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Lesione a publico ofíciale procedibile d'ufficio? (Cass. 28213/20)

19 giugno 2018, Cassazione penale

 Quando la condotta di lesioni personali sia tenuta contro un ufficiale o agente di polizia o di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio il reato è procedibile di ufficio: l’art. 582, secondo comma, cod. pen. prevede che la procedibilità a querela per le lesioni lievi sia esclusa quando concorre taluna delle circostanze aggravanti di cui agli artt. 583 e 585 cod. pen.; quindi, in base al richiamo fatto a sua volta dall’art. 585 all’articolo 577, quando ricorra (in fatto, indipendentemente dalla effettiva contestazione), la aggravante di cui all’articolo 577, primo comma, n. 5bis cod. pen.

Non è la relazione di servizio che può integrare la querela, ma la dichiarazione della persona offesa in essa trasfusa può contenere la necessaria manifestazione di volontà di procedere.

 

Corte di Cassazione

sez. VI Penale

sentenza 19 gennaio – 19 giugno 2018, n. 28213
Presidente Fidelbo – Relatore Di Stefano

Motivi della decisione

T.V. ricorre a mezzo del difensore avverso la sentenza della corte di appello di Lecce del 10 febbraio 2017 che confermava la sua condanna per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e che, in accoglimento dell’appello della parte civile, riteneva - ai soli effetti civili - sussistere responsabilità anche per il reato di lesioni essendovi rituale querela, esclusa invece dal primo giudice.

Deduce:con primo motivo la violazione di legge per aver erroneamente la corte di appello escluso la esimente di cui all’art. 393 bis cod. pen..
Con secondo motivo il vizio di cui all’art. 606, lett. d) cod. proc. pen. per la mancata assunzione di una prova decisiva e per l’erronea revoca parziale dell’ordinanza di ammissione delle prove.
Con terzo motivo la violazione di legge perché la relazione di servizio non poteva costituire querela per quanto riguarda il reato di lesioni.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo ed il secondo motivo ripropongono i temi dell’atto di appello invocando una nuova valutazione di merito. Difatti, il ricorrente invoca un diverso apprezzamento delle prove testimoniali per ricostruire diversamente la propria condotta e contesta le valutazioni di merito in tema di ammissione della prova. Si tratta, quindi, di motivi non ammessi in sede di legittimità.
Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Innanzitutto, non è la relazione di servizio in sé che è stata ritenuta integrare la querela bensì la dichiarazione della persona offesa in essa trasfusa; quindi risultava correttamente manifestata la volontà di procedere. Poi, va considerato che il reato era procedibile di ufficio: l’art. 582, secondo comma, cod. pen. prevede che la procedibilità a querela per le lesioni lievi sia esclusa quando concorre taluna delle circostanze aggravanti di cui agli artt. 583 e 585 cod. pen.; quindi, in base al richiamo fatto a sua volta dall’art. 585 all’articolo 577, quando ricorra (in fatto, indipendentemente dalla effettiva contestazione), la aggravante di cui all’articolo 577, primo comma, n. 5bis cod. pen., ovvero quando, come nel caso di specie, la condotta sia tenuta contro un ufficiale o agente di polizia o di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio.
Valutate le ragioni della inammissibilità, la sanzione pecuniaria va determinata nella misura di cui in dispositivo. Va, altresì, disposta la condanna alla rifusione delle spese di costituzione in favore della parte civile costituita e presente alla udienza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000 in favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile M.A. , che liquida in Euro 3500, oltre spese generali, nella misura del 15%, Iva e cpa.