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Nomina in copia dall'estero: autentica perfettamente valida (Cass. 32123/20)

19 novembre 2020, Cassazione penale

La legge non prescrive nè che la firma venga apposta in presenza del difensore (che può autenticarla perché la conosce e la riconosce o perché è aliunde certo della sua riferibilità), nè che l’atto debba pervenire al difensore con determinate modalità, piuttosto che con altre che ne veicolino solo la copia (ad esempio tramite fax).

Il difensore è autorizzato ad autenticare la firma del proprio assistito.

La nomina del difensore di fiducia può essere trasmesso all’autorità giudiziaria procedente con raccomandata ovvero può essere consegnato "a mano" dal difensore stesso: il difensore si assume la piena responsabilità della provenienza dall’assistito della dichiarazione e della relativa sottoscrizione che egli autentica.

Finché l’atto rimane nella sfera del difensore, cioè non sia stato ancora spedito o consegnato all’autorità giudiziaria procedente, quest’ultima non ha alcuna competenza a sindacare il percorso che lo scritto possa avere compiuto (dal cliente al difensore ovvero dall’estero all’Italia e viceversa); mentre allorquando l’atto si trova ormai a far parte del fascicolo, ciò si verifica poiché il difensore si è assunto le suindicate responsabilità.

 

Corte di Cassazione

sez. I Penale

sentenza 16 ottobre – 16 novembre 2020, n. 32123
Presidente Tardio – Relatore Binenti

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Roma, provvedimento con l’ordinanza indicata in epigrafe in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza volta a ottenere la declaratoria di non esecutività, ai sensi dell’art. 670 c.p.p., della sentenza emessa nei confronti A.P.R. dal medesimo Tribunale il 3 luglio 2009, divenuta irrevocabile il 21 febbraio 2010.
2. A ragione, rilevava che l’Avv. NC, che aveva presentato l’istanza, era privo dello ius postulandi, avendo depositato una procura non valida, in quanto si trattava della fotocopia di quella precedentemente rilasciata in Italia dal condannato, il quale in atto si trovava in stato di detenzione in Perù.
Aggiungeva, poi, quanto ai rilievi in ordine alla nullità della notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza di condanna presso il medesimo difensore a seguito di elezione di domicilio da parte di A. , che tale elezione risultava indicata negli atti precedenti la dimissione di quest’ultimo dal carcere nel corso del procedimento, sicché doveva ritenersi anche dopo confermata.
3. Propone ricorso per cassazione A. , muovendo doglianze affidate a due motivi con i quali denuncia violazione di legge e vizi della motivazione.
2.1. Il primo motivo deduce che le considerazioni circa la non validità della nomina sono state riferite proprio all’atto redatto a Roma e inviato per posta elettronica al ricorrente che lo aveva poi ritrasmesso con la sottoscrizione, infine autenticata dal difensore secondo modalità perfettamente conformi alla legge.
2.2. Il secondo motivo lamenta che non è stata fornita risposta in ordine ai rilievi che avevano dedotto l’assenza dell’elezione di domicilio presso il difensore nel corso del giudizio di cognizione, in quanto, anziché acquisirsi il fascicolo per verificare la fondatezza o meno della deduzione, è stata solamente riscontrata l’indicazione della medesima elezione in altri atti precedenti alla scarcerazione.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.

2. Alla stregua di quanto previsto dall’art. 39 disp. att. c.p.p., il difensore è autorizzato ad autenticare la firma del proprio assistito. L’art. 96 c.p.p. stabilisce che l’atto incorporante la nomina del difensore di fiducia può essere trasmesso all’autorità giudiziaria procedente con raccomandata ovvero può essere consegnato "a mano" dal difensore stesso. Da ciò consegue che il difensore si assume la piena responsabilità della provenienza dall’assistito della dichiarazione e della relativa sottoscrizione che egli autentica. La legge, invero, non prescrive nè che la firma venga apposta in presenza del difensore (che può autenticarla perché la conosce e la riconosce o perché è aliunde certo della sua riferibilità), nè che l’atto debba pervenire al difensore con determinate modalità, piuttosto che con altre che ne veicolino solo la copia (ad esempio tramite fax). Pertanto, finché l’atto rimane nella sfera del difensore, cioè non sia stato ancora spedito o consegnato all’autorità giudiziaria procedente, quest’ultima non ha alcuna competenza a sindacare il percorso che lo scritto possa avere compiuto (dal cliente al difensore ovvero dall’estero all’Italia e viceversa); mentre allorquando l’atto si trova ormai a far parte del fascicolo, ciò si verifica poiché il difensore si è assunto le suindicate responsabilità (Sez. 6, n. 29 del 27/11/2013, dep. 2014, Rv. 258459; Sez. 5, n. 21950 del 24/04/2008; Rv. 240486).
Ne deriva la fondatezza del primo motivo in quanto il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto ritenere il difensore privo dello ius postulandi sulla base di considerazioni legate all’iter dell’atto di nomina con sottoscrizione autenticata.
3. Anche il secondo motivo è fondato laddove censura le considerazioni svolte nel provvedimento a sostegno di una decisione di sostanziale rigetto.
Ed infatti, come si rileva nel ricorso, ciò che si deduceva era la mancanza dell’elezione di domicilio presso il quale, secondo quanto riportato negli atti, è stata effettuata la notificazione dell’estratto contumaciale, da cui sono poi dipesi il passaggio in giudicato della sentenza e pertanto l’esecutività del titolo. A fronte di ciò, la motivazione dà semplicemente conto del riferimento in altri atti alla suddetta elezione del domicilio, così non misurandosi con il controllo della sua effettiva esistenza. Di contro, il giudice dell’esecuzione, avvalendosi dei suoi poteri istruttori, avrebbe dovuto svolgere una diversa verifica ai fini dell’accertamento della fondatezza o meno della domanda, richiedendo l’atto di cui trattasi ovvero la trasmissione del fascicolo che avrebbe dovuto contenerlo.
4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’ordinanza impugnata va, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma.