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Ingiustamente detenuto, licenziato, assolto .. ma niente reintegra nel lavoro (Cass. 19553/16)

30 settembre 2016, Cassazione civile

per poter essere reintegrato dopo licenziamento per carcerazione ingiusta, il recesso del datore di lavoro deve  fondato esclusivamente sul fattore obiettivo dello status custodiale del prestatore d'opera, onde la norma non potrà dare titolo per la reintegrazione nel posto qualora il licenziamento risulti in via autonoma giustificato sulla base di elementi ulteriori rispetto alla mera assenza da provvedimento cautelare.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Sent., (ud. 08/06/2016) 30-09-2016, n. 19553

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro - Presidente -

Dott. MANNA Antonio - Consigliere -

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo - rel. Consigliere -

Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere -

Dott. DE GREGORIO Federico - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27743-2015 proposto da:

B.B. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell'avvocato PIER LUIGI PANICI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

RFI RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato EM, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 7552/2015 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 30/10/2015, R.G. N. 6169/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/06/2016 dal Consigliere Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo;

udito l'Avvocato PLP

udito l'Avvocato CB per delega verbale Avv. EM;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 4405/2013 il Tribunale di Roma, pronunciando sulla domanda ex art. 102 disp. att. c.p.p., proposta da B.B. nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., respingeva la domanda relativa alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato al ricorrente - in stato di custodia cautelare dal 10/6/2009 - con lettera in data 21/4/2010; dichiarava cessata la materia del contendere sulla reintegra; condannava la società al risarcimento del danno subito dal lavoratore nella misura delle retribuzioni globali di fatto dall'1/12/2011, data della comunicazione con la quale il B. aveva dato notizia di essere stato assolto e immediatamente scarcerato, contestualmente chiedendo di essere reintegrato nel posto di lavoro, al 30/4/2012, data di effettiva ripresa del servizio a seguito di ordinanza nel frattempo emessa dal Tribunale di Roma in sede cautelare.

Proposto appello avverso la suddetta sentenza da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., la Corte territoriale respingeva la domanda di risarcimento danni proposta dal B., dichiarando assorbita la domanda di reintegra.

A sostegno della propria decisione la Corte rilevava innanzitutto che sulla statuizione del Tribunale, con la quale era stata respinta la domanda di illegittimità del licenziamento, si era formato il giudicato, non essendovi stato su di essa gravame incidentale da parte del lavoratore, pur soccombente in relazione a tale domanda, e che, d'altra parte, la società appellante risultava sul punto carente di interesse ad impugnare, nonostante espresso motivo; rilevava poi che la domanda di reintegra era da considerarsi assorbita nel rigetto della domanda volta alla dichiarazione di illegittimità del recesso, non potendo conseguire un ordine di reintegrazione ad un licenziamento di cui, come nella specie, non fosse stata accertata la illegittimità, nè poteva configurarsi alcun giudicato sulla statuizione interinale pronunciata dal Tribunale in sede cautelare, stante la successiva instaurazione del giudizio di merito da parte del lavoratore; rilevava infine come, su tali premesse, risultasse infondata anche la pretesa risarcitoria, risolvendosi il pagamento delle retribuzioni, alla luce del giudicato sulla non illegittimità del licenziamento, in una attribuzione priva di titolo.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il B. con unico, articolato motivo; la società ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Con unico articolato motivo il ricorrente lamenta, in primo luogo, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112, 324 e 434 c.p.c., dell'art. 2909 c.c., dell'art. 102 bis disp. att. c.p.p., nonchè della L. n. 300 del 1970, art. 18 e L. n. 604 del 1966, art. 3: in particolare, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte di appello di Roma erroneamente ritenuto che la domanda di reintegra, sulla quale il primo giudice aveva pronunciato, dichiarando cessata la materia del contendere, rimanesse assorbita nella statuizione di rigetto della domanda relativa alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento, su cui si era formato il giudicato per difetto di gravame incidentale da parte del lavoratore, non potendo conseguire un ordine di reintegrazione ad un licenziamento di cui non fosse stata accertata la illegittimità, senza avvedersi che la norma di cui all'art. 102 bis disp. att. c.p.p., sancisce il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro per effetto di una detenzione ingiusta e non di un recesso illegittimo; e altresì per avere la Corte territoriale, nel rigettare la domanda di risarcimento del danno, erroneamente ritenuto che il pagamento delle retribuzioni, alla luce del giudicato sulla non illegittimità del licenziamento, si risolvesse in un'attribuzione priva di titolo, senza considerare che il titolo della domanda non era costituito dalla illegittimità del recesso ma dal comportamento illegittimo della società, che aveva negato la reintegrazione dopo l'assoluzione e la scarcerazione del dipendente.

Con il medesimo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all'art. 112 c.p.c., per avere la Corte di appello disatteso l'eccezione di giudicato dallo stesso sollevata relativamente alla reintegra disposta in sede cautelare e non oggetto, da parte di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., nè di reclamo nè di domanda riconvenzionale nel successivo giudizio di merito.

Il ricorso non può essere accolto.

L'art. 102 bis disp. att. c.p.p. ("Reintegrazione nel posto di lavoro perduto per ingiusta detenzione") dispone che "chiunque sia stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'art. 285 del codice ovvero a quella degli arresti domiciliari ai sensi dell'art. 284 del codice e sia stato per ciò stesso licenziato dal posto di lavoro che occupava prima dell'applicazione della misura, ha diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro medesimo qualora venga pronunciata in suo favore sentenza di assoluzione, di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero venga disposto provvedimento di archiviazione".

Questa Corte ha già avuto modo di precisare che tale disposizione, con formulazione estremamente chiara, richiede la sussistenza di uno specifico e diretto nesso di causalità tra applicazione della cautela processuale e licenziamento ("sia stato per ciò stesso licenziato").

Si tratta - come è evidente - di un congegno diretto a privilegiare le situazioni di misura di custodia cautelare ingiusta, in un quadro nel quale sono presenti molteplici esigenze contrapposte: quella del datore di lavoro alla continuità della prestazione, quella del dipendente a non perdere il proprio posto di lavoro ed, infine, quella legata agli interessi di giustizia al cui soddisfacimento è rivolto il provvedimento cautelare.

In definitiva, occorre che il recesso del datore di lavoro sia fondato esclusivamente sul fattore obiettivo dello status custodiae del prestatore d'opera, onde la norma non potrà dare titolo per la reintegrazione nel posto qualora il licenziamento risulti in via autonoma giustificato sulla base di elementi ulteriori rispetto alla mera assenza da provvedimento cautelare (Cass. n. 4935/2003; conformi: Cass. n. 15070/2008 e Cass. n. 24366/2010).

Ne consegue che, ove - come nella specie - si sia formata la cosa giudicata sulla non illegittimità del licenziamento, per non essere stato proposto appello nei confronti del capo della sentenza di primo grado contenente la pronuncia di rigetto della domanda relativa alla dichiarazione di illegittimità del recesso, non può farsi luogo nè al ripristino del posto di lavoro, nè ad alcuna misura di tipo risarcitorio, l'uno e l'altra costituendo effetti di un atto risolutorio di cui devono essere in via preliminare verificate le ragioni (e, in particolare, la coesistenza, accanto allo stato di custodia cautelare, di eventuali motivi di carattere disciplinare, come di motivi attinenti all'impossibilità sopravvenuta della prestazione, tenuto conto dell'interesse del datore di lavoro a mantenere in servizio il dipendente: art. 1464 c.c. e L. n. 604 del 966).

La sentenza impugnata si sottrae, pertanto, alle critiche di violazione e falsa applicazione di norme di diritto formulate con il primo profilo del motivo di ricorso, critiche che, nella loro sostanza, risultano unificate da una lettura della disposizione, di cui all'art. 102 bis disp. att. c.p.p., disarticolata dal sistema della disciplina dei licenziamenti e delle relative conseguenze, nel quale invece essa, pur nella singolarità della sede normativa, deve trovare inserimento.

Risultano altresì infondate le censure mosse con il secondo profilo, posto che nessuna violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato è dato ravvisare nella sentenza impugnata, la quale ha esaminato la questione del "giudicato" cautelare nei limiti in cui la stessa è stata posta (cfr. penultima pagina), non rilevando, con tutta evidenza, che la soluzione offerta risulti contrastante con la prospettazione e con gli esiti attesi dalla parte.

Il ricorso deve conclusivamente essere respinto.

Quanto al regolamento delle spese, ritiene questa Corte di doverne disporre l'integrale compensazione, la gravità ed eccezionalità delle ragioni, previste dall'art. 92 c.p.c., nella versione applicabile ratione temporis, potendo riconoscersi nella specifica gravità della vicenda giudiziaria e personale del ricorrente.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate per intero le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2016