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MAE, poco spazio in cella compensato da regime semiaperto (Cass. 39197/21)

2 novembre 2021, Cassazione penale

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Regime carcerario "semiaperto" consente di derogare allo spazio minimo di 3m2 se il tempo trascorso in cella sia limitato al riposo notturno, all'igiene personale ed ai pasti, e con la garanzia di areazione, illuminazione e climatizzazione adeguate, nonché con accesso all'acqua corrente ed ai servizi sanitari; con la possibilità di fruire di postazioni telefoniche ed informatiche, di provvedere all'acquisto di generi di necessità e di ricevere visite, nonché di lavorare e di svolgere attività educative, sportive, terapeutiche, con accesso agli spazi aperti.

 

Corte di Cassazione

Penale Sent. Sez. 6 Num. 39197 Anno 2021
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: ROSATI MARTINO
Data Udienza: 28/10/2021


RITENUTO IN FATTO


1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Ancona, a sèguito di annullamento con rinvio di precedente sentenza da parte della Corte di cassazione ed all'esito di ulteriori informazioni individualizzate sulle condizioni di detenzione del consegnando, trasmesse dalla competente autorità straniera, ha
dichiarato l'esistenza delle condizioni per la consegna diVB i alla Romania, in esecuzione di mandato d'arresto europeo emesso dall'autorità giudiziaria dì quello Stato, per l'esecuzione di una sentenza di condanna definitiva per il delitto di tentato furto aggravato.

2. Con un unico motivo, il ricorrente deduce la violazione dell'art. 18, comma 1, lett. h), legge n. 69 del 2005, nonché degli artt. 2 e 3, CEDU, prospettando il rischio di condizioni detentive inumane o degradanti, per avere lo Stato rumeno comunicato che egli sarà allocato in camera detentiva che non garantisce lo spazio minimo individuale di movimento di tre metri quadri calpestabili, in quanto, all'interno di esso, sono ricompresi il letto ed il mobile.

3. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo di ricorso è infondato e l'impugnazione dev'essere, perciò, respinta.

2. Nella valutazione dello spazio individuale minimo di tre metri quadrati, da assicurare ad ogni detenuto affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti stabilito dall'art. 3, CEDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU, si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento nella cella e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientra il letto a castello, ma non anche quello singolo (Sez. U, n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Min. Giust. Rv. 280433).

Inoltre - precisano le Sezioni unite - i fattori compensativi, costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, se congiuntamente ricorrenti, possono permettere di superare la presunzione di violazione dell'art. 3, CEDU, derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati.

3. In applicazione di tali princìpi, proprio con riferimento a pene detentive da espiarsi in Romania, ripetutamente la Corte di cassazione ha statuito che non v'è motivo di rifiuto della consegna - allora previsto dall'art. 18, lett. h), legge 22 aprile 2005, n. 69, oggi dal combinato disposto degli artt. 2 e 18, comma 1,
della stessa legge, a seguito delle modifiche introdotte con il d. Igs. 2 febbraio 2021, n. 10 - in presenza di esaustive informazioni fornite da quello Stato, dalle quali emerga che la persona richiesta sarà detenuta in ambienti rispondenti agli
standards convenzionali ed in regime carcerario "semiaperto": vale a dire con un tempo trascorso in cella limitato al riposo notturno, all'igiene personale ed ai pasti, e con la garanzia di areazione, illuminazione e climatizzazione adeguate, nonché con accesso all'acqua corrente ed ai servizi sanitari; con la possibilità di fruire di postazioni telefoniche ed informatiche, di provvedere all'acquisto di generi di necessità e di ricevere visite, nonché di lavorare e di svolgere attività educative, sportive, terapeutiche, con accesso agli spazi aperti (Sez. 6, n. 52541 del 09/11/2018, Moisa, Rv. 274296; nello stesso senso, tra altre, Sez. 6, n.
26383 del 05/06/2018, Chira, Rv. 273803; più di recente, Sez. 2, n. 27661 del 13/07/2021, Zlotea, Rv. 281554; vds. pure Sez. 6, n. 7979 del 26/02/2020, Barzoi, Rv. 278355, in un'ipotesi di possibilità di accesso, dopo l'espiazione di un quinto della pena, dal regime di detenzione "semi-aperto" a quello "aperto").

4. Nello specifico, secondo quanto si legge in sentenza e nella nota integrativa trasmessa dallo Stato richiedente, e che nemmeno il ricorrente contesta, questi sarà detenuto in regime "semi-aperto", con accesso a più ampi spazi comuni, con possibilità di lavoro e di partecipazione ad attività formative,
anche all'esterno dell'istituto, con obbligo di trattenersi all'interno della cella solo per consumare i pasti e durante le ore notturne, e con possibilità di accesso, dopo l'esecuzione di un quinto della pena, al regime "aperto", in cui la porta della
cella rimane aperta anche nelle ore notturne.

Quand'anche, allora, la superficie di libero movimento all'interno della camera detentiva sia inferiore ai tre metri quadrati (il dato, invero, non può tenersi per accertato, poiché l'autorità rumena, nella sua nota, non precisa se il letto in quella ricompreso sia "a castello" o singolo), tali ulteriori aspetti del trattamento penitenziario riservato al ricorrente comunque rappresentano
adeguati fattori compensativi, sufficienti ad escludere che quel regime restrittivo, complessivamente considerato, consista in un trattamento inumano o degradante od altrimenti violi - per usare la dicitura del citato art. 2, legge n. 69  del 2005, nel testo oggi vigente - i diritti inalienabili della persona riconosciuti
dalla Costituzione, i diritti fondamentali sanciti dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea o garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.


5. Al rigetto del ricorso consegue per legge la condanna al pagamento delle spese del procedimento (art. 616, cod. proc. pen.).


P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso in Roma, il 28 ottobre 202