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Messa alla prova superata? Sanzioni amministrative al prefetto (Cass. 17779/21)

7 maggio 2021, Cassazione penale

Il giudice che pronunci sentenza di intervenuta estinzione del reato ex art. 168ter c.p., comma 2 per positivo esito della messa alla prova, non può e non deve applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che verrà poi applicata dal Prefetto competente a seguito di trasmissione degli atti da parte del cancelliere ed in seguito a passaggio in giudicato della sentenza che tale estinzione del reato accerta e dichiara.

Corte di Cassazione

sez. IV Penale, sentenza 14 aprile 2021 - 7 maggio 2021, n. 17779
Presidente Fumu – Relatore Pezzella

Ritenuto in fatto

1. Il G.I.P. del Tribunale di Tivoli, pronunciando nei confronti dell’odierno ricorrente P.S. , con sentenza del 21/1/2020 ha dichiarato non doversi procedere, ai sensi degli artt. 124 e 464septies c.p.p., per il reato di cui all’art. 187, comma 8 (in relazione all’art. 186 C.d.S., comma 7, perché estinto per esito positivo della messa alla prova e ha applicato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di mesi sei, disponendo altresì la confisca del veicolo in sequestro amministrativo.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il S. , deducendo, quale primo motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, la violazione dell’art. 168ter C.d.S., comma 2, artt. 223 e 224 C.d.S.
Il ricorrente si duole dell’avvenuta applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di mesi sei e della confisca del veicolo, assumendo l’esercizio di potestà riservata dalla legge all’autorità amministrativa.
Rileva che l’istituto della messa alla prova si differenzia dalle altre cause di estinzione del reato, per il suo carattere di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, che non prevede, appunto, un preventivo accertamento della penale responsabilità.

Il ricorrente richiama le sentenze nn. 266/2019, 29639/2016 e 40069/2015 di questa Sezione che hanno dichiarato la competenza del Prefetto nell’irrogazione della sanzione amministrativa della sospensione della patente, all’esito della positiva messa alla prova e dell’estinzione del reato.

Pertanto, nel caso di pronuncia di intervenuta estinzione del reato ex art. 168 ter c.p., comma 2 per positivo esito della messa alla prova, la sanzione amministrativa accessoria dovrà poi essere applicata dal Prefetto competente a seguito di trasmissione degli atti in seguito al passaggio in giudicato della sentenza.

Con un secondo motivo, nell’ipotesi di mancato accoglimento del primo, il ricorrente solleva eccezione di legittimità costituzionale degli artt. 223 e 224 C.d.S. e dell’art. 168 ter c.p., comma 2 con riferimento agli artt. 23 e 24 Cost..

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla pronuncia delle sanzioni amministrative accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di mesi sei e della confisca del veicolo, con conseguente eliminazione della predetta statuizione, ovvero la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.

3. Nei termini di legge ha rassegnato le proprie conclusioni scritte per l’udienza senza discussione orale (D.L. n. 137 del 2020, art. 23 comma 8), il P.G., che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla revoca della patente ed alla confisca del veicolo, con eliminazione delle relative statuizioni e la trasmissione degli atti al competente Prefetto.
In data 8//4/2021 il difensore del S. , Avv. Carlo Rienzi, ha depositato nota con allegata giurisprudenza (Sez. 4 n. 266/20; Sez. 4 n. 47991/16; Corte Cost. n. 42/20).

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di doglianza sopra illustrato è fondato.

2. La questione che si propone a questa Corte, già chiarita con la richiamata Sez. 4, n. 40069 del 17/9/2015, Pettorino, Rv. 264819 (conf. Sez. 4, n. 29639 del 23/6/2016, Conti, Rv. 267880; Sez. 4, Sentenza n. 39107 del 08/07/2016, Rossini, Rv. 267608; Sez. 6, n. 29796 del 25/05/2017, Feraboli, Rv. 270348; Sez. 4. N. 268 del 10/12/2019, Decorato, non mass.) attiene alla competenza ad irrogare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente ex art. 186 C.d.S., comma 2 e della confisca del veicolo, allorquando, constatato l’esito favorevole della messa alla prova, introdotta anche per i maggiorenni dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, il giudice procedente - come nel caso all’odierno esame - abbia a dichiarare l’improcedibilità per intervenuta estinzione del reato.

Nessun dubbio, sussiste, che la sanzione amministrativa de quo vada applicata.

Il legislatore del 2014, si è preoccupato, infatti, con la L. n. 67 del 2014, art. 3, comma 11, di inserire nel codice penale l’art. 168-ter che, al comma 2, prevede espressamente che l’estinzione del reato per l’esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie ove previste dalla legge.
Si tratta, peraltro, di una previsione necessaria, in quanto il nuovo istituto della messa alla prova, che può essere fatto rientrare, a pieno titolo, nella cause di estinzione del reato (come si ricava inequivocabilmente proprio dal tenore dell’art. 168-ter, comma 2 laddove la norma si riferisce agli effetti dell’esito positivo della prova) si caratterizza, tuttavia, per il suo carattere di strumento di composizione preventiva e pregiudiziale del conflitto penale, insorto con la formulazione dell’accusa verso l’imputato o con l’inizio dell’indagine da parte del PM. Non prevede, in altri termini, un preventivo accertamento di penale responsabilità.

3. Ritiene il Collegio che, nel caso della sanzione amministrativa della sospensione della patente, così come della confisca del veicolo, la competenza all’irrogazione della stessa all’esito della positiva "messa alla prova" e dell’estinzione del reato, vada individuata, ai sensi dell’art. 224 C.d.S., comma 3 in capo al Prefetto.

La norma in questione prevede, infatti, testualmente, che: "La declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato importa l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria. Nel caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto procede all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli artt. 218 e 219 nelle parti compatibili. L’estinzione della pena successiva alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sulla applicazione della sanzione amministrativa accessoria".

Non deve trarre in inganno, in tal senso, la diversa previsione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 9bis e art. 187 C.d.S., comma 8bis, sebbene vi siano indubbi punti di contatto nelle modalità (il lavoro di pubblica utilità) e nell’esito (l’estinzione del reato) con il nuovo istituto della messa alla prova.

L’art. 168-bis c.p., comma 2 delinea i contenuti del regime di messa alla prova, conferendo rilievo prioritario alle condotte riparative: "prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato". A tali condotte si associa l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma.

Alcuni contenuti del programma sono declinati dalla norma sostanziale in termini di possibilità. La messa alla prova "può implicare, tra l’altro" lo svolgimento di attività di volontariato sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.

Costituisce invece presupposto indefettibile del nuovo istituto la prestazione di lavoro di pubblica utilità ("la concessione della messa alla prova è (...) subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità"). E di tale prestazione lavorativa l’art. 168-bis c.p., comma 3, offre una definizione mutuata da quelle già contenute in disposizioni vigenti che contemplano la misura quale pena sostitutiva (D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 54 in tema di competenza penale del giudice di pace; art. 186 C.d.S., comma 9bis e art. 187 C.d.S., comma 8bis; D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5) o quale obbligo correlato alla sospensione condizionale della pena (art. 165 c.p.). Si tratta di prestazioni non retribuite in favore della collettività, affidate tenendo conto "delle specifiche professionalità e attitudini lavorative dell’imputato", articolate secondo un orario giornaliero non superiore alle otto ore, da svolgere per non meno di dieci giorni, anche non continuativi, e da modulare in termini compatibili con le esigenze di lavoro, di studio di famiglia e di salute dell’imputato.

La centralità del lavoro gratuito nell’economia della misura è confermata dalla previsione dell’art. 168-quater c.p. che individua il rifiuto opposto dall’imputato "alla prestazione del lavoro di pubblica utilità" come autonoma causa di revoca anticipata e da quella del nuovo art. 464-bis c.p.p., comma 4, lett. b), che indica "le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all’attività di volontariato di rilievo sociale" tra i contenuti obbligatori del programma di trattamento che l’imputato deve allegare all’istanza di ammissione; e anche dal disposto del nuovo art. 141-ter disp. att. c.p.p., comma 3, che coniuga all’indicativo la previsione, tra gli allegati che devono corredare il programma di trattamento da sottoporre al giudice in vista dell’ammissione della misura, l’adesione dell’ente "presso il quale l’imputato è chiamato a svolgere le proprie prestazioni".

Dunque, la previsione obbligatoria del lavoro di pubblica utilità costituisce il profilo sanzionatorio di maggior rilievo della nuova misura (una sanzione sostitutiva di tipo prescrittivo, secondo una definizione dottrinaria), quello che esprime la sua "necessaria componente afflittiva", secondo quanto si evince dai lavori preparatori della L. n. 67 del 2014.

4. Come si diceva in precedenza, tuttavia, la finalità della messa alla prova, introdotta dall’art. 168-bis c.p., appare essere quella di composizione preventiva e "pregiudiziale" del conflitto penale, non presupponendo la sua applicazione la pronuncia di una sentenza di condanna.
In tale prospettiva si coglie appieno la distinzione con l’istituto disciplinato dall’art. 186 C.d.S., comma 9bis e dall’art. 187 C.d.S., comma 8bis i quali - pur potendo consentire di pervenire alla finale estinzione del reato - presuppongono il passaggio necessario attraverso l’inflizione all’imputato di una condanna, la cui pena viene poi convertita nella forma alternativa di espiazione, data dal lavoro di pubblica utilità.
In altri termini, per l’applicazione della previsione contenuta nell’art. 186 C.d.S., comma 9bis e nell’art. 187 C.d.S., comma 8 bis si impone ineludibilmente l’accertamento della responsabilità dell’imputato, tramite la celebrazione del giudizio in forma dibattimentale, oppure con lo svolgimento del rito abbreviato, o, comunque, la sua definizione con l’adozione dell’applicazione di pena ex art. 444 c.p.p. o anche con decreto penale di condanna non opposto. Ciò in quanto, per lo specifico dettato normativo di cui ai citati art. 186 C.d.S., comma 9bis e art. 187 C.d.S., comma 8bis "... la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 54...". Al positivo esito del lavoro di pubblica utilità, si verifica, pertanto, l’effetto estintivo del reato. Peraltro, nel caso dello svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità ex art. 186 C.d.S., comma 9bis ed ex art. 187 C.d.S., comma 8bis si produce un effetto favorevole anche sull’entità della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che viene, con sentenza emessa dal giudice procedente in un’udienza da fissarsi ad hoc, ed è ridotta della metà (così testualmente la norma: "il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato").

Ancorché riferiti alla medesima sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, la dirimente considerazione della sostanziale differenza degli istituti, l’uno (quello relativo alla messa alla prova di cui all’art. 168-bis c.p.) che prescinde dall’accertamento di una penale responsabilità e gli altri (quelli di cui all’art. 186 C.d.S., comma 9bis e art. 187 C.d.S., comma 8bis) in cui il lavoro di pubblica utilità da svolgersi è sanzione sostitutiva di un’irrogata pena conseguente ad un’affermazione di penale responsabilità, induce dunque a ritenere che non possa trovare applicazione nel caso che ci occupa la procedura prevista dall’art. 186 C.d.S., comma 9bis e art. 187 C.d.S., comma 8bis, che lascia al giudice, in deroga alla previsione generale di cui al citato art. 224 C.d.S., comma 3, la competenza, previa fissazione di apposita udienza, a statuire la sanzione amministrativa della sospensione della patente.
Qualche perplessità desta la circostanza che, a fronte di un accertamento di penale responsabilità, l’art. 186 C.d.S., comma 9bis e art. 187 C.d.S., comma 8bis prevedano espressamente una riduzione della metà della sanzione amministrativa, mentre analoga riduzione non è stata prevista nel caso di estinzione del reato ex art. 168-bis c.p. laddove manca l’accertamento di responsabilità.
Ciò appare, tuttavia, frutto di una legittima scelta del legislatore che, come si è premurato di scrivere l’art. 168-ter c.p. per precisare che l’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge, ben avrebbe potuto prevederne anche una riduzione. E se non l’ha fatto, evidentemente, è perché ha considerato l’assorbente vantaggio, per chi richiede la messa alla prova, pur a sanzione amministrativa accessoria inalterata, di poter pervenire all’estinzione del reato senza alcun accertamento di penale responsabilità a suo carico.
5. In difetto di assimilabilità dell’istituto all’odierno esame a quello di cui all’art. 186 C.d.S., comma 9bis e art. 187 C.d.S., comma 8bis, si torna dunque alla previsione di carattere generale di cui all’art. 224 C.d.S., comma 3bis che individua la competenza nel Prefetto.
Tale conclusione, peraltro, si pone in continuità con le condivisibili conclusioni cui in passato era pervenuta questa Corte di legittimità in relazione all’estinzione del reato per intervenuta oblazione (Sez. 4, n. 41818 del 10/7/2009, Alibrandi, Rv. 245455; Sez. 4, n. 34293 del 16/3/2004, De Luca, Rv. 229384; in precedenza, conformi, Sez. 4 nn. 24392/2003, 25457/2003, 460561/2003, non massimate).
In quei casi si era affermato che il giudice penale, che aveva dichiarato l’estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 per intervenuta oblazione, non poteva applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, rimessa, ai sensi dell’art. 224 C.d.S., comma 3, al Prefetto, che avrebbe dovuto procedere all’accertamento della sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della predetta sanzione, richiamandosi agli artt. 218 e 219 CDS, nelle parti compatibili
Una conclusione siffatta è coerente anche con la previsione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 che vuole che la sanzione amministrativa accessoria (evidentemente quella che applica il giudice, vista la previsione per l’estinzione del reato di cui al successivo art. 224 C.d.S., comma 3) segua "l’accertamento del reato".
Peraltro, l’art. 221 C.d.S., comma 2 prevede espressamente l’ipotesi di definizione del processo penale "per estinzione del reato o per difetto di una condizione di procedibilità", nel qual caso la competenza del giudice penale in ordine all’applicazione della sanzione amministrativa viene espressamente a cessare perché lo prevede la stessa disposizione di legge.
Il ben diverso "accertamento", effettuato in sede amministrativa (della violazione amministrativa) - che va sottoposto al procedimento di accertamento specifico, incidenter tantum, nell’ambito del processo penale nel caso ipotizzato dall’art. 221 C.d.S., comma 1 - riprenderà dunque capacità di spiegare effetti autonomi allorché in sede penale si sia esclusa "l’esistenza di un reato che dipenda dall’accertamento di una violazione non costituente reato..."; con la conseguenza che gli atti vengono restituiti per riprendere il loro corso nella naturale sede amministrativa.
Se ne trae la conclusione che il giudice il quale - come nel caso che ci occupa - pronunci sentenza di intervenuta estinzione del reato ex art. 168ter c.p., comma 2 per positivo esito della messa alla prova, non può e non deve applicare la sanzione amministrativa accessoria, che verrà poi applicata dal Prefetto competente a seguito di trasmissione degli atti da parte del cancelliere ed in seguito a passaggio in giudicato della sentenza che tale estinzione del reato accerta e dichiara (ex art. 224 C.d.S., comma 3).
L’art. 223 C.d.S., comma 4, dispone - strumentalmente anche a tale finalità - che le sentenze ed i decreti, una volta divenuti irrevocabili, vengano trasmessi al Prefetto entro i successivi quindici giorni a cura del cancelliere competente.
6. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio limitatamente alla pronuncia delle sanzioni amministrative accessorie della sospensione della patente di guida e della confisca del veicolo, statuizioni che vanno eliminata. Deve disporsi, conseguentemente, la trasmissione della presente sentenza al competente Prefetto, a cura della Cancelleria, nel rispetto di quanto disposto dall’art. 224 C.d.S., comma 3.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle sanzioni amministrative accessorie della sospensione della patente di guida e della confisca del veicolo, sanzioni che elimina. Dispone che copia della presente sentenza sia trasmessa al Prefetto di Roma.