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Identificazione dell'indagato incerto: negata la consegna in MAE processuale (Cass. 35186/19)

31 luglio 2019, Cassazione penale

Va rigettato il MAE processuale nel caso in cui sia incerta l'identificazione dell'indagato  quale autore dei fatti reato descritti, quando - anche a seguito di richiesta di informazioni - non vengono idoneamente chiariti gli elementi indiziari, che li collegano alla persona richiesta nei necessari ed indispensabili termini di gravità.

In sede di valutazione degli indizi di colpevolezza nel MAE processuale, l'autorità giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l'autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna.

Le modalità di acquisizione della prova e i limiti di utilizzo previsti nello Stato di esecuzione non possono essere oggetto di sindacato per la sussistenza delle condizioni richieste per la consegna nell'ambito della procedura del mandato d'arresto Europeo, sempre che non si tratti di prove che ledano ontologicamente diritti fondamentali della persona.

Esula dai poteri del giudice nazionale il controllo sull'attendibilità dei chiamanti e sull'adeguatezza del materiale probatorio posto a fondamento del m.a.e.

 

Cassazione penale

Sez. feriale

ud. 30/07/2019, sentenza 31-07-2019, n. 35186

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania - Presidente -

Dott. CRISCUOLO Anna - rel. Consigliere -

Dott. DI PAOLA Sergio - Consigliere -

Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -

Dott. MOROSINI Elisabetta M. - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G.H., alias B.H., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/06/2019 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa CRISCUOLO Anna;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa MIGNOLO Olga, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

udito il difensore avv. FB, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Torino ha disposto la consegna all'Autorità Giudiziaria tedesca di G.H., alias B.H., destinatario del mandato di arresto Europeo processuale, emesso in data 1 febbraio 2019 dalla Procura di Brema per due episodi di cessione di ingenti quantitativi di eroina, commessi nel giugno 2017.

Dopo aver dato atto che il G. era stato arrestato il 2 maggio 2019 in Torino e che ne era assolutamente certa l'identità, sia in base ai rilievi dattiloscopici che alle dichiarazioni del consegnando, sottoposto a misura custodiale all'esito dell'udienza di convalida dell'arresto, la Corte di appello ha evidenziato che il m.a.e. contiene una puntuale descrizione dei due fatti-reato per i quali è richiesta la consegna nonchè l'indicazione degli elementi indiziari, della norma violata e della pena prevista.

Il primo episodio ha ad oggetto la vendita a F.A.T. e N.O. di almeno un chilogrammo di eroina al prezzo di 25 mila Euro e di altri 500 grammi a tale R. al prezzo di 17 mila Euro nel giugno 2017; le consegne furono eseguite da M.B., che vive a (OMISSIS) e lavorava come corriere per il G., il quale gli aveva lì consegnato 3 pacchi, contenenti eroina, "poco prima o il 15 giugno 2017", ordinandogli di eseguire prima la consegna all'acquirente di nome R. a (OMISSIS) e poi quella al F. a (OMISSIS), incassando i 25 mila Euro e, al ritorno, i 17 mila Euro da R., come avvenuto. Infatti, il corriere pernottava il 16 giugno 2017 presso il F. e, incassata la somma dovuta, il giorno successivo si recava a (OMISSIS) per riscuotere da R. e ritornare a (OMISSIS), ove consegnava l'intero importo al G.- B., che lo ricompensava con la somma di 1.500 Euro. In relazione a tale episodio l'A.G. tedesca riferisce che l'eroina consegnata aveva un principio attivo del 30%, corrispondente a 450 grammi di idroclorato di eroina.

Il secondo episodio era avvenuto pochi giorni dopo ovvero "poco prima o il 20 giugno 2017" con le stesse modalità: il B. aveva ricevuto dal G.- B. a (OMISSIS) quattro pacchetti di eroina, contenenti almeno due kg di stupefacente, da consegnare al F. al prezzo di 50 mila Euro in cambio di un compenso di 2 mila Euro, ma il 20 giugno 2017 il B. era stato arrestato a (OMISSIS) dalla polizia tedesca, che ne aveva seguito e monitorato gli spostamenti, trovandolo in possesso di quattro pacchetti di eroina del peso di circa 2 kg con principio attivo pari al 63,2%, corrispondente a 1.260 grammi di idroclorato di eroina.

La Corte di appello ha inoltre, dato atto che, dopo aver acquisito la documentazione prodotta dalla difesa del G., con ordinanza del 20 maggio 2019 era stata richiesta all'AG tedesca, ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 16, una dettagliata relazione sui fatti addebitati alla persona di cui si chiedeva la consegna, nella quale si precisa che le accuse a carico del ricorrente risultano dalle chiamate in correità del corriere, del F. e anche dell'altro acquirente, che avevano ammesso i fatti ed erano stati giudicati e condannati.

In particolare, si dà atto che l'AG tedesca riferisce che il B. aveva dichiarato in giudizio di aver svolto il ruolo di corriere per ordine di una persona, che si fa chiamare H., della quale non forniva ulteriori indicazioni per timore di ritorsioni nei confronti di sua figlia; che F.A.T. aveva ammesso di aver avuto contatti telefonici con H., il quale dai Paesi Bassi aveva consegnato l'eroina al M.; di aver incontrato H. una volta, descritto come un uomo di (OMISSIS) anni, anch'egli originario di (OMISSIS), del quale forniva l'utenza memorizzata sul suo Blackberry, precisando, pertanto, che la base indiziaria non era costituita solo dalle chiamate in correità, ma anche da intercettazioni telefoniche in corso da parte dell'A.G. tedesca.

Sulla scorta di tali integrazioni la Corte di appello ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del consegnando, desumibili dalla confessione resa dai protagonisti dei due episodi, dall'arresto del corriere e dalla identificazione del cedente, avvenuta non solo in base alle chiamate in correità, ma anche in base alle intercettazioni disposte dall'AG tedesca; ha ritenuto altresì, sussistente il requisito della doppia incriminazione, risultando i fatti sussumibili nella fattispecie prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73-80, trattandosi di due cessioni di quantitativi ingenti di eroina, e sussistente il limite di pena per la consegna, essendo prevista dalla legislazione tedesca la pena della reclusione massima di 15 anni per i reati contestati.

La Corte di appello ha, infine, ritenuto inidonea la documentazione prodotta dalla difesa del G., tesa a dimostrarne la presenza in Italia nei giorni in cui si sarebbero svolti i fatti, non emergendo dalla stessa che il G. non potesse trovarsi a (OMISSIS) nei giorni indicati dall'AG richiedente e, in assenza di condizioni ostative, ha disposto la consegna.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore del G. che ne chiede l'annullamento per violazione della L. n. 69 del 2005 , art. 17, comma 4, in particolare, per mancata specificazione degli elementi di prova e difetto dei gravi indizi di colpevolezza.

Deduce che il mandato di arresto in esecuzione non contiene elementi idonei a giustificare la consegna del G. all'A.G. richiedente, in quanto il quadro indiziario appare fondato sulle dichiarazioni accusatorie di M.B. e F.A.T., i quali avrebbero rispettivamente dichiarato di aver agito come corriere per conto di tale H. e di aver avuto contatti con tale H., incontrato una volta e contattato tramite l'utenza, memorizzata sul proprio Blacberry.

A fronte di tali elementi la difesa ha depositato documentazione attestante la presenza in Italia del ricorrente nel giugno 2017, relativa alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, ma la Corte di appello non spiega in modo esaustivo come sia avvenuta l'identificazione del ricorrente quale autore dei reati contestati. In particolare, pur affermando che l'identificazione del G. sarebbe avvenuta non solo in base alle chiamate in correità, la cui portata individualizzante non è specificata, ma anche in base ad attività di intercettazione, non spiega come l'utenza fornita dal F. sia stata attribuita al ricorrente, pur trattandosi di elemento decisivo, nè chiarisce se gli inquirenti tedeschi abbiano acquisito i tabulati per monitorare i movimenti del ricorrente.

Inoltre, la Corte di appello si limita ad affermare genericamente che la documentazione prodotta dalla difesa non dimostrerebbe che l'arrestato non potesse trovarsi a (OMISSIS) nei giorni indicati dall'A.G. tedesca, ma non ne chiarisce le ragioni, specie alla luce della denuncia di smarrimento del foglio di soggiorno stranieri, sporta il 10 ottobre 2017 presso la Questura di Torino, dalla quale emerge che il documento era stato rilasciato il 15 giugno 2017 ovvero proprio nella data di contestazione di alcuni dei fatti contestati.

Si assume pertanto, che gli elementi indicati nel mandato di arresto non sono idonei ad integrare i gravi indizi di reato e la motivazione è apparente, non avendo peraltro, la Corte di appello esercitato il potere-dovere di richiedere all'autorità emittente l'invio di ulteriori informazioni necessarie per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame.

Nel fissare le coordinate ermeneutiche per l'applicazione del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, richiesto dalla L. n. 69 del 2005, questa Corte ha da tempo affermato che l'autorità giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l'autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna (Sez. U, n. 4614 del 30/01/2007, Ramoci, Rv. 235348), mentre esula dai poteri conferiti al giudice nazionale qualsiasi valutazione in ordine all'adeguatezza del materiale indiziario posto alla base del provvedimento cautelare e degli elementi di prova addotti a discarico dal ricorrente, i quali trovano la loro normale sede di prospettazione e disamina dinanzi all'autorità giudiziaria emittente (Sez. 6, n. 16362 del 16/04/2008, Mandaglio, Rv. 239649; Sez. 6, n. 44911 del 06/11/2013, Stoyanov, Rv. 257466).

A tali principi non si è correttamente attenuta la Corte di appello, in quanto la puntuale descrizione dei fatti reato e le fonti di prova indicate nel m.a.e e nella relazione integrativa lasciano del tutto incerta l'attribuibilità dei fatti reato al ricorrente, la cui identificazione è parimenti dubbia.

Dagli elementi illustrati in precedenza risulta, infatti, che il cedente è indicato genericamente dai chiamanti con il solo nome " H." ed il luogo di origine, è descritto come persona di età pressochè corrispondente a quella del ricorrente, identificato in base ad intercettazioni telefoniche, presumibilmente in base all'utenza memorizzata dall'acquirente, la cui riferibilità al ricorrente è del tutto ignota.

Tali incertezze e la mancanza di elementi utili a dissolverle, indispensabili per collegare i fatti reato descritti alla persona richiesta, specie alla luce dell'estrema mobilità tra Stati esteri indicata nel m.a.e. (Paesi Bassi, Bruxelles) - e ciò a prescindere dalle circostanze ricavabili dalla documentazione prodotta dalla difesa, vulnera il ragionamento dei giudici di merito in punto di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, richiesti dalla L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 4, difettando elementi decisivi per l'identificazione del ricorrente e per attribuire allo stesso i fatti reato descritti.

E' pacifico che le modalità di acquisizione della prova e i limiti di utilizzo previsti nello Stato di esecuzione non possono essere oggetto di sindacato per la sussistenza delle condizioni richieste per la consegna nell'ambito della procedura del mandato d'arresto Europeo, sempre che non si tratti di prove che ledano ontologicamente diritti fondamentali della persona (Sez. 6, n. 33183 del 18/07/2019, Esposito) ed è altrettanto indiscusso che esula dai poteri del giudice nazionale il controllo sull'attendibilità dei chiamanti e sull'adeguatezza del materiale probatorio posto a fondamento del m.a.e., ma, nel caso di specie, non può non rilevarsi che l'insufficienza indiziaria era stata già avvertita dalla Corte di appello, che, infatti, ha richiesto una relazione integrativa, ma, rinunciando a richiedere ulteriori approfondimenti, pur sollecitati dalla difesa del ricorrente, si è ritenuta appagata dal contenuto della relazione, che non colma affatto le carenze indicate, in quanto si limita ad asserire che l'identificazione del ricorrente è avvenuta in base ad intercettazioni telefoniche.

Il collegio, che non intende discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale indicato in precedenza, non può non rilevare che permane incerta l'identificazione del ricorrente quale autore dei fatti reato descritti, non essendo idoneamente chiariti gli elementi indiziari, che li collegano alla persona richiesta nei necessari ed indispensabili termini di gravità.

Risulta, pertanto, che la Corte di appello ha compiuto un generico e solo apparente controllo sulla reale esistenza degli indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, desunti acriticamente dalle indicazioni contenute nella relazione, anch'esse connotate da una del tutto generica indicazione dell'identificazione del ricorrente quale autore dei fatti reato descritti, senza richiedere ulteriori elementi di conoscenza o informazioni integrative all'AG richiedente.

Per le ragioni illustrate, ritenute assorbenti rispetto all'eccepita e pur ravvisabile lacuna motivazionale sull'analisi della produzione difensiva, si impone una rinnovata valutazione da parte dei giudici territoriali della consegna del ricorrente, affrontando in modo esaustivo il tema dei gravi indizi di colpevolezza a carico del richiesto, eventualmente avvalendosi dell'acquisizione dei necessari ulteriori elementi integrativi di conoscenza.

La sentenza impugnata va pertanto, annullata con rinvio per nuova deliberazione ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 30 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019