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Furto aggravato del mezzo fraudolento quando astuta predisposizione di mesi (Cass. 32874/19)

22 luglio 2019, Cassazione penale

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In tema di reato di furto in abitazione, si parla di aggravante del mezzo fraudolento in presenza di stratagemma diretto ad aggirare, annullare, gli ostacoli che si frappongono tra l’agente e la cosa; di operazione straordinaria, improntata ad astuzia e scaltrezza; di escogitazione che sorprenda o soverchi, con l’insidia, la contraria volontà del detentore, violando le difese apprestate dalla vittima; di insidia che eluda, sovrasti o elimini la normale vigilanza e custodia delle cose.

Per l'aggravante dell'uso del mezzo fraudolento la frode rilevante deve riferirsi non a qualunque banale, ingenuo, ordinario accorgimento, ma richiede qualcosa in più: un’astuta, ingegnosa e magari sofisticata predisposizione di mezzi. 

Integra il reato di furto in abitazione la condotta di colui che si impossessa di beni mobili, sottraendoli al legittimo detentore, dopo essersi introdotto nella dimora del soggetto passivo a seguito di consenso di quest’ultimo carpito con l’inganno.

L’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento si caratterizza per la necessità che l’attività preparatoria al reato sia tale da risultare 'scaltra', idonea ad eludere il controllo e la sorveglianza sulla res da parte del possessore, facendo leva in qualche modo sul suo consenso, distinguendosi, altresì, dal reato di truffa sulla base del fatto che, in quest’ultimo, la consegna della res da parte della vittima, raggirata dai comportamenti fraudolenti, avviene con l’animus di spossessarsene definitivamente, in ragione del raggiro subito sicché l’impossessamento non avviene invito domino.

 


CORTE DI CASSAZIONE

SEZ. V PENALE

 SENTENZA 22 luglio 2019, n.32847 -

Pres. Zaza – est. Brancaccio


Ritenuto in fatto

1. Con il provvedimento impugnato, datato 12.9.2018, la Corte d’Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Bologna in data 29.9.2015, ha riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena a L.P. , confermando le condanne nei confronto delle imputate L.P. e L.K. alla pena di anni uno di reclusione e 309 Euro di multa ciascuna per il reato di concorso in furto in abitazione, aggravato dall’aver utilizzato un mezzo fraudolento, condotta risalente al (OMISSIS) . Il furto è stato commesso ai danni di due anziani, introducendosi nella loro abitazione utilizzando uno stratagemma consistito nella vendita porta a porta di piantine di ciclamini e sottraendo loro la somma di 150 Euro.

2. Avverso il provvedimento della Corte d’Appello propone ricorso L.P. , tramite il proprio difensore avv. Tunno, deducendo quattro motivi.

2.1. Il primo motivo richiede la correzione dell’errore materiale relativo al nome dell’imputata che in motivazione è stata indicata quale beneficiaria della sospensione condizionale della pena in L.K. , laddove invece in dispositivo il nome è correttamente indicato in quello di L.P. : dovrebbe, quindi, essere modificata la motivazione per renderla corrispondente al dispositivo ai sensi dell’art. 130 c.p.p..

2.2 II secondo motivo eccepisce l’erroneità del mancato accoglimento della richiesta di applicazione della disciplina della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis c.p., sussistendone invece le condizioni per l’esiguità del danno, le modalità della condotta e le condizioni personale del soggetto agente. La causa di non punibilità sarebbe rilevabile, a giudizio della difesa, in ogni stato e grado, salva la formazione del giudicato anche implicito (Sez. 3, n. 6870 del 28/4/2016, dep. 2017).

2.3. Con il terzo motivo si deduce erronea applicazione della circostanza aggravante dell’art. 625 c.p., comma 1, n. 4, alla luce della giurisprudenza di legittimità.

2.4. La quarta censura attiene alla dosimetria della pena che avrebbe violato i criteri indicati dall’art. 133 c.p..

3. Propone ricorso altresì L.K. , tramite il difensore avv. Mannino, deducendo due motivi di ricorso.

3.1. Con il primo motivo si eccepisce violazione di legge in relazione alla configurabilità del reato di furto in abitazione aggravato dal mezzo fraudolento.

Non è provato che le imputate siano entrate nell’abitazione della vittima con l’intenzione di compiere il furto del danaro, ben potendo le stesse avere come propria volontà quella di vendere le piantine di ciclamino ed avendo successivamente sfruttato tale occasione per compiere il delitto.

L’ingresso in casa finalizzato alla vendita implica che le due imputate non hanno carpito la volontà delle vittime, bensì sono state fatte entrare in casa dal loro consenso e per uno scopo lecito.

3.2. Il secondo motivo di ricorso deduce l’insussistenza dell’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento; non corrispondente nelle sue emergenze fattuali ai parametri di configurabilità indicati dalla giurisprudenza anche delle Sezioni Unite: ammesso che le imputate abbiano utilizzato lo stratagemma della vendita delle piantine di ciclamini per introdursi in casa delle vittime, tale condotta non ha i caratteri di insidiosità, astuzia e caltrezza idonei a vanificare le difese poste dal detentore sulla cosa sottratta.

Inoltre, la medesima condotta di fatto è stata utilizzata doppiamente nel senso di aggravare il reato; da un lato, proponendola come presupposto della configurabilità del furto in abitazione, dall’altro individuandola quale aggravante della fraudolenza della condotta di furto in sé considerata. 

Considerato in diritto

1. Il ricorso di L.P. è fondato unicamente quanto alla richiesta di correzione dell’errore materiale (primo motivo) relativo alla indicazione in motivazione della sentenza impugnata del nominativo di L.K. e non della ricorrente come beneficiaria della sospensione condizionale della pena, disposta in appello. Il dispositivo, effettivamente, risulta corretto, ma deve essere corretto l’errore materiale relativo alla motivazione della sentenza per eliminare qualsiasi discrasia e possibilità di equivoco al riguardo.

Nel resto dei motivi proposti, l’impugnazione è in parte manifestamente infondata, in parte aspecifica poiché si limita a riproporre ragioni d’appello cui è stata già data congrua risposta dal provvedimento impugnato.

1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Quanto alla richiesta direttamente proposta a questa Corte di legittimità nel senso di verificare le condizioni di applicabilità della disposizione di cui all’art. 131 bis c.p., nel caso di specie, essa deve ritenersi non valutabile alla luce dell’impossibilità di applicarla al reato di cui all’art. 624 bis c.p., in ragione dei limiti massimi edittali di pena che escludono tale delitto dal novero di quelli per i quali è possibile applicare detta causa di esclusione della punibilità. Peraltro, si tratta di motivo nuovo, non proposto neppure, come sarebbe stato dovuto, nell’atto di appello.

1.3. Il terzo motivo confonde l’aggravante della destrezza, prevista dall’art. 625 c.p., comma 1, n. 4, con quella, ritenuta, dell’uso di mezzo fraudolento, prevista dal n. 2 della medesima disposizione.

È in relazione alla destrezza che intervengono nel 2017 le Sezioni Unite a circoscriverne la portata con la sentenza n. 34090 del 27/4/2017, Quarticelli, Rv. 270088 citata dal ricorrente, mentre, per l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, valgono le regole interpretative sinora dettate dalle Sezioni semplici, seguendo un percorso logico e coerente nell’analisi delle fattispecie, successivo all’importante arresto delle Sezioni Unite n. 40354 del 18/7/2013, Sciuscio, Rv. 255974.

Invero, è stato condivisibilmente affermato, tracciando, da un lato, le linee distintive tra l’aggravante della destrezza e quella dell’uso del mezzo fraudolento e, dall’altro, quelle tra il reato di furto aggravato ai sensi dell’art. 625 c.p., comma 1, n. 2, e il delitto di truffa, che l’approfittamento di una condizione favorevole appositamente creata dall’agente per allentare la sorveglianza da parte del possessore e neutralizzarne gli effetti integra la circostanza aggravante dell’uso del mezzo fraudolento in caso di particolare scaltrezza nell’attività preparatoria, concertata ed attuata mediante qualche comportamento richiedente la presenza del possessore, idonea ad eluderne la vigilanza ed i mezzi approntati a difesa dei suoi beni (Sez. 4, n. 2340 del 29/11/2017, dep. 2018, DS, Rv. 271757, in una fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza dell’aggravante della destrezza, e ha ritenuto configurabile quella dell’uso del mezzo fraudolento, in un caso in cui l’imputato con un pretesto si era fatto consegnare il telefono dalla persona offesa e se ne era poi impossessato allontanandosi repentinamente; Sez. 5, n. 36138 del 22/5/2018, Zizzo, Rv. 273881).

L’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, dunque, si caratterizza per la necessità che l’attività preparatoria al reato sia tale da risultare 'scaltra', idonea ad eludere il controllo e la sorveglianza sulla res da parte del possessore, facendo leva in qualche modo sul suo consenso (cfr. in un’altra interessante fattispecie anche Sez. 5, n. 32687 del 30/1/2018, Rodriguez Perez, Rv. 273498), distinguendosi, altresì, dal reato di truffa sulla base del fatto che, in quest’ultimo, la consegna della res da parte della vittima, raggirata dai comportamenti fraudolenti, avviene con l’animus di spossessarsene definitivamente, in ragione del raggiro subito (Sez. 5, n. 18655 del 24/2/2017, Suffer, Rv. 269640), sicché l’impossessamento non avviene invito domino (Sez. 4, n. 14609 del 22/2/2017, Piramide, Rv. 269537).

Le Sezioni Unite, con la sentenza Sez. U, n. 40354 del 18/7/2013, Sciuscio, Rv. 255974, avevano già chiarito che, nel reato di furto, l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità. Sulla base di tale principio, il massimo collegio di legittimità ha escluso che sia configurabile l’aggravante nel caso del mero occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita 'self-service'. Le Sezioni Unite hanno ritrovato la ratio della circostanza nel fatto che essa serve a sanzionare un maggior disvalore riconnesso al fatto che le cose altrui vengano aggredite con misure di affinata efficacia che rendono più grave la condotta e mostrano, altresì, maggiore intensità del dolo, più pervicace risoluzione criminosa e maggiore pericolosità sociale.

La frode rilevante deve riferirsi non a qualunque banale, ingenuo, ordinario accorgimento, ma richiede qualcosa in più: un’astuta, ingegnosa e magari sofisticata predisposizione di mezzi.

Le Sezioni Unite ritrovano nell’elaborazione giurisprudenziale chiarificazioni sostanzialmente consonanti: si parla di mezzo fraudolento in presenza di stratagemma diretto ad aggirare, annullare, gli ostacoli che si frappongono tra l’agente e la cosa; di operazione straordinaria, improntata ad astuzia e scaltrezza; di escogitazione che sorprenda o soverchi, con l’insidia, la contraria volontà del detentore, violando le difese apprestate dalla vittima; di insidia che eluda, sovrasti o elimini la normale vigilanza e custodia delle cose.

Ebbene, appare evidente dalla stessa lettura delle contestazioni che nel caso di specie sussista l’aggravante in esame: le due complici si sono introdotte in casa delle persone offese utilizzando uno stratagemma particolarmente odioso e invasivo dell’altrui sfera volitiva, soprattutto se si tratta di persone vulnerabili come possono essere soggetti anziani. Le due ricorrenti hanno, infatti, escogitato uno stratagemma ingegnoso, costituito dalla vendita porta a porta di piantine di fiori al fine evidente di poter introdursi nell’appartamento dei due anziani e di approfittare del momento utile per riuscire a sottrarre denaro o altro di valore, proprio utilizzando il frangente in cui le vittime avrebbero preso i soldi per pagare la piantina magari acquistata, eludendo la normale vigilanza una volta creato un rapporto umano seppur minimo.

Tale condotta, per le circostanze di fatto, di luogo e la condizione delle vittime prescelte, induce senza dubbio a ritenere la configurabilità dell’aggravante per come poc’anzi ricostruita nei sui caratteri e finalità.

1.4. Anche l’ultimo motivo attinente alla dosimetria della pena ed al mancato rispetto dei parametri di cui all’art. 133 c.p., è del tutto privo di pregio, oltre che genericamente proposto e nuovo quanto alla sua formulazione.

La ricorrente si limita a riferire apoditticamente della violazione dei canoni valutativi indicati dall’art. 133 c.p., senza neppure curarsi di indicare quale sia la parte della motivazione che specificamente li contraddice.

I giudici d’appello, peraltro, hanno logicamente fatto discendere dalle modalità della condotta insidiose, tanto da far ritenere l’aggravante del mezzo fraudolento, il diniego della prevalenza delle attenuanti generiche (ritenute sin troppo benevolmente concesse) sulle aggravanti.

2. Il ricorso di L.K. è infondato.

Si deduce che le imputate non si sarebbero introdotte in casa delle vittime con l’inganno o clandestinamente ma con il loro consenso e ciò escluderebbe la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 624 bis c.p..

L’argomento è errato.

Già in passato la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che integra il reato di furto in abitazione la condotta di colui che si impossessa di beni mobili, sottraendoli al legittimo detentore, dopo essersi introdotto nella dimora del soggetto passivo a seguito di consenso di quest’ultimo carpito con l’inganno (Sez. 5, n. 41149 del 10/6/2014, Crescimone, Rv. 261030 in una fattispecie in cui l’imputato si era introdotto nell’abitazione delle vittima, convincendola a sottoporsi ad un rito propiziatorio).

Sotto un profilo rilevante e aggiuntivo si è, altresì, affermato, in tema di reato di rapina e sussistenza dell’aggravante di aver commesso il fatto in uno dei luoghi previsti nell’art. 624 bis c.p., che si configura l’aggravante prevista dall’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 bis, solo perché il reato è stato commesso in uno di tali luoghi, mentre non assume alcuna rilevanza che la vittima abbia o meno prestato il consenso all’ingresso in essi (Sez. 2, n. 30959 del 14/7/2016, Morarasu, Rv. 267575: nella specie è stata ritenuta la sussistenza della circostanza aggravante della rapina in luogo di privata dimora a carico di un giovane introdottosi nell’abitazione della nonna, inizialmente consenziente all’ingresso; conforme Sez. 2, n. 48584 del 14/12/2011, Voza, Rv. 251756).

Il Collegio condivide tali arresti.

La ragione di aggravamento sanzionatorio sottesa alla realizzazione di una condotta di reato contro il patrimonio in uno dei luoghi privati indicati dall’art. 624 bis c.p., consiste nella maggior tutela che l’ordinamento vuol approntare alle attività di vita che ivi si svolgono ed alla sfera individuale che in essi si esplica, dovendo ritenersi che l’introdursi in qualsiasi modo in uno di detti luoghi al fine di commettere un reato contro il patrimonio determini una invasione più grave della sfera personale della vittima.

È evidente, dunque, che, al fine di ritenere tale maggior disvalore, ciò che rileva non sia tanto la ragione che induce magari la vittima a consentire l’ingresso dell’autore del reato in tali luoghi, bensì il fatto stesso che la condotta di reato sia realizzata in essi. Deve ribadirsi, pertanto, che integra il reato di furto in abitazione la condotta di colui che si impossessa di beni mobili, sottraendoli al legittimo detentore, dopo essersi introdotto nella dimora del soggetto passivo a seguito di consenso di quest’ultimo carpito con l’inganno, non avendo alcun rilievo che la vittima abbia o meno prestato detto consenso all’ingresso.

3. Anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso di L.K. sono infondati e devono essere rigettati.

Quanto alla possibilità di ritenere nel caso di specie la sussistenza dell’aggravante del mezzo fraudolento, si richiama quanto già detto al punto 1.3.

In relazione, invece, alla osservazione che sarebbe violato il principio di necessaria proporzionalità della pena, valorizzando lo stesso espediente della vendita simulata di piantine ornamentali sia per ritenere la configurabilità dell’aggravante, sia come modalità necessaria e strumentale della condotta stessa di cui all’art. 624 bis c.p., deve rammentarsi che, attraverso l’aggravante, si punisce la modalità fraudolenta con cui l’autore del reato si introduce nell’abitazione privata in cui commette poi il furto; con la previsione incriminatrice specifica si sanziona, invece, il maggior disvalore derivante dal fatto stesso che la condotta di reato sia commessa in uno di luoghi indicati nell’art. 624 bis c.p..

Una palese diversità di ratio, dunque, che esclude qualsiasi rischio di duplicazione o sovrapposizione della disciplina, volta a scopi, invece, differenti.

P.Q.M.

 

Dispone correggersi la motivazione della sentenza impugnata intendendosi il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a L.P. e non a L.K. . Dichiara inammissibile il ricorso di L.P. nel resto.

Rigetta il ricorso di L.K. , che condanna al pagamento delle spese processuali.