Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Elezione di domicilio e conoscenza effettiva (Cass. 3998/06)

1 febbraio 2006, Cassazione penale

Ai fini della verifica sull'effettiva conoscenza del processo, vi è una differenza sostanziale tra un'elezione di domicilio presso un difensore di ufficio (indicato nel verbale di polizia dagli agenti operanti) e un'elezione di domicilio presso un difensore di fiducia (scelto direttamente dalla persona interessata).

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

(ud. 18/01/2006) 01-02-2006, n. 3998

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIEFFI Severo - Presidente

Dott. RIGGIO Gianfranco - Consigliere

Dott. GRANERO Francantonio - Consigliere

Dott. TURONE Giuliano - Consigliere

Dott. CORRADINI Grazia - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso proposto da:

1) V.B.A., N. IL (OMISSIS);

avverso SENTENZA del 14/02/2005 CORTE APPELLO di TRIESTE;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. TURONE GIULIANO;

Letta la requisitoria del P.G. Dr. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ordinanza 14 febbraio 2005 la Corte di Appello di Trieste respingeva il ricorso per incidente di esecuzione proposto dalla difesa di V.B.A. con la quale era stata chiesta la declaratoria di nullità della notificazione del decreto di citazione per il Giudizio di Appello nell'ambito del procedimento definito (in contumacia) con sentenza di condanna divenuta irrevocabile il 15 novembre 2002, nonchè la declaratoria di nullità del successivo ordine di esecuzione, e la restituzione nel termine "per proporre le sue difese nel merito".

Era accaduto che il V., cittadino bulgaro, era stato fermato in data (OMISSIS) al valico di frontiera autostradale di (OMISSIS) mentre si accingeva a uscire dall'Italia alla guida di una vettura Renault Clio con targa (OMISSIS) che gli veniva sequestrata in quanto risultata provento di furto e dotata di documentazione falsificata. Agli atti trasmessi a questa Corte di legittimità vi è copia del verbale di perquisizione e sequestro redatto dalla polizia di frontiera e firmato dal V., il quale dichiara in tale atto la propria residenza a (OMISSIS) ((OMISSIS)), (OMISSIS) n. (OMISSIS). Il V. era stato poi assolto nel processo di primo grado avanti il Tribunale di Gorizia, ma, su appello del P.M., egli veniva poi condannato in contumacia ad anni tre di reclusione dalla Corte di Appello di Trieste. Tornato in Italia, il V., in data (OMISSIS), si era visto notificare l'ordine di esecuzione della pena con contestuale decreto di sospensione.

Nel respingere il ricorso per incidente di esecuzione, argomentava la Corte di Appello che il decreto di citazione era stato ritualmente notificato al V. a norma dell'art. 161 c.p.p. in data 3 maggio 2001 "nel suo domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. L.L.G. del foro di Gorizia". Aggiungeva che "altrettanto rituale fu tale elezione di domicilio, fatta da V. in data (OMISSIS) in un verbale in cui, oltre agli avvisi di cui all'art. 161 c.p.p., comma 1, si dava atto che "copia del presente verbale, redatto su tre fogli in lingua italiana, conosciuta dall'interessato", veniva consegnata allo stesso". Precisava infine la Corte d'Appello che successivamente, dopo il passaggio in giudicato della sentenza, l'ordine di esecuzione era stato ritualmente notificato con il rito degli irreperibili a norma dell'art. 159 c.p.p.. La Corte escludeva infine che potesse trovare accoglimento l'istanza di restituzione nel termine sostenendo che fosse decorso il termine di cui all'art. 175 c.p.p..

Con atto 30 marzo 2005 B.V. proponeva ricorso per Cassazione avverso l' ordinanza 14 febbraio 2005 della Corte di Appello di Trieste lamentando che il procedimento si fosse svolto senza sua effettiva conoscenza e sostenendo che nell'originario verbale di perquisizione e sequestro 21 ottobre 1996, da cui il procedimento penale aveva preso le mosse, egli non aveva fatto alcuna elezione di domicilio in Italia, ma aveva indicato il suo indirizzo in (OMISSIS), dove era poi stato sempre formalmente residente ed effettivamente reperibile, come da certificato anagrafico in atti in traduzione giurata, e dove, in violazione dell'art. 169 c.p.p., non aveva mai ricevuto nessuna notizia circa la pendenza del procedimento, nè da parte dell'autorità giudiziaria nè da parte di un difensore di ufficio. Il V. sottolineava che le notifiche di tutti gli atti processuali erano state effettuate solo presso lo studio del difensore di ufficio avv. Laura Luzzato Guerrini, che non aveva mai preso contatto con lui. Affermava inoltre il ricorrente che egli non conosce la lingua italiana e che pertanto non aveva potuto comprendere il contenuto del verbale che il (OMISSIS) gli avevano fatto sottoscrivere gli agenti della polizia di frontiera.

Lamentava infine che la Corte di appello avesse apoditticamente respinto l'istanza di rimessione in termini affermando erroneamente che il termine di cui all'art. 175 c.p.p. , fosse ampiamente decorso, laddove egli aveva invece sollevato l'incidente di esecuzione appena avuta conoscenza della sentenza di condanna.

Il ricorso è fondato. L'attuale formulazione dell'art. 175 stabilisce che, "se è stata pronunciata sentenza contumaciale ..., l'imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione ..., salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento ... e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione .... A tale fine l'autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica" ( art. 175 c.p.p. , comma 2, così come modificato dalla legge 22 aprile 2005 n. 60 ).

Nel caso di specie, dagli atti pervenuti a questa Corte di legittimità, non è dato desumere alcun elemento in base al quale si possa ritenere che il V. abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione. In particolare, negli atti trasmessi a questa Corte, non vi è traccia di elezioni di domicilio, mentre risulta invece effettivamente indicata, nel verbale di perquisizione e sequestro datato 21 ottobre 1996, la residenza del V. a Sofia, Bulgaria, confermata dalla documentazione anagrafica esibita.

Dal tenore dell'ordinanza impugnata si desume l'esistenza di un secondo verbale (redatto evidentemente dalla stessa polizia di frontiera lo stesso giorno (OMISSIS)) che conterrebbe un'elezione di domicilio, ma non è dato sapere se tale elezione di domicilio fosse presso un difensore di ufficio o presso un difensore di fiducia; nè sussistono ragioni, allo stato, per mettere in dubbio quanto sostenuto dal ricorrente, secondo la cui ricostruzione dei fatti si sarebbe trattato di un'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio avv. L,L.G. del foro di Gorizia.

Non è chi non veda che, sotto il profilo della "verifica" imposta dal novellato art. 175 c.p.p. , comma 2, vi è una differenza sostanziale tra un'elezione di domicilio presso un difensore di ufficio (indicato nel verbale di polizia dagli agenti operanti) e un'elezione di domicilio presso un difensore di fiducia (scelto direttamente dalla persona interessata).

In ogni caso, la nuova normativa, entrata in vigore dopo l'emissione dell'ordinanza impugnata, pone a carico dell'autorità giudiziaria l'onere di compiere "ogni necessaria verifica" onde stabilire se dagli atti emerga la prova della effettiva conoscenza del procedimento da parte dell'imputato contumace. L'ordinanza impugnata non è adeguatamente motivata circa la sussistenza o insussistenza della prova di tale effettiva conoscenza; essa va quindi annullata con rinvio alla competente Corte di Appello, per una nuova valutazione delle richieste del ricorrente, previa la verifica prescritta dal novellato art. 175 c.p.p. , comma 2.

P.Q.M.


Ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello di Trieste.

Così deciso in Roma, il 1 gennaio 2006.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2006