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Mancata sospensione del processo, quale nullità? (Cass. 37185/19)

5 settembre 2019, Cassazione penale

A livello internazionale ed europeo viene riconosciuto all’imputato il diritto ad essere presente nel processo. La facoltà di rimanere assente si configura come rinunzia a un diritto che, per avere rilevanza, deve provenire da un soggetto consapevole.

Il diritto ad essere presente nel processo può costituire oggetto di rinuncia da parte dell’imputato, ma a tal fine è necessario che l’imputato abbia notizia personalmente dell’esistenza del processo a suo carico e del suo diritto a parteciparvi. Solo laddove tale condizione venga rispettata, la rinuncia dell’accusato a presenziare al processo potrà dirsi consapevole e volontaria e quindi efficace. Solo allora la mancata comparizione dell’imputato potrà essere intesa quale rinuncia a comparire.

 Una interpretazione che sia rispettosa dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU in materia di giusto processo impone di equiparare la nullità della sentenza di primo grado conseguente al mancato rispetto dell’art. 420-quater c.p.p., comma 2, - che prescrive la sospensione del processo laddove non ricorrano le condizioni per l’adozione dell’ordinanza che dispone procedersi in assenza dell’imputato - alla seconda ipotesi prevista dall’art. 604 c.p.p., comma 5-bis, che ricorre nei casi in cui l’accusato dimostri che la sua assenza è dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo di primo grado.

La decisione di procedere in assenza produce effetti per l’intero arco processuale ed è sottoposta al controllo officioso dei giudici successivi a quello che l’ha emessa per la prima volta e che laddove si sia proceduto in assenza fuori dai casi previsti, la conseguenza è la nullità della decisione, che travolge tutti gli atti successivi e comporta la regressione del procedimento al giudice di primo grado.

Non è sanabile, ai sensi dell'art. 182 c.p.p., comma 2, la nullità derivante dall'omessa sospensione del procedimento, in applicazione della nuova normativa in materia ai sensi del combinato disposto della l. n. 67 del 2014, art. 15 bis e art. 420-quater c.p.p.:  l'erronea applicazione della normativa di cui alla l. 28 aprile 2014, n. 67, art. 15-bis, che non si risolva in un'omessa citazione, non può determinare una nullità a regime intermedio, attinente all'intervento dell'imputato ex art. 178 c.p.p., lett. c), che deve essere eccepita immediatamente dal difensore, bensì una nuova nullità, assimilabile ad una nullità assoluta.

Se la mancata conoscenza del processo dipende da un comportamento colposo e non intenzionale il processo deve esser sospeso dato che la legge prevede che possa procedersi in assenza ove l’imputato si sia "volontariamente sottratto" alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo.

Le forme stabilite per le notificazioni sono dirette ad assicurare l’effettiva conoscibilità dell’atto da parte del destinatario, ma laddove tali forme siano state rispettate la notifica deve ritenersi valida anche se il destinatario non abbia avuto effettiva conoscenza dell’atto a lui diretto; per il perfezionamento della notifica è sufficiente che l’atto sia entrato nella sfera di conoscibilità del destinatario, non occorrendo che esso sia stato effettivamente conosciuto.

L’eccezione di nullità della notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis c.p.p. è, anche laddove dovesse la notifica essere mancante o viziata, comunque inammissibile in quanto tardiva.
Trattasi di nullità di ordine generale a regime intermedio che, ai sensi dell’art. 180 c.p.p., non può essere rilevata o eccepita dopo la sentenza di primo grado.

Corte di Cassazione

sez. V Penale, sentenza 1 luglio – 5 settembre 2019, n. 37185
Presidente Sabeone – Relatore Romano

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di L’Aquila ha parzialmente riformato la sentenza del 15 marzo 2016 del Tribunale di Chieti che ha condannato D.T.D. per il delitto di bancarotta fraudolenta impropria per distrazione in relazione al fallimento della (omissis) s.r.l., dichiarato il 29 dicembre 2009.

In particolare la Corte di appello ha applicato le circostanze attenuanti generiche riducendo la pena principale ad anni tre e mesi sei di reclusione e - mantenendo ferme le pene accessorie di cui al R.D. n. 267 del 1942, art. 216, u.c., la cui durata è stata fissata in anni dieci.

2. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione D.T.D. , a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento sulla base di un unico motivo con il quale deduce nullità delle notificazioni all’imputato dell’avviso di cui all’art. 415-bis c.p.p., del decreto di fissazione dell’udienza preliminare e del decreto che aveva disposto il giudizio nonché la violazione dell’art. 604 c.p.p., comma 5-bis.

Le notifiche erano state tutte eseguite al domicilio del D.T. , dal quale egli si era da tempo trasferito, cosicché la sua assenza non era temporanea; le notifiche si erano perfezionate per compiuta giacenza e l’imputato non aveva mai avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo. Le notificazioni dovevano considerarsi mancanti, non avendo raggiunto il suo scopo di portare il processo a conoscenza del L.T. .

Inoltre, la Corte di appello aveva riconosciuto che il Tribunale aveva violato gli artt. 420-bis e 420-quater c.p.p., ma aveva sostenuto che tale violazione aveva determinato una nullità generale a regime intermedio che l’appellante non poteva eccepire in quanto decaduto dalla relativa eccezione, essendosi concluso il giudizio di primo grado senza che fosse stata dedotta alcuna nullità.

Il difensore di ufficio, sostiene il ricorrente, non aveva potuto eccepire alcunché poiché egli non aveva alcun rapporto con l’imputato.

Non essendo stato sospeso il processo e non ricorrendo alcuna delle ipotesi che consentissero di procedere in assenza dell’imputato, la Corte di appello, ai sensi dell’art. 604 c.p.p., comma 5-bis, avrebbe dovuto dichiarare la nullità della sentenza di primo grado ed ordinare la restituzione degli atti al Tribunale.

Peraltro, atteso che anche la notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis c.p.p. era avvenuta secondo le modalità sopra descritte e doveva considerarsi nulla, pure tale vizio non poteva considerarsi sanato poiché la restituzione degli atti al giudice di primo grado comportava la riespansione di tutte le facoltà che erano riconosciute all’imputato nel primo grado di giudizio

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.

2. L’eccezione di nullità della notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis c.p.p. è, anche laddove dovesse la notifica essere mancante o viziata, comunque inammissibile in quanto tardiva.
Trattasi di nullità di ordine generale a regime intermedio che, ai sensi dell’art. 180 c.p.p., non può essere rilevata o eccepita dopo la sentenza di primo grado.
Lo stesso ricorrente non contesta che il suo difensore di ufficio non abbia mai sollevato la relativa eccezione.
In ogni caso l’eccezione di nullità della notificazione dell’avviso suddetto così come le eccezioni di nullità delle notificazioni del decreto di fissazione dell’udienza preliminare e del decreto che di rinvio a giudizio sono manifestamente infondate.
Tali atti sono stati notificati al D.T. a mezzo del servizio postale con raccomandate inviate all’indirizzo ove egli risultava residente anagraficamente ma le missive non sono state recapitate per assenza del destinatario e per la mancanza di persone abilitate a ricevere in sua vece il plico; l’agente postale ha provveduto ad immettere gli avvisi nella cassetta e a spedire ulteriori raccomandate con avviso di deposito dell’atto presso l’ufficio postale. Le notifiche si sono perfezionate solo per compiuta giacenza e l’imputato non ha in seguito mai provveduto a ritirare i plichi.
Nel caso di specie risulta che le forme stabilite per le notifiche sono state integralmente rispettate.
L’imputato ha sostenuto che tali notifiche sarebbero del tutto mancanti in quanto non hanno raggiunto lo scopo di portare a sua conoscenza gli atti ai quali esse si riferiscono.
In contrario deve rilevarsi che ai sensi degli artt. 171 e 177 c.p.p., la notificazione è nulla solo laddove siano state inosservate le norme processuali indicate nella prima delle disposizioni appena citate. Le forme stabilite per le notificazioni sono dirette ad assicurare l’effettiva conoscibilità dell’atto da parte del destinatario, ma laddove tali forme siano state rispettate la notifica deve ritenersi valida anche se il destinatario non abbia avuto effettiva conoscenza dell’atto a lui diretto; per il perfezionamento della notifica è sufficiente che l’atto sia entrato nella sfera di conoscibilità del destinatario, non occorrendo che esso sia stato effettivamente conosciuto.

Una conferma in tal senso si ricava dagli art. 420, 420-bis e 420-ter c.p.p..

L’art. 420 c.p.p., comma 2, impone al giudice di rinnovare gli avvisi, le citazioni, le comunicazioni e le notificazioni di cui dichiara la nullità.

L’art. 420-ter c.p.p., comma 1, prevede che, laddove le notificazioni non siano invalide e neppure ricorrano le ipotesi di cui all’art. 420-bis c.p.p., commi 1 e 2 - e quindi non risulti che l’imputato sia a conoscenza del processo o si sia sottratto a tale conoscenza -, il giudice rinvii l’udienza e disponga che l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare - o il decreto di citazione a giudizio - sia notificato all’imputato personalmente.

Occorre quindi distinguere la validità delle notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e del decreto di citazione a giudizio dalla prova certa che l’imputato abbia conoscenza del procedimento, richiesta perché possa procedersi in sua assenza.

Ne consegue che l’effettiva conoscenza dell’atto da notificare non è un requisito di validità della notificazione.

Difatti, laddove manchi la prova certa della conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, non potrà procedersi in sua assenza anche laddove le notifiche risultino tutte validamente eseguite.

D’altra parte, la prova della conoscenza del procedimento da parte dell’imputato non consente la celebrazione del processo in assenza se non vi sia la prova della rituale notifica dell’avviso di fissazione, dovendo il giudice procedere alla rinnovazione della notificazione nel caso in cui ne dichiari la nullità (art. 420 c.p.p., comma 2).

La L. 28 aprile 2014, n. 67 non ha modificato l’art. 420, comma 2, c.p.p., nella parte in cui prevede che il giudice debba disporre la rinnovazione degli avvisi, della citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullità, cosicché, anche nel caso in cui vi sia prova della conoscenza certa da parte dell’imputato del procedimento, si potrà procedere in assenza solo se l’avviso di fissazione della udienza sia stato comunque validamente notificato, seppur non all’imputato personalmente.

3. Il motivo è invece fondato laddove si lamenta la violazione degli artt. 420-bis e 420-quater c.p.p. e art. 604 c.p.p., comma 5-bis.

Dalla sentenza di appello risulta chiaramente che l’udienza preliminare ed il processo di primo grado si sono svolti, pur essendo stati al D.T. ritualmente notificati il decreto di fissazione dell’udienza preliminare ed il decreto di rinvio a giudizio, dopo che il Giudice dell’udienza preliminare ed il Tribunale hanno erroneamente dichiarato, con l’ordinanza prevista dall’art. 420-bis c.p.p., che poteva procedersi in sua assenza pur non ricorrendo alcuna delle ipotesi previste dai commi 1 e 2 della disposizione appena citata.

Pur essendo le notifiche regolari, del tutto correttamente la Corte di appello ha escluso che il mancato ritiro dei plichi integrasse una condotta attuata dal D.T. per sottrarsi alla conoscenza del processo, potendo essa dipendere anche dall’allontanamento del D.T. dalla sua residenza in modo definitivo, senza però comunicare il mutamento di residenza all’anagrafe e senza cancellare dai citofoni e dalla cassetta della posta il proprio cognome.

In sostanza, la mancata conoscenza del processo poteva anche dipendere da un comportamento colposo e non intenzionale, come invece richiesto dall’art. 420-bis c.p.p., comma 2, nella parte in cui prevede che possa procedersi in assenza ove l’imputato si sia "volontariamente sottratto" alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo.

La Corte di appello, pur ritenendo che il processo di primo grado si era svolto nell’assenza dell’imputato sebbene non ricorressero le ipotesi previste dal’art. 420-bis c.p.p., commi 1 e 2 e pur avendo il D.T. , venuto a conoscenza del processo solo dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, chiesto con il suo appello - per il quale era stato rimesso in termini - che la sentenza di primo grado fosse annullata ai sensi dell’art. 604 c.p.p., comma 5-bis, ha ritenuto il motivo di appello infondato affermando che tale violazione integrava una nullità di ordine generale a regime intermedio attinente all’intervento dell’imputato, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c), e art. 180 c.p.p., e la relativa eccezione era soggetta alle decadenze previste dall’art. 182 c.p.p., comma 2.

Poiché non risultava che il difensore di ufficio del D.T. avesse eccepito tale nullità nel corso del giudizio di primo grado, la nullità doveva ritenersi sanata e conseguentemente doveva ritenersi inapplicabile l’art. 604 c.p.p., comma 5-bis.

4. La soluzione adottata dalla Corte di appello risulta conforme al principio di diritto affermato da questa Corte di cassazione in una sua precedente sentenza con la quale si è affermato, in tema di sospensione del processo per assenza dell’imputato, che la mancata applicazione dell’art. 420-quater c.p.p. per erronea interpretazione della disciplina transitoria di cui alla L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 15-bis, comma 2, determina una nullità a regime intermedio, attinente all’intervento dell’imputato ex art. 178 c.p.p., lett. c) che deve essere eccepita immediatamente dal difensore (Sez. 5, n. 54921 del 08/06/2016, Fatih, Rv. 26840701).

Questo Collegio, tuttavia, ritiene di non poter condividere tale soluzione, in quanto contrastante con le finalità che hanno condotto all’emanazione della L. n. 67 del 2014 ed in particolare all’abrogazione del processo contumaciale.

5. Per comprendere esattamente la ratio dell’art. 604 c.p.p., comma 5-bis, occorre tenere ben presente che tale disposizione, così come le altre che disciplinano il processo in assenza dell’imputato, è stata introdotta dalla L. 28 aprile 2014, n. 67 allo scopo di adeguare l’ordinamento italiano alle fonti sovranazionali.

A livello internazionale ed Europeo viene riconosciuto all’imputato il diritto ad essere presente nel processo. La facoltà di rimanere assente si configura come rinunzia a un diritto che, per avere rilevanza, deve provenire da un soggetto consapevole.

L’art. 14, comma 3, lett. d) del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo dalla Repubblica Italiana con la L. 25 ottobre 1977, n. 881, afferma il diritto dell’accusato a partecipare al processo a suo carico.

La C.E.D.U. non prevede espressamente il diritto dell’accusato ad essere presente nel processo a suo carico, ma esso si evince dall’art. 6 C.E.D.U., ove si riconosce all’imputato il diritto a difendersi, da sé o con l’assistenza di un difensore, di interrogare o di fare interrogare i testimoni e di farsi assistere gratuitamente da un interprete. Il riconoscimento di tali diritti presuppone il diritto dell’imputato alla sua presenza nel processo.

Non si esclude che il processo possa essere celebrato in assenza dell’imputato, ma a tal fine occorre che all’imputato sia garantita concretamente ed effettivamente la possibilità di far valere tale diritto; la rinuncia a tale diritto deve essere il frutto di una scelta volontaria dell’imputato e non può basarsi su mere presunzioni.

La risoluzione n. 11 del 1975 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa raccomanda agli Stati membri nove regole minime da adottare laddove l’ordinamento nazionale ammetta il processo in assenza dell’imputato.

Anche essa riconosce il diritto dell’imputato ad essere presente e subordina la celebrazione del processo in assenza al rispetto di alcune condizioni. In particolare, è necessario che l’imputato sia raggiunto effettivamente da una citazione, che contenga l’informazione sulle conseguenze dell’eventuale assenza dell’imputato, trasmessagli in tempo utile per la preparazione della difesa e per organizzare la sua comparizione personale. È necessaria una preventiva informazione dell’esistenza del processo che raggiunga in maniera effettiva l’imputato; non è sufficiente una conoscenza legale, ma occorre la conoscenza effettiva, salvo che l’imputato si sia volontariamente sottratto alla giustizia.

6. Prima della L. 28 aprile 2014, n. 67 l’Italia è stata condannata più volte dalla Corte EDU per la violazione del diritto dell’imputato a partecipare al processo a suo carico.

La Corte di Strasburgo nella sentenza Sejdovic c. Italia (10 novembre 2004) stabilì che vi era violazione dell’art. 6 CEDU nel sistema processuale dello Stato membro in conseguenza della esistenza di una lacuna nel sistema, che non prevedeva il diritto del contumace, laddove lo stesso non fosse stato effettivamente informato del processo a suo carico e non avesse rinunciato in maniera non equivoca al diritto ad essere presente, di ottenere la "riapertura" del processo.

Il legislatore intervenne modificando l’art. 175 c.p.p. riconoscendo al contumace il diritto alla restituzione nel termine per impugnare, salvo che avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento e avesse volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione ed opposizione.

Tuttavia l’Italia riportò ulteriori condanne nei casi Kollcaku c. Italia e Pititto c. Italia (8 febbraio 2007) in cui fu osservato che la notifica delle azioni intentate nei confronti del contumace costituisce un atto giuridico di tale importanza da richiedere condizioni formali e sostanziali idonee a garantire l’esercizio effettivo dei diritti dell’accusato.

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 9 dicembre 2009, n. 317, dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 175 c.p.p., comma 2, nella parte in cui non consentiva la restituzione nel termine per proporre impugnazione contro la sentenza contumaciale all’imputato, che non avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, quando analoga impugnazione fosse stata proposta in precedenza dal difensore dello stesso imputato.

La Corte costituzionale, basandosi sui principi elaborati dalla Corte EDU, affermò che:

"a) l’imputato ha il diritto di esser presente al processo svolto a suo carico; b) lo stesso può rinunciare volontariamente all’esercizio di tale diritto; c) l’imputato deve essere consapevole dell’esistenza di un processo nei suoi confronti; d) devono esistere strumenti preventivi o ripristinatori, per evitare processi a carico di contumaci inconsapevoli o per assicurare in un nuovo giudizio, anche mediante la produzione di nuove prove, il diritto di difesa che non è stato possibile esercitare personalmente nel processo contumaciale già concluso".

7. Allo scopo di adeguare l’ordinamento italiano alla normativa internazionale e di evitare ulteriori condanne dell’Italia da parte della Corte EDU, con la L. 28 aprile 2014, n. 67 sono state soppresse le disposizioni del codice che consentivano il processo contumaciale.

Le nuove disposizioni non consentono che si proceda in assenza nei confronti dell’imputato per il quale manca la prova della conoscenza della data della udienza o dell’esistenza del procedimento e prevedono strumenti restitutori volti a garantire, nel caso di illegittima celebrazione del processo in assenza, la regressione e, quindi, la celebrazione di un nuovo processo in cui esercitare il diritto di difesa.

In particolare l’art. 420-quater c.p.p., comma 1, prevede che laddove non vi sia una espressa rinuncia dell’imputato a partecipare al processo (art. 420-bis c.p.p., comma 1) e manchi la prova certa che l’imputato ha conoscenza del procedimento o si è sottratto volontariamente a tale conoscenza (art. 420-bis c.p.p., comma 2), il giudice rinvia il processo e dispone che l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare o il decreto di citazione a giudizio siano notificati personalmente all’imputato, onde ottenere la prova certa della conoscenza del procedimento da parte dell’accusato. Ove tale notificazione non riesca, il processo, ai sensi dell’art. 420-quater c.p.p., comma 2, deve essere sospeso non potendo procedersi in assenza dell’imputato.

Il diritto ad essere presente nel processo può costituire oggetto di rinuncia da parte dell’imputato, ma a tal fine è necessario che l’imputato abbia notizia personalmente dell’esistenza del processo a suo carico e del suo diritto a parteciparvi. Solo laddove tale condizione venga rispettata, la rinuncia dell’accusato a presenziare al processo potrà dirsi consapevole e volontaria e quindi efficace. Solo allora la mancata comparizione dell’imputato potrà essere intesa quale rinuncia a comparire.

8. Alla luce di quanto sopra esposto, appare evidente che la soluzione adottata dalla Corte di appello nel caso di specie non appare conforme alle finalità della L. 28 aprile 2014, n. 67 che è quella di consentire il processo in assenza solo a fronte di una consapevole e volontaria rinuncia dell’imputato di presenziare al processo a suo carico, in tal modo rendendo il sistema penale conforme alle pronunce della Corte EDU e alle fonti sovranazionali in materia di processo in absentia.

L’art. 604 c.p.p., comma 5-bis contempla due diverse ipotesi. La prima ipotesi prevede la nullità della sentenza e il rinvio al giudice di primo grado nel caso in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, ai sensi dell’art. 420-bis c.p.p., mentre il giudice avrebbe dovuto rinviare l’udienza ex art. 420-ter c.p.p., in presenza di un legittimo impedimento dell’imputato, o avrebbe dovuto sospendere il procedimento per irreperibilità dell’imputato, ricorrendo i presupposti di cui all’art. 420-quater c.p.p..
La seconda ipotesi prevede la nullità della sentenza nel caso in cui l’imputato dimostri che la sua assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo di primo grado.

In entrambe le ipotesi la disposizione prevede che il giudice di appello deve annullare la sentenza e disporre la restituzione degli atti al giudice di primo grado; inoltre si applica l’art. 489 c.p.p., comma 2, per cui se l’imputato prova che l’assenza nel corso dell’udienza preliminare è riconducibile alle situazioni previste dall’art. 420-bis c.p.p., comma 4, l’imputato è rimesso nel termine per formulare le richieste di cui agli artt. 438 e 444 c.p.p..

Non appare tuttavia corretto interpretare la prima ipotesi come mera esplicitazione di una regola già ricavabile dalla applicazione delle disposizioni generali in materia di nullità, poiché in tale ipotesi la disposizione sarebbe del tutto inutile e superflua.

Inoltre, ritenere che la emissione dell’ordinanza che disponga procedersi in assenza dell’imputato nell’ipotesi in cui invece il processo debba essere sospeso ai sensi dell’art. 420-quater c.p.p., comma 2, integri una nullità generale a regime intermedio destinata a rimanere sanata laddove non eccepita dal difensore di ufficio (l’imputato non è comparso e la nomina di un difensore di fiducia rientra tra le ipotesi previste dall’art. 420-bis c.p.p. che rendono legittima l’emissione di detta ordinanza) immediatamente dopo l’emissione dell’ordinanza che dispone procedersi in assenza dell’imputato significa consentire la celebrazione del processo in assenza dell’imputato pur in difetto di una consapevole e volontaria rinuncia di quest’ultimo, con conseguente lesione del diritto dell’accusato ad un processo equo.

La mancata tempestiva proposizione dell’eccezione di nullità da parte del difensore di ufficio non può certo ritenersi espressione della volontà dell’imputato, sia perché il difensore di ufficio, in quanto tale, non trae i suoi poteri da una procura conferitagli dall’accusato con il quale potrebbe non avere instaurato alcun contatto, sia perché l’illegittimità dell’ordinanza che dispone procedersi in assenza dell’imputato osta a che quest’ultimo possa ritenersi rappresentato dal suo difensore ai sensi dell’art. 420-bis c.p.p., comma 3.

L’interpretazione accolta dalla Corte di appello nel caso di specie espone l’Italia al rischio di ulteriori condanne da parte della Corte EDU.

Una interpretazione che sia rispettosa dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU in materia di giusto processo impone, invece, di equiparare la nullità della sentenza di primo grado conseguente al mancato rispetto dell’art. 420-quater c.p.p., comma 2, - che prescrive la sospensione del processo laddove non ricorrano le condizioni per l’adozione dell’ordinanza che dispone procedersi in assenza dell’imputato - alla seconda ipotesi prevista dall’art. 604 c.p.p., comma 5-bis, che ricorre nei casi in cui l’accusato dimostri che la sua assenza è dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo di primo grado.

Si consideri che questa seconda ipotesi di nullità appare del tutto originale, poiché essa non discende dalla violazione di norme processuali e rispetto ad essa non può porsi alcun onere di tempestiva eccezione.

Mentre nella prima ipotesi la celebrazione del processo in assenza dipende da una violazione processuale, nel secondo caso deriva dalla incolpevole mancata conoscenza del processo di primo grado da parte dell’accusato, ma identica è la lesione del diritto dell’imputato alla partecipazione al processo che lo riguarda e identiche sono le conseguenze che ne derivano.

Appare, quindi, irragionevole sottoporre la nullità della sentenza di primo grado derivante dalla prima ipotesi prevista dall’art. 604 c.p.p., comma 5-bis al regime di decadenza previsto dall’art. 182 c.p.p., comma 2, che è inapplicabile alla seconda ipotesi.

Laddove si aderisse a tale conclusione dovrebbe ritenersi che l’imputato potrebbe ottenere l’annullamento della sentenza laddove dimostri, con onere probatorio a suo carico, che egli non ha avuto conoscenza del processo per causa a lui non imputabile mentre, laddove la celebrazione del processo in assenza dipenda da una violazione da parte del giudice del precetto di cui all’art. 420-quater c.p.p., comma 2, tale facoltà sarebbe preclusa dalla mancata tempestiva eccezione da parte di un difensore di ufficio da lui neppure nominato.

Una conferma della impossibilità di considerare la prima ipotesi prevista dall’art. 604 c.p.p., comma 5-bis, quale mera esplicitazione di una regola già ricavabile dalla applicazione delle disposizioni generali in materia di nullità si ricava proprio dalla circostanza che in entrambe le ipotesi le conseguenze giuridiche della nullità sono le medesime, ossia l’annullamento della sentenza con regressione del processo al giudice di primo grado.

Difatti detta disposizione prevede in entrambe le ipotesi il rinvio degli atti al giudice di primo grado e richiama l’art. 489 c.p.p., comma 2.

Tale disciplina, tuttavia, contrasta con quanto dispone la regola generale fissata dall’art. 185 c.p.p., comma 3, secondo il quale la dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l’atto nullo; il procedimento, in base a quanto stabilito dalla disposizione appena citata, dovrebbe regredire avanti a quel giudice che ha illegittimamente emesso l’ordinanza che ha disposto procedersi in assenza dell’accusato e che potrebbe essere individuato o nel giudice dibattimentale oppure nel giudice dell’udienza preliminare.

Tale diversità di disciplina rispetto a quanto previsto in via generale dall’art. 185 c.p.p., comma 3, conferma che la nullità prevista dall’art. 604 c.p.p., comma 5-bis è una ipotesi di nullità del tutto nuova ed originale sottoposta ad un proprio particolare regime.

Del resto, laddove tale nullità fosse soggetta alle disposizioni operanti per le altre nullità, siano esse assolute o generali a regime intermedio, sarebbe stata sufficiente la previsione dell’art. 604 c.p.p., comma 4, e il successivo comma 5-bis sarebbe del tutto superfluo.

Ulteriore elemento di conferma si ricava dall’art. 623 c.p.p., comma 1, lett. b), secondo il quale se è annullata una sentenza di condanna nei casi previsti dall’art. 604 c.p.p., commi 1, 4 e 5-bis, la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice di primo grado.

Tale disposizione lascia intendere che la decisione di procedere in assenza produce effetti per l’intero arco processuale ed è sottoposta al controllo officioso dei giudici successivi a quello che l’ha emessa per la prima volta e che laddove si sia proceduto in assenza fuori dai casi previsti, la conseguenza è la nullità della decisione, che travolge tutti gli atti successivi e comporta la regressione del procedimento al giudice di primo grado.

Tale nullità non rientra nella previsione dell’art. 179 c.p.p. e non è formalmente una nullità assoluta.

È ben vero che nell’ipotesi di cui all’art. 420-quater c.p.p., comma 2, il giudice deve disporre che l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare o il decreto di citazione a giudizio siano notificati personalmente all’imputato ad opera della polizia giudiziaria e solo in caso di esito positivo di tale notifica può procedere in assenza dell’imputato, ma anche laddove tale adempimento sia mancato e si sia proceduto in assenza dell’imputato in difetto delle condizioni previste dall’art. 420-bis c.p.p., commi 1 e 2, la notifica dell’avviso e del decreto non potrà considerarsi del tutto omessa, in quanto il giudice ha già proceduto a rilevare la validità delle notificazioni ai sensi dell’art. 420 c.p.p., comma 2, e l’art. 420-quater c.p.p. presuppone proprio la validità delle notificazioni.

La notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare o del decreto di citazione a giudizio sono già avvenute e l’adempimento prescritto dall’art. 420-quater c.p.p., comma 2, è richiesto al solo fine di ottenere la prova certa della conoscenza del procedimento dall’imputato, necessaria per interpretare la sua mancata comparizione quale volontaria e consapevole rinuncia al suo diritto ad essere presente.

Tuttavia, per quanto sopra esposto, la nullità di cui si discute in questa sede, pur non essendo formalmente una nullità assoluta, deve ritenersi soggetta, quanto alla possibilità di essere eccepita o rilevata, ad un regime equiparabile a quello delle nullità assolute.

9. Deve, quindi, concludersi che nel caso di specie, in cui si è proceduto in assenza dell’imputato pur non ricorrendo alcuna delle ipotesi previste dall’art. 420-bis c.p.p., commi 1 e 2, deve essere dichiarata la nullità della sentenza di secondo grado e di quella di primo grado e gli atti devono essere trasmessi al giudice di primo grado, e quindi al Tribunale di Chieti, per il giudizio.

P.Q.M.

dichiara la nullità della sentenza di appello e di quella di primo grado e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Chieti per il giudizio.