Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Maltrattamenti in famiglia esclusi se offese e umiliazioni reciproche (Cass. 4935/20)

31 gennaio 2019, Cassazione penale

Nel reato di maltrattamenti di cui all'art. 572 c.p., l'oggetto giuridico non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella norma, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari.

Deve escludersi che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile.

Il delitto in parola postula dunque il sistematico, cosciente e volontario compimento di atti di violenza fisica e morale in danno della vittima, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali per quest'ultima.

Ai fini della integrazione della fattispecie, è necessario - dal punto di vista fenomenologico - che il soggetto agente infligga abitualmente vessazioni e sofferenze fisiche o morali in danno di un altro, il quale ne rimanga succube. Ne discende che, ove le violenze, le offese e le umiliazioni siano reciproche, con un grado di gravità ed intensità equivalenti, non può dirsi che vi sia un soggetto che maltratta e uno che è maltrattato, nè che l'agire dell'uno sia teso - anche dal punto di vista soggettivo - ad imporre all'altro un regime di vita persecutorio ed umiliante.

In tema di impugnazione di misure cautelari personali, così come in ogni giudizio impugnatorio, il Tribunale del riesame sia tenuto a dare risposta, sia pure con motivazione sintetica, ad ogni deduzione difensiva, incorrendo in caso contrario, nel vizio, rilevabile in sede di legittimità, di violazione di legge per carenza di motivazione

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(ud. 23/01/2019) 31-01-2019, n. 4935

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente -

Dott. MOGINI Stefano - Consigliere -

Dott. BASSI A. - rel. Consigliere -

Dott. COSTANTINI Antonio - Consigliere -

Dott. ROSATI Martino - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.M., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 30/10/2018 del Tribunale di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. Alessandra Bassi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Tampieri Luca, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;

udito il difensore, avv. MM, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con l'ordinanza in verifica, il Tribunale di Ancona, sezione specializzata per il riesame, ha rigettato il ricorso ai sensi dell'art. 309 c.p.p. e, per l'effetto, ha confermato l'ordinanza dell'8 ottobre 2018 con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona ha applicato a M.M. le misure cautelari dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla moglie T.L., in relazione all'imputazione provvisoria di maltrattamenti in famiglia, aggravati ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 11-quinquies.

1.1. A sostegno della decisione, il Collegio ha evidenziato come il quadro indiziario poggi sulle credibili dichiarazioni rese dalla persona offesa, convalidate dalle dichiarazioni rese dalle due colleghe della donna - estranee al nucleo familiare di appartenenza -, dal referto del pronto soccorso del (OMISSIS) (recante la diagnosi di contusione del braccio sinistro e del rachide dorsale) nonchè dall'annotazione di servizio dei Carabinieri del (OMISSIS) relativa all'intervento operato presso l'abitazione familiare. Quadro indiziario che il Tribunale ha ritenuto non essere inficiato dalle produzioni difensive (conversazioni telefoniche e dei messaggi whatsup nonchè referti medici), attestanti un clima di accesa conflittualità conseguente alla fine del legame coniugale e all'avvio di una nuova relazione sentimentale da parte della T..

1.2. Sul fronte cautelare, il Giudice a quo ha ritenuto sussistente il pericolo concreto ed attuale di reiterazione di condotte similari da parte del M., pericolo stimato non superabile sino a quando non interverrà un accordo di separazione coniugale che determini la fine della coabitazione forzata fra le parti.

2. Il ricorso a firma del difensore di fiducia, M.M. chiede che l'ordinanza sia annullata per le ragioni di seguito esposte:

2.1. violazione di legge penale in relazione all'art. 572 c.p. e artt. 272, 273 e 274 c.p.p., lett. c), artt. 275, 282-bis e 282-ter c.p.p., per avere il Tribunale confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sebbene la stessa denunciante abbia assunto nel rapporto con il marito una posizione prevaricante e dominante, avendo posto in essere in suo danno condotte ingiuriose e violente, come confermato dalle emergenze delle intercettazioni, dai messaggi whatsup e dalle informazioni testimoniali raccolte dalla difesa, avendo il figlio maggiorenne della coppia Mo.Ma. comunque smentito le accuse a carico del padre;

2.2. vizio di motivazione in relazione alla valutazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa con riferimento alle deduzioni difensive in ordine all'effettiva dinamica dei fatti sub iudice nonchè mancanza motivazione in merito alla ritenuta attualità del pericolo di reiterazione criminosa;

2.3. violazione di legge processuale con riferimento all'art. 125 c.p.p., comma 3, conseguente dalla mancanza di motivazione in ordine alle deduzioni difensive di cui ai precedenti motivi;

2.4. violazione di legge processuale in relazione all'art. 274 c.p.p., lett. c), con riguardo all'omessa valutazione dell'attualità del pericolo di reiterazione criminosa;

2.5. violazione di legge processuale in relazione all'art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c) e c-bis), per avere il Collegio della cautela omesso di indicare gli elementi di fatto da cui ha desunto i gravi indizi di colpevolezza e le ragioni per le quali non ha ritenuto rilevanti gli elementi forniti dalla difesa in sede di produzione documentale.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.

2. Il ricorrente ha sottoposto al vaglio di questa Corte ben cinque motivi, ma - a ben vedere - tutta l'impugnazione ruota intorno alla dedotta omessa valutazione da parte del Tribunale degli elementi dedotti col ricorso ex art. 309 c.p.p. comprovanti - secondo la prospettazione difensiva - un quadro di offese e di aggressioni reciproche fra i coniugi, tale da smontare l'impalcatura accusatoria in ordine al reato di maltrattamenti.

2.1. Deve essere preliminarmente rammentato come, in tema di impugnazione di misure cautelari personali, così come in ogni giudizio impugnatorio, il Tribunale del riesame sia tenuto a dare risposta, sia pure con motivazione sintetica, ad ogni deduzione difensiva, incorrendo in caso contrario, nel vizio, rilevabile in sede di legittimità, di violazione di legge per carenza di motivazione (In applicazione del principio, la Corte ha annullato l'ordinanza che aveva confermato il provvedimento custodiale senza prendere in alcun modo in esame dichiarazioni oggetto di specifiche deduzioni, formulate in una memoria depositata dal difensore all'udienza fissata per il giudizio di riesame). (Sez. 6, n. 31362 del 08/07/2015, Carbonari, Rv. 264938; Sez. 5 n. 45520 del 15/07/2014, Musto, Rv. 260765).

2.2. A tali coordinate ermeneutiche non si è conformato il Tribunale del riesame, là dove - nel confermare il giudizio di gravità indiziaria - ha ripercorso gli elementi a carico posti a base della primigenia ordinanza coercitiva (dichiarazioni della persona offesa come convalidate dal narrato delle due colleghe e dal referto sanitario) ed ha solo sommariamente preso in esame gli elementi offerti a discolpa, tesi a dimostrare - almeno nell'ottica difensiva - non soltanto un clima di "accesa conflittualità" fra i coniugi derivante dalla fine del legame coniugale e dall'avvio di una nuova relazione sentimentale da parte della T. (di cui ha dato conto lo stesso Tribunale), ma vere e proprie aggressioni fisiche in danno dello stesso ricorrente, con esiti certificati nei referti prodotti. Il Collegio anconetano ha altresì trascurato di prendere in esame le dichiarazioni "liberatorie" - almeno secondo l'assunto difensivo - rese dai testi assunti dalla difesa e dal figlio della coppia.

2.3. Con tali elementi fattuali e contributi conoscitivi il Giudice a quo avrebbe invece dovuto attentamente confrontarsi per verificare l'effettiva integrazione - sia pure in termini di elevata probabilità - dei maltrattamenti in famiglia.

3. Occorre al riguardo rilevare che, nel reato di maltrattamenti di cui all'art. 572 c.p., l'oggetto giuridico non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella norma, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari; tuttavia, deve escludersi che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile (in motivazione, la Corte ha precisato che fatti episodici lesivi di diritti fondamentali della persona, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, ma conservano la propria autonomia di reati contro la persona) (Sez. 6, n. 37019 del 27/05/2003, Caruso, Rv. 226794).

Il delitto in parola postula dunque il sistematico, cosciente e volontario compimento di atti di violenza fisica e morale in danno della vittima, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali per quest'ultima.

3.1. Ai fini della integrazione della fattispecie, è pertanto necessario - dal punto di vista fenomenologico - che il soggetto agente infligga abitualmente vessazioni e sofferenze fisiche o morali in danno di un altro, il quale ne rimanga succube. Ne discende che, ove le violenze, le offese e le umiliazioni siano reciproche, con un grado di gravità ed intensità equivalenti, non può dirsi che vi sia un soggetto che maltratta e uno che è maltrattato, nè che l'agire dell'uno sia teso - anche dal punto di vista soggettivo - ad imporre all'altro un regime di vita persecutorio ed umiliante.

4. Conclusivamente, rilevata la mancanza di motivazione su elementi rilevanti ai fini dell'integrazione dell'imputazione provvisoria posta a base del titolo coercitivo e, dunque, della permanenza della cautela, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale del riesame per nuova valutazione su detti punti.

P.Q.M.
annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Ancona sezione del riesame.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2019