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Minore ferito: colpa del genitore? (Cass. 26257/17)

25 maggio 2017, Cassazione penale e Nicola Canestrini

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Minore infila la mano nel frullatore: quando rileva la condotta (omissiva) del genitore rispetto ad un evento lesivo che il minore si è autoinflitto a seguito di un comportamento evidentemente frutto della sua incapacità di percepire il pericolo ed i rischi?

 

Corte di Cassazione

sez. IV Penale, sentenza 15 febbraio – 25 maggio 2017, n. 26257
Presidente Bianchi – Relatore Ranaldi

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 21.4.2016 il Tribunale di Bergamo ha confermato la sentenza del Giudice di Pace di Bergamo che ha assolto F.C. dal reato di lesioni colpose gravi ai danni del figlio minore G.M. , consistite nell’amputazione di due dita della mano destra.
La vicenda attiene ad un incidente domestico avvenuto il (…).
Il minore, che all’epoca aveva cinque anni, era in casa con la mamma e nell’occasione le aveva chiesto di preparare insieme una torta. La F. aveva messo le uova nel robot da cucina e lo aveva azionato alla velocità indicata con il numero 1, raccomandando al bambino, seduto in prossimità del piano su cui era appoggiato il frullatore, di non toccare niente. Nel momento in cui aveva voltato le spalle al bambino per prendere della farina, aveva sentito uno strano rumore e, giratasi, aveva visto il robot impazzito e il sangue che usciva dalle mani del figlio. M. aveva infilato la palettina di plastica nella fessura superiore del robot dove si immettono gli ingredienti: ciò aveva creato un intralcio nel funzionamento del motore e aveva indotto il bambino a infilare dentro la mano destra, tagliandosi le falangi del dito medio e dell’anulare, che venivano poi amputate con intervento chirurgico.
A giudizio del Tribunale nessuna colpa poteva essere addebitata all’imputata per l’evento lesivo, dovendosi ritenere che la stessa avesse esercitato la diligenza normalmente esigibile, premurandosi di raccomandare al bambino di non toccare niente.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore della parte civile, G.R. , costituito in proprio e quale genitore esercente la potestà parentale del minore G.M. , lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) violazione di legge e vizi di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen..
Deduce che dall’art. 2047 cod. civ. deriva un obbligo di sorveglianza in capo al genitore del figlio infraquattordicenne fondato sull’incapacità di intendere e di volere di quest’ultimo. La pericolosità di un robot da cucina è evidente e la raccomandazione ad un bambino di soli 5 anni di non toccarlo non può esaurire la diligenza del genitore. Sotto questo profilo la motivazione del Tribunale è manifestamente illogica e non sorretta da un ragionamento giuridico idoneo ad escludere la penale responsabilità dell’imputata, in quanto il dovere di vigilanza a carico del genitore va commisurato all’età e al grado di maturazione raggiunto dal minore, in relazione alle circostanze del caso concreto. In particolare il dovere di vigilanza consiste sia nella previsione dei rischi derivanti dalla attività del minore, sia nella prevenzione degli stessi.
Deduce che detto dovere di vigilanza è stato negligentemente violato nel caso di specie, poiché l’imputata, percependo una minaccia proveniente dal robot, si è limitata a mettere in guardia il minore, senza porre in essere alcuna misura idonea a elidere ed evitare il rischio. L’avviso al minore di non toccare nulla è da ritenersi vuoto di ogni significato per il piccolo M. , né le considerazioni spese dal giudice in ordine alla mancata prova circa la eventuale "maggiore vivacità" del minore rilevano ai fini del decidere.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato sulla scorta delle seguenti considerazioni.
2. Va premesso che non è qui in discussione la posizione di garanzia gravante sulla F. quale genitore del figlio minore di cinque anni, tenuto conto degli obblighi di tutela e sorveglianza imposti dall’art. 2047 cod. civ., che costituisce fonte legale di una posizione di garanzia in capo al genitore di figlio minore infraquattordicenne, fondata sull’incapacità di intendere e di volere di quest’ultimo, e che prescinde dall’illiceità o meno della condotta tenuta dal soggetto garantito (Sez. 4, n. 43386 del 07/10/2010, Oriti Niosi, Rv. 24895301).
3. La particolarità della vicenda in esame è costituita dal fatto che si tratta di valutare la condotta (omissiva) del genitore rispetto ad un evento lesivo che il minore si è autoinflitto a seguito di un comportamento evidentemente frutto della sua incapacità di percepire il pericolo ed i rischi conseguenti all’inserimento dell’arto all’interno del contenitore di un frullatore acceso e funzionante.
 Nel caso si tratta di stabilire se nel comportamento della madre sia rinvenibile una qualche negligenza/imprudenza nella causazione dell’evento lesivo, con particolare riguardo ai suoi obblighi di tutela e di sorveglianza del minore durante il compimento di un’attività (preparazione di una torta mediante l’utilizzo di elettrodomestico con lame rotanti) che indubbiamente esponeva il bimbo ad un potenziale pericolo per la sua incolumità personale.
4. La risposta fornita dal giudice di merito al riguardo, come correttamente osservato dal ricorrente, è stata manifestamente illogica e giuridicamente errata.
5. Il giudice, in proposito, ha fornito due diverse ricostruzioni dei fatti di causa.
Secondo una prima ricostruzione, la donna, dopo avere acceso il frullatore e raccomandato al figlio di "non toccare niente", si sarebbe voltata un attimo per prendere della farina, ed in quel frangente avrebbe sentito uno strano rumore e, voltandosi, avrebbe visto il robot impazzito e il sangue che usciva dalle mani del bambino.
Secondo una seconda ricostruzione, la donna avrebbe lasciato da solo il bambino in cucina con il frullatore funzionante, allontanandosi per andare da una vicina di casa a prendere la farina, e l’incidente sarebbe quindi avvenuto durante l’assenza della madre.
6. Nonostante la notevole diversità delle situazioni di fatto dianzi accennate, il giudice di merito argomenta che, in ogni caso, sia che la madre si fosse girata un istante, sia che avesse lasciato la cucina per andare dalla vicina, da entrambe le predette condotte non potrebbe "ricollegarsi la verificazione dell’evento per omessa vigilanza, in quanto la F. ha comunque esercitato una diligenza normalmente esigibile, premurandosi di raccomandare al bambino di non toccare niente".
Tuttavia, così argomentando, il Tribunale ha compiuto una valutazione illogica e giuridicamente scorretta, sostanzialmente applicando la stessa regola cautelare a situazioni di fatto diverse, cui sono inevitabilmente riconducibili regole cautelari diverse e quindi differenti valutazioni in termini di colpa e di condotta diligente esigibile nei confronti della prevenuta.
È infatti noto che in materia di responsabilità colposa, con particolare riguardo ai profili di colpa generica che rilevano nel caso che occupa, occorre in primo luogo stabilire il contenuto della regola cautelare non scritta che si assume violata, che deve essere preesistente alla situazione di rischio che si intende prevenire, secondo canoni che sono genericamente riconducibili ai requisiti della prevedibilità ed evitabilità dell’evento pregiudizievole, da individuare con valutazione ex ante, mediante un processo che non sia creativo ma ricognitivo, pena la violazione dei principi di legalità e di colpevolezza. È ovvio che al mutare delle situazioni di fatto mutano anche le condizioni di rischio ed i relativi requisiti di prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso, e conseguentemente la regola cautelare applicabile al caso concreto. Proprio per questo il fatto deve essere puntualmente ed univocamente ricostruito dal giudice di merito, al fine della corretta individuazione della regola di diligenza generica (o specifica) in ipotesi violata, cui si ricollega il profilo soggettivo della colpa ai sensi del disposto di cui all’art. 43 cod. pen..
7. Nel caso di specie il ragionamento del giudice è stato manifestamente illogico e non rispettoso in diritto dei principi sopra enunciati con riferimento all’accertamento della condotta diligente e quindi del rimprovero colposo eventualmente addebitabile all’imputata, laddove ha ritenuto applicabile la medesima regola cautelare - in punto di evitabilità dell’evento dannoso - a situazioni di fatto profondamente diverse ed inconciliabili fra loro.
Se infatti la raccomandazione al bambino di "non toccare niente" poteva, in ipotesi, soddisfare la diligenza normalmente esigibile nei confronti della madre rispetto ad una situazione pregiudizievole che si è manifestata - secondo la prima ricostruzione - repentinamente ed in maniera tale da renderla non prevenibile, nonostante la vicinanza della madre al minore, non altrettanto può dirsi con riferimento al diverso scenario della donna che - secondo l’altra ricostruzione - si allontana dalla cucina, lasciando da solo il minore accanto al frullatore acceso: situazione rispetto alla quale la regola cautelare (generica) correttamente applicabile, con valutazione ex ante di carattere ricognitivo, avrebbe imposto un comportamento ben più rigoroso ed attento da parte del genitore (costituito, ad esempio, dal momentaneo spegnimento del frullatore o dal portare con sé il bimbo in maniera tale da non lasciarlo da solo esposto al pericolo).
Sotto questo aspetto, decisivo ai fini dell’accertamento di responsabilità della prevenuta, l’iter logico-giuridico seguito dal giudice di merito è sicuramente viziato e quindi meritevole di censura.
8. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello (trattandosi di ricorso della sola parte civile), che dovrà procedere, a fini civilistici ma secondo le regole proprie del giudizio penale, ad un compiuto accertamento dei fatti e della eventuale responsabilità colposa della F. , attenendosi ai principi di diritto dianzi indicati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello. Oscuramento dati.