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Infortunio sul lavoro come si liquida il danno differenziale? (Tr. Rov. 71/15)

10 novembre 2015, Tribunale di Rovereto

Il danno differenziale è la differenza fra la somma corrisposta dall’Inail e il risacimento pieno del danno. Non si può quindi decurtare il danno biologico civilistico, appartenente all’ampia categoria del danno non patrimoniale, per effetto  di importi che afferiscono invece a pregiudizio patrimoniale, ristorati con  indennizzo INAIL.

 

Tribunale di Rovereto

Giudice del Lavoro Dr. Michele Cuccaro Sentenza n. 71/2015 pubbl. il 10/11/2015 RG n. 219/2015

 

 Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto dott. Michele Cuccaro, ha  pronunciato la seguente sentenza causa  promossa con ricorso depositato  il 22.5.2015 sub nr. 219/15 da: N.C. nato in residente a  , C.F.: rappresentato e difeso  dall’Avv. Giovanni Guarini del Foro di Rovereto giusta delega a margine  del ricorso  RICORRENTE  contro  s.r.l. corrente in rappresentata e difesa dall’avv. M.B. giusta delega a margine del ricorso  CONVENUTA  In punto: risarcimento danni da infortunio sul lavoro.

CONCLUSIONI

  Ricorrente: “accertata e dichiarata la responsabilità di srl in  merito al sinistro occorso al signor in data 14.5.2009  condannare la convenuta al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non  patrimoniali subiti e subendi dal dipendente quantificati nella somma di €  50127.37, già decurtata della somma capitalizzata dall’INAIL e  dell’acconto di € 18000 pagato dalla assicurazione del datore di lavoro e  comprensiva di rivalutazione ed interessi alla data odierna- o nelle diverse  somme maggiori o minori che risulteranno a seguito dell’istruttoria o che  vorrà quantificare l’Ill.mo Tribunale.  in ogni caso  - condannare la srl in persona del legale rappresentante pro  tempore, alla rifusione delle spese del presente giudizio ed oneri di legge”.  Convenuta: “Accertato che il danno liquidabile all’attore non supera Euro  22.194,31 e dato atto del pagamento ante causam della somma di Euro  18.000,00 dichiararsi dovuta la differenza di Euro 4.194,31 S.E.&O. e per il  resto rigettarsi la domanda attorea.  Spese e compensi di causa rifusi oltre 15%, IVA e C.N.P.A.” 

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato il 22.5.2015 -  premesso di avere  subito quale dipendente della s.r.l. un infortunio sul lavoro in  data 14.5.2009 -  conveniva in giudizio innanzi a questo Tribunale la  datrice di lavoro per sentire accertare la responsabilità di quest’ultima e  per sentirla conseguentemente condannare al pagamento di € 50.127,37   (già decurtata della somma capitalizzata dall'I.N.A.I.L. e dall’acconto di €  18.000 versato dall’assicurazione della società) a titolo di risarcimento  danni.  Nel costituirsi in giudizio la convenuta non contestava l’an debeatur, ma  contestava fermamente la quantificazione dei danni operata ex adverso,  rilevando come l’indennizzo I.N.A.I.L. e l’acconto di € 18.000 già versato  fossero da ritenersi in massima parte satisfattivi, residuando, al più,  dovuto un importo di € 4.194,31 che si dichiarava disposta a pagare.  Esaurito con esito negativo il prescritto tentativo di conciliazione, veniva  effettuata C.T.U. medico-legale a mezzo del dott. Mario D’Ignazio di  Trento e venivano sentiti alcuni testi.  All’udienza odierna, precisate dalle parti le conclusioni in epigrafe  trascritte, la causa veniva decisa come da dispositivo letto pubblicamente e  veniva depositata sentenza.

***

 Non avendo la convenuta contestato la responsabilità nella causazione del  sinistro dd. 14.5.2009, si tratta di quantificare il danno da riconoscersi al  lavoratore, tenuto conto che:  A) facendo una media tra le consulenze medico-legali prodotte dalle  parti (dott. D’Ignazo per il ricorrente e per la convenuta)  il danno biologico permanente va quantificato nel 9%, in giorni 45  l’inabilità temporanea totale, in giorni 45 l’inabilità temporanea al 75%, in  giorni 25 l’inabilità parziale al 50% e  in giorni 33 l’inabilità parziale al  25%;  B) deve ritenersi corretta alla luce delle prove testimoniali la  quantificazione nel 10% dell’incapacità lavorativa specifica quantificata  dal consulente del ricorrente;  C) trattandosi di infortunio successivo all’entrata in vigore del D.L.vo  38/2000 l'I.N.A.I.L. ha provveduto (si confronti nota dd. 11.8.2014) alla  liquidazione di € 6.238,69 a titolo di danno biologico e di € 6.962,21 a titolo  di danno patrimoniale (indennità di temporanea);  D) in applicazione delle cd. tabelle milanesi comunemente presso questi uffici competerebbero sotto il profilo civilistico al ricorrente i  seguenti importi:    valore  unitario  perc. o  durata  totale  biologico perm. 1.980,78 9 17.827,00  temp 100 90,00 45 4.050,00  temp 75% 67,50 45 3.037,50  temp 50% 45,00 25 1.125,00  temp 25% 22,50 33 731,25  tot biologico     26.770,75    perd di cap lav  specifica    10,0 17.610,81    Con riferimento al danno da lucro cessante per perdita della capacità  lavorativa specifica – premesso che il reddito base da prendere in  considerazione va determinato in € 14.415 al netto (doc. 11 ricorrente) -  si  tratta di applicare il consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo  cui per liquidare il danno in questione giova ricorrere al meccanismo della  capitalizzazione sulla base di un calcolo tabellare che tiene conto della  riduzione del reddito proiettata per il periodo di vita medio (si veda, ad  es., Cass. n. 7507/2001). La rendita viene capitalizzata sulla base delle  tabelle previste per la Cassa Nazionale delle Assicurazioni Sociali, di cui al  R.D. 9.10.1922, n.1403, le quali individuano un coefficiente che tiene conto  dell’età dell’infortunato (nel caso concreto 12,217 dovendosi fare  riferimento all’età di 46 anni che il lavoratore aveva al momento  dell’infortunio). 

La formula utilizzata consiste, quindi, nella moltiplicazione della  percentuale invalidante per il reddito di lavoro per il coefficiente di  capitalizzazione, diviso 100; il tutto eventualmente decurtato della  percentuale di scarto fra vita fisica e vita lavorativa, decurtazione che si  ritiene in questo caso di non dovere applicare sia perché la tabella  applicata fa riferimento ai dati del censimento del 1911 ed è noto che la  vita media delle persone si è di molto allungata, sia per l’incidenza che il  reddito di lavoro avrebbe avuto sul trattamento pensionistico. 

In applicazione di detto criterio di calcolo e tenuto conto che il  guadagnava € 14.415,00 netti annui e che – per i motivi già esposti- va  quantificata nel 10% la perdita di capacità lavorativa specifica va  riconosciuto al ricorrente sotto il profilo civilistico, come già anticipato, un  importo di € 17.610,81.  Si tratta a questo punto di esaminare le interrelazioni tra il danno  riconoscibile sotto il profilo civilistico e le indennità liquidate dall’INAIL  dopo le cd. sentenze di San Martino. 

Con tali sentenze (n. 26972-75 dd. 11.11.2008) le SS.UU. della Cass. – sul  solco dell’insegnamento  delle cd. sentenze gemelle del 31.5.2003 (nn. 8827  e 8828) e di C.Cost. 30.6.2003 nr. 233) – hanno superato il cd. sistema  tripolare (danno patrimoniale, biologico e morale) ed hanno aderito al cd.  sistema bipolare: danno patrimoniale, caratterizzato da atipicità  dell’illecito, e danno non patrimoniale, determinato dalla lesione di  interessi inerenti la persona non aventi rilevanza economica e connotato  dalla tipicità  perché “risarcibile solo nei casi determinati dalla legge e nei  casi in cui sia cagionato da un evento di danno consistente nella lesione di  specifici diritti inviolabili della persona”. 

Tale opinione si fonda su un’interpretazione costituzionalmente orientata  dell’art. 2059 c.c., tesa a ricomprendere nell’astratta previsione della norma  non solo le ipotesi in cui vi sia una espressa previsione legislativa (es. art.  185 c.p., L. 675/96, L. 89/2001) ma anche le ipotesi in cui il danno non  patrimoniale sia prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona  riconosciuti dalla Costituzione. 

Nel caso in esame non vi è alcun dubbio della possibilità di provvedere al  risarcimento del danno non patrimoniale, sia perché il fatto commesso  integra astrattamente l’ipotesi del reato previsto dall’art. 590 c.p., sia  perché si è verificata la lesioni del diritto alla salute, che costituisce un  diritto inviolabile previsto dall’art. 32 Cost.. 

La novità espressa dalla Suprema Corte consiste nell’affermazione che “il  danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di  suddivisione in sottocategorie variamente etichettate”; pertanto “il  riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati  (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale)  risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di  distinte categorie di danno. E’ compito del Giudice accertare l’effettiva  consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli,  individuando quali ripercussioni negativa sul valore-uomo di siano  verificate  e provvedendo alla loro integrale riparazione” nel contempo  evitando con cura duplicazioni risarcitorie. 

La pretesa del ricorrente di aumentare il danno non patrimoniale rispetto  a quello calcolato sulla base delle tabelle non è accoglibile, sia perché il  danno è stato calcolato sulla base delle  tabelle attuali anziché su quelle in  vigore al momento dell’infortunio, sia perché dalle prove testimoniali non  sono emersi i presupposti per un’ulteriore personalizzazione del danno  

Ciò premesso si tratta di stabilire se vi sia ancora spazio per il cd. danno  differenziale e, in caso affermativo, con quali modalità provvedere alla  detrazione delle somme erogate dall’INAIL a titolo indennitario. 

Allo stato si contrappongono in giurisprudenza tre diverse opinioni: 

  • una prima, secondo cui “il danno biologico cui ha riguardo la  normativa previdenziale non può sostanziarsi in concetto ontologicamente  distinto da quello cui ha riguardo la normativa civilistica” (Trib. MI  9.6.2009 nr. 7515); 
  • una seconda, secondo cui la detrazione di quanto erogato  dall’INAIL deve effettuarsi senza distinzione di poste e, quindi, detraendo  dal danno biologico “civilistico” quanto erogato dall’INAIL tanto per  l’indennizzo del danno biologico che di quello patrimoniale (si confronti,  ad es. Trib. VI  4.5.2007 nr. 80); 
  • una terza, secondo cui  va mantenuta l’omogeneità dei valori a  confronto e, quindi, “non si può decurtare il danno biologico civilistico,  appartenente all’ampia categoria del danno non patrimoniale, per effetto  di importi che afferiscono invece a pregiudizio patrimoniale, ristorati con  indennizzo INAIL” (C. App. VE 21.7.2011; si veda anche Trib. GE  10.3.2009). 

La terza interpretazione appare preferibile, essendo quella maggiormente  rispettosa del principio del netto bipolarismo tra danno patrimoniale e  danno non patrimoniale fatto proprio dalle SS.UU. della S.C. con le  richiamate sentenze del novembre 2008.  Né argomenti di segno contrario possono trarsi dall’insegnamento di Cass.  sez. III, 25.5.2004 nr. 10035 - secondo la quale l’art. 10, commi 6 e 7, del  D.P.R. 1124/65 prevede il risarcimento del danno “solo nella misura  differenziale derivante dal raffronto tra l'ammontare complessivo del  risarcimento e quello delle indennità liquidate dall'I.N.A.I.L. in  dipendenza dell'infortunio” - dal momento che la sentenza (peraltro  massimata in modo equivoco, secondo quanto già rilevato da C.App. VE  21.7.2011) faceva riferimento alla disciplina anteriore all’entrata in vigore  del D.L.vo 38/2000 e, quindi, aveva operato la detrazione con esclusivo  riferimento al danno patrimoniale. 

Tirando le fila di quanto sin qui detto, al vanno riconosciuti i  seguenti importi: 

•  € 20.532,06 a titolo di danno non patrimoniale, corrispondenti alla  differenza tra il danno non patrimoniale calcolato civilisticamente (€  26.770,75) e l’indennizzo a titolo di danno biologico liquidato dall’INAIL  (€ 6.238,69); 

• € 10.648,60 a titolo di danno patrimoniale, corrispondenti alla differenza  tra il danno patrimoniale calcolato civilisticamente (€ 17.610,81) e  l’indennizzo a titolo di danno patrimoniale liquidato dall’INAIL (€  6.962,21). 

A tale ultimo riguardo va osservato come l’inclusione della incapacità  lavorativa specifica nella “posta” danno patrimoniale trovi la sua  giustificazione nell’insegnamento di Cass., Sez. III 2.7.2010 nr. 15738, per il  quale “nella liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della  capacità di lavoro e di guadagno, per evitare duplicazioni risarcitorie, dal  danno effettivamente patito dalla vittima per la sua diminuita capacità  lavorativa specifica, accertato e quantificato dal giudice con i criteri della  responsabilità civile, va sottratto il valore capitale della rendita erogata  dall'Inail, rappresentando quest'ultimo un indennizzo anch'esso destinato  al ristoro di un danno patrimoniale”.   Da tali importi va dedotto l’importo di € 18.000 corrisposto dalla  convenuta anteriormente al giudizio.  In conclusione la convenuta va condannata al pagamento di € 13.180,66,  oltre interessi legali dalla data odierna al saldo essendo quantificato in  moneta attuale.  Le spese, liquidate nella misura indicata in dispositivo tenuto conto della  forte riduzione delle pretese attoree, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto, definitivamente  pronunciando, uditi i procuratori delle parti, ogni contraria istanza ed  eccezione respinta, così provvede:  1.condanna la convenuta al pagamento in favore del ricorrente, per le  causali di cui in motivazione, della somma di € 13.180,66, oltre  interessi legali dalla data odierna al saldo;

  2. condanna la convenuta al pagamento in favore del ricorrente delle  spese legali, che liquida in € 5.050 (di cui € 50 per anticipazioni ed  il resto per competenze, oltre I.V.A., C.N.P.A. e 15%;  3. sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege.

Così deciso in Rovereto il 10 novembre 2015             Il Giudice   - dott. Michele Cuccaro -