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Giornalista ha diritto incondizionato alla protezione della fonte? (Corte EDU, Jecker 2020)

6 ottobre 2020, Corte europea dei diritti dell'Uomo

L'obbligo di testimoniare per il giornalista è compatibile con l'art. 10 della Convenzione EDU solo quando l'interesse al procedimento penale supera l'interesse del giornalista a non rivelare le sue fonti.

La tutela delle fonti giornalistiche è una delle pietre angolari della libertà di stampa, come risulta dalle leggi e dai codici etici in vigore in molti Stati contraenti e come ulteriormente affermato in diversi strumenti internazionali sulle libertà giornalistiche: l'assenza di tale protezione potrebbe scoraggiare le fonti giornalistiche dall'aiutare la stampa ad informare il pubblico su questioni di interesse pubblico.  Di conseguenza, la stampa potrebbe essere meno in grado di svolgere il suo indispensabile ruolo di "cane da guardia" e la sua capacità di fornire informazioni accurate e affidabili potrebbe essere ridotta.  In considerazione dell'importanza della protezione delle fonti giornalistiche per la libertà di stampa in una società democratica e degli effetti negativi che un ordine di divulgazione può avere sull'esercizio di tale libertà, tale misura può essere conciliata con l'articolo 10 della Convenzione solo se è giustificata da un interesse pubblico prevalente.

In considerazione dell'importanza della protezione delle fonti giornalistiche per la libertà di stampa in una società democratica, l'obbligo per un giornalista di rivelare l'identità della sua fonte può essere riconciliato con l'articolo 10 della Convenzione solo se è giustificato da un'esigenza imperativa di interesse pubblico: non è sufficiente che l'ingerenza sia imposta perché il reato in questione rientra in una determinata categoria o è coperto da una norma giuridica formulata in termini generali, ma occorre piuttosto assicurarsi che sia necessaria nelle circostanze del caso.  

Il diritto dei giornalisti al silenzio delle loro fonti non può essere considerato un mero privilegio concesso o revocato sulla base della liceità o illegittimità delle loro fonti, ma è un autentico attributo del diritto all'informazione, che deve essere trattato con la massima circospezione; il coinvolgimento dei giornalisti nell'identificazione di fonti anonime ha sempre un effetto inibitorio.

 

Corte europea per i diritti dell'Uomo 

TERZA SEZIONE

CASO di JECKER contro SVIZZERA

(Applicazione n. 35449/14)

STRASBURGO

6 ottobre 2020

 

traduzione informale canestriniLex.com

  

Art. 10 - Libertà di espressione - Ingiunzione di rivelare l'identità di uno spacciatore, fatta ad un giornalista a seguito di un servizio su di lui e senza soppesare gli interessi in concreto - Elementi da prendere in considerazione per stabilire la necessità di rivelare l'identità di una fonte giornalistica - Esistenza di un imperativo di interesse pubblico prevalente non dimostrato in casu

La sentenza diventa definitiva alle condizioni previste dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetto a modifiche editoriali. 

 Nel caso di Jecker contro la Svizzera,

 

La Corte europea dei diritti dell'uomo (Terza Sezione), che si riunisce in una sezione composta da :

Paul Lemmens, Presidente,

Georgios A. Serghides,

Helen Keller,

Alena Poláčková,

Gilberto Felici,

Erik Wennerström,

Lorraine Schembri Orland, giudici,

e Milan Blaško, cancelliere di sezione,

 

visto il ricorso (n. 35449/14) contro la Confederazione Svizzera presentato alla Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione") il 9 maggio 2014 da una cittadina di tale Stato, la sig.ra Nina Jecker ("la ricorrente")

la decisione di portare la richiesta all'attenzione del governo svizzero,

le osservazioni delle parti,

Dopo le deliberazioni in Aula del Consiglio dell'8 settembre 2020,

Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

 

INTRODUZIONE

1.  La presente causa riguarda la questione se l'obbligo imposto alla ricorrente, giornalista di professione, di testimoniare in un'indagine penale equivalga ad una ingiustificata interferenza con il suo diritto di non essere costretta a rivelare le sue fonti giornalistiche, tutelato dall'art. 10 della Convenzione.

IN FATTO

2.  Il richiedente è nato nel 1981 e risiede a Basilea. Era rappresentata da N. Dressler, del Binningen Bar.

3.  Il Governo era rappresentato dal suo agente, il signor A. Chablais, dell'Ufficio federale di giustizia.

4.  Il 9 ottobre 2012 la ricorrente, giornalista di professione, ha pubblicato sul quotidiano regionale "Basler Zeitung" un articolo su uno spacciatore che aveva visitato nel suo appartamento, intitolato "Zu Besuch bei einem Dealer". In essa descriveva la persona del commerciante, affermava di aver spacciato per dieci anni cannabis e hashish, principalmente dai Paesi Bassi, e di aver venduto diversi tipi di cannabis e hashish a consumatori che conosceva, che a volte li compravano per trasmetterli ai loro conoscenti, e che realizzava un profitto annuo di 12.000 franchi svizzeri. Ha anche detto che durante la sua visita, durata circa un'ora, tre persone erano andate nell'appartamento dello spacciatore per comprare droga da lui.

5.  La procura del Cantone di Basilea Città ha aperto un'inchiesta contro una persona sconosciuta per un reato qualificato ai sensi della legge sugli stupefacenti (di seguito "LStup"). La ricorrente ha invocato il suo diritto di rifiutare di testimoniare e non ha rilasciato alcuna dichiarazione.

6.  Il 12 ottobre 2012 la Procura della Repubblica ha deciso che la ricorrente non poteva avvalersi di tale diritto nell'ambito del procedimento in questione.

7.  Il 24 giugno 2013 il Tribunale cantonale del Cantone di Basilea Città ha accolto il ricorso della ricorrente, ritenendo che l'interesse a chiarire il reato non fosse superiore al diritto della ricorrente di tutelare le proprie fonti.

8.  Con sentenza del 31 gennaio 2014 (n. 1B_293/2013), il Tribunale federale ha accolto il ricorso della Procura della Repubblica e ha dichiarato che il richiedente non può avvalersi del diritto di rifiutare di testimoniare. In particolare, il tribunale ha ritenuto che vi fosse una base giuridica per la limitazione della protezione delle fonti costituita da questo provvedimento; che il commercio di droghe leggere, come l'hashish, costituisse un reato qualificato ai sensi dell'articolo 19, comma 1, del codice penale; e che il commercio di droghe leggere, come l'hashish, costituisse un reato qualificato ai sensi dell'articolo 19, comma 1, del codice penale. 2 c) della LStup (cpv. 11) se l'autore del reato era coinvolto in un traffico di esseri umani e realizzava quindi un fatturato o un utile significativo, condizione che in questo caso è stata soddisfatta con un utile annuo di CHF 12'000.-; che il legislatore aveva deciso, in caso di un tale reato, che l'interesse pubblico nel procedimento penale era generalmente superiore all'interesse di tutelare la segretezza delle fonti (cfr. articolo 28a cpv. 2 lett. c) della LStup); che, di regola, l'interesse pubblico nel procedimento penale era superiore all'interesse di tutelare la segretezza delle fonti (cfr. articolo 28a cpv. 2 lett. c) della LStup). 2 del codice penale, citato al successivo comma 9); che la dichiarazione del ricorrente era l'unico mezzo promettente per identificare l'autore del reato; che il reato era comparativamente meno importante tra quelli contenuti nel catalogo dei reati che prevedeva la deroga alla tutela delle fonti; che esisteva un sospetto che giustificava l'avvio di un procedimento penale; che non si poteva prevedere a priori se sarebbe stato confermato in tutto o in parte; che il caso era importante a causa dell'utile annuo di CHF 12'000.- nell'arco di dieci anni, delle dichiarazioni del rivenditore circa l'appartenenza ad una grande organizzazione di vendita e del fatto che diversi clienti gli avevano fatto visita durante la visita del richiedente; che il richiedente aveva trattato la questione in modo relativamente neutrale, senza aver fatto commenti critici, poiché il suo articolo aveva così fornito una piattaforma pubblicitaria per il rivenditore e non intendeva mettere in evidenza i suoi abusi; e che, insomma, le circostanze che giustificavano la tutela della fonte del richiedente non erano particolarmente importanti. Il Tribunale federale giunge alla conclusione che, nel caso di specie, non si deve attribuire particolare importanza né all'interesse pubblico a perseguire il reato né all'interesse della ricorrente a proteggere la sua fonte, e che era quindi necessario attenersi alla ponderazione degli interessi effettuata dal legislatore, vale a dire che l'interesse pubblico a perseguire un reato di stupefacenti qualificati prevaleva sull'interesse privato del giornalista a proteggere la sua fonte.

IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI NAZIONALE PERTINENTE I DIRITTO NAZIONALE PERTINENTE

9.  Le disposizioni pertinenti del Codice penale svizzero (RS 311.0) si leggono come segue:

Articolo 28 bis: Punibilità dei media / Protezione delle fonti

« 1. 1. Le persone che, a titolo professionale, partecipano alla pubblicazione di informazioni nella parte editoriale di un mezzo periodico e i loro collaboratori non sono soggetti ad alcuna sanzione o misura coercitiva basata sul diritto processuale se rifiutano di testimoniare sull'identità dell'autore o sul contenuto e le fonti delle loro informazioni.

2. Il paragrafo 1 non si applica se il giudice lo constata:

a. la testimonianza è necessaria per prevenire una minaccia imminente alla vita o all'integrità fisica di una persona;

b. in mancanza di testimonianza, l'omicidio ai sensi degli artt. 111-113 o un altro reato punibile con una pena detentiva di almeno tre anni o con una pena detentiva ai sensi degli artt. 187, 189-191, 197, comma 1. 4, 260ter, 260quinquies, 305bis, 305ter e da 322ter a 322septies del presente codice e l'articolo 19, comma 2, della legge federale sugli stupefacenti del 3 ottobre 1951 non può essere chiarito o la persona accusata di tale atto non può essere arrestata."

10.  L'articolo 172 del Codice di procedura penale svizzero (RS 312.0) prevede quanto segue:

Articolo 172: Protezione delle fonti dei professionisti dei media« 1. Le persone che, a titolo professionale, partecipano alla pubblicazione di informazioni nella sezione editoriale di un periodico e i loro collaboratori possono rifiutarsi di testimoniare l'identità dell'autore e il contenuto e la fonte delle loro informazioni.2. Devono testimoniare:(...)b. qualora, in assenza della loro testimonianza, uno dei seguenti reati non potesse essere chiarito o l'imputato di tale reato non potesse essere arrestato :(...)4. un reato ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 2, della legge sugli stupefacenti del 3 ottobre 1951. »

11.  Articolo 19 della legge federale sugli stupefacenti e le sostanze psicotrope (RS 812.121) nella versione in vigore al momento in cui è stata emanata come segue:

Articolo 19: Atti punibili"La pena è la privazione della libertà per un periodo non superiore a tre anni o una pena pecuniaria:(...)b. chiunque, senza un giusto processo, immagazzini, spedisca, trasporti, importi, importi, esporti o transiti in transito stupefacenti;c. che, senza diritto, dispone o prescrive stupefacenti, li procura in qualsiasi altro modo a terzi o li mette in commercio;d. che, senza diritto, possiede, possiede o acquista stupefacenti o altrimenti se li procura;(...)2. Il trasgressore è punito con una pena privativa della libertà di almeno un anno, cumulabile con una pena pecuniaria:a. se sa o non può ignorare che il reato può mettere in pericolo direttamente o indirettamente la salute di molte persone;b. se agisce in qualità di membro di una banda formata per compiere sistematicamente traffici illeciti di droga;c. se si dedica alla tratta di esseri umani per mezzo del commercio e realizza così un fatturato o un profitto significativo;d. se, per professione, offre, trasferisce o permette in altro modo a terzi l'accesso agli stupefacenti in luoghi di formazione riservati principalmente ai minori o all'interno del loro perimetro immediato.(...) »

II PRASSI INTERNA PERTINENTE

12.  Nella sua decisione dell'11 maggio 2006 (TTF 132 I 181), il Tribunale federale si è pronunciato sulla protezione delle fonti giornalistiche nell'ambito di un procedimento penale. Ricordando la genesi dell'ex articolo 27bis del Codice penale (il cui contenuto è stato ripreso dall'articolo 28bis), la Corte ha ritenuto che il legislatore non avesse formulato un catalogo di eccezioni sistematicamente coerente. Tuttavia, è importante che i giornalisti possano garantire ai loro informatori un'assoluta discrezione, cosa che non sarebbe possibile se la protezione fornita dipendesse dall'esito incerto di una ponderazione degli interessi da parte di un giudice. Lo scopo della norma è quindi quello di garantire la certezza del diritto per i giornalisti; pertanto, la disposizione non richiede al professionista dei media di rivelare le proprie fonti in ogni caso rientrante nel catalogo delle eccezioni. Inoltre, secondo le disposizioni della Costituzione federale e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo relative alle interferenze con la tutela del segreto editoriale, in ogni caso di applicazione deve essere effettuato un esame della proporzionalità (considerando 2.3 della sentenza).

Il Tribunale federale ha rilevato che la legge stessa delimita l'obbligo di testimoniare, richiedendo che il reato in questione non possa essere chiarito o che il colpevole non possa essere arrestato senza la testimonianza del giornalista. Il principio di proporzionalità richiede innanzitutto che l'obbligo di testimonianza debba essere in grado di contribuire direttamente alla chiarificazione del reato in questione. In secondo luogo, la testimonianza deve essere necessaria; questo non è il caso quando sono disponibili altri mezzi di prova che possono portare allo stesso risultato. Infine, il principio di proporzionalità richiede una ponderazione degli interessi. L'obbligo di testimoniare è giustificabile solo se l'interesse per l'azione penale prevale sull'interesse del giornalista a non rivelare le sue fonti (considerando 4.2 della sentenza).

Nel ponderare gli interessi, si deve tener conto in particolare delle circostanze del presunto reato, dello stato delle indagini e del possibile valore della testimonianza del giornalista (considerando 4.5 della sentenza).

13.  Nella sua decisione del 10 novembre 2010 (DTF 136 IV 145) relativa alla portata del segreto redazionale e alla protezione delle fonti, il Tribunale federale ha esaminato la proporzionalità della disposizione dell'articolo 28a del Codice penale dal punto di vista delle garanzie costituzionali. Ha rilevato che i limiti posti alla protezione delle fonti ai sensi dell'articolo 28 bis del codice penale non sono proporzionati. 2 si riferiscono a reati gravi. Ciò significa che la protezione delle fonti si applica in modo ampio e a informazioni ampiamente definite, essendo decisivo il criterio della certezza del diritto.

14.  Nella sua decisione del 22 luglio 2014 (DTF 140 IV 108), il Tribunale federale ha osservato che sia esso che la Corte europea dei diritti dell'uomo attribuiscono una notevole importanza alla protezione delle fonti come pietra angolare della libertà di stampa, il che sostiene una tendenza verso un'ampia protezione delle fonti. Per questo motivo ha ritenuto che, ai sensi dell'articolo 264, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, il divieto di sequestro si estende non solo ai documenti in possesso dei professionisti dei media, ma anche a quelli in possesso dell'imputato o di terzi. In effetti, i media esercitano una "funzione di sorveglianza". In particolare, devono poter rivelare liberamente le disfunzioni dello Stato e della società.

A tal fine, devono essere in grado di ottenere le informazioni necessarie.

Il diritto di rifiutarsi di testimoniare da parte di professionisti dei media ai sensi dell'articolo 172 del codice di procedura penale e il divieto di sequestro di cui all'articolo 264, comma 1, lettera c), del codice facilitano tale diritto. Se l'informatore può presumere che il suo nome rimarrà segreto, renderà l'informazione ancora più accessibile ai media se dovrà fare i conti con la divulgazione del suo nome, il che potrebbe avere conseguenze legali, professionali e sociali per lui. La portata del divieto di sequestro svolge un ruolo importante in questo senso. Se la comunicazione tra l'informatore e il giornalista avviene per iscritto, lascia tracce. La prospettiva che il contenuto della comunicazione con il giornalista possa essere sequestrato all'informatore può dissuaderlo dal trasmettere le informazioni al giornalista. Inoltre, l'informatore non può mai essere completamente sicuro che il giornalista non consegni a terzi i documenti dai quali emerge la fonte dell'informazione. Se l'informatore dovesse fare affidamento sul fatto che i documenti possono essere trattenuti a terzi, ciò potrebbe anche dissuaderlo dall'inoltrare le informazioni all'informatore. Tutto ciò sarebbe dannoso per la funzione di monitoraggio dei media.

STRUMENTI INTERNAZIONALI PERTINENTI

15.  Gli elementi rilevanti del diritto internazionale sono riassunti in particolare nella sentenza Becker c. Norvegia (n. 21272/12, §§ 39-41, 5 ottobre 2017).

IN DIRITTO  SULLA PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 10 DELLA CONVENZIONE

16.  La ricorrente lamenta che l'obbligo di rivelare la sua fonte giornalistica costituisce un'interferenza sproporzionata con la sua libertà di espressione.

Essa invoca l'articolo 10 della Convenzione, che nella sua parte pertinente recita come segue:

"Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere e diffondere informazioni e idee senza interferenze da parte delle autorità pubbliche e indipendentemente dalle frontiere. (...)2.  L'esercizio di tali libertà, che comportano doveri e responsabilità, può essere soggetto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e necessarie in una società democratica nell'interesse della sicurezza nazionale, dell'integrità territoriale o della sicurezza pubblica, per la prevenzione di disordini o crimini, per la tutela della salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per mantenere l'autorità e l'imparzialità della magistratura. »

A Sulla ricevibilità

17.  Ritenendo che il ricorso non sia manifestamente infondato o inammissibile per qualsiasi altro motivo ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione, la Corte lo dichiara ammissibile.

B Sul merito

1 Tesi delle parti

a) Il richiedente

18.  La ricorrente sottolinea che il reato per il quale era tenuta a testimoniare al fine di rivelare l'identità dell'autore in questione è l'hashish e la cannabis, ossia le droghe leggere. Di conseguenza, questo reato non può essere classificato come grave ai sensi della legge federale sugli stupefacenti e le sostanze psicotrope, poiché non mette in pericolo la salute di un gran numero di persone. Questo sarebbe il caso anche se si trattasse di un commercio di droghe leggere, che sarebbe punibile con una pena detentiva di poco più di 12 mesi.19.  La ricorrente sostiene inoltre che l'importo del fatturato e delle entrate derivanti dall'attività del concessionario si basa esclusivamente sulle dichiarazioni del concessionario, che sono presumibilmente esagerate.20.  Infine, secondo la ricorrente, una corretta considerazione dei vari interessi in gioco avrebbe dovuto chiaramente inclinarsi a favore della libertà di opinione e della libertà di stampa garantite dall'art. 10. A suo avviso, l'interferenza in questione era quindi sproporzionata.

b) Il governo

21.  Ammettendo che l'obbligo di testimoniare costituiva un'interferenza con i diritti del richiedente ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione, il Governo ha sostenuto che tale interferenza si basava sull'articolo 28 bis, paragrafo 2, lettera b), del codice penale e sull'articolo 172, paragrafo 2, lettera b), comma 4, del codice di procedura penale (paragrafi 9 e 10 di cui sopra). Queste disposizioni si riferiscono all'articolo 19, paragrafo 2, della legge federale sugli stupefacenti e le sostanze psicotrope, che determina i casi gravi di violazione di tale legge (paragrafo 11).

Dall'articolo pubblicato dalla ricorrente si evince che le condizioni di tale disposizione erano soddisfatte nel caso di specie, in quanto il rivenditore agiva per via commerciale e realizzava profitti sostanziali. In considerazione della chiarezza del quadro giuridico applicabile, il richiedente potrebbe quindi prevedere di non potersi avvalere del diritto di rifiutare di testimoniare.

22.  Il Governo ha inoltre osservato che il provvedimento contestato perseguiva diversi scopi legittimi, in particolare la difesa dell'ordine pubblico e la prevenzione della criminalità e la tutela della salute.

23.  Per quanto riguarda la necessità dell'ingerenza in una società democratica, il Governo sostiene che la misura controversa si basava su un doppio test di proporzionalità, il primo effettuato dal legislatore in sede di adozione dell'art. 28 bis del codice penale e il secondo in sede di applicazione di tale disposizione al caso di specie.

24. Per quanto riguarda la scelta del legislatore, il Governo rileva che l'elenco dei reati per i quali un giornalista può essere tenuto a testimoniare è stato introdotto nel codice penale al fine di fissare chiari limiti e garantire così la certezza del diritto. Questo elenco è un'espressione concreta del principio di proporzionalità a livello di legge e consente ai giornalisti di prevedere le conseguenze delle loro azioni.

25. Nella fattispecie, le autorità nazionali hanno esaminato la proporzionalità dell'obbligo di testimonianza alla luce delle circostanze concrete del caso. Il Governo osservava al riguardo che, nella misura in cui l'articolo pubblicato dalla ricorrente era puramente descrittivo e non conteneva alcuna valutazione critica dei fatti e dell'attività del concessionario, esso non svolgeva la funzione di "cane da guardia". Di conseguenza, la protezione delle fonti non è particolarmente importante in questo caso.

26. Sebbene la gravità del reato in questione possa sembrare meno grave degli altri reati che giustificano un'eccezione alla protezione delle fonti, il Governo osserva che, secondo la giurisprudenza della Corte Federale, i prodotti a base di cannabis presentano rischi non trascurabili. Mentre la ricorrente ha citato nel suo ricorso una decisione della Corte Federale del 18 luglio 1994 (ATF 120 IV 256), secondo la quale i prodotti a base di cannabis non erano tali da mettere seriamente in pericolo la salute di molte persone, tale valutazione dovrebbe essere messa in prospettiva, poiché la Corte Federale ha aggiunto che la cannabis non era innocua per la salute. Inoltre, la gravità del reato in questo caso è dovuta al fatto che il reato è stato praticato con il commercio, ha coinvolto una grande quantità di droga e ha portato allo spacciatore un notevole profitto; è stato punito con una pena detentiva di almeno un anno di reclusione, cumulabile con una pena pecuniaria. Inoltre, non vi sono prove che il concessionario abbia indicato al richiedente un fatturato o un reddito esagerato.

27. L'interesse per un procedimento penale era tanto maggiore in quanto l'articolo mostrava che il rivenditore agiva come membro di una grande rete di traffico di droga, sulla quale poteva fornire informazioni. È stata richiesta una risposta adeguata da parte delle autorità per dimostrare che non stavano in disparte di fronte a tale traffico.

28. Il Governo ha inoltre espresso la convinzione che la testimonianza del richiedente fosse necessaria ai fini dell'indagine, in quanto poteva condurre le autorità penali direttamente allo spacciatore, quando non avevano altri mezzi a disposizione per far avanzare l'indagine.

29.  Alla luce di tutti questi elementi e tenuto conto della ponderazione degli interessi operata dal legislatore in sede di adozione delle norme applicabili e del margine di discrezionalità accordato alle autorità nazionali, il Governo sostiene che, nel caso di specie, l'interesse del procedimento penale è stato nettamente superiore all'interesse della ricorrente a non rivelare la sua fonte.

 Valutazione della Corte

a) Principi generali e giurisprudenza

30.   La Corte ha sviluppato i principi che regolano la tutela delle fonti giornalistiche in una serie di sentenze. Già nel 1996, la Grande Camera ha dichiarato quanto segue nella sentenza Goodwin contro Regno Unito ([GC] 27 marzo 1996, Reports of Judgments and Decisions 1996-II):« 39. La tutela delle fonti giornalistiche è una delle pietre angolari della libertà di stampa, come risulta dalle leggi e dai codici etici in vigore in molti Stati contraenti e come ulteriormente affermato in diversi strumenti internazionali sulle libertà giornalistiche .... L'assenza di tale protezione potrebbe scoraggiare le fonti giornalistiche dall'aiutare la stampa ad informare il pubblico su questioni di interesse pubblico.  Di conseguenza, la stampa potrebbe essere meno in grado di svolgere il suo indispensabile ruolo di "cane da guardia" e la sua capacità di fornire informazioni accurate e affidabili potrebbe essere ridotta.  In considerazione dell'importanza della protezione delle fonti giornalistiche per la libertà di stampa in una società democratica e degli effetti negativi che un ordine di divulgazione può avere sull'esercizio di tale libertà, tale misura può essere conciliata con l'articolo 10 della Convenzione solo se è giustificata da un interesse pubblico prevalente.40.

In generale, la "necessità" di qualsiasi restrizione all'esercizio della libertà di espressione deve essere stabilita in modo convincente .... Certo, spetta in primo luogo alle autorità nazionali valutare se esiste una "pressante necessità sociale" in grado di giustificare tale restrizione, esercizio per il quale godono di un certo margine di discrezionalità. Tuttavia, la discrezione nazionale si scontra con l'interesse della società democratica a garantire e mantenere la libertà di stampa. Analogamente, a tale interesse deve essere dato grande peso nel determinare, come richiesto dall'articolo 10, comma 2, se la restrizione sia proporzionata allo scopo legittimo perseguito. In breve, le limitazioni alla riservatezza delle fonti giornalistiche richiedono l'esame più scrupoloso da parte della Corte. Nell'esercizio della sua funzione di controllo, la Corte non ha il compito di sostituirsi ai giudici nazionali, ma di riesaminare, ai sensi dell'articolo 10, le decisioni da essi adottate secondo il loro potere discrezionale.  A tal fine, la Corte deve considerare l'"ingerenza" di cui trattasi alla luce della causa nel suo complesso, al fine di determinare se le ragioni addotte dalle autorità nazionali per giustificarla appaiano "pertinenti e sufficienti". »

31.  Nella sentenza Sanoma Uitgevers B.V. contro i Paesi Bassi ([GC], n. 38224/03, § 51, 14 settembre 2010), la Grande Camera ha ricordato quanto segue:"La Corte ha sempre sottoposto a un esame particolarmente attento le garanzie di rispetto della libertà di espressione nei casi previsti dall'articolo 10 della Convenzione. Considerata l'importanza della protezione delle fonti giornalistiche per la libertà di stampa in una società democratica, un'ingerenza può essere considerata compatibile con l'articolo 10 della Convenzione solo se giustificata da un'esigenza imperativa di interesse pubblico (...). »

32.  Nella sentenza Voskuil c. Paesi Bassi (n. 64752/01, § 67, 22 novembre 2007), in risposta all'affermazione del governo secondo cui la divulgazione della fonte era stata necessaria per garantire un processo equo all'imputato, la Corte ha dichiarato che la fonte della denuncia era stata "la fonte delle informazioni che erano state divulgate" e che "era necessaria per garantire un processo equo":"La Corte non vede la necessità, in questo caso, di esaminare se, in qualsiasi circostanza, l'obbligo che incombe a una parte contraente di garantire un processo equo possa giustificare l'obbligo per un giornalista di rivelare la sua fonte. Indipendentemente dalla potenziale importanza per il procedimento penale delle informazioni che la Corte d'Appello ha voluto ottenere dalla ricorrente, non le è stato impedito di valutare nel merito le accuse mosse ai tre imputati; sembra che sia stata in grado di sostituire le prove che aveva chiesto di ottenere dalla ricorrente con quelle ottenute da altri testimoni .... Di conseguenza, questo motivo che giustificherebbe l'interferenza contestata è irrilevante. »

33.  Dalla giurisprudenza della Corte emerge inoltre che il diritto dei giornalisti al silenzio delle loro fonti non può essere considerato un mero privilegio concesso o revocato sulla base della liceità o illegittimità delle loro fonti, ma è un autentico attributo del diritto all'informazione, che deve essere trattato con la massima circospezione (cfr. Tillack c. Belgio, n. 20477/05, § 65, 27 novembre 2007). Inoltre, l'apparente coinvolgimento dei giornalisti nell'identificazione di fonti anonime ha sempre un effetto inibitorio (cfr. Financial Times Ltd e altri c. Regno Unito, n. 821/03, § 70, 15 dicembre 2009).

b) Applicazione di questi principi al caso di specie

34.  Le parti convengono che vi è stata "interferenza" nell'esercizio dei diritti della ricorrente ai sensi dell'articolo 10 § 1 della Convenzione e la Corte non vede alcuna ragione per ritenere altrimenti. Essa deve quindi valutare se tale ingerenza fosse giustificata ai sensi del secondo paragrafo di tale disposizione.

35.  Non è contestato nel caso di specie che l'ordine di testimoniare sia stato previsto dall'articolo 28a (2) del codice penale in combinato disposto con l'articolo 19 (2) (c) del Narcotics Act, e che sia stato emesso ai fini della "prevenzione del crimine". La Corte condivide questo punto di vista e ritiene che non sia necessario decidere se tale interferenza persegua uno degli altri scopi legittimi invocati dal governo (cfr. paragrafo 22).

36.  Spetta quindi alla Corte valutare se l'ingerenza sia stata "necessaria in una società democratica". In particolare, deve determinare se le ragioni addotte dalle autorità nazionali per giustificare l'interferenza appaiono "pertinenti e sufficienti" e se la misura contestata è "proporzionata agli obiettivi legittimi perseguiti".

Nel far ciò, la Corte deve accertare che le autorità nazionali, sulla base di una valutazione accettabile dei fatti rilevanti, hanno applicato norme conformi ai principi sanciti dall'articolo 10 (cfr., tra le altre, Cumpănănă e Mazăre c. Romania [GC], n. 33348/96, § 90, CEDU 2004-XI; Schweizerische Radio- und Fernsehgesellschaft SRG c. Svizzera, n. 34124/06, § 55, 21 giugno 2012).

A questo proposito, sottolinea che la possibilità di far esaminare il provvedimento da un giudice o da qualsiasi altro organo decisionale indipendente e imparziale è una delle principali garanzie che devono circondare ogni violazione del diritto alla tutela delle fonti giornalistiche. L'organo di controllo deve essere investito del potere di determinare se vi sia un imperativo di interesse pubblico prevalente che prevalga sul principio della protezione delle fonti giornalistiche e, in caso contrario, di impedire qualsiasi accesso inutile alle informazioni che potrebbe portare alla divulgazione dell'identità delle fonti (cfr. Sanoma Uitgevers B.V., citata, § 90).37.  

La Corte rileva fin dall'inizio che l'obbligo del richiedente di testimoniare in un'indagine della Procura della Repubblica era volto a individuare il potenziale autore di un reato ai sensi della legge sugli stupefacenti. Essa ammette che il richiedente era l'unico in grado di assistere le autorità penali nell'identificazione dello spacciatore in questione, che le ha fornito informazioni per il suo articolo, e che c'era senza dubbio un motivo legittimo per perseguirlo penalmente.

38.  Questi sono senza dubbio motivi rilevanti. Tuttavia, la Corte ritiene che, per stabilire la necessità di rivelare l'identità di una fonte, non è sufficiente sostenere che, in assenza di tale misura, non sarebbe possibile far avanzare un'indagine penale. Nel valutare la necessità ai fini della "prevenzione della criminalità", si deve tener conto della gravità dei reati che danno luogo a tale indagine (cfr., mutatis mutandis, Becker, citato, § 79).39.  A questo proposito, va notato che sia il Tribunale federale (paragrafo 8) che il Governo convenuto (paragrafo 26) sembrano attribuire un'importanza relativamente minore al reato in questione nel caso in questione, basandosi sulla scelta del legislatore di includerlo nel catalogo - descritto dal Tribunale federale come sistematicamente incoerente (paragrafo 12) - dei reati che giustificano un'eccezione alla protezione delle fonti.  È vero che, nella sua sentenza nella presente causa, il Tribunale federale ha individuato altre considerazioni che ha ritenuto rilevanti per la valutazione della gravità del reato. Così facendo, ha sottolineato soprattutto la natura commerciale dell'attività dello spacciatore e i profitti da lui ottenuti, piuttosto che il fatto che tale attività, ovvero il traffico di droghe leggere, rappresenterebbe un rischio considerevole per la salute dei consumatori (si veda anche la prassi nazionale citata al precedente paragrafo 26).

40.  La Corte ritiene che, oltre alla minore pericolosità del reato sul quale la ricorrente è stata chiamata a testimoniare al fine di rivelare la sua fonte, debba essere data importanza anche al fatto che l'articolo della ricorrente riguardava un soggetto suscettibile di attrarre un notevole interesse pubblico, in quanto evidenziava il fatto che un trafficante di droga può essere stato attivo per anni senza essere rivelato. Inoltre, l'ingiunzione potrebbe avere un impatto negativo sul giornale che l'ha pubblicata, la cui reputazione presso potenziali fonti future potrebbe essere compromessa dalla divulgazione, nonché sui membri del pubblico che hanno interesse a ricevere informazioni da fonti anonime (cfr., mutatis mutandis, Voskuil, citato, § 71).

D'altro canto, la ricorrente non può essere criticata per non essersi espressa in modo sufficientemente critico sull'argomento trattato nel suo articolo, né per aver subordinato la protezione delle fonti a tale condizione, come sembra suggerire il Tribunale federale (paragrafo 8).

41.  La Corte ribadisce che, in considerazione dell'importanza della protezione delle fonti giornalistiche per la libertà di stampa in una società democratica, l'obbligo per un giornalista di rivelare l'identità della sua fonte può essere riconciliato con l'articolo 10 della Convenzione solo se è giustificato da un'esigenza imperativa di interesse pubblico (cfr., mutatis mutandis, sentenza Roemen e Schmit c. Svizzera (Corte federale di giustizia) del 25 novembre 2001, sentenza del 25 novembre 2001, § 2). Lussemburgo, n. 51772/99, § 46, CEDU 2003-IV). Nel caso in questione, quindi, non era sufficiente che l'ingerenza fosse stata imposta perché il reato in questione rientrava in una determinata categoria o era coperto da una norma giuridica formulata in termini generali: occorreva piuttosto assicurarsi che fosse necessaria nelle circostanze del caso (cfr., mutatis mutandis, Perinçek c. Svizzera [GC], n. 27510/08, § 275, CEDU 2015 (estratti)). Questo sembra essere anche l'approccio del Tribunale federale nella sua sentenza nel DTF 132 I 181 (paragrafo 12). Pur rilevando che l'ordinamento giuridico deve prevedere la possibilità di limitare la protezione delle fonti giornalistiche, il Tribunale federale ha elencato i fattori da prendere in considerazione nella ponderazione degli interessi che devono determinare se sia giustificato o meno, in un caso specifico, ricorrere a tale possibilità. Pertanto, accettando che i professionisti dei media non debbano rivelare le loro fonti in ogni caso rientrante nel catalogo delle eccezioni previste dall'articolo 28 bis, comma 2, lettera b), del codice penale, ha ritenuto in particolare che l'obbligo di testimoniare sia giustificabile solo quando l'interesse al procedimento penale supera l'interesse del giornalista a non rivelare le sue fonti.

42.  La Corte deve tuttavia rilevare che, nel caso di specie, dopo aver concluso che non si deve attribuire alcuna particolare importanza né all'interesse pubblico né all'interesse del richiedente, il Tribunale federale ha risolto il caso facendo riferimento alla ponderazione degli interessi fatta in generale e in astratto dal legislatore. Pertanto, la sua sentenza non dimostra che l'obbligo di testimoniare imposto alla ricorrente soddisfi un requisito imperativo di interesse pubblico. Secondo la Corte, il Tribunale federale non ha quindi fornito motivi sufficienti per giustificare che la misura controversa corrispondesse a una "necessità sociale prioritaria" (cfr., mutatis mutandis, Schweizerische Radio- und Fernsehgesellschaft SRG, citata, § 65).

43.   La Corte conclude pertanto che, in assenza di sufficienti motivi addotti dalle autorità nazionali, l'interferenza nell'esercizio della libertà di espressione della ricorrente non può essere considerata "necessaria in una società democratica" ai sensi dell'articolo 10, paragrafo 2.

Di conseguenza, vi è stata una violazione dell'articolo 10 della Convenzione.

II SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

44.  Ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione:"Se il Tribunale constata che vi è stata una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente consente solo imperfettamente di eliminare le conseguenze di tale violazione, il Tribunale dà giusta soddisfazione alla parte lesa, se del caso, alla parte lesa. » 

45.  Il richiedente non ha avanzato alcuna richiesta di risarcimento per danni materiali o morali. Di conseguenza, il Tribunale ritiene che non sia necessario concedere alla ricorrente una somma a tal fine.

B Costi e spese

46.  La ricorrente chiede 25.000 franchi svizzeri (CHF), ossia circa 23.500 euro (EUR), per le spese e i costi sostenuti nel procedimento dinanzi al Tribunale.

47.  Il Governo nota che la ricorrente ha indicato solo un numero totale di ore per gli onorari del suo rappresentante, la tariffa e un importo complessivo, senza dimostrare a quale lavoro corrispondono i costi richiesti.

48.  Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può essere rimborsato per le spese sostenute solo nella misura in cui ne sia accertata la realtà, la necessità e la ragionevolezza della tariffa. Nel caso di specie, data l'assenza di note di onorari o di altri documenti giustificativi nel fascicolo, la Corte decide di non pronunciarsi al riguardo.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,

1 Dichiara la domanda ammissibile ;

2 Dichiara che vi è stata una violazione dell'articolo 10 della Convenzione;

3 Rifiuta la richiesta di una giusta soddisfazione.

Fatto in francese e comunicato per iscritto il 6 ottobre 2020, ai sensi dell'articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Milano BlaškoPaul LemmensPresidente