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Fumare una sigaretta sul balcone del vicino è evasione (Cass. 5277/22)

14 febbraio 2022, Cassazione penale

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Arresti domiciliari sono violati, con reato di evasione, per ogni allontanamento dall'abitazione: per abitazione deve intendersi lo spazio fisico delimitato dall'unità abitativa in cui la persona conduce la propria vita domestica, con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell'abitazione e non ne costituisca parte integrante, al fine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità dell'imputato, che devono avere il carattere della prontezza e della non aleatorietà. 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Sent., (ud. 25/01/2021) 14-02-2022, n. 5277

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente -

Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere -

Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere -

Dott. GIORGI Maria Silvia - Consigliere -

Dott. COSTANTINI Antonio - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.M., nata a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 05/05/2021 della Corte appello di Lecce - Sezione Distaccata di Taranto;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Antonio Costantini;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Molino Pietro, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza emessa in data 5 maggio 2021, la Corte di appello di Taranto ha confermato la decisione del 6 novembre 2019 del Tribunale di Taranto, che aveva condannato S.M. alla pena di un anno di reclusione in ordine al delitto di cui all'art. 385 c.p.commesso il (OMISSIS).

In particolare, è stato contestato alla ricorrente di essersi allontanata dalla propria abitazione ove era ristretta in regime di arresti domiciliari, senza un'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, per recarsi presso l'abitazione della sorella, anch'essa in regime di arresti domiciliari.

2. Ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Taranto S.M., a mezzo del difensore Avv. MS, con tre motivi di ricorso.

2.1. Con il primo motivo, deduce vizi cumulativi di motivazione e violazione di legge penale e processuale con riferimento agli artt. 385 e 546 c.p..

La Corte territoriale si sarebbe limitata a ripercorrere le ragioni già espresse dal primo giudice senza vagliare adeguatamente le censure formulate in sede di gravame, fondando la conferma della decisione di condanna su meri indizi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. In realtà sarebbe carente l'elemento materiale del reato nella condotta della ricorrente che era stata vista fumare una sigaretta sul balcone della sorella in considerazione della limitata portata e della giustificazione dell'allontanamento dall'appartamento di proprietà a quello attiguo della sorella. L'aver avuto accesso attraverso un varco che collegava l'attiguo appartamento della sorella avrebbe costituito, al più, una violazione delle prescrizioni ma, in assenza di un non significativo e rilevante allontanamento non avrebbe certo integrato il delitto di evasione.

L'immediato rientro in casa deporrebbe, inoltre, per l'assenza del dolo tenuto conto dell'assenza di alcuna intenzione della S. di sottrarsi ai controlli delle forze dell'ordine, alle quali ha invece regolarmente aperto la porta.

2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta vizi di motivazione e violazione di legge con riferimento all'art. 131-bis c.p..

La sentenza impugnata non avrebbe motivato in ordine alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità specie nella parte in cui non dà conto delle pronunce di legittimità pur allegate secondo cui può essere riconosciuta la sussistenza dei requisiti per la applicazione dell'art. 131-bis c.p. quando l'allontanamento dall'abitazione abbia carattere episodico ed occasionale e avvenga in uno spazio condominiale con il fine inequivoco di far ritorno nei confini stabiliti dal provvedimento restrittivo. L'adiacenza dell'abitazione della sorella, l'assenza di volontà di realizzare un ulteriore allontanamento e di sottrarsi al controllo delle forze dell'ordine, paleserebbero il carattere occasionale della condotta tale da far ritenere la ricorrente meritevole della applicazione dell'art. 131-bis c.p..

2.3. Con il terzo motivo, si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche ex art. 62-bis c.p. al complessivo trattamento sanzionatorio.

Motivi della decisione

1. il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato e generico.

2. Alla luce del corretto esame della vicenda da parte della Corte di appello le censure ripercorrono le stesse ragioni debitamente smentite nella parte in cui è stata valorizzata la complessiva condotta della ricorrente per come accertata dai Carabinieri addetti al controllo.

2.1. Per meglio comprendere la vicenda ed apprezzare la motivazione della decisione si rileva come i Giudici di merito sono pervenuti a concorde dichiarazione di responsabilità in quanto la ricorrente veniva sorpresa fumare sul balcone pertinente all'abitazione adiacente della sorella, persona egualmente sottoposta agli arresti domiciliari, dal quale si era affacciata, mentre all'atto del controllo da parte dei Carabinieri la S. apriva la porta dall'interno della propria abitazione senza che fosse stata notata fuoriuscire dall'abitazione della sorella; circostanza mesa in evidenza che ha portato i militari a scoprire come le due abitazioni, nettamente distinte tra loro anche sotto il profilo catastale, fossero in realtà comunicanti attraverso un apposito varco che si accertava fosse occultato dalla presenza di due armadi.

Proprio le modalità attraverso cui era stato realizzato l'allontanamento dal luogo di detenzione per raggiungere la sorella, anch'ella in regime di arresti domiciliari, aveva fatto ritenere sussistente, oltre all'allontanamento materiale, una intensa volizione tenuto conto dell'apprezzato accorgimento adottato che consentiva alle due donne, entrambe sottoposte a regine extramurario, di incontrarsi pur in presenza di imposizioni che non ne consentivano lo spostamento dall'abitazione.

2.2. In ordine a cosa debba intendersi per abitazione al fine di assegnare rilevanza penale alla condotta dell'agente che se ne allontana, questa Corte ha con orientamento consolidato ritenuto che deve intendersi lo spazio fisico delimitato dall'unità abitativa in cui la persona conduce la propria vita domestica, con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell'abitazione e non ne costituisca parte integrante, al fine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità dell'imputato, che devono avere il carattere della prontezza e della non aleatorietà. In tal senso è stata ritenuta penalmente rilevante la condotta di soggetto che veniva sorpreso all'interno di un capannone che costituiva corpo autonomo e separato dall'abitazione in senso stretto (Sez. 2, n. 13825 del 17/02/2017, Guglielmi, Rv. 269744), così come significativa è stata ritenuta la presenza negli spazi comuni condominiali, condotta in conflitto con il fine primario e sostanziale della misura coercitiva degli arresti domiciliari di impedire i contatti con l'esterno ed il libero movimento della persona, quale mezzo di tutela delle esigenze cautelari (Sez. 6, n. 4830 del 21/10/2014, dep. 2015, P.M. in proc. Capkevica, Rv. 262155). Principi di diritto che delimitano l'autonomia di movimento della persona sottoposta a regime restrittivo domiciliare e che sono concordi nel ritenere che per abitazione debba intendersi solo quella direttamente occupata.

2.3. In tali termini ineccepibile risulta l'osservazione della Corte territoriale che, facendo riferimento alle differenti unità catastali dei due appartamenti in cui risultavano dimorare i due distinti nuclei familiari, hanno così messo in evidenza la circostanza che la condotta fosse stata realizzata attraverso l'accertato fuoriuscire dall'unità abitativa, essendo invece irrilevante, sotto il profilo che in questa sede interessa, la circostanza che sia repentinamente rientrata tra l'altro rioccultando il passaggio che consentiva il passaggio tra le due case. Dato non confutato nella parte in cui sono stati apprezzate le due distinte abitazioni, che risulta determinante là dove il Collegio di merito ha valorizzato la particolare intensità del dolo della condotta della S. che, attraverso tale espediente, poteva liberamente incontrarsi con la sorella; nè assume rilevanza alcuna la prospettata necessità di fumare una sigaretta, evenienza non certo idonea a far venir meno gli obblighi sottesi alla misura cautelare in corso di esecuzione.

3. L'apprezzata intensità del dolo, unitamente alle modalità della condotta sopra enunciate, ha rappresentato la ragione che ha portato la Corte territoriale, con motivazione logica e completa non sindacabile in sede di legittimità, ad escludere che il fatto potesse essere valutato in termini di particolare tenuità. In tal senso milita conforme giurisprudenza di questa Corte che si deve tenere ferma secondo cui la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. è applicabile al reato di evasione quando la complessiva valutazione degli indicatori afferenti al danno e alla colpevolezza, risulti palesi una minima offensività (Sez. 6, n. 21514 del 02/07/2020, Molino, Rv. 279311), principio di diritto espressamente enunciato da questa Corte nel suo massimo consesso allorchè, in termini generali ha avuto modo di puntualizzare quale fosse l'ambito di applicazione della norma in esame rappresentando la necessità che il giudice di merito svolga "una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo" (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 - 01).

4. Manifestamente infondato e generico risulta il terzo ed ultimo motivo che di fatto ignora la risposta coerente della Corte di merito che, avendo messo in evidenza la condotta elusiva del provvedimento cautelare posto in essere con l'accertata condotta di occultamento del varco al momento dell'arrivo dei Carabinieri, ha dato conto delle ragioni che avevano portato ad escludere il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; motivazione logica e priva di lacune non sindacabile in sede di legittimità a cui il ricorrente contrappone la enunciazione di non pertinente giurisprudenza senza invece indicare quale aspetto dovesse essere favorevolmente valutato ai fini del richiesto riconoscimento delle circostanza ex art. 62-bis c.p..

5. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto previsto dall'art. 616 c.p.p., comma 1.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022