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Pec non utilizzabile per istanza di rinvio (Cass. 15687/21)

27 aprile 2021, Cassazione penale

L’istanza di rinvio dell’udienza non può essere avanzata via pec. Al riguardo: le parti private non possono effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, in quanto non prevista quale forma legale di comunicazione e non vertendosi in ipotesi ricadente nell’alveo della disciplina emergenziale da Covid-19.

L'imputato sottoposto agli arresti domiciliari per altra causa, che intende comparire in udienza, ha l’onere di farne tempestiva richiesta al giudice competente, ossia a quello che aveva disposto nei suoi confronti la misura, non essendo configurabile un obbligo dell’autorità giudiziaria procedente di disporne la traduzione.

 


Corte di Cassazione

sez. II Penale, sentenza 1 – 27 aprile 2021, n. 15687
Presidente Gallo – Relatore Ariolli

Ritenuto in fatto

1. D.M.M. ricorre per cassazione per l’annullamento della sentenza della Corte di appello di Roma del 26/11/2019 che ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che ha condannato il ricorrente alla pena di giustizia in relazione al delitto di truffa.
Con un unico motivo deduce la nullità del giudizio per omessa traduzione dell’imputato - detenuto agli arresti domiciliari per altra causa al momento del giudizio di appello - il quale aveva chiesto di comparire.
2. Il P.G. presso questa Corte, con requisitoria in data 14/3/2021, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
3. Con note trasmesse in data odierna via pec a questa Corte alle ore 12.00, il difensore dell’imputato ha insistito sull’eccezione di nullità proposta con i motivi di ricorso.

Considerato in diritto

4. Tanto premesso, il ricorso è inammissibile sotto diversi profili.
Si deve rilevare che l’imputato, come risulta anche dalla documentazione allegata al ricorso, era stato regolarmente citato dinanzi alla Corte di appello di Roma per l’udienza del 26/11/2019; aveva ricevuto la notifica il 24/10/2019 e in pari data aveva nominato il difensore di fiducia, senza manifestare alcun intento di presenziare all’udienza. Agli atti risulta soltanto una richiesta di rinvio presentata dal difensore, nella quale questi (e non l’imputato) prospetta la volontà dell’assistito di partecipare all’udienza, trasmessa, tra l’altro, solo il 25/11/2019 tramite pec e consegnata nella casella di destinazione alle ore 17:18.
Inoltre, con particolare riguardo all’istanza formulata dal difensore, non vi è prova che al momento della presentazione dell’istanza il legale avesse reso edotta l’autorità giudiziaria procedente dell’avvenuta nomina in suo favore (posto che l’imputato era assistito dal difensore d’ufficio il quale ebbe anche a redigere i motivi di appello e a presenziare all’udienza). La pec del giorno prima dell’udienza, infatti, reca l’intestazione di "istanza" riferita all’udienza ma non la precisazione che nel file allegato vi sia anche la nomina. Tale atto invece risulta allegato al ricorso per cassazione al momento del deposito fuori sede (presso il Tribunale di Napoli il 5/3/2020), ma non risulta in precedenza depositato presso la Corte di appello di Roma. Con la conseguenza che l’istanza di rinvio per consentire all’imputato agli arresti domiciliari per altra causa di chiedere l’autorizzazione a comparire risulterebbe presentata da soggetto non legittimato.
Tenuto conto, poi, che la pec risulta essere stata inviata in orario di chiusura degli uffici di cancelleria ed il giorno prima dell’udienza, competeva all’istante sincerarsi che detta richiesta fosse comunque pervenuta alla Corte di appello.
L’istanza, peraltro, risulta anche tardiva, in quanto l’imputato ha ricevuto la notifica della citazione per il giudizio di appello a mani proprie dai Carabinieri ben un mese prima dell’udienza (il 25/10/2019 alle ore 9.30 presso il domicilio ove si trovava ristretto agli arresti domiciliari per altra causa). Il ricorrente, pertanto, doveva attivarsi al fine di consentire all’autorità procedente di disporne per tempo la traduzione. Con la conseguenza che del tutto priva di rilievo è l’affermazione, contenuta nelle note di udienza, che l’imputato avrebbe espresso al difensore solo il giorno prima del giudizio di appello la sua volontà di partecipare al processo.
Sul tema, questa Corte ha affermato, con orientamento che il Collegio condivide, che l’imputato sottoposto agli arresti domiciliari per altra causa, che intende comparire in udienza, ha l’onere di farne tempestiva richiesta al giudice competente, ossia a quello che aveva disposto nei suoi confronti la misura, non essendo configurabile un obbligo dell’autorità giudiziaria procedente di disporne la traduzione (Sez. 4, n. 10157 del 18/2/2020, Rv. 278610).
Infine, l’istanza di rinvio dell’udienza è stata avanzata irritualmente via pec. Al riguardo, questa Corte ha affermato che le parti private non possono effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, in quanto non prevista quale forma legale di comunicazione e non vertendosi in ipotesi ricadente nell’alveo della disciplina emergenziale da Covid-19 (Sez. 5, n. 48911 dell’1/10/2018, Rv. 274160, fattispecie relativa ad istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo PEC dall’imputata poiché detenuta agli arresti domiciliari; Sez. 2, n. 31314 del 16/5/2017, Rv. 270702; Sez. 6, n. 2951 del 25/9/2019, dep. 2020, Rv. 278127).
5. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei motivi dedotti, si stima equo determinare in Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.