Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Merce nel carrello non scannerizzata; reato pluriaggravato (Cass. 52827/18)

23 novembre 2018, Cassazione penale

Tag

Prelevare della merce dagli scaffali, e passare il lettore ottico soltanto su alcuni prodotti, escludendone altri, costituisce l'aggravante del mezzo fraudolento, che viene riferito alle condotte, poste in essere nel corso dell’iter criminoso, connotate da una insidiosa efficienza offensiva che sorprende la contraria volontà del detentore e vanifica le difese che questi ha apprestato a protezione della cosa, agevolandone la spoliazione.

La merce che si trova  sugli scaffali del supermercato, a disposizione dei clienti, è esposta alla pubblica fede.

Un sistema di sorveglianza realizzato attraverso telecamere (normalmente esistente in esercizi commerciali del tipo supermercati) e la vigilanza praticata dal personale ivi addetto, non sono reputate idonee ad escludere la ricorrenza della aggravante della esposizione della pubblica fede.

 La quasi flagranza si realizza allorquando vi è la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi procede all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato.

In sede di convalida dell'arresto, il giudice, deve

  • verificare l’osservanza dei termini
  • controllare la ricorrenza dei presupposti che consentono l’adozione del provvedimento di arresto e, pertanto, valutare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di una verifica, ispirata a criteri di ragionevolezza, che coinvolge lo stato di flagranza o quasi flagranza e la ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381, cod. proc. pen.
  • senza coinvolgere aspetti su gravità indiziaria / esigenze cautelari, né l’apprezzamento sulla responsabilità dell’arrestato.

 

CORTE DI CASSAZIONE

SEZ. IV PENALE - SENTENZA 23 novembre 2018, n.52827

Pres. Piccialli – est. Bruno

Ritenuto in fatto

Ricorre per Cassazione il P.M. presso la Procura della Repubblica di Lodi avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Lodi in data 13/4/2018, con cui non era convalidato l’arresto di D.T.I. , per il reato di cui agli artt. 56, 624, 625 comma 1 n. 2 e 7 cod. pen..

era stato tratto in arresto per un tentativo di furto all’interno di un supermercato. L’indagato mediante il sistema 'self scanning' (altrimenti denominato 'salvatempo'), aveva prelevato dagli scaffali la merce senza scannerizzare numerosi prodotti, del valore complessivo di Euro 463,16.

Il giudice non convalidava l’arresto in quanto riteneva che fosse stato eseguito da un privato (addetto alla sicurezza del supermercato Esselunga) al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 380 cod. proc. pen., assumendo che, in ogni caso, anche a voler ritenere che all’arresto abbia proceduto personale della Polizia giudiziaria, il fatto non sarebbe riconducibile alle previsioni di cui all’art. 381 cod.proc.pen., trattandosi di furto semplice tentato. Rilevava, invero, che non si evincevano dalla lettura della parte descrittiva della imputazione le aggravanti contestate: non era comprensibile quale mezzo fraudolento fosse stato adoperato e quale delle diverse ipotesi di cui al n. 7 dell’art. 625 cod. pen. fosse stata individuata dai P.M..

La Parte pubblica ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando che il giudice non aveva valutato che, al momento del sopraggiungere dei Carabinieri su richiesta del personale del supermercato, il D. era ancora in possesso della merce non pagata, prelevata dagli scaffali e non registrata sul lettore ottico (così da integrare l’ipotesi di quasi flagranza prevista dall’art. 382 cod.proc.pen.). Parimenti, il giudice della convalida non aveva considerato che la presenza del sistema self service, con prelievo diretto della merce dagli scaffali e l’espediente impiegato di non registrare i prodotti con il lettore ottico, integravano esattamente le due aggravanti contestate dell’esposizione alla pubblica fede e del mezzo fraudolento.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, condividendo le argomentazioni espresse dal P.M. della Procura di Lodi, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata.

Considerato in diritto

Il ricorso promosso dal P.M. avverso l’ordinanza di non convalida dell’arresto di D.T.I. è fondata e deve essere accolto.

In sede di convalida, il giudice, oltre a verificare l’osservanza dei termini previsti dall’art. 386 comma 3, cod. proc. pen. e art. 390, comma 1, cod. proc. pen., deve controllare la ricorrenza dei presupposti che consentono l’adozione del provvedimento di arresto e, pertanto, valutare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di una verifica, ispirata a criteri di ragionevolezza, che coinvolge lo stato di flagranza o quasi flagranza e la ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381, cod. proc. pen..

Tale valutazione, secondo i principi più volte ribaditi dalla Corte di legittimità, deve essere esercitata su aspetti che non devono riguardare, né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari, né l’apprezzamento sulla responsabilità dell’arrestato (ex multis Sez. 5, n. 5040 del 01/10/2015, Rv. 266048; Sez. 6, n. 8341 del 12/02/2015, Rv. 262502).

Invero, il primo profilo, riguarda il giudizio da esperirsi in sede di adozione delle misure cautelari; il secondo profilo riguarda la fase del giudizio di merito (Sez. 6, n. 25625 del 12/04/2012, Eebrihim, Rv. 253022).

Si è inoltre precisato che la valutazione da rendere al momento della convalida, deve tenere conto della situazione di fatto conosciuta dalle Forze di Polizia all’atto dell’adozione del provvedimento restrittivo o, comunque, conoscibile in quel momento con la dovuta diligenza da adoperarsi da parte del personale che procede all’arresto (così Sez. 1, n. 8708 dell’8/02/2012, Rosiichuk, Rv. 252217; Sez. 5, n. 10916 del 12/01/2012, Hraich, Rv. 252949).

Dal tenore del provvedimento emesso dal G.I.P. si evince che la mancata convalida sia dipesa da due fattori: il primo riguardante l’arresto ad opera di un privato; il secondo riguardante la ricorrenza di un furto semplice, non essendo descritto nella imputazione alcun comportamento suscettibile di integrare le aggravanti indicate negli articoli richiamati.

Il provvedimento è erroneo sotto entrambi i profili.

L’arresto è avvenuto ad opera della Polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 381 cod. proc. pen., quando il D. era ancora in possesso della merce sottratta, nella ricorrenza della ipotesi di quasi flagranza la quale, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, si realizza allorquando vi è la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi procede all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (Sez. U, n. 39131 del 24/11/2015, P.M. in proc. Ventrice, Rv. 267591).

La ricorrenza dell’aggravante del mezzo fraudolento si evince dalla descrizione della condotta contenuta nel capo di imputazione: il D. , alla stregua della contestazione elevata, dopo avere prelevato la merce dagli scaffali, aveva passato il lettore ottico, deputato a registrare l’acquisto, soltanto su alcuni prodotti, escludendone altri.

Il comportamento descritto, sebbene dotato di peculiari caratteristiche che derivano dall’impiego di un mezzo tecnico innovativo (self-scanner), risponde ai canoni tradizionalmente elaborati nella giurisprudenza di legittimità in tema di furto con frode che viene riferito alle condotte, poste in essere nel corso dell’iter criminoso, connotate da una insidiosa efficienza offensiva che sorprende la contraria volontà del detentore e vanifica le difese che questi ha apprestato a protezione della cosa, agevolandone la spoliazione (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Rv. 255974).

Ebbene, proprio alla luce di tali parametri interpretativi, nel comportamento considerato è ravvisabile l’aggravante del mezzo fraudolento, essendo lo stratagemma posto in essere dal soggetto agente (consistito nel non passare al lettore ottico portatile il prodotto prelevato dallo scaffale) idoneo a soverchiare l’altrui vigilanza e gli accorgimenti precipuamente adoperati dalla persona offesa per garantire che la cosa custodita - sia pure liberamente asportabile dallo scaffale in cui era riposta - non esca dalla propria sfera di dominio.

Deve ritenersi parimenti ravvisabile, alla stregua della contestazione formulata dal P.M., l’aggravante della esposizione della cosa alla pubblica fede, in quanto la merce si trovava esposta sugli scaffali del supermercato a disposizione dei clienti. Deve aggiungersi che la esistenza del sistema di sorveglianza realizzato attraverso telecamere (normalmente esistente in esercizi commerciali del tipo supermercati) e la vigilanza praticata dal personale ivi addetto, non sono reputate idonee ad escludere la ricorrenza della suddetta aggravante.

Ed invero, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che, nel furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videoregistrazione, che non può considerarsi equivalente alla presenza di una diretta e continua custodia da parte del proprietario o di altra persona addetta alla vigilanza (così ex plurimis Sez. 5, n. 45172 del 15/05/2015, Rv. 265681).

Pertanto, deve annullarsi senza rinvio l’ordinanza impugnata dovendo ritenersi legittimamente eseguito l’arresto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere stato l’arresto legittimamente eseguito.