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Impedire la fuga da un incidente stradale non è reato (CA Trento 55/19)

19 febbraio 2019, Corte di Appello di Trento

Non può ritenersi integrato con certezza il dolo del reato di violenza privata, quanto meno sotto il profilo dell’eccesso colposo, quando il fatto è commesso per evitare venga commesso un reato.

Nota:

La sentenza si occupa della condotta di un motociclista che dopo un urto con un autoveicolo impediva trattenendo il volante della auto al conducente di allontanarsi dal luogo sinistro prima dell'arrivo dei Carabinieri. Veniva indagato per il reato di violenza privata e condannato in primo grado, prima di essere assolto in appello. 

L’art. 189 CdS nel prescrivere il comportamento da tenere in caso di incidente così prevede: “L'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l'obbligo di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona. [...] 6. Chiunque, nelle condizioni di cui comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all'obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. [...]”.

L’interpretazione data dalla giurisprudenza al cd. reato di fuga, che ha la funzione di tutelare un bene giuridico di natura superindividuale, la solidarietà sociale (Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07/03/2014) 01-04- 2014, n. 15040), non dà adito a dubbi.

Si è detto in materia che “l'obbligo imposto all'utente della strada dall'art. 189 C.d.S., in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, è di fermarsi e prestare l'assistenza occorrente a coloro che eventualmente abbiano subito danno alla persona, indipendentemente dal fatto che tale danno si sia effettivamente verificato e che vi siano persone da assistere”  (Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16/02/2010) 07-06-2010, n. 21414).

Non a caso, la previsione utilizza il termine aspecifico di danno, volutamente ignorando il più preciso riferimento a quello di lesione (in questo senso, Cassazione penale, sez. IV, 15/03/2016, (ud. 15/03/2016, dep.01/06/2016), n. 23177): oltre a non essere strettamente necessario che il sinistro sia primariamente addebitabile alla persona assoggettata, non è parimenti necessario che vi siano effettivamente dei feriti.

Tale reato infatti si  perfeziona con la “mera condotta omissiva dell'obbligo di fermarsi sul posto del sinistro per constatare se qualcuno abbia subito danno alla persona e prestargli assistenza, ove necessaria" (Cass., Sez. 2, 17 novembre 1975 n. 3998, ric. Lucchini; v. anche Cass., Sez. 4, 24 gennaio 1991 n. 4840, ric. De Patre).

Conseguentemente, “il giudizio ex-post circa l'inutilità dell'assistenza - perchè l'investito non ha riportato lesioni o perchè l'assistenza è stata prestata da altri, ovvero, ancora, perchè l'investito è deceduto sul colpo -non esclude il reato” (ibidem). Questo perché “la consapevolezza che la persona coinvolta nell'incidente ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all'elemento volitivo, ma che può attenere anche a quello intellettivo, quando l'agente, consapevolmente, rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi, in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone, per ciò stesso, l'esistenza (cfr., da ultimo, Sez. 4 n. 14546, 27 marzo 2014, non massimata. V. anche Sez. 4 n. 17220, 9 maggio 2012; Sez. 4 n. 34134, 6 settembre 2007)”.

E ancora, “il dovere di fermarsi sul luogo dell'incidente debba durare per tutto il tempo necessario all'espletamento delle prime indagini rivolte all'identificazione del conducente e del veicolo” (Cassazione penale sez. fer. 24 luglio 2014 n. 34495): pertanto, l’art. 189 CdS è applicabile anche in casi di “urto [...] talmente lieve che, come si è detto, nè la trasportata nè la conducente dello scooter ebbero a cadere per terra” (Cassazione penale, sez. IV, 11/10/2011, n. 38807).

Accertata quantomeno l’astratta configurabilità di un’ipotesi del reato di fuga, nel caso in cui uno dei coinvolti impedisca alla controparte di allontanarsi dal luogo del sinistro, e nonostante un orientamento contrario, secondo la corte di Appello di Trento si deve pertanto concludere per la mancanza della coazione tipica del reato di violenza privata ex. art. 610 c.p..

Ai fini della sua sussistenza, Cassazione penale sez. V 07 giugno 1988 ha infatti chiarito che “la coazione deve ritenersi giustificata non solo quando ricorra una delle cause di giustificazione previste dagli art. 51-54 c.p., ma anche quando la violenza o la minaccia sia adoperata per impedire l'esecuzione o la permanenza di un reato; invece, la violenza o la minaccia sono punibili se con essi si voglia costringere altri ad adempiere ad un dovere giuridico o ad astenersi da una condotta genericamente illecita o immorale. Però, anche nella prima ipotesi, quando cioè la coazione sia usata per impedire la commissione di un reato, non può prescindersi da un criterio di proporzionalità tra il mezzo adoperato e il reato che si intendeva impedire”.    

CORTE DI APPELLO DI TRENTO

SEZIONE PENALE

sentenza 55/19 dd. 13 febbraio 2019 (depositata 19 febbraio 2019)

 

Composta dai signori magistrati:

Dott. Luciano Spina                                                        Presidente

Dott. Carmelo Sigillo                                                      Consigliere

Dott. Patrizia Collino                                                      Consigliere

ha pronunciato in Camera di Consiglio la seguente

SENTENZA

nei confronti di  ME

IMPUTATO

Del reato p. e p. dagli artt. 81, comma 1 , 610 e 635 cp, perchè, afferrando e tenendo bloccato il volante dell’autovettura OMISSIS, alla cui guida si trovava OMISSIS e chiudendo lo sportello del conducente con una violenta spinta, costringeva il predetto OMISSIS a rimanere seduto all’interno del veicolo cagionando una ammaccatura sulla portiera anteriore sinistra. OMISSIS, il 1 aprile 2015

APPELLANTE

L’imputato avverso la sentenza del Tribunale di Rovereto in composizione monocratica n. 164/17 del 16/5/2017 che dichiarava OMISSIS colpevole del reato contestatogli e concesse le attenuanti generiche e la diminuente per il rito, lo condannava alla pena di giorni venti di reclusione.

Letti gli artt. 53 e segg. L. 1981/689 sostituiva la pena detentiva con € 5.000,00 di multa.

Concedeva il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Udita la relazione della causa fatta in Camera di Consiglio dal Presidente Dott. Luciano Spina

Sentito il Procuratore Generale dr. Giuseppe De Benedetto che ha concluso chiedendo la conferma della sentenza impugnata con carico di spese.

Sentito il difensore di fiducia Avv. Nicola Canestrini del foro di Rovereto che chiede in principalità disporsi la traduzione in lingua inglese della sentenza di primo grado e in via gradata l’accoglimento dei motivi di appello

FATTO

Con sentenza n. 164/17 in data 16 maggio-26 giugno 2917, il Tribunale di Rovereto all’esito del giudizio abbreviato, ha dichiarato OMISSIS responsabile dei reati a lui ascritti ai danni di OMISSIS, come meglio descritti in rubrica e concesse le attenuanti generiche e operata la riduzione per il rito, lo ha condannato alla pena di giorni venti reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, sostituita la pena detentiva con € 5.000,00 di multa.

Il primo giudice ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato sulla base degli atti di indagine preliminare, in particolare dalla querela sporta dalla p.o. OMISSIS, dall’annotazione dei CC di Riva del Garda dd 26.5.2015, nonchè da OMISSIS, persona presente al momento del fatto, sentito a s.i.t.

Secondo il Tribunle, nei fatti descritti si ravvisa pacificamente il delitto di violenza privata giacchè la violenza sulle cose (il bloccaggio del volante) ha eliminato nel soggetto passivo la capacità di determinarsi e di agire secondo la propria indipendente volontà.

Consumato deve anche ritenersi il delitto di danneggiamento, risoltosi nell’ammaccatura con un pugno della portiera anteriore sinistra dell’autovettura.

La difesa dell’imputato ha proposto appello lamentando quanto al reato p. e p. dall’art. 610 cp, che erroneamente il primo giudice non ha considerato che il querelante nell’allontanarsi dal luogo dell’incidente ha commesso il reato di cui all’art. 189 c.d.s. e che quindi, vi sarebbe proporzione nella condotta di chi blocca il volante per impedire che il guidatore/danneggiante si dia alla fuga anche considerato che tali azioni non sono degenerate in aggressioni fisiche.

Sostiene inoltre che nella specie ricorrono gli estremi della legittima difesa c.d. patrimoniale, anche putativa o con eccesso colposo.

Con il secondo motivo, quanto al reato di cui all’art. 635 c.p., evidenzia che la fattispecie risulta depenalizzata dal D.L.vo n. 7 del 2016.

La difesa ha pertanto concluso chiedendo per il reato p. e p. dall’art. 610 c.p., sentenza di assoluzione perchè il fatto non sussite o , in subordine, perchè non costituisce reato, o per particoalre tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. ; per il reato p. e p. dall’art. 635 c.p., sentenza di assoluzione perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

All’odierna udienza collegiale , a seguito della discussione, sulle conclusioni formulate dalle parti, la Corte ha deciso come da dispositivo. 

DIRITTO

Rileva innanzitutto la Corte che la fattispecie di reato di cui all’art. 635 c.p., contestata all’imputato costituisce una ipotesi di c.d. danneggiamento «semplice», depenalizzata ai sensi dell’ art. 2, comma 1, lett. 1) del D.L.vo n. 7 del 2016, come da delega di cui all’art. 2, comma 3, della legge n. 67/2014, essendo ora prevista solo come ipotesi di illecito amministrativo, ai sensi dell’art. 4 del D.L.vo n. 7 del 2016.

L’imputato deve essere quindi mandato assolto sul relativo capo della imputazione perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Quanto al reato di cui all’art. 610 c.p., deve innanzitutto considerarsi che la condotta dell’OMISSIS  è risultata estremamente limitata nel tempo, visto che i Carabinieri di Riva del Garda arrivarono immediatamente dopo l’incidente e i due conducenti compilarono senza problemi la constatazione amichevole dell’incidente.

Osserva poi il Collegio che dalla disamina degli atti di indagine preliminare si evince che il querelante- come sostenuto dall’imputato – subito dopo l’incidente non si fosse fermato e stesse invece allontanandosi dal luogo del sinistro.

Tale tesi è confermata dalla deposizione dell’unica persona estranea ai fatti, OMISSIS, testimone dell’accaduto , il quale ha riferito ai Carabinieri di Riva del Garda che «gli animi tra i due conducneti erano accesi (…) mentre l’autovettura si stava avviando per allontanarsi dal posto», il motociclista «lasciata cadere la moto inseguiva l’automobilista bloccandogli il volante» (v. p.v. s.i.t. OMISSIS a foglio 16).

Ciò chiarito, ad avviso della Corte non può ritenersi integrato con certezza il dolo del reato di violenza privata, quanto meno sotto il profilo dell’eccesso colposo da parte degll’imputato nel valutare la sussistenza del proprio diritto di impedire che SHP (persona offesa del reato, ndr)  si desse alla fuga, considerato che egli era convinto che fosse stato il conducente dell’auto a provocare l’incidente ed essendo quindi la condotta dell’autista astrattamente riconducibile al reato di cui all’art. 189 c.d.s. nella interpretazione estensiva che ne ha dato la giurisprudenza di legittimità (come ricordato dall’appellante).

Alla luce di quanto precede, l’imputato deve essere mandato assolto dal reato ascrittogli perechè è insufficiente la prova che il fatto costituisce reato.

P.Q.M.

Visti gli artt. 530, comma 2 e 605 c.p.p.,

In riforma dell’impugnata sentenza, assolve l’imputato perchè il fatto non costituisce reato.

Fissa il termine di giorni 60 per il deposito della motivazione.

Così deciso in Trento, 13 febbraio 2019

                       Il Presidente est.

                       (Dott. Luciano Spina)