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MAE su sentenza esecutiva, non necessariamente irrevocabile (42159/10)

29 novembre 2010, Cassazione penale

Quel che rileva nell'applicazione della disciplina del mandato di arresto europeo è che la richiesta di consegna sia basata su una sentenza dotata di forza esecutiva.

Il mandato d'arresto europeo può essere emesso, da un lato, ai fini dell'esercizio di un'azione penale o, dall'altro, dell'esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

Quel che rileva è che la richiesta di consegna si fondi su una decisione giudiziaria che comporti la privazione - sia nella fase cautelare che in quella esecutiva - della libertà personale della persona ricercata.

Sulla base del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, la decisione-quadro, rivolgendosi ad una moltitudine di paesi con sistemi processuali grandemente differenti, con riferimento sia alla definitività dei provvedimenti giudiziari sia al regime delle impugnazioni (vi sono infatti ordinamenti processuali europei nei quali la sentenza ancora soggetta ad impugnazione è già esecutiva), ha invero dato rilevanza alla sola "esecutività" della sentenza, e ciò perchè è questa - e non di certo la irrevocabilità - la condizione veramente essenziale per la realizzazione della cooperazione per la consegna di persone ricercate a scopo di giustizia.

La distinzione tra consegna "esecutiva" e consegna "processuale", nel senso sopra precisato, acquista rilevanza solo per talune facoltà di rifiuto o di esecuzione del mandato di arresto europeo per lo Stato di rifugio previste dalla stessa decisione quadro (cfr. art. 4, par. 1, n. 6; art. 5, par. 1, nn. 1 e 3; art. 16, par. 1; art. 18; art. 25).

Esaminando la normativa interna, vi è da osservare che se, da un lato, la L. n. 69 del 2005 sembra aver dato corretta attuazione allo strumento europeo, prevedendo, tra i titoli che consentono la consegna, la "sentenza esecutiva" (art. 6, nel quale si prevede che il mandato d'arresto europeo deve contenere informazioni circa l'esistenza di una sentenza esecutiva), dall'altro in talune disposizioni prende in considerazione le sentenze "irrevocabili" (così, l'art. 1, comma 3, secondo cui "L'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla presente legge, sempre che il provvedimento cautelare in base al quale il mandato è stato emesso sia stato sottoscritto da un giudice, sia motivato, ovvero che la sentenza da eseguire sia irrevocabile" e l'art. 17, comma 4, secondo cui "In assenza di cause ostative la Corte di appello pronuncia sentenza con cui dispone la consegna della persona ricercata se sussistono gravi indizi di colpevolezza ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna"). Si tratta con tutta evidenza di un difetto di coordinamento presente nella legge, che deve essere risolto accogliendo un'interpretazione conforme alle dichiarate finalità dello strumento europeo (realizzare "un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell'esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all'azione penale").

Giova ricordare a tal riguardo che l'art. 705 c.p.p., comma 1, che pur fa riferimento alla sentenza irrevocabile di condanna, quale titolo che da luogo ad estradizione, precisa - in linea con il principio generale della prevalenza delle norme internazionali - che tale disposizione viene in applicazione sempre che non esista convenzione o che questa non disponga diversamente. Con ciò confermando che quando il legislatore italiano ha voluto aderire allo schema proprio del suo sistema processuale penale, nel contesto del quale l'esecutorietà di una sentenza è subordinata al fatto che essa sia divenuta irrevocabile ed abbia acquisito l'autorità della cosa giudicata, ha subordinato tale scelta agli impegni internazionali assunti.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(data ud. 16/11/2010) 29/11/2010, n. 42159

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LATTANZI Giorgio - Presidente

Dott. CONTI Giovanni - Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.C., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 14/10/2010 della Corte di appello di Bologna;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ersilia Calvanese;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Selvaggi Eugenio, che ha concluso chiedendo il rinvio degli atti alla Corte di appello limitatamente alle determinazioni di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r);

udito il difensore, avv. AV che ha chiesto l'accoglimento del ricorso e, in subordine, che il suo assistito possa espiare in Italia la pena, ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r).

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Bologna, a seguito di mandato di arresto europeo emesso in data 9 settembre 2010 dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Aix-en-Provence, ha disposto la consegna all'autorità giudiziaria francese del cittadino italiano C. C., per l'esecuzione della pena di anni uno di reclusione, infintagli con sentenza esecutiva di condanna emessa dalla Corte di appello ora citata per il reato di cui all'art. 341 c.p. francese.

In particolare, il C. era stato ritenuto responsabile dell'indebita appropriazione di un'imbarcazione noleggiata il (OMISSIS) dalla Banque Populaire Cote D'Azur e non restituita dopo che quest'ultima il (OMISSIS) ne aveva chiesto, con rituale intimazione, la consegna, a seguito di rescissione del contratto per il mancato pagamento di canoni di nolo.

2. Avverso la sentenza della Corte di appello, ricorre per Cassazione, il difensore fiduciario del C., deducendo:

- la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p), in quanto la condotta per la quale è richiesta la consegna, qualificata dalla Corte di appello come riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 646 c.p., si sarebbe consumata in (OMISSIS), ivi essendo avvenuta l'immutazione del mero possesso in dominio, nonchè il difetto di motivazione in ordine alla determinazione del locus commissi delicti, trattandosi di questione sulla quale la difesa aveva prospettato una questione di giurisdizione, evidenziando elementi dimostrativi del compimento in Italia di almeno un segmento dell'attività criminosa;

- la erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 7, comma 1, e dell'art. 646 c.p., in quanto il presupposto della doppia incriminabilità sarebbe stato vagliato dalla Corte di appello solo in astratto, senza verificare la configurabilità nel caso di specie del necessario elemento soggettivo del reato, e la carenza di motivazione sul punto, posto che la difesa aveva documentato la mancanza della volontà del C. di appropriarsi uti dominus della barca;

- la erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 3, comma 1, in quanto la sentenza di condanna posta a fondamento della richiesta di consegna difetterebbe del requisito della irrevocabilità, e la mancanza di motivazione, non avendo la Corte di merito dato risposta alle doglianze della difesa sul punto;

- la erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 2, comma 1, e art. 18, comma 1, lett. v), sul rilevo che la valutazione che il giudice francese ha tratto dal comportamento processuale dell'imputato di rimanere contumace nel giudizio di appello sarebbe contraria alle disposizioni dell'ordinamento costituzionale italiano quanto al diritto dell'imputato di non essere presente al processo, nonchè la mancanza di motivazione, non avendo la Corte di appello dato alcuna risposta a tale specifica doglianza.

Con istanza depositata l'il novembre 2010, il ricorrente ha chiesto di espiare in Italia la pena, ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r).

All'udienza del 16 novembre 2010, il difensore ha prodotto copia della dichiarazione di ricorso per Cassazione avverso la sopra indicata sentenza del 12 maggio 2010, presentata dal C. il 15 novembre 2010 davanti alla Corte di appello di Aix-en-Provence.

Motivi della decisione

1. Il ricorso va accolto nei termini di seguito precisati con riferimento al terzo motivo.

2. Il primo motivo di ricorso è infondato e deve pertanto essere rigettato.

Va premesso che è principio più volte affermato da questa Corte che, ai fini del divieto di consegna previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p), la giurisdizione italiana deve risultare con certezza, sulla base del quadro fattuale incontrovertibilmente desumibile dagli stessi elementi offerti dalla autorità di emissione, non rilevando al contrario la mera ipotesi che un reato possa essere stato commesso in tutto od in parte nel territorio dello Stato (tra le tante, Sez. F, n. 34299 del 21/8/2008, dep. 27/8/2008, Ratti, Rv. 240912; Sez. F, n. 34576 del 28/8/2008, dep. 3/9/2008, Maloku, Rv. 240917; Sez. F, n. 34295 del 21/8/2008, dep. 27/8/2008, Zanotti, non mass. sul punto).

Nel caso in esame, i giudici di merito hanno ritenuto che il reato per il quale il C. è stato condannato non sia stato consumato in (OMISSIS), sulla base delle indicazioni contenute nella sentenza di condanna allegata al mandato di arresto europeo, secondo cui la presenza della barca in Italia era stata segnalata fino ad un anno prima della data della richiesta di restituzione da parte della banca noleggiatrice ed era rimasto ignoto il successivo luogo di custodia del natante. Invero, la sentenza francese sul punto precisava che la barca il (OMISSIS) aveva lasciato l'Italia alla volta della Spagna e che dopo la lettera di rescissione del contratto non si erano avute più notizie nè del C., che si era reso irreperibile, nè della barca.

Il ricorrente ha prodotto ai giudici di appello varia documentazione a sostegno della tesi difensiva della consumazione del reato in (OMISSIS), costituita in particolare dalla corrispondenza intrattenuta con la banca francese noleggiatrice, tra cui la lettera di intimazione della restituzione dell'imbarcazione, che risulterebbero tutte indirizzate e ricevute dal C. in Italia, segnatamente in (OMISSIS), città di sua residenza. Secondo la prospettazione difensiva, fu in quel luogo e allo scadere del termine moratorio imposto dalla banca che si sarebbe consumato il reato.

Tale assunto non può essere accolto. La mera ricezione in (OMISSIS) della lettera con cui è stata chiesta dalla banca francese la restituzione dell'imbarcazione non costituisce di per sè indice della consumazione in Italia del reato in questione. E' infatti principio affermato da questa Corte e che questo Collegio condivide che il delitto di appropriazione indebita si perfeziona nel luogo e al tempo in cui si verifica l'evento di appropriazione, evento che è costituito dalla manifestazione della volontà dell'agente di fare propria la cosa (Sez. 2, n. 48438 del 01/12/2004, dep. 16/12/2004, D'Amico, Rv. 230354). Nell'ipotesi in cui la condotta appropriativa consista non in un'azione che manifesti all'esterno la volontà dell'agente (come, ad esempio, con un atto di disposizione del bene riservato al proprietario o con l'esplicito rifiuto di restituzione della cosa posseduta), ma in un comportamento omissivo (come nel caso in esame, in cui il detentore ometta deliberatamente la restituzione della cosa nel termine pattuito), rileva il momento in cui la parte offesa viene posta a conoscenza dell'avvenuta appropriazione in suo danno.

Pertanto, applicando i suddetti principi al caso in esame, il reato deve ritenersi consumato in (OMISSIS), sede della banca noleggiatrice (v. ali. 1 del ricorso) e luogo in cui la stessa apprese della mancata restituzione del natante.

3. Non ha pregio neppure il motivo di ricorso relativo alla erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 7, comma 1, e dell'art. 646 c.p..

La giurisprudenza di legittimità si è concordemente espressa nel senso che la c.d. previsione bilaterale del fatto richiesta dalla citata legge, art. 7 non deve essere valutata in concreto, essendo sufficiente che il fatto corrisponda ad una ipotesi tipica di reato prevista dall'ordinamento italiano (tra le tante, Sez. 6, n. 11598 del 13/03/2007, dep. 19/03/2007, Stoimenovski, Rv. 235947). E tale principio è stato correttamente applicato dai giudici di appello.

La doglianza in realtà mira a contrastare la valutazione effettuata dall'autorità giudiziaria francese in ordine al giudizio di colpevolezza del C., quanto alla sussistenza dell'elemento soggettivo, valutazione che la legge attuativa del mandato di arresto europeo sottrae al sindacato del giudice italiano in presenza di una richiesta di consegna esecutiva.

4. Infondata è anche la doglianza avente ad oggetto la erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 2, comma 1, e art. 18, comma 1, lett. v). La mera affermazione contenuta nella sentenza di condanna che la contumacia dell'imputato non ha consentito alla Corte francese di apprezzare il merito del suo ricorso in appello non si pone in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato italiano, posto che la stessa Corte non ha tratto, come vuoi far invece intendere il ricorrente, conseguenze in punto di responsabilità dell'imputato, ma ha vagliato e valutato gli elementi probatori a carico del C. offerti dalla sentenza di primo grado.

5. Non merita accoglimento neppure la doglianza relativa alla mancanza del requisito della irrevocabilità della sentenza di condanna posta a fondamento del mandato di arresto europeo che, secondo la tesi difensiva, ostacolerebbe la consegna.

La Corte di appello, contrariamente all'assunto del ricorrente, ha esaminato la doglianza avanzata dalla difesa, affermando sul punto che la circostanza che la sentenza non fosse stata notificata al C. ai fini della ricorribilità per Cassazione non risultava con certezza e comunque costituiva mera questione processuale da far valere davanti alle autorità giudiziaria francesi.

La questione peraltro merita di essere ulteriormente approfondita, tenuto conto della richiesta avanzata dal C. di scontare in Italia la pena infittagli.

Occorre preliminarmente precisare che la decisione di consegna può riguardare, come previsto all'art. 1, par. 1, della decisione quadro n. 2002/584, due situazioni: il mandato d'arresto europeo può essere emesso, da un lato, ai fini dell'esercizio di un'azione penale o, dall'altro, dell'esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

Quel che rileva è che la richiesta di consegna si fondi su una decisione giudiziaria che comporti la privazione - sia nella fase cautelare che in quella esecutiva - della libertà personale della persona ricercata.

Nel caso si tratti di consegna ai fini dell'esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà, la stessa decisione quadro richiede che si tratti di "sentenza esecutiva" (nella versione inglese, enforceable judgment) (cfr. art. 8 ed Annex, campo b "decisione sulla quale si basa il mandato di arresto europeo"), replicando quanto già previsto dalla Convenzione europea di estradizione del 1957 (art. 12) e dai principali trattati in materia (cfr. art. 5 del Model Treaty on extradition, approvato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 14 dicembre 1990).

Sulla base del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, la decisione-quadro, rivolgendosi ad una moltitudine di paesi con sistemi processuali grandemente differenti, con riferimento sia alla definitività dei provvedimenti giudiziari sia al regime delle impugnazioni (vi sono infatti ordinamenti processuali europei nei quali la sentenza ancora soggetta ad impugnazione è già esecutiva), ha invero dato rilevanza alla sola "esecutività" della sentenza, e ciò perchè è questa - e non di certo la irrevocabilità - la condizione veramente essenziale per la realizzazione della cooperazione per la consegna di persone ricercate a scopo di giustizia.

La distinzione tra consegna "esecutiva" e consegna "processuale", nel senso sopra precisato, acquista rilevanza solo per talune facoltà di rifiuto o di esecuzione del mandato di arresto europeo per lo Stato di rifugio previste dalla stessa decisione quadro (cfr. art. 4, par.1, n. 6; art. 5, par. 1, nn. 1 e 3; art. 16, par. 1; art. 18; art. 25).

Esaminando la normativa interna, vi è da osservare che se, da un lato, la L. n. 69 del 2005 sembra aver dato corretta attuazione allo strumento europeo, prevedendo, tra i titoli che consentono la consegna, la "sentenza esecutiva" (art. 6, nel quale si prevede che il mandato d'arresto europeo deve contenere informazioni circa l'esistenza di una sentenza esecutiva), dall'altro in talune disposizioni prende in considerazione le sentenze "irrevocabili" (così, l'art. 1, comma 3, secondo cui "L'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla presente legge, sempre che il provvedimento cautelare in base al quale il mandato è stato emesso sia stato sottoscritto da un giudice, sia motivato, ovvero che la sentenza da eseguire sia irrevocabile" e l'art. 17, comma 4, secondo cui "In assenza di cause ostative la Corte di appello pronuncia sentenza con cui dispone la consegna della persona ricercata se sussistono gravi indizi di colpevolezza ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna").

Si tratta con tutta evidenza di un difetto di coordinamento presente nella legge, che deve essere risolto accogliendo un'interpretazione conforme alle dichiarate finalità dello strumento europeo (realizzare "un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell'esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all'azione penale").

Giova ricordare a tal riguardo che l'art. 705 c.p.p., comma 1, che pur fa riferimento alla sentenza irrevocabile di condanna, quale titolo che da luogo ad estradizione, precisa - in linea con il principio generale della prevalenza delle norme internazionali - che tale disposizione viene in applicazione sempre che non esista convenzione o che questa non disponga diversamente. Con ciò confermando che quando il legislatore italiano ha voluto aderire allo schema proprio del suo sistema processuale penale, nel contesto del quale l'esecutorietà di una sentenza è subordinata al fatto che essa sia divenuta irrevocabile ed abbia acquisito l'autorità della cosa giudicata, ha subordinato tale scelta agli impegni internazionali assunti.

Deve pertanto concludersi che quel che rileva nell'applicazione della disciplina del mandato di arresto europeo è che la richiesta di consegna sia basata su una sentenza dotata di forza esecutiva.

Nel caso in esame, tale deve essere considerato il titolo posto a fondamento della richiesta di consegna delle autorità francesi.

Infatti queste ultime hanno affermato nel m.a.e. che la sentenza della Corte di appello di Aix-en-Provence è "esecutiva", benchè ancora ricorribile per Cassazione.

Deve tra l'altro ritenersi irrilevante la circostanza allegata dalla difesa della presentazione da parte del C. del ricorso per Cassazione sia perchè non documenta in termini certi la pendenza dell'impugnazione (come si evince dall'attestazione della Corte di appello francese, non risultano completate le indispensabili formalità di presentazione, dettate dall'art. 578 c.p.p. francese), sia perchè, in base all'art. 498 c.p.p. francese, il pourvoi en cassation non sospende l'esecuzione della condanna, trattandosi di gravame straordinario limitata alle sole questioni di diritto.

6. Il carattere esecutivo o meno della sentenza di condanna posta a fondamento del m.a.e., come si è detto sopra, influisce piuttosto sul regime di consegna. Nel caso di mandato di arresto europeo esecutivo emesso nei confronti di un cittadino dello Stato di esecuzione, la L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r), fa divieto della consegna, con la conseguente "presa in carico" dell'esecuzione della pena inflitta dallo Stato di emissione, attribuendo così speciale importanza alla più facile e naturale risocializzazione del condannato, durante e dopo l'esecuzione stessa.

Nel caso in esame, in considerazione del carattere esecutivo del titolo di consegna e vista la richiesta presentata dalla persona interessata di voler scontare la pena in Italia, la consegna del C. deve essere pertanto rifiutata a norma della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r).

Va tra l'altro evidenziato che il difensore, nel reiterare all'udienza del 16 novembre 2010 la richiesta del consegnando di poter eseguire la pena nello Stato, ha dimostrato la mancanza di interesse da parte di costui ad attribuire al m.a.e. valore meramente processuale.

7. Conclusivamente, sulla base di quanto premesso, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte relativa alla consegna e disposta la esecuzione della pena in Italia. Conseguentemente, gli atti devono essere trasmessi alla Corte di appello di Bologna per i provvedimenti necessari.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata nella parte relativa alla consegna e dispone che la pena sia eseguita in Italia. Trasmette gli atti alla Corte di appello di Bologna per i provvedimenti necessari ai fini dell'esecuzione.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2010