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MAE rifiutato per difetto di doppia incriminabilità su odio razziale (Cass. 33414/20)

20 novembre 2020, Corte di Cassazione

La condizione della doppia punibilità previsto per la consegna in un procedimento per mandato di arresto europeo non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell'ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell'ordinamento italiano: deve, tuttavia, verificarsi che la concreta fattispecie sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l'eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato.

In sede di esecuzione di un mandato di arresto europeo, il giudice deve verificare il giudizio di punibilità in concreto della condotta per la quale è intervenuta condanna del consegnando, senza limitarsi a richiamare la norma interna alla stregua della quale tale condotta sarebbe punibile anche in Italia senza considerare gli elementi costitutivi del delitto così come richiesti dalla normativa interna. 

 

Corte di Cassazione

VI sez. Penale Sent. Num. 33414 Anno 2020

Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: CAPOZZI ANGELO
Data Udienza: 20/11/2020

SENTENZA

sul ricorso proposto da
GPA, nato a Monaco (D) il 23/06/1988

avverso la sentenza del 30/09/2020 della Corte di appello di Trento

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal componente Angelo Capozzi;
letta la richiesta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Cuomo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
A seguito di procedura scritta ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. n. 137/2020.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Trento ha dichiarato sussistenti le condizioni per la consegna alla A.G. della Germania di PAG in esecuzione del mandato di arresto europeo emesso dalla Procura della Repubblica di Monaco di Baviera in data 22/7/2020 limitatamente alla sentenza emessa in data 29/8/2018, divenuta irrevocabile in data 9/4/2019, dal Tribunale di Monaco di Baviera con la quale il predetto è stato condannato per il reato di incitamento all'odio ai sensi dell'art. 130, comma 1 n. 1, del codice penale tedesco e condannato alla pena di mesi sei di reclusione.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del consegnando deducendo con unico motivo violazione ed erronea applicazione dell'art. 604-bis cod. pen. e dell'art. 7 I.n. 69/2005 e carenza di motivazione in ordine agli elementi costitutivi del reato.

La Corte, al fine di ritenere la doppia incriminabílità della condotta per la quale il G è stato condannato, ha dato rilievo penale alla espressione pronunciata dal predetto all'interno di un vagone ferroviario "farò anch'io come fanno questi asociali, ogni anno un figlio. Vivrò di assegni familiari", qualificandola erroneamente come propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico ai sensi dell'art. 604-bis comma 1 lett. a) cod. pen., senza considerare che si tratta di una espressione che non stigmatizza altre etnie in sé, ma esprime unicamente un sentimento di antipatia verso gli stranieri che abusano di pubbliche sovvenzioni. In tal senso si è espressa la stessa sentenza tedesca del 29/8/2018 laddove afferma che l'espressione in questione "ha come obiettivo quello di insinuare che gli stranieri dall'aspetto arabo e mediterraneo sfruttano lo stato sociale, non vanno alla ricerca di un lavoro e che vivono, solamente grazie ai molti figli che hanno, dei sussidi statali". Pertanto, non si attaglia alla fattispecie il riferimento giurisprudenziale operato dalla sentenza impugnata, relativo ad espressioni palesemente provocatorie di esplicito disprezzo razziale mentre nel caso in esame l'espressione utilizzata dal ricorrente non è riconducibile né al concetto di "propaganda", intesa come divulgazione di un'idea al fine di condizionare o influenzare il comportamento o la psicologia di un vasto pubblico in modo da raccogliere adesioni intorno all'idea propagandata, né al concetto di "odio" inteso come "un'avversione tale da desiderare la morte o un grave danno per la persona odiata" e non come "ogni e qualsiasi sentimento o manifestazione di generica antipatia, insofferenza o rifiuto, pur se riconducibile a motivazioni attinento alla razza, alla nazionalità, all'etnia o alla religione"(cfr. Sez. 3, 23/06/2015,n. 36906). Del resto le espressioni del Gassner si situavano in un contesto - la condizione di alcolemia del soggetto - che non avrebbero dovuto dar peso ad esse.

3. Con requisitoria scritta il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso condividendo la ricorrenza della doppia punibilità da parte della sentenza impugnata e richiamando l'orientamento di legittimità che non richiede - al fine di soddisfare la predetta condizione - la necessità di una esatta corrispondenza tra la norma incriminatrice straniera e quella dell'ordinamento interno, essendo sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile in entrambi gli ordinamenti, nella specie trovando corrispondenza la condotta prevista nel codice tedesco e per la quale è intervenuta condanna nella ipotesi di cui all'art. 604-bis cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

2. La sentenza emessa dalla Autorità giudiziaria tedesca posta a base del mandato di arresto europeo con il quale è stata richiesta la consegna di PAG ha condannato quest'ultimo alla pena di sei mesi di reclusione essendo stato ritenuto colpevole del reato di incitamento all'odio in base al paragrafo 130, comma 1 n. 1, del Codice penale tedesco avendo pronunziato, all'interno del vagone ferroviario occupato da altri passeggeri, tra le altre, l'espressione "Farò anch'io come fanno questi asociali, ogni anno un figlio. Vivrò di assegni familiari". Con tale espressione - secondo la sentenza tedesca - egli "faceva delle insinuazioni in base alle quali le persone di origine turca ovvero di provenienza dell'Europa dell'Est, prese in blocco, provvedono al proprio sostentamento (solo) grazie alla prestazione degli assegni familiari, e fanno figli solo per questa ragione. Profferendo tali parole assumeva un atteggiamento ostile nei confronti di questo gruppo di persone" chiarendo che la condotta tenuta corrisponde "all'orientamento della fattispecie che è quello di proteggere da attacchi anche gruppi di razze o gruppi etnici" ed esprime "una posizione ostile nei confronti di questo raggruppamento di popolazione".

3. La Corte di appello ha ritenuto la ricorrenza del requisito della doppia incriminabilità ai sensi dell'art. 7, comma 1, I.n. 69/2005 considerando che il Gassner è stato condannato in Germania per una condotta che è prevista come reato anche dalla legge italiana, in particolare dall'art. 604-bis, comma 1 lett. a), cod. pen. (propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico).

4. Ritiene questo Collegio che l'assunto non può essere condiviso.

5. Va premesso che la fattispecie esula dai casi previsti di consegna obbligatoria di cui all'art. 8 I.n. 69/2005 e, segnatamente, dalla ipotesi di cui alla lettera s) che riguarda l'incitamento pubblico alla violenza e l'esaltazione di crimini contro l'umanità.

6. Quanto, quindi, alla condizione della doppia punibilità previsto dall'art. 7, comma 1, I.n. 69/2005, secondo questo Collegio esso non può essere, nella specie, riconosciuto in quanto per soddisfare detta condizione se non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell'ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell'ordinamento italiano, deve, tuttavia, verificarsi che la concreta fattispecie sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l'eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato (vedi Sez. 6, n. 22249 del 03/05/2017,Bernard Pascale, Rv. 269918).

7. Secondo questa Corte il provvedimento impugnato ha omesso la verifica del giudizio di punibilità in concreto della condotta per la quale è intervenuta condanna del consegnando limitandosi a richiamare la norma interna alla stregua della quale - a suo giudizio - tale condotta era punibile anche in Italia senza considerare gli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 604-bis cod. pen. così come anche delineati da questa Corte, ed in relazione al quale appare opportuno richiamare il percorso che ha portato alla sua introduzione.

8. Con l'entrata in vigore della I. 13.10.1975 n. 654 (c.d. legge Reale) è stata data esecuzione alla Convenzione ONU «sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale» firmata a New York nel 1966 ed è stato stabilito dall'art. 3 della legge che "Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, ai fini dell'attuazione della disposizione dell'articolo 4 della convenzione e' punito con la reclusione da uno a quattro anni:a) chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorita' o sull'odio razziale;b) chi incita in qualsiasi modo alla discriminazione, o incita a commettere o commette atti di violenza o di provocazione alla violenza, nei confronti di persone perche' appartenenti ad un gruppo nazionale, etnìco o razziale".

Con il d.l. 26.4.1993 n. 122, convertito con modificazioni dalla I. 25.6.1993 n. 205 (c.d. Legge Mancino), sono adottate ulteriori «misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa» aggiungendosi al succitato art. 3 I. 654/1975, il fattore etnico tra i motivi idonei a connotare la propaganda discriminatoria ed introduce il fattore religioso tra i motivi di incitamento alla commissione di atti discriminatori. La normativa introduce, inoltre, all'art. 3 una circostanza aggravante per i reati commessi con finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso.

La I. 24.2.2006 n. 85 recante «Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione» con l'art. 13 interviene direttamente sull'art. 3 della Legge Reale sostituendo il termine "diffusione" con quello di "propaganda" ed il termine "incitamento" con quello di "istigazione".

Con la Decisione Quadro 2008/913/GAI54, recante misure concernenti la «lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale» si è prevista l'incriminazione, all'art. 1 par. 1 lett. c, della «apologia, negazione o minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all'ascendenza o all'origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all'odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro».

La Decisione Quadro ha trovato attuazione con la legge 16.6.2016 n. 115, che ha modificato l'art. 31. 654/1975 introducendo un nuova comma 3- bis, il quale ha previsto «la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l'istigazione e l'incitamento, commessi ìn modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232».

Con la I. 20.11.2017 n. 167 il comma 3- bis viene modificato ed accanto alla parola negazione, vengono introdotte le parole «sulla minimizzazione in modo grave o sull'apologia», così omologandosi maggiormente - come ha osservato la dottrina - alle indicazioni contenute nella Decisione Quadro 2008/913/GAI.

L'ultima evoluzione normativa è rappresentata dall'introduzione nel nostro codice penale, per il tramite del d. igs. 1.3.2018 n. 21 - il quale ha operato la c.d. "riserva di codice" - dell' art. 604-bis cod. pen. che, al primo comma, sanziona alla lett. a) chiunque propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; alla lett. b) sanziona chiunque, in qualsiasi modo, istighi a commettere o commetta atti di violenza o provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

9. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 3, comma primo, lett. a), prima parte, legge 13 ottobre 1975, n. 654 e successive modifiche, la "propaganda di idee" consiste nella divulgazione di opinioni finalizzata ad influenzare il comportamento o la psicologia di un vasto pubblico ed a raccogliere adesioni, l'"odio razziale o etnico" è integrato non da qualsiasi sentimento di generica antipatia, insofferenza o rifiuto riconducibile a motivazioni attinenti alla razza, alla nazionalità o alla religione, ma solo da un sentimento idoneo a determinare il concreto pericolo dì comportamenti discriminatori, e la "discriminazione per motivi razziali" è quella fondata sulla qualità personale del soggetto, non - invece - sui suoi comportamenti;

l'interpretazione di tali elementi normativi deve essere compiuta dal giudice tenendo conto del contesto in cui si colloca la singola condotta, in modo da assicurare il contemperamento dei principi di pari dignità e di non discriminazione con quello di libertà di espressione, e da valorizzare perciò l'esigenza di accertare la concreta pericolosità del fatto (Sez. 3, n. 36906 del 23/06/2015, Salme', Rv. 264376;conformeSez. 5 n. 32862 del 07/05/2019,Borghezio,Rv. 276 857).

In dottrina, poi, la propaganda è considerata come un reato a dolo generico, essendo bastevole che l'agente sia conscio del contenuto della dichiarazione che volontariamente propaganda e dell'idoneità di quest'ultima ad influenzare i destinatari della comunicazione.

10. In considerazione di quanto precede ritiene questo Collegio che la previsione di cui all'art. 604-bis, comma 1 lett. a), cod. pen. non si attaglia alla condotta del Gassner che alcuna attività di propaganda di idee risulta aver tenuto, limitandosi - secondo l'accertamento posto a base della sentenza tedesca - a profferire in pubblico una espressione denigratoria con la quale ha manifestato la propria ostilità nei confronti di persone provenienti dall'area turca o araba per comportamenti da esse tenuti.

Cosicchè non può essere affermato - in base al giudizio di punibilità in concreto richiesto dal richiamato arresto di legittimità - che la condotta tenuta dal Gassner sia punibile anche dall'ordinamento italiano sulla base dell'art. 604-bis cod. pen., mancando nella specie l'elemento costitutivo della condotta di propaganda, non avendo rilievo penale all'interno della predetta previsione la mera manifestazione di ostile disprezzo nei confronti di un determinato gruppo etnico per comportamenti tenuti da suoi componenti.

Né la condotta offensiva in questione può essere punita quale ingiuria aggravata in ragione della abrogazione della fattispecie di cui all'art. 594 cod. pen. avvenuta con l'art. 1, comma 1,1ett. c), del d.leg.vo 15 gennaio 2016 n. 7.

Infine, la stessa condotta non può essere sussunta nell'ambito della ipotesi di diffamazione aggravata sotto un duplice aspetto. Da un lato, per la presenza al momento della espressione offensiva di taluni soggetti in qualche modo riferibili al gruppo al quale era destinata; dall'altro, per la indeterminatezza dei destinatari dell'offesa in quanto, secondo il costante orientamento di legittimità, il reato di diffamazione è configurabile in presenza di un'offesa alla reputazione di una persona determinata e non può, quindi, ritenersi sussistente nel caso in cui vengano pronunciate o scritte espressioni offensive riferite a soggetti (nella specie appartenenti ad un movimento politico) non individuati, né individuabili (Sez. 5,n. 3809 del 28/11/2017 Cc.(dep. 2018),Ranieri,Rv. 272320).

11. All'accoglimento del ricorso per assenza del requisito della doppia punibilità previsto dall'art. 7, comma 1, I.n. 69/2005 consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

12. All'annullamento della sentenza consegue la revoca della ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere in data 19/8/2020 emessa nell'ambito della presente procedura nei confronti del Gassner con la sua immediata liberazione se non detenuto per altra causa.

13. Devono essere disposti gli adempimenti di cancelleria di cui all'art. 22, comma 5. L.n. 69/2005 e per l'esecuzione ai sensi dell'art. 626 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e revoca l'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Gassner Peter Andreas in data 19/8/2020 disponendo la immediata liberazione del predetto se non detenuto per altra causa. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, L.n. 69/2005 e per l'esecuzione ai sensi dell'art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 20/11/20202.