Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Latitanza non implica conoscenza dell'accusa (Cass. 26/19)

2 gennaio 2019, Cassazione penale

La latitanza, avendo quale presupposto la volontarietà, implica la conoscenza del procedimento; dalla latitanza però non discende necessariamente la conoscenza effettiva e sicura del processo o della sentenza, perché il latitante non ha ricevuto l’atto giuridico contenente l’accusa.

E' latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all’obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione.

La volontarietà non postula che l’interessato sia a conoscenza dell’avvenuta emissione a suo carico del provvedimento restrittivo della libertà, essendo sufficiente che sappia che un ordine o mandato può essere emesso nei suoi confronti; ma è tuttavia comunque necessario che risulti che egli si è posto in condizioni di irreperibilità avendo notizia delle sue pendenze giudiziarie.

Ai fini della valutazione dell’istanza di restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p., comma 2, come sostituito dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, nella formulazione antecedente alle modifiche del 2014, la situazione dell’imputato latitante nel procedimento e che non ha nominato un difensore di fiducia non può costituire prova anche della conoscenza del provvedimento e della rinuncia ad impugnare.

 

Corte di Cassazione

 sez. III, sentenza 12 dicembre 2018 – 2 gennaio 2019, n. 26
Presidente Andreazza – Relatore Semeraro

Ritenuto in fatto

1. Il difensore di M.S. detto A. ha proposto il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma del 22 maggio 2018 che ha rigettato l’istanza di restituzione in termini per proporre impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 9 luglio 2004, irrevocabile il 1 maggio 2005, che lo condannò, per i reati D.P.R. n. 309 del 1990, ex artt. 73 - 74, alla pena di 16 anni di reclusione, con istanza di sospensione del titolo esecutivo.
A seguito delle conclusioni del pubblico ministero, il difensore ha proposto note di udienza.
Si deduce, ex art. 606 c.p.p., lett. c), il vizio di violazione dell’art. 175 c.p.p., comma 2 e 2 bis, nella formulazione antecedente all’entrata in vigore della L. n. 67 del 2014.
Il ricorrente sarebbe venuto a conoscenza della sentenza, in via generica, con la liberazione di K.F. , avvenuta alla fine del 2017; K.F. avrebbe riferito al ricorrente di aver letto il suo nome nelle carte.
Si assume che il termine di 30 giorni per proporre l’istanza ex art. 175 c.p.p., dovrebbe farsi decorrere non dal 8 marzo 2018, quando il difensore ha avuto conoscenza della sentenza mediante il rilascio della copia della sentenza, ma dal 23 gennaio 2018; si afferma di aver assolto all’onere di allegazione sull’osservanza del termine di decadenza di 30 giorni dalla conoscenza del provvedimento, "data da collocarsi in 31.01.2018, come da allegato n.1 dell’istanza di restituzione in termine".
In secondo luogo, si conferma che il difensore che ha presentato l’istanza di restituzione in termini ha partecipato al processo ma quale perito trascrittore, senza aver avuto contatti con gli imputati.
In terzo luogo, si rileva che l’allontanamento dall’Italia non confermerebbe la conoscenza dell’ordinanza cautelare né della contestazione del reato associativo, posto che il fratello era stato arrestato un anno prima e gli era stato contestato solo il reato fine. Inoltre, dal verbale del Goa emergerebbe la presenza in Albania ove avrebbero potuto essere effettuate le ricerche.
Mancherebbe dunque la prova della effettiva conoscenza del procedimento e della rinuncia a comparire o a proporre impugnazione; si assume che il ricorrente non ha avuto conoscenza della sentenza di condanna e non ha potuto esercitare il diritto di impugnazione, né vi ha rinunciato.
Si contesta poi che il Tribunale di Roma abbia dichiarato regolari le notifiche per ritenere che l’imputato abbia avuto conoscenza del procedimento ed abbia rinunciato volontariamente a proporre impugnazione, essendo invece necessaria la conoscenza del provvedimento da impugnare.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato nel senso che segue.
Va preliminarmente rilevato che il ricorrente non ha interesse a dedurre sulla tempestività dell’istanza di restituzione in termini perché il Tribunale di Roma ha valutato il merito dell’istanza e non l’ha dichiarata inammissibile perché tardiva.
Il Tribunale di Roma ha poi valutato la regolarità delle notifiche ai fini della valutazione della domanda relativa alla sussistenza del titolo esecutivo: per altro, correttamente il Tribunale ha rilevato che il ricorrente era stato dichiarato latitante e non irreperibile, come invece indicato nel ricorso.
2. È invece fondato il motivo nella parte in cui il Tribunale di Roma ha rigettato l’istanza di restituzione nel termine facendo erroneamente discendere dallo stato di latitanza anche la conoscenza del provvedimento impugnabile, senza valutare che il latitante non ha avuto alcun atto giuridico da cui dedurre la "sicura notizia del processo", rispondente a precise condizioni formali e sostanziali, idonee a consentirgli l’esercizio concreto dei suoi diritti, non avendo neanche nominato un difensore di ufficio.
2.1. Va preliminarmente rilevato che la norma applicabile è l’art. 175 c.p.p., comma 2, come sostituito dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, nella formulazione antecedente alle modifiche del 2014. Tale norma riconosce al contumace il diritto alla restituzione nel termine per impugnare "salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione".
La restituzione nel termine è esclusa se risulti la conoscenza del procedimento, ovvero del provvedimento e la volontaria rinunzia riferibile alla partecipazione al primo, all’impugnazione del secondo. Ne discende che la mancanza di conoscenza del procedimento accompagnata da mancata volontaria rinunzia a comparire e la mancata conoscenza del provvedimento, accompagnata da mancanza di volontaria rinunzia a impugnare, costituiscono condizioni che devono sussistere entrambe in via cumulativa per ottenere la restituzione in termini, sicché, difettando una delle due, deve essere negata la possibilità del giudizio d’impugnazione.
Come affermato anche da Cass. Sez. 1, n. 57650 del 29/09/2017, Bartolelli, Rv. 271913, che richiama la giurisprudenza della Corte EDU (Colozza c. Italia, sentenza del 12/2/1985, 27; F.C.B. c. Italia, del 28/8/1991, 33; T. c. Italia, del 12/10/1992, 26), per stabilire se vi sia stata o meno rinuncia inequivoca a comparire e ad impugnare la condizione preliminare ed essenziale è ovviamente verificare se l’imputato abbia avuto conoscenza, non soltanto della possibilità di un procedimento a suo carico, ma dell’esistenza effettiva di un processo e del contenuto dell’accusa sulla quale era chiamato a difendersi in giudizio.
La conoscenza deve essere effettiva, nel senso che il destinatario deve avere ricevuto sicura notizia del processo, fornitagli mediante un atto giuridico rispondente a precise condizioni formali e sostanziali, idonee a consentirgli l’esercizio concreto dei suoi diritti.
Come si afferma nella sentenza Bartolelli, se tale condizione è provata, chi abbia scelto di non comparire perché resosi irreperibile non può dolersi del fatto di non avere conosciuto la sentenza che lo ha condannato: tale condizione, liberamente scelta, con la sottrazione al procedimento penale ed al contatto con l’autorità giudiziaria lo ha posto volontariamente nella situazione di ignorarne l’esito conclusivo (Cass. sez. 5, 14889/2010 Rv. 246866).
2.2. Orbene, va ricordato che è latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all’obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione.
La volontarietà non postula che l’interessato sia a conoscenza dell’avvenuta emissione a suo carico del provvedimento restrittivo della libertà, essendo sufficiente che sappia che un ordine o mandato può essere emesso nei suoi confronti; ma è tuttavia comunque necessario che risulti che egli si è posto in condizioni di irreperibilità avendo notizia delle sue pendenze giudiziarie.
La latitanza, avendo quale presupposto la volontarietà, implica la conoscenza del procedimento; dalla latitanza però non discende necessariamente la conoscenza effettiva e sicura del processo o della sentenza, perché il latitante non ha ricevuto l’atto giuridico contenente l’accusa.
2.3. Va ribadito quanto affermato da Cass. Sez. 6, n. 25415 del 28/05/2007, Malaj, Rv. 236863, in motivazione: ai fini della applicazione dell’art. 175 c.p.p., comma 2, come modificato dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, la situazione dell’imputato latitante nel procedimento e che non ha nominato un difensore di fiducia mentre può costituire prova della conoscenza del procedimento, e della volontà di non comparire, non può costituire prova anche della conoscenza del provvedimento e della rinuncia ad impugnare.
Non è consentita alcuna equiparazione con la situazione di colui che, latitante, abbia nominato un difensore di fiducia presso il quale ha eletto domicilio, assumendosi i conseguenti obblighi di tenere con lui i contatti nècessari ai fini della conoscenza dell’esito del procedimento e della proposizione dell’impugnazione.
La Corte non ha ritenuto sufficiente la latitanza, per tutto il corso del processo, dell’imputato, non assistito da difensore di fiducia, a far presumere la conoscenza in lui della condanna e ha annullato l’ordinanza reiettiva dell’istanza di restituzione nel termine, per avere omesso di dare conto degli elementi che giustificavano la reale conoscenza di essa da parte dell’interessato e l’eventuale inutile decorso del termine di decadenza per la proposizione dell’impugnazione.
Cfr. anche Cass. Sez. 6, n. 14743 del 29/01/2018, Tair, Rv. 272654, secondo cui il condannato contumaciale, latitante, che non abbia avuto effettiva conoscenza del processo a suo carico, ha diritto alla restituzione nel termine per l’impugnazione nonostante il difensore d’ufficio abbia tempestivamente proposto appello avverso la sentenza di condanna.
3. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Roma, per un nuovo esame, che si atterrà al seguente principio di diritto: "ai fini della valutazione dell’istanza di restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p., comma 2, come sostituito dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, nella formulazione antecedente alle modifiche del 2014, la situazione dell’imputato latitante nel procedimento e che non ha nominato un difensore di fiducia non può costituire prova anche della conoscenza del provvedimento e della rinuncia ad impugnare".

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.