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Patteggiamento e spese della parte civile (Cass. 3756/20)

29 gennaio 2020, Cassazione penale

In tema di patteggiamento le spese liquidate alla parte civile devono essere oggetto di motivazione, e deve ritenersi illegittima la determinazione globale delle spese giudiziali liquidate in favore della parte civile senza distinzione tra onorari, competenze e spese, in quanto l’omessa differenziazione non consente alle parti di verificare se siano stati rispettati, nei minimi e nei massimi, i limiti tariffari.

 

Corte di Cassazione

sez. IV Penale

sentenza 12 dicembre 2019 – 29 gennaio 2020, n. 3756
Presidente Fumu – Relatore Cenci

 

Ritenuto in fatto

1. Il 2 aprile 2019 il G.u.p. del Tribunale di Roma ha applicato a F.A. ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena - sospesa condizionalmente - concordata tra il P.M. e l’imputato, con le attenuanti generiche e con la diminuente per il rito, in relazione al reato di incendio colposo, contestato come commesso il (omissis) ; ha anche condannato l’imputato alla rifusione delle spese processuali in favore della parte civile costituita, C.D. , liquidate in complessivi 1.100,00 Euro, oltre accessori di legge.
2. Ricorre per la cassazione della sentenza F.A. , tramite difensore di fiducia, affidandosi a due motivi (che si enunciano nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1), con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge, anche sotto il profilo di omissione di motivazione - mancanza fisica del requisito - e difetto di motivazione.
2.1. Con il primo motivo denunzia la mancata compensazione delle spese, ricorrendo, ad avviso del ricorrente, i presupposti di cui all’art. 444 c.p.p., comma 2.
Rammenta che la richiesta di applicazione di pena è stata avanzata da parte dell’imputato una volta ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, che il P.M. ha prestato consenso scritto prima dell’udienza preliminare e che la costituzione di parte civile è avvenuta all’udienza preliminare; in conseguenza, ad avviso del ricorrente, "la scelta di effettuare ugualmente la costituzione - nonostante il chiaro disposto dell’art. 444 c.p.p., comma 2, secondo il quale "se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda" - non può risolversi in un danno per l’imputato, la cui condanna alle spese appare di conseguenza illegittima. La giurisprudenza di legittimità, sul punto, è pacifica, nell’affermare come il diritto della parte civile alla rifusione delle spese venga esplicitamente collegato all’anteriorità della costituzione rispetto all’accordo per l’applicazione della pena". Richiama al riguardo i principi di diritto fissati sia dalle Sezioni Unite (con pronunzia non indicata nel ricorso) che da Sez. 4, n. 39527 del 06/07/2016, ric. Sigolo, Rv. 267896-01, secondo cui "In tema di patteggiamento, il giudice deve condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali a favore della parte civile, a meno che non ritenga di compensarle, a condizione che la costituzione della parte civile sia avvenuta prima dell’accordo per l’applicazione della pena. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la condanna al pagamento delle spese in favore della parte civile la cui costituzione era avvenuta in udienza preliminare, successivamente al deposito in cancelleria della richiesta di patteggiamento corredata dal consenso dell’imputato)".
2.2. Con il secondo motivo censura la omissione di motivazione in ordine alla quantificazione delle spese liquidate, sottolineando:
che quello sulle spese è un capo della sentenza estraneo rispetto all’accordo tra Pubblico Ministero ed imputato, del tutto autonomo e che va adeguatamente motivato (richiamato al riguardo l’insegnamento di Sez. 4, n. 6538 del 09/01/2008, Calderan, Rv. 272342-01), mentre nel caso di specie difetta totalmente ogni giustificazione;
che "In tema di patteggiamento deve ritenersi illegittima la determinazione globale delle spese giudiziali liquidate in favore della parte civile senza distinzione tra onorari, competenze e spese, in quanto l’omessa differenziazione non consente alle parti di verificare se siano stati rispettati, nei minimi e nei massimi, i limiti tariffari" (Sez. 4, n. 10920 del 29/11/2006, dep. 2007, Vella e altro, Rv. 236186-01);
e che è necessaria una motivazione analitica sia quanto alle voci tenute in considerazione in relazione alle singole attività difensive svolte sia quanto alla congruità delle somme (richiamando Sez. 5, n. 39208 del 28/09/2010, Filpi, Rv. 248661-01, secondo cui "In tema di patteggiamento, il giudice, nell’applicare la pena su richiesta delle parti, deve provvedere a condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali a favore della parte civile (salvo che sussistano giusti motivi per la compensazione totale o parziale), anche senza l’esplicita richiesta di questa, liquidandole, in assenza della nota spese di cui all’art. 153 disp. att. c.p.p., con riferimento alla tariffa professionale vigente e fornendo adeguata motivazione circa i criteri adottati relativamente alle somme dovute per onorari ed indennità, essendo illegittima la determinazione globale delle somme").
Chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
3. Il Procuratore Generale della Suprema Corte il 25-26 novembre 2019 nelle proprie conclusioni scritte ai sensi dell’art. 611 c.p.p. ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla condanna alle spese in favore della parte civile, eliminando la relativa statuizione.

Considerato in diritto

I. Il ricorso è fondato.
2. Preliminarmente appare opportuno affrontare la questione della ricorribilità o meno della statuizione sulle spese contenuta in una sentenza di applicazione di pena, atteso il tenore dell’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, introdotto dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 50, (in vigore dal 3 agosto 2017), secondo cui "Il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza".
Ebbene, al riguardo, come evidenziato dal P.G. nella sua articolata requisitoria scritta, si è già - assai condivisibilmente - ritenuto che "In tema di gatteggiamento, è ammissibile il ricorso per cassazione avverso la statuizione di condanna alla refusione delle spese di parte civile, trattandosi di questione sottratta all’accordo delle parti, rispetto alla quale non operano le limitazioni all’impugnabilità previste dall’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, " (Sez. 5, n. 29394 del 10/05/2019, Zamboni, Rv. 276900-01; in conformità, Sez. 6, n. 28103 del 21/03/2019, Matteucci, Rv. 276225-01; contra, tuttavia, Sez. 6, n. 22527 del 16/01/2019, Petrangeli, Rv. 275984-01).
Tali condivisibili puntualizzazioni appaiono, peraltro, in linea - si osserva non solo con l’insegnamento di Sez. U, n. 40288 del 14/07/2011, Tizzi e altro, Rv. 250680-01, ma anche e soprattutto con la ratio ragionevolmente alla base delle recentissime decisioni di Sez. U, 26 settembre 2019, ric. P.G. in proc. Melzani, e di Sez. U, 26 settembre 2019, ric. Savin e altri (sentenze le cui "informazioni provvisorie" sono reperibili tramite il sito internet ufficiale della S.C. sotto la voce "questioni decise"), che hanno ritenuto ammissibile, anche in caso di applicazione di pena su richiesta, il ricorso per cassazione che abbia ad oggetto, rispettivamente, l’applicazione o l’omessa applicazione di sanzioni amministrative accessorie e le misure di sicurezza, personali o patrimoniali, che non abbiano formato oggetto dell’accordo delle parti.
3.Ciò posto, ritenuta dunque giustiziabile", in linea di principio, la statuizione in tema di spese della parte civile contenuta in una sentenza di applicazione di pena ex art. 444 c.p.p., si osserva che il ricorso è fondato.
3.1. Non decisivo nel caso di specie il richiamo svolto dal P.G. nella requisitoria alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di legittimità nella nota sentenza del 2008, ric. D’Avino, secondo cui "Nell’udienza fissata a seguito della richiesta di applicazione della pena presentata nel corso delle indagini preliminari non è consentita la costituzione di parte civile ed è pertanto illegittima la condanna dell’imputato al pagamento delle spese sostenute dal danneggiato dal reato la cui costituzione sia stata ammessa dal giudice nonostante tale divieto. (In motivazione la Corte ha affermato che lo stesso principio deve ritenersi operante, data l’identità di "ratio", anche in relazione alle udienze fissate per l’applicazione della pena richiesta con l’opposizione a decreto penale o a seguito di decreto di giudizio immediato)" (Sez. U, n. 47803 del 27/11/2008, D’Avino, Rv. 241356-01; principio di diritto costantemente seguito dalle Sezioni semplici della S.C. successive: cfr. Sez. 2, n. 36033 del 18/06/2009, Casciani, Rv. 245588-01; Sez. 6, n. 22512 del 24/05/2011, T., Rv. 250503-01; Sez. 4, n. 39527 del 06/07/2016, Sigolo, Rv. 267896-01; Sez. 3, n. 14008 del 14/12/2017, dep. 2018, B., Rv. 273156-01).
Infatti, dall’acceso diretto agli atti, possibile atteso il tipo di vizio denunziato, emerge che l’udienza tenuta il 2 aprile 2019 era udienza preliminare, successiva all’esercizio dell’azione penale, e non quella in fase di indagini cui si riferisce la richiamata pronunzia: in conseguenza, ben aveva diritto la persona offesa di costituirsi parte civile.
3.2. Ciò posto, difetta totalmente, in difformità da quanto previsto dall’art. 111 Cost., comma 6, e art. 125 c.p.p., comma 3, qualsiasi cenno motivazionale sulle spese nella decisione impugnata, che, pertanto, non è in linea con i principi fissati - anche - da Sez. 4, n. 6538 del 09/01/2018, Calderan, Rv. 272342-01: "In tema di patteggiamento, la domanda di liquidazione delle spese a favore della parte civile è estranea all’accordo tra il pubblico ministero e l’imputato ed è oggetto di un autonomo capo della sentenza che deve essere adeguatamente motivato dal giudice sulle singole voci riferibili all’attività svolta dal patrono di parte civile e sulla congruità delle somme liquidate".
4. Consegue, pertanto, di necessità, la statuizione in dispositivo.
L’annullamento va disposto ai sensi dell’art. 622 c.p.p.. Infatti, "In tema di patteggiamento, allorquando la Corte di cassazione annulli la pronuncia del giudice relativamente alla liquidazione delle spese a favore della parte civile, il rinvio va fatto al giudice penale "a quo" se la relativa statuizione manchi del tutto; mentre l’annullamento va disposto con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello, in base all’art. 622 c.p.p., laddove l’annullamento riguardi la statuizione circa il diritto della parte civile alla liquidazione delle spese ovvero il "quantum" effettivamente liquidato dal giudice. (Nel caso di specie la Corte ha annullato con rinvio al giudice civile una decisione che aveva liquidato i compensi del patrono di parte civile ‘globalmentè, senza operare alcuna ripartizione in relazione all’attività prestata nelle varie fasi del processo, discostandosi sensibilmente dai parametri medi dettati dalla Tabella B allegata al D.M. n. 140 del 2012)" (Sez. 5, n. 14335 del 12/02/2014, P.C. in proc. Castano, Rv. 259101-01).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla quantificazione delle spese liquidate in favore della parte civile con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello per nuovo giudizio sul punto.