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Minorata difesa e truffa online (Cass. 40045/18)

23 gennaio 2023, Cassazione penale

Anche nelle cd. truffe online può sussistere l'aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all'autore del reato e delle quali egli, abbia approfittato: in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l'agente, determina una posizione di maggior favore di quest'ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta.

Ciò peraltro non comporta affatto la generalizzazione della ricorrenza dell'aggravante in tutti i casi di truffe on line, generalizzazione per la quale sì finirebbe, in realtà, per attribuire carattere "circostanziato" ad una delle possibili modalità della condotta di truffa; si richiede sempre la prova del concreto e consapevole approfittamento, da parte del colpevole, delle opportunità decettive offerte dalla rete, non potendosi escludere che nel singolo caso la truffa sia realizzata bensì con lo strumento on line, ma senza che ciò comporti una reale, specifica situazione di vantaggio per l'autore.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

 Sent., (data ud. 17/07/2018) 06/09/2018, n. 40045

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde - Presidente -

Dott. PRESTIPINO Antonio - rel. Consigliere -

Dott. PARDO Ignazio - Consigliere -

Dott. PAZIENZA Vittorio - Consigliere -

Dott. AIELLI Lucia - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

O.F., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 16/04/2018 del TRIB. LIBERTA' di CAGLIARI;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO PRESTIPINO;

sentite le conclusioni del PG FELICETTA MARINELLI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1.Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale della Libertà di Cagliari ha confermato l'ordinanza del gip del locale tribunale del 21 marzo 2018, con cui era stata applicata, nei confronti di O.F., la misura cautelare delle custodia in carcere per i reati di cui all'art. 81 cpv c.p., art. 640 c.p., comma 2, n. 2 bis, e art. 61 c.p., n. 5.

2. Secondo l'accusa, l' O. aveva realizzato numerose truffe attraverso la pubblicazione di annunci di vendita su appositi siti on line (prevalentemente (OMISSIS)); aveva quindi dato seguito ai contatti iniziali sul sito con i soggetti dichiaratisi interessati agli acquisti rassicurandoli sulla propria affidabilità con interlocuzioni via mail o telefoniche e inducendoli così ad effettuare anticipatamente i pagamenti con ricariche su poste pay di volta in volta attivate allo scopo; ricevuti i pagamenti, non aveva mai consegnato la merce offerta in vendita.

3. Ricorre il difensore di O.F., deducendo:

3.1.Violazione ò dell'art. 61, n. 5. In relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante;

Rileva la difesa che nel caso di truffe on line non sarebbe possibile parlare di circostanze di luogo particolarmente insidiose, perche il "luogo" informatico è, in realtà, un "non luogo"; la distanza virtuale tra i soggetti delle contrattazioni costituirebbe, quindi, soltanto un elemento costitutivo dei delitti di truffa realizzati con lo strumento della rete.

3.1.1. Peraltro, nel caso di truffe commesse da un sedicente venditore con l'indicazione all'acquirente di una poste pay sulla quale far confluire anticipatamente i pagamenti, luogo di consumazione del reato dovrebbe ritenersi quello in cui l'acquirente effettua la ricarica della poste pay, talchè l'argomento della "distanza" perderebbe ogni significato.

3.1.2. Omessa motivazione sulla ricorrenza, in concreto, dei presupposti dell'aggravante.

In sostanza, la difesa contesta la valutazione "cumulativa" della sussistenza dell'aggravante rispetto a tutte le truffe on line realizzate dall'indagato, deducendo che il Tribunale avrebbe dovuto analizzare ogni singolo episodio.

3.1.3. Violazione dell'art. 2 cod. pan. e dell'art. 7 CEDU. La censura si riferisce soltanto alle condotte dell'indagato anteriori all'interpretazione estensiva dell'art. 61 c.p.p., n. 5 da parte della Corte di Cassazione, che solo nel 2016 aveva affermato l'applicabilità dell'aggravante alle truffe on line.

3. 2. Difetto di motivazione sulla concretezza e attualità del pericolo di recidiva e sulla possibilità di soddisfare le presunte esigenze cautelari con misure meno afflittive.

Le valutazioni del Tribunale sarebbe al riguardo astratte e indebitamente ancorate, in sostanza, al titolo dei reati.

3.3.Violazione dell'art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c) ed omessa motivazione anche con riferimento al principio dell'autonoma valutazione stabilito dall'art. 292 co 1 nel testo novellato dalla L. n. 45 del 2015. Il motivo riprende, tra l'altro, la censura relativa alla valutazione cumulativa di tutti gli episodi di truffa di cui al punto 3.1.2.

Motivi della decisione

Il ricorso è nel complesso infondato.

1.La questione fondamentale dell'odierna vicenda processuale è la configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 5, decisiva ai fini della valutazione della legittimità della misura cautelare, in difetto dell'aggravante non applicabile, dal momento che la pena per il reato di truffa non circostanziato non raggiunge il livello edittale minimo per l'adozione di provvedimenti restrittivi

1.1. Va premesso che la difesa ha insistito nella problematica del luogo di consumazione del reato esclusivamente in funzione delle proprie deduzioni sull'inesistenza dell'aggravante, senza riproporre la questione della competenza territoriale già sollevata davanti al giudice del riesame.

2. In punto di diritto, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nel senso che sussista l'aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all'autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 5, abbia approfittato, nell'ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti "on-line", poichè, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l'agente, determina una posizione di maggior favore di quest'ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta (Sez. 6, Sentenza n. 17937 del 22/03/2017 Cc. (dep. 10/04/2017) Rv. 269893).

2.1. Il principio enunciato nella massima citata non comporta affatto la generalizzazione della ricorrenza dell'aggravante in tutti i casi di truffe on line, generalizzazione per la quale sì finirebbe, in realtà, per attribuire carattere "circostanziato" ad una delle possibili modalità della condotta di truffa; si richiede sempre la prova del concreto e consapevole approfittamento, da parte del colpevole, delle opportunità decettive offerte dalla rete, non potendosi escludere che nel singolo caso la truffa sia realizzata bensì con lo strumento on line, ma senza che ciò comporti una reale, specifica situazione di vantaggio per l'autore.

2.2. Ebbene, nell'ordinanza impugnata è senz'altro rilevabile l'attenzione per i "particolari" delle truffe realizzate dal ricorrente, soprattutto con riguardo al sostanziale occultamento della propria identità agli acquirenti, che, tra l'altro, nella maggior parte dei casi egli contattava via mail utilizzando generalità incomplete. Sottolineano, peraltro, i giudici territoriali che, di fatto, l' O. fu in grado di reiterare per anni le truffe senza venire individuato, essendo, quindi, ancora più evidente che la dimensione "virtuale" dei suoi contatti con i clienti abbia favorito la sua irreperibilità "reale" (vedi pag. 6 dell'ordinanza).

2. L'argomento difensivo del luogo di consumazione del reato è sviluppato in modo alquanto confuso e assertivo. Non si comprende, infatti, come la coincidenza dei locus commissi delicti con quello in cui venne effettuata la ricarica inciderebbe, per sè, sulle valutazioni del caso. Alla stregua dei corretti termini in cui può essere predicata la sussistenza dell'aggravante in oggetto, l'elemento della distanza tra i contraenti "on line" va apprezzato, comunque, con riferimento a qualunque momento dell'iter contrattuale in cui esso manifesti la sua potenzialità ingannatoria, non solo con riferimento al momento conclusivo (scansioni temporali tra il momento dell'inganno e la realizzazione del profitto sono del resto ricorrenti in molte vicende di truffa, non solo contrattuale).

3. Scarsamente concludente è anche la censura difensiva relativa alla presunta sommarietà delle motivazioni del tribunale, in quanto indistintamente riferite a tutte le truffe realizzate dall'imputato; la motivazione "seriale", corrisponde, infatti, nella specie, alle modalità seriali delle condotte truffaldine dell'imputato, senza che la difesa nulla abbia obiettato su possibili differenziazioni tra i vari episodi.

4. Le valutazioni del tribunale sono condivisibilì anche riguardo alla esclusione della violazione del principio di irretroattività penale nella interpretazione che ne ha dato la giurisprudenza CEDU ad integrazione dei principi "nazionali". A prescindere dalla considerazione che l'argomento è alquanto depotenziato, in punto di interesse, sotto gli specifici profili cautelari oggetto del ricorso, dall'ammissione della difesa che solo alcuni fatti di reato sarebbero anteriori alla giurisprudenza che avrebbe innovativamente esteso l'aggravante della minorata difesa alle truffe on line, è condivisibile, infatti, l'osservazione dei giudici territoriali secondo cui la configurabilità dell'aggravante era già ricavabile dal sistema prima degli specifici interventi della giurisprudenza di legittimità. Citando correttamente Cass. 7749/2014 (ma vedi, anche, con riferimento ai reati propriamente "informatici", Cass. Sez. U, Sentenza n. 17325 del 26/03/2015, Rv. 263020) i giudici territoriali rilevano, in particolare, che l'elaborazione giurisprudenziale sulle truffe on line non ha identificato un possibile luogo virtuale rilevante agli effetti dell'art. 61 c.p., n. 5, in aggiunta al luogo "fisico" chiaramente considerato dalla stessa norma; ma ha fatto riferimento, al contrario, all'individuabile luogo fisico in cui necessariamente agisce l'autore della truffa on line nel momento in cui attiva lo strumento della rete.

5. Con il motivo di chiusura del ricorso la difesa lamenta, come si è visto, a mò di una considerazione riassuntiva, il vizio di motivazione del provvedimento impugnato tanto in punto di gravita indiziaria che di esigenze cautelari. Prescindendo dalla considerazione che la gravità indiziaria non era stata particolarmente contestata davanti al giudice del riesame (vedi pag. 5 del provvedimento impugnato), le censure difensive ripropongono più che altro la questione della valutazione "cumulativa", di cui si è già rilevata l'ammissibilità in caso di condotte seriali, e sollevano, inoltre, la questione dell'autonoma valutazione del quadro cautelare.

5.1. A quest'ultimo riguardo va osservato che la prescrizione della necessaria autonoma valutazione degli elementi che costituiscono il necessario fondamento dei provvedimenti cautelari, introdotta dalla L. 16 aprile 2015, n. 47 nell'art. 292 c.p.p., comma 2, avendo carattere eccezionale, opera solo rispetto ai provvedimenti restrittivi del Gip., per i quali il requisito è espressamente previsto (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9203 del 16/12/2016 Cc. (dep. 24/02/2017) Rv. 269338). I vizi della motivazione dei provvedimenti del tribunale della Libertà tribunale restano censurabili, quindi, nei limiti previsti dall'art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., eventualmente con riferimento alla corretta applicazione della motivazione per relationem.

5.1.1. Va rilevato, tuttavia, che la motivazione del provvedimento impugnato in punto di gravità indiziaria esprime una compiuta valutazione critica delle risultanze istruttorie, ricostruendo tutti gli elementi di fatto delle condotte criminose anche al fine di ricollegarvi i presupposti dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 5.

5.2. In punto di esigenze cautelari, poi, le valutazioni dei giudici territoriali, contrariamente alle apodittiche asserzioni difensive, sono ancora più accurate ed incisive; il tribunale sottolinea l'impressionante numero di truffe dell'indagato; i suoi numerosi e specifici precedenti per reati contro il patrimonio; la pervicacia criminale dimostrata proseguendo nell'attività truffaldina anche dopo avere potuto rendersi conto, per la perquisizione ed il sequestro subiti nel corso delle indagini, dell'attenzione degli inquirenti nei suoi confronti; e, infine, come ulteriore ma non secondaria indicazione della pericolosità dell' O., l'iniziativa della falsa denuncia di smarrimento di una poste pay, assunta nel quadro dei non mai abbandonati progetti criminali. Di più non si potrebbe pretendere.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto complessivamente rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria dovrà provvedere agli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1 ter disp. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 luglio 2018.
Conclusione
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2018