare sorto nei suoi confronti da un esposto della collega F. ; invece, lo scritto del 7.3.2017, dal medesimo contenuto diffamatorio, pure contestato nell'imputazione, configura semplicemente un "esposto" autonomo nell'ambito di procedimento disciplinare, sicché in tal caso non sarebbe applicabile l'esimente dell'art. 598 c.p., non essendone parte l'esponente.

Infine, la parte civile rappresenta come in ogni caso il contenuto degli esposti fuoriesca dall'ambito della critica processuale limitata all'oggetto della causa nella quale viene proposta detta critica.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

2. La contestazione di reato in relazione alla quale la ricorrente è stata condannata fa esplicito riferimento all'esistenza di due scritti diffamatori e per entrambi, senza distinzioni, la sentenza impugnata ha affermato la responsabilità dell'imputata in ordine al reato di diffamazione.

Per entrambi, quindi, è stata esclusa la sussistenza della scriminante del diritto critica difensiva contenuta in atti giudiziari, prevista dall'art. 598 c.p. (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata), senza che il giudice d'appello si interrogasse della natura eventualmente differente di tali scritti, dei quali pure aveva dato atto inizialmente in maniera differenziata, riportando per esteso l'imputazione di reato in relazione alla quale ha espresso il proprio giudizio (cfr. pag. 3 del provvedimento suddetto).

Ed invece, secondo la ricostruzione della ricorrente - che trova conferma nel testo esplicito della contestazione di reato così come formulata e nelle stesse ammissioni della parte civile in proposito, presenti nella memoria difensiva depositata in sede di legittimità - uno scritto era inserito in un procedimento che vedeva la ricorrente al centro di una contestazione disciplinare (sorta da un esposto promosso nei suoi confronti dalla collega F. , attuale persona offesa), dalla quale intendeva difendersi; l'altro, era autonomamente rivolto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di (omissis) e aveva natura verosimilmente di esposto.

L'uno, quindi, avrebbe visto la ricorrente nelle vesti di "parte" del procedimento disciplinare; l'altro, invece, si sarebbe configurato come esposto vero e proprio.

2.1. Orbene, come noto, la giurisprudenza di legittimità ritiene che l'esimente di cui all'art. 598 c.p. (non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative) non è applicabile agli esposti inviati al Consiglio dell'Ordine forense, in quanto l'autore dell'esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l'esimente di cui all'art. 598 c.p. attiene agli scritti difensivi in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce (cfr., tra le pìù recenti, Sez. 5, n. 39486 del 6/7/2018, Ruggieri, Rv. 273888; Sez. 5, n. 8421 del 23/1/2019, Gigli, Rv. 275620, in motivazione).

La ricorrente deduce violazione di legge proprio in relazione all'erronea valutazione di tale esimente adottata dal giudice d'appello, che ha erroneamente ritenuto che le offese contro la vittima del reato fossero contenute tutte in scritti equivalenti ad esposti diretti al Consiglio dell'Ordine, esclusi, per le ragioni già evidenziate, dall'ambito applicativo dell'esimente secondo la giurisprudenza di legittimità.

La censura centra il deficit interpretativo del giudice d'appello, il quale, non avvedendosi della possibile, differente natura tra i due scritti oggetto della contestazione di reato, con conseguenze sulla configurabilità dell'esimente, ha applicato erroneamente la disposizione di cui all'art. 598 c.p., violandola.

3. La rilevata violazione di legge rende il ricorso ammissibile, poiché il Collegio rammenta che, ai sensi dell'art. 606 c.p., comma 2-bis, introdotto dal D.Lgs. n.11 del 6 febbraio 2018, art. 5, contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso per cassazione può essere proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lettere a), b) e c) della medesima disposizione, sicché sarebbe inammissibile l'argomento censorio che mirasse a contestare la motivazione in quanto tale, senza dedurne una carenza o apparenza tali da confluire nel vizio di violazione di legge (cfr. Sez. 7, ord. n. 49963 del 6/11/2019, Fusini, Rv. 277417 per la coerenza di tale regola di inammissibilità al dettato costituzionale).

Detta violazione di legge impone, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Varese, in diversa persona fisica, dovendosi verificare la natura degli scritti diffamatori oggetto della contestazione, indicati come componenti della condotta criminosa - natura, invero, comunque solo ipotizzabile nel senso differente sopradetto, mancando una pronuncia di accertamento del giudice sul punto -, e, successivamente, essendo tenuto il giudice del rinvio ad applicare la disposizione dell'art. 598 c.p. secondo le corrette direttrici ermeneutiche già evidenziate.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Varese, in diversa persona fisica.