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Non serve contatto, è reato compromettere libertà sessuale (Cass. 12987/09)

25 marzo 2009, Cassazione penale

In tema di atti sessuali con minorenne, si configura l'ipotesi del tentativo quando, pur in mancanza di atti di contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta sia oggettivamente idonea a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale e denoti il requisito soggettivo dell'intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali.

In tema di reati sessuali, la condotta vietata dall'art. 609 bis c.p. comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorchè fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest'ultimo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell'agente e l'eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale

Non possono pertanto qualificarsi come atti sessuali, nel senso richiesto dalla suddetta norma incriminatrice, tutti quegli atti i quali, pur essendo espressivi di concupiscenza sessuale, siano però inidonei (come nel caso dell'esibizionismo, dell'autoerotismo praticato in presenza di altri costretti ad assistervi o del voyeurismo) ad intaccare la sfera della sessualità fisica della vittima, comportando essi soltanto offesa alla libertà morale di quest'ultima o al sentimento pubblico del pudore.

E'  configuratile il tentativo di violenza sessuale quando, pur in mancanza del contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta dal primo denoti il requisito soggettivo della intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell'idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella propria sfera sessuale.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

(ud. 03/12/2008) 25-03-2009, n. 12987

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MAIO Guido - Presidente

Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere

Dott. TERESI Alfredo - Consigliere

Dott. MARMO Margherita - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.F., nato a (OMISSIS);

p.o. P.E.;

avverso la sentenza resa il 3.3.2008 dalla Corte d'appello di Torino.

Vista la sentenza denunciata e il ricorso;

Udita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere Dott. Pierluigi Onorato;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Izzo Gioacchino, che ha concluso chiedendo in via principale la rimessione degli atti alle Sezioni unite, e in via subordinata il rigetto del ricorso;

Udito il difensore dell'imputato, avv. Maiorano Carmine, che ha insistito nel ricorso.

Osserva:

Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1 - Con sentenza del 3.3.2008 la Corte d'appello di Torino ha integralmente confermato quella resa il 19.1.2005 dal Tribunale collegiale di Saluzzo, che:

- aveva dichiarato B.F. colpevole del reato di cui agli artt. 56 e 609 bis e 609 ter c.p., perchè, con più condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso, aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a indurre P.E., minore di anni quattordici, sua allieva presso la scuola media statale di (OMISSIS), a compiere e subire atti sessuali, inviandole ripetutamente sul suo telefono cellulare messaggi sms, di contenuto erotico, dal (OMISSIS);

- e, riconosciute le attenuanti generiche, nonchè l'attenuante generale di cui all'art. 62 c.p., n. 6 e quella speciale di cui all'art. 609 bis c.p., u.c., ritenute prevalenti sulla contestata aggravante, l'aveva condannato alla pena di quattro mesi di reclusione, oltre alla pena accessoria di legge, con i doppi benefici.

In particolare la corte territoriale ha osservato quanto segue:

- nei messaggi telefonici l'imputato aveva invitato la sua allieva a compiere atti di autoerotismo (es. "sei già in pigiama, sfilatelo e accarezzati dolcemente ad occhi chiusi, immaginando che sia io a farti provare piacere") e a compiere atti sessuali con lui medesimo (es. "ti coccolerei sino al mattino... non sto mai fermo con le mani" - "comincerei dalla tua bocca,... spalla.., braccia... seno... e non mi fermerei più"; - "accarezzerei e bacerei il tuo sesso umido dal desiderio");

- tali comportamenti integravano gli estremi del tentativo di violenza sessuale c.p., ricorrendo la univocità e la idoneità degli atti a ledere il bene tutelato dalla norma incriminatrice, vale a dire la libertà di autoderminazione sessuale della persona offesa.

Nel caso di specie, infatti, la prospettazione di intense emozioni erotiche, particolarmente allettanti per una ragazza adolescente, era sicuramente idonea a convincere la persona offesa ad abbandonarsi ad atti di autoerotismo.

2 - Il difensore del B. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo erronea applicazione degli artt. 56, 609 bis e 609 ter c.p., nonchè manifesta illogicità di motivazione in ordine ai requisiti essenziali del tentativo e alla valutazione del materiale probatorio.

Dopo aver premesso la definizione di atti sessuali secondo gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, il difensore ricorrente sostiene che la condotta dell'imputato non presenta la univocità e idoneità richieste per la integrazione del tentativo.

La condotta non era univoca, atteso che non si deve confondere la univocità oggettiva con l'intenzione soggettiva dell'agente: nel contesto concreto gli sms erano "con tutta evidenza un gioco ovvero uno scambio di fantasie nelle quali lo sfondo sessuale rappresentava un motivo e non già un momento della condotta".

Non era neppure idonea allo scopo, posto che la valutazione dei giudici di merito, secondo cui i messaggi erano sicuramente capaci di convincere la p.o. ad abbandonarsi ad atti di autoerotismo, era rimasta priva del benchè minimo riscontro probatorio.

3 - Questa Corte ha già avuto modo di precisare che, dopo la riforma del 1996, "la nozione di atti sessuali cui fa riferimento l'art. 609 bis c.p. nasce dalla semplice somma delle due nozioni di congiunzione carnale e di atti di libidine che la legislazione previgente considerava e disciplinava separatamente. Ne consegue che essa non può non comportare - così come la comportavano le due distinte nozioni preesistenti - un coinvolgimento della corporeità sessuale della persona offesa. Non possono pertanto qualificarsi come atti sessuali, nel senso richiesto dalla suddetta norma incriminatrice, tutti quegli atti i quali, pur essendo espressivi di concupiscenza sessuale, siano però inidonei (come nel caso dell'esibizionismo, dell'autoerotismo praticato in presenza di altri costretti ad assistervi o del voyeurismo) ad intaccare la sfera della sessualità fisica della vittima, comportando essi soltanto offesa alla libertà morale di quest'ultima o al sentimento pubblico del pudore" (Cass. Sez. 3^, n. 2941 del 28.9.1999, PG in proc Carnevali, rv. 215100).

Sulla stessa linea è stato affermato che "in tema di reati sessuali, la condotta vietata dall'art. 609 bis c.p. comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorchè fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest'ultimo, sia finalizzato ed idoneo a porre in pericolo la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, non avendo rilievo determinante, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell'agente e l'eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale" (Cass. Sez. 3^, n. 33464, Beretta, rv. 234786).

La giurisprudenza di legittimità, in questa materia, ha quindi adottato la concezione cd. oggettiva di atti sessuali.

Coerentemente a questa condivisibile impostazione, ma nella ulteriore considerazione della struttura tipica del delitto tentato di cui all'art. 56 c.p., è stato affermato che "in tema di atti sessuali con minorenne, si configura l'ipotesi del tentativo quando, pur in mancanza di atti di contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta sia oggettivamente idonea a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale e denoti il requisito soggettivo dell'intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali" (Cass. Sez. 3^, n. 45286 del 25.10.2005, De Lucia, rv. 232903). Ancora, "è configuratile il tentativo di violenza sessuale quando, pur in mancanza del contatto fisico tra imputato e persona offesa, la condotta tenuta dal primo denoti il requisito soggettivo della intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell'idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella propria sfera sessuale" (Cass. Sez. 3^, n. 34128 del 23.5.2006, Viggiano, rv.234778).

4 - Tanto premesso, in ordine al caso di specie occorre osservare d'ufficio che è stato contestato e ritenuto il delitto tentato di cui all'art. 609 bis c.p., aggravato ai sensi dell'art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1, salvo un equivoco passaggio a pag. 8 della sentenza di primo grado, in cui si allude alla diversa fattispecie di cui all'art. 609 quater c.p..

Così stando le cose, i giudici di merito avrebbero dovuto accertare la sussistenza dei requisiti richiesti dal ripetuto art. 609 bis c.p., e in particolare della violenza o minaccia, o della induzione a compiere atti sessuali con abuso della condizione di inferiorità fisica o psichica della persona offesa - sia pure sotto il profilo del tentativo. Ma sul punto manca qualsiasi motivazione nella sentenza impugnata.

Se invece i giudici di merito avessero ritenuto insussistenti gli anzidetti requisiti, avrebbero dovuto qualificare il fatto come semplice delitto tentato di atti sessuali con minorenne, di cui agli artt. 56 e 609 quater c.p., atteso che questa fattispecie ricorre quando, "al di fuori delle ipotesi previste" dall'art. 609 bis c.p., e cioè, in particolare, senza violenza o minaccia, e senza induzione con abuso delle condizioni di inferiorità, l'agente tenta di compiere atti sessuali con minore infraquattordicenne o di far compiere a questi atti sessuali.

La opzione tra le due fattispecie, verosimilmente, non sarebbe stata senza conseguenze sul piano sanzionatorio. Infatti, il primo giudice ha calcolato una pena base di 27 mesi di reclusione per il delitto tentato, senza precisare la riduzione operata ai sensi dell'art. 54 c.p., e poi ha applicato una riduzione di due terzi per l'attenuante speciale (arrivando sino a 9 mesi) e una riduzione di un terzo per ognuna delle attenuanti generali riconosciute (arrivando sino a 6 mesi per il risarcimento del danno e a 4 mesi per le generiche). Il che fa pensare che sia partito da una pena base per il delitto consumato non inferiore a 6 anni (72 mesi) al fine di quantificare la pena per il tentativo in un numero di mesi multiplo di tre, così da poter semplificare il calcolo delle riduzioni per le attenuanti (27 mesi, ottenuto arrotando in eccesso la misura di 26 mesi, che sarebbe stata applicabile computando la massima riduzione di due terzi per il tentativo). In altri termini, ha applicato una pena base superiore al minimo edittale previsto dall'art. 609 bis c.p. (cinque anni), probabilmente valutando che esisteva l'aggravante di cui all'art. 609 ter c.p., anche se ritenuta subvalente rispetto alle attenuanti. In conclusione, si vuoi dire che laddove avesse correttamente ritenuto l'ipotesi dell'art. 609 quater c.p., punita come quella dell'art. 609 bis c.p. ma incompatibile con l'aggravante di cui al ripetuto art. 609 ter c.p., avrebbe probabilmente determinato la pena base secondo il minimo edittale di 5 anni (60 mesi, riducibile ex art. 56 c.p. sino a 20 mesi di reclusione, ai quali avrebbe poi applicato le riduzioni per le tre attenuanti riconosciute).

In questo senso, il giudice di legittimità non può procedere direttamente a una riqualificazione del fatto contestato, ma deve annullare la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte territoriale.

5 - Vanno peraltro esaminate anche le censure del difensore ricorrente in ordine alla sussistenza del reato di cui al ripetuto art. 609 quater c.p., così dovendosi riqualificare il fatto contestato.

Alla luce dei principi sopra esposti, ritiene il Collegio che la motivazione della impugnata sentenza non possa ritenersi del tutto soddisfacente in ordine alla sussistenza dei requisiti essenziali del tentativo di atti sessuali con minorenne, soprattutto in considerazione della particolarità della fattispecie concreta, caratterizzata dalla distanza materiale tra soggetto attivo e soggetto passivo e dalla modalità di interazione tra i due soggetti, affidata alla comunicazione telefonica con sms.

In altri termini, il giudice di merito avrebbe dovuto compiere le valutazioni demandategli dalla legge tenendo conto che nel caso di specie la interazione tra soggetto attivo e soggetto passivo degli atti sessuali non era - come accade normalmente - una interazione tra presenti, ma una comunicazione tra distanti.

In questo particolare contesto, il giudice di rinvio dovrà più rigorosamente accertare:

a) la univoca intenzione dell'imputato a soddisfare la sua concupiscenza, requisito soggettivo che è escluso ogni volta che l'agente abbia perseguito, per esempio, solo uno scopo di molestare la vittima o uno scopo ludico;

b) la oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione sessuale della stessa vittima (adolescenziale), inducendola a compiere atti di autoerotismo.

P.Q.M.
la Corte suprema di cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2008.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2009