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Molestie diventano stalking: sulla riqualificazione (Cass. 35022/21)

22 settembre 2021, Cassazione penale

Nel caso di modifica dell'imputazione nel corso dell'istruttoria dibattimentale che non comporti fatto nuovo, questa non è soggetta a limiti temporali, avendo l'imputato, a fronte di tale iniziativa del pubblico ministero, la facoltà di chiedere un temine per contrastare l'accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva, come la richiesta di nuove prove o il diritto di essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

(data ud. 30/03/2021) 22/09/2021, n. 35022
 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente -

Dott. CALASELICE Barbara - rel. Consigliere -

Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere -

Dott. MOROSINI Elisabetta Maria - Consigliere -

Dott. RICCARDI Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.G., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 31/10/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere CALASELICE BARBARA;

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore KATE TASSONE che ha concluso chiedendo il rigetto.

Il difensore ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento impugnato è stata confermata la condanna, emessa dal Tribunale di M, il 26 ottobre 2017, nei confronti di B.G. in relazione al reato di atti persecutori, ai danni del legale avvocato GM alla pena ritenuta di giustizia oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del difensore, deducendo cinque vizi, riassunti nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce inosservanza di norme processuali, in relazione al combinato disposto di cui all'art. 516 c.p.p., comma 1-ter, art. 522 c.p.p. posto che, a fronte di eccezione proposta dalla difesa, il giudice non aveva restituito gli atti al pubblico ministero, nonostante il reato di cui all'art. 612-bis c.p., così diversamente qualificata l'originaria imputazione, rientrasse tra quelli per cui doveva essere celebrata la udienza preliminare e non a citazione diretta.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce inosservanza di norme processali, in relazione agli artt. 518 e 522 c.p.p..

Il pubblico ministero, all'udienza del 16 febbraio 2017, aveva modificato l'imputazione dai reati di cui all'art. 660 c.p. nel delitto di atti persecutori. A fronte di detta modifica, la difesa aveva rilevato che il reato, da considerarsi fatto "nuovo", nel quale la condotta era stata considerata rientrare, è tra quelli per i quali è prevista l'udienza preliminare e non a citazione diretta. Sicchè, era stata chiesta la restituzione degli atti al pubblico ministero.

2.3. Con il terzo motivo si denuncia inosservanza di norme processuali in relazione al combinato disposto dell'art. 603 c.p.p., commi 1 e 2, art. 70 c.p.p. e correlato vizio di motivazione.

Si fa riferimento al vizio di motivazione circa l'elemento soggettivo del reato e alla produzione degli eventi tipici del delitto di atti persecutori, avendo il ricorrente agito con l'unico scopo di esprimere il proprio disappunto in ordine all'operato del professionista. Inoltre, non sarebbe stata valutata la relazione psichiatrico-forense del 2019 che ha attestato diversi sintomi espressione di sospettosità, sino alla persecutorietà e che ha concluso per la presenza di sintomi di patologia psichiatrica, idonei ad incidere sulla capacità di intendere e volere dell'imputato al momento dei fatti.

A fronte di tale atto, sopravvenuto, la Corte territoriale, per la difesa, avrebbe dovuto disporre perizia, ex art. 70 c.p.p., a titolo di rinnovazione istruttoria, per verificare se l'appellante era affetto da qualche patologia psichiatrica e se questa, in caso positivo, poteva incidere sulla capacità di intendere e volere.

2.4. Con il quarto motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 133 c.p..

Il primo giudice parte da una pena base non minima senza indicare le ragioni di tale opzione. Inoltre, si specifica che con l'atto di appello si era censurata detta statuizione in relazione alla esatta determinazione del dies a quo della condotta.

2.5. Con il quinto motivo si deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 163 e 164 c.p., in relazione al diniego della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Il rigetto del beneficio della sospensione condizionale della pena fonda sul rilievo attribuito a precedenti condanne risalenti a undici anni prima, sia pura con la pena sospesa.

3. Il Procuratore generale ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

3.1. Il difensore di ufficio dell'imputato ha fatto pervenire a mezzo p.e.c. istanza di sostituzione con altro difensore di ufficio abilitato al patrocinio in Cassazione, per essere venuto meno il rapporto fiduciario con il suo assistito.


Motivi della decisione


Il ricorso è infondato.

Preliminarmente si osserva che dal ruolo di udienza risulta, a fronte di istanza di nomina di difensore patrocinante in cassazione, pervenuta a mezzo p.e.c. del 12 febbraio 2021, da parte dell'avv. Isimbaldi, nuova nomina del difensore di ufficio avv. L. L C. L.

1. I primi due motivi sono infondati.

Corretta ed immune da censure di ogni tipo, appare la motivazione della Corte di appello, nella parte in cui sottolinea che, nella specie, il fatto come precisato dal pubblico ministero nel corso del giudizio di primo grado, non è nuovo, ma è stato soltanto diversamente qualificato. Sicchè, erroneamente, il ricorrente ha contestato la riqualificazione assumendo che si tratti di un fatto "nuovo", cioè di un accadimento ontologicamente autonomo, che si aggiunge a quello originariamente contestato, rispetto a questo diverso, tale da determinare l'avvio di un nuovo procedimento penale.

La Corte territoriale, conformemente all'interpretazione di questa Corte di legittimità della previsione di cui all'art. 518 c.p.p., infatti, ha spiegato che, nel caso al vaglio, il fatto storico per il quale si procede a carico dell'imputato è sempre lo stesso, anche se all'esito dell'istruttoria, questo è stato diversamente qualificato dalla parte pubblica (Sez. 4, n. 10149 del 15/12/2020, dep. 2021, Varani, Rv. 280938; Sez. 5, n. 2295 del 3/07/2015, Marafioti, Rv. 266019; Sez. 5, n. 3780 del 14/11/2017, Dominati, Rv. 272166). Si tratta, infatti, secondo la convergente ricostruzione dei provvedimenti di merito, di reiterati messaggi, ingiuriosi e minacciosi, con l'uso del telefono e telematici, a mezzo mail, rivolti anche a terzi, che non avevano solo il carattere della petulanza, di cui all'art. 660 c.p. ma erano risultati tali da integrare il reato di atti persecutori, per la lunga durata della condotta, il numero spropositato di questi, oltre ad avere il descritto contenuto, quindi tali da determinare uno degli eventi tipici di cui all'art. 612-bis c.p..

1.1. Peraltro, si è affermato in sede di legittimità che nel caso di modifica dell'imputazione nel corso dell'istruttoria dibattimentale che non comporti, fatto nuovo ex art. 518 c.p.p., questa non è soggetta a limiti temporali, avendo l'imputato, a fronte di tale iniziativa del pubblico ministero, la facoltà di chiedere un temine per contrastare l'accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva, come la richiesta di nuove prove o il diritto di essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi (Sez. 5, n. 15814 del 20/01/2020, Morabito, Rv. 279257).

Come si rileva dall'incontestato contenuto dell'ordinanza pronunciata dal primo giudice, riportata nella sentenza impugnata, il ricorrente non ha posto, espressamente, la questione del mancato espletamento dell'udienza preliminare per effetto della riqualificazione, quali atti persecutori, delle condotte contestate, ma si è limitato, in caso di rigetto dell'eccezione proposta, a chiedere un termine a difesa, termine poi concesso dalla Corte territoriale.

1.2. Con riferimento al terzo motivo si rileva che lo stesso è inammissibile.

Va richiamato, sul punto, l'orientamento di questa Corte (ex multis, Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A., Rv. 270936; Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268815; Sez. 6, n. 43526 del 03/10/2012, Ritorto, Rv. 253707) secondo il quale la perizia non rientra nella categoria della prova decisiva ed il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione. Si è, inoltre, affermato in sede di legittimità (Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena, Rv. 254226; Sez. 4, n. 20593 del 12/04/2005, Rv. 232096) che spetta al giudice di merito la valutazione delle risultanze processuali per apprezzare, con giudizio insindacabile, se sorretto da adeguata motivazione, la meritevolezza di una richiesta di perizia (nel caso dei precedenti citati di tipo tossicologico e psichiatrico).

Nel caso al vaglio, peraltro, la Corte di appello ha escluso che la relazione del consulente tecnico di parte allegata ai motivi nuovi di gravame, avesse evidenziato situazioni patologiche o disturbi della personalità non esistenti in precedenza, trattandosi di rilettura dei medesimi comportamenti tenuti dall'imputato rispetto ai quali, nel corso del giudizio di primo grado, non è mai stato chiesto accertamento peritale.

Infine, va richiamato l'indirizzo di questa Corte (Sez. 3, n. 3659 del 14/11/2017, dep. 2018, P., Rv. 272576) secondo il quale la sottoposizione dell'imputato all'istituto dell'amministrazione di sostegno non determina automaticamente l'incapacità del medesimo a partecipare coscientemente al processo, ai sensi dell'art. 70 c.p.p., dovendo quest'ultima essere autonomamente accertata, ai fini della sospensione del processo, ai sensi dell'art. 71 c.p.p..

1.3. I motivi relativi al trattamento sanzionatorio sono inammissibili in quanto devolvono censure non consentite in sede di legittimità.

Si tratta di critica che investe il potere discrezionale del giudice di merito esercitato, nella specie, in aderenza ai principi fissati dagli artt. 132 e 133 c.p.. La Corte territoriale, infatti, con un ragionamento che non risulta frutto di mero arbitrio nè illogico, ha fondato il giudizio circa l'entità della pena e sulla misura della stessa, su un iter logico sufficientemente articolato in quanto opera espresso richiamo alle modalità del fatto, alla durata della condotta, per anni, posta in essere ai danni della parte lesa. Quindi, alla luce del pacifico indirizzo espresso dalla Corte di legittimità sul punto il motivo devoluto è inammissibile.

Del pari è inammissibile il motivo inerente il diniego della sospensione condizionale della pena, tenuto conto dell'orientamento affermato in proposito da questa Suprema Corte secondo il quale il giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell'art. 133 c.p., potendo limitarsi ad indicare quelli ritenuti prevalenti (Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, Rv. 263534; Sez. 3, n. 30562 del 19/03/2014, Rv. 260136; Sez. 3, n. 6641 del 17/11/2009, Rv. 246184). Nella specie, i giudici di secondo grado, si sono soffermati sull'assenza di una prognosi favorevole sul futuro comportamento dell'imputato, tratta anche dai precedenti penali (sebbene risalenti) reputati comunque ostativi a tale prognosi, peraltro trattandosi di condanne a pena condizionalmente sospesa, beneficio evidentemente privo dell'auspicata efficacia deterrente.

2. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021