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Giudice deve correggere sanzione incostituzionale anche d'ufficio (Cass. 7596/23)

22 febbraio 2023, Cassazione penale

In caso di illegittimità costituzionale di norme riguardanti il trattamento sanzionatorio, l'adeguamento della sanzione è un onere che incombe d'ufficio sul giudice della cognizione, essendo il controllo di costituzionalità, ovvero quello relativo ai parametri di legalità "alta", ovvero di una violazione di parametri sopralegislativi, implicito nell'esercizio della giurisdizione. La rilevazione di tali illegittimità sistemiche, non è infatti sottoposta al rispetto della catena devolutiva, ovvero all'obbligo di deduzione che caratterizza il vizio di legge "ordinaria".

 

Cassazione penale

sez. V, ud. 16 novembre 2022 (dep. 22 febbraio 2023), n. 7596
Presidente Dovere – Relatore Cirese

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 13 ottobre 2021 la Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Asti in data 29.10.2018 aveva ritenuto D.S.E. colpevole del reato di cui all'art. 590 bis c.p. in relazione agli artt. 140 e 148 D.Lgs. n. 30 aprile 2002 n. 285 e la aveva condannata alla pena di mesi due di reclusione con sospensione condizionale della pena e revoca della patente di guida.

Alla ricorrente, conducente di una autovettura, era contestato di non avere visto fermo sulla strada con apposito segnale il conducente di un'altra autovettura che era privo di carburante e di averlo colpito e schiacciato contro la portiera della sua auto così provocandogli policontusioni da cui derivavano malattie giudicate guaribili in giorni 61 (fatto avvenuto il (OMISSIS) ).

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, D.S.E. , articolando due motivi di ricorso.

Con il primo deduce l'inosservanza ed in ogni caso l'erronea applicazione degli artt. 590 bis c.p., D.Lgs. n. 285 del 1990 art. 222; art. 2 comma 4 c.p., art. 133 c.p., 136 Cost., L. n. 87 dell'11 marzo 1953 dolendosi del fatto che la sentenza impugnata abbia confermato la revoca della patente di guida erroneamente individuata quale conseguenza ex lege della condanna, decisione che si pone in contrasto con il tenore dell'art. 222, comma 2, C.d.S., così come modificato per effetto della sentenza della Corte costituzionale che ne ha dichiarato l'illegittimità nella parte in cui non prevede che in caso di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.p.p., per i reati di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p. il giudice possa disporre in alternativa alla revoca della patente la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 C.d.S. allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti di cui ai commi secondo e terzo degli artt. 589 bis e 590 bis c.p..

Deduce che in forza della sentenza della Corte Costituzionale la revoca della patente di guida può essere disposta "automaticamente" unicamente in relazione all'ipotesi di cui agli artt. 589 bis commi 2 e 3 c.p. nonché per l'ipotesi di cui all'art. 590 bis commi 2 e 3 c.p. mentre negli altri casi il giudice è chiamato ad effettuare un apposito scrutinio al fine di stabilire se le circostanze del caso giustifichino l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, valutazione che nella specie è stata omessa.

Con il secondo motivo deduce la carenza di motivazione in ordine alle ragioni sottese all'applicazione della sanzione accessoria della revoca della patente di guida.

3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione in ordine alla revoca della patente di guida.

Considerato in diritto

1. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto attinenti alla medesima questione, sono fondati.

Il ricorrente si duole del fatto che, pur in assenza di specifica censura in sede di gravame, la Corte d'appello, nel confermare la sentenza del primo giudice, ha tout court confermato, senza alcuna motivazione al riguardo, anche la sanzione accessoria della revoca della patente di guida individuata quale conseguenza ex lege della condanna per il reato di cui all'art. 590 bis c.p..

Tale statuizione si pone in contrasto con l'attuale tenore dell'art. 222, comma 2, C.d.S., come modificato per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 88/19 del 20/2/2019, depositata in data 17/4/2019, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma de qua nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell'art. 444 c.p.p., per i reati di cui agli artt. 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) c.p., il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa, ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 C.d.S., allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis c.p..

Nel censurare la disposizione, introdotta con la L. n. 41 del 2016, che ha previsto la indiscriminata estensione della revoca della patente a tutte le ipotesi di omicidio e di lesioni stradali gravi o gravissime, pur marcatamente diverse in termini di gravità della condotta, il Giudice delle leggi ha riscontrato un caso di automatismo sanzionatorio capace di vulnerare il principio di uguaglianza che notoriamente esige che situazioni diseguali siano trattate in modo diversificato; ha ritenuto che l'applicazione fissa della sanzione amministrativa, non graduabile in ragione delle peculiarità del caso, trovi una base applicativa ragionevole nelle più gravi ipotesi descritte al secondo ed al comma 3 sia dell'art. 589 bis sia dell'art. 590 bis, giacché porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica (con un tasso alcolemico superiore a determinate soglie) o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti "costituisce comportamento altamente pericoloso per la vita e l'incolumità delle persone, posto in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali"; mentre tale automatismo è intrinsecamente irragionevole per comportamenti che, pur gravemente colpevoli, sono stati considerati di non pari gravità già dallo stesso legislatore, che ha apprestato una risposta sanzionatoria diversificata.

2. L'esame delle censure involge le tematiche della rilevabilità d'ufficio del vizio di costituzionalità sopravvenuto e della natura delle sanzioni amministrative in questione.

Sul primo aspetto, le Sezioni unite hanno stabilito che nel giudizio di legittimità l'illegalità della pena conseguente a dichiarazione di incostituzionalità di norme riguardanti il trattamento sanzionatorio è rilevabile d'ufficio anche in caso di inammissibilità del ricorso, tranne che nel caso di ricorso tardivo (Sez. U.. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264207).

La accresciuta sensibilità nei confronti della tutela dei diritti fondamentali della persona ha condotto la Corte di cassazione a ritenere necessario il controllo della legalità costituzionale anche quando i profili di illegittimità non riguardino la norma incriminatrice, ma la sola sanzione.

Si è osservato che "deve riconoscersi che anche l'illegittimità costituzionale limitata alla sola sanzione è destinata ad incidere sul giudicato sostanziale: si tratta pur sempre di una pena la cui esistenza è stata eliminata dall'ordinamento in maniera irreversibile e definitiva, peraltro con effetti ex tunc, come se non fosse mai esistita. Sicché la sua intrinseca illegalità impone che il giudice dell'impugnazione, ancorché inammissibile, provveda a ripristinare una sanzione legale, basata, in questo caso, sui criteri edittali ripristinati per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale. (Sez. U, n. 42858 del 29/5/2014, Gatto, Rv. 260696; Sez. U. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264207).

In particolare nella pronuncia "Gatto" delle Sezioni Unite, incentrata sul profilo della legalità costituzionale, si legge che "..la concezione tradizionale del giudicato ha dominato incontrastata per decenni nella giurisprudenza e nella cultura giuridica penalistica, influenzate dall'affermato ed egemone primato del potere statuale su qualsiasi diritto della persona; ha cominciato a essere posta in discussione con la proclamazione dei diritti fondamentali, che ha dato l'avvio ad una mutazione del fondamento e della stessa forza della cosa giudicata. La Costituzione della Repubblica e, successivamente, il nuovo codice di procedura penale hanno ridimensionato profondamente il significato totalizzante attribuito all'intangibilità del giudicato quale espressione della tradizionale concezione autoritaria dello Stato e ne hanno, per contro, rafforzato la valenza di garanzia individuale".

In tale linea evolutiva, le Sez. U. di questa Corte hanno di recente affermato che, in attuazione degli artt. 3,13,25 e 27 Cost., spetta a questa Corte il potere, esercitabile anche in presenza di ricorso inammissibile, di rilevare l'illegalità della pena determinata dall'applicazione di sanzione "ab origine" contraria all'assetto normativo vigente perché di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale. (Fattispecie relativa ad irrogazione della pena detentiva per il reato di cui all'art. 582 c.p., in luogo delle sanzioni previste, peri reati di competenza del giudice di pace, dall'art. 52, D.Lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274).

Si è posto in rilievo, che "Ì l'elaborazione giurisprudenziale sin qua maturata a proposito del rilievo officioso dell'illegalità della pena, sia pure per cause sopravvenute, trova il suo fondamento....nell'incompatibilità con il quadro costituzionale di un sistema processuale che consenta il mantenimento di una penale illegale, nel senso sopra indicato, intesa come sanzione non prevista dall'ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale" (Sez. U. n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689; in motivazione). Circa la natura delle sanzioni in questione, la Corte costituzionale con la sentenza 16 aprile 2021, n. 68 ha evidenziato che non è possibile negare che la revoca della patente, disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna o di patteggiamento della pena per i reati ex artt. 589 bis e 590 bis c.p., ha connotazioni sostanzialmente punitive, sia pure non disgiunte da finalità di tutela degli interessi coinvolti dalla circolazione dei veicoli a motore, secondo uno schema tipico delle misure sanzionatorie consistenti nell'interdizione di una determinata attività.

Ed ha concluso, affermando che non è "costituzionalmente tollerabile che taluno debba rimanere soggetto per cinque anni, anziché per un periodo di tempo nettamente minore, ad una sanzione inibitoria della guida di veicoli a motore con tutte le limitazioni che ciò comporta nella vita contemporanea, compresa l'impossibilità di svolgere la propria attività lavorativa - inflittagli sulla base di una norma che, all'indomani del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è stata riconosciuta contrastante con la Costituzione".

3. Ad oggi può, pertanto, affermarsi che, in caso di illegittimità costituzionale di norme riguardanti il trattamento sanzionatorio, l'adeguamento della sanzione è un onere che incombe d'ufficio sul giudice della cognizione, essendo il controllo di costituzionalità, ovvero quello relativo ai parametri di legalità "alta", ovvero di una violazione di parametri sopralegislativi, implicito nell'esercizio della giurisdizione. La rilevazione di tali illegittimità sistemiche, non è infatti sottoposta al rispetto della catena devolutiva, ovvero all'obbligo di deduzione che caratterizza il vizio di legge "ordinaria".

L'eventuale illegalità non denunciata tempestivamente non è quindi inemendabile, dato che, anche quando la conclusione del giudizio di cognizione consegua inesorabilmente alla mancata proposizione del ricorso nei termini, resta la possibilità per il condannato di far valere l'illegalità in sede di esecuzione (Sez. 1, n. 35457 del 11/05/2021; Rv. 281898).

Deve dunque ritenersi che la definizione del trattamento sanzionatorio compenetra la fattispecie incriminatrice e soggiace a tutte le garanzie che conseguono alla applicazione del principio di legalità, rendendo necessario un riallineamento della sanzione con i parametri di legalità sopravvenuti alla fase del merito, indipendentemente dal fatto che la violazione sia stata dedotta con i motivi di ricorso, e dalla circostanza che il ricorso si profili inammissibile sebbene non tardivo (Sez. 2, n. 37385 del 21.6.2016, non massimata in relazione al riconoscimento automatico dell'aggravante prevista dall'art. 99 comma 5 c.p.).

4. Ebbene, il caso in esame rientra nelle ipotesi previste dall'intervento correttivo della Corte costituzionale, poiché non risultano contestate al ricorrente le aggravanti della guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.

Deve quindi ribadirsi che il giudice di merito, chiamato a determinare la sanzione amministrativa accessoria, ove stabilisca che l'imputato sia meritevole della sanzione maggiormente afflittiva (revoca della patente di guida), debba dare conto in modo puntuale delle ragioni che lo abbiano indotto a scegliere il trattamento più sfavorevole, pure in assenza delle aggravanti di cui al secondo e comma 3 dell'art. 589 bis c.p. Nel fare ciò deve considerare l'parametri di cui all'art. 218, comma 2, C.d.S., valevoli anche ai fini della determinazione della durata della sospensione della patente di guida (così Sez. 4, n. 55130 del 09/11/2017, Rv. 271661 - 01).

Nella specie tale vaglio da parte del giudice di merito non vi è stato traducendosi altresì in un'omessa motivazione riguardo all'applicazione della sanzione accessoria applicabile al caso concreto che presuppone una valutazione individualizzante che tenga conto delle circostanze del caso che, in quanto tale, non rientra nell'alveo dell'art. 609, comma 2, c.p.p..

5. Ne consegue l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla statuizione concernente la revoca della patente di guida con trasmissione degli atti alla Corte d'appello di Torino per nuovo esame sul punto.

Va dichiarata l'irrevocabilità della sentenza impugnata in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alla sanzione amministrativa accessoria con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d'appello di Torino.

Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.