Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Articoli

Fotografie ad estranei, pubblicazione sui social: una introduzione

18 gennaio 2020, Nicola Canestrini

La legge prevede come regola generale che chi scatta una fotografia deve avere il consenso di chiunque sia ritratto; la pubblicazione delle foto necessita di un (ulteriore) consenso. 

1. Consenso delle persone ad essere fotografate

In particolare, la legge sul diritto d'autore (L. 633/1941 modificata ed aggiornata dal D.Lgs. 22/2014 e dal D.Lgs. 163/2014) tutela le opere fotografiche dei rispettivi autori e tratta anche dei diritti connessi ai ritratti (nei quali rientra anche la fotografia).

Infatti, la definizione del ritratto in senso giuridico è diverso da quello utilizzato in fotografi: in ambito giuridico si parla di ritratto riferendosi a qualsiasi soggetto riconoscibile in una raffigurazione (fotografia, vignetta, dipinto, ecc.).

In particolare, viene utilizzato il termine “immagine” all’art. 10 c.c., rubricato “Abuso dell'immagine altrui”, in base al quale “qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge e dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni”.

La legge sul diritto d'autore (L. 22.4.1941, n. 633) usa, invece, il termine “ritratto” stabilendo, all'art. 96, che “il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa” e, all'art. 97, che “non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltesi in pubblico”.

Il “ritratto”, oltre che nelle accezioni sopra richiamate, assume rilievo anche in quanto “dato personale” e, quindi, oggetto della disciplina dettata dal cosiddetto "Codice Privacy" (D. lgs. 30.6.2003, n. 196), modificato dal D. lgs. 10.8.2018, n. 101, che lo ha adeguato alle disposizioni del Reg. UE 27 aprile 2016, n. 679 (“General Data Protection Regulation” o, breviter, GDPR).

In particolare, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento, è “dato personale” qualsiasi informazione riguardante una persona fisica, identificata o identificabile.

Quanto alla natura del diritto all'immagine, è diritto della personalità, che può essere fatto valere da chiunque e che non è rinunciabile se non nei limiti di legge, avente sia un contenuto non patrimoniale, come manifestazione tipica del diritto alla riservatezza, sia un contenuto patrimoniale, derivante dallo sfruttamento economico del “ritratto”.

Le norme ora richiamate stabiliscono in generale la necessità del consenso del titolare dell'immagine per il suo utilizzo.

Il consenso può essere sia espresso che tacito, dovendosi escludere che per la disposizione del diritto vi siano degli obblighi formali.

In entrambi i casi, tuttavia, l'immagine potrà poi essere utilizzata “nei limiti di tempo, luogo, scopo e forma previsti dal consenso, ove questo espresso, o determinabili attraverso l'interpretazione del comportamento della persona ritratta nonché da tutte le altre circostanze di fatto, se il consenso è tacito” (Cass. Civ., Sez. I, 17.2.2004, n. 3014); vedi l'approfondimento sul diritto d'autore

NON è peraltro necessario il consenso per la ripresa, l'esposizione e la messa in commercio di ritratti quando:

  •  il “ritrattato” è un personaggio noto o pubblico;
  • la foto è giustificata da necessità di giustizia o di polizia (ma è sempre vietata la foto di persona ammanettata o sottoposta a restrizione fisica);
  • scopi scientifici o didattici;
  • scopi culturali
  • le foto riguardano fatti, avvenimenti e cerimonie di interesse pubblico o che si svolgono in pubblico.

 Vi sono casi in cui fotografare può costituire reato (che scatta anche in caso di accostamenti impropri).

Consenso alla pubblicazione da parte delle persone ritratte in foto
 

Gli articoli  96 e 97 della legge sul diritto d'autore specificano, come visto, che il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza un (ulteriore) consenso di questa.

La giurisprudenza in ogni caso, sia con riferimento all'esistenza del consenso tacito che al suo contenuto impone una indagine molto rigorosa, prudente ed oggettiva (Trib. Milano, 28.11.1996; Trib. Torino, 15.1.1994), richiedendo indizi gravi, precisi e concordanti (Trib. Milano, 21 marzo 2002; Trib. Milano, 9.3.2000) e stabilendo che in ogni caso l'impiego delle immagini non può andar oltre l'uso che era "prevedibile" al momento in cui veniva effettuata la ripresa, tenuto conto anche del contesto in cui quest'ultima veniva realizzata (App. Milano, 4.10.2002).

Sulla natura del patto che autorizza la pubblicazione della propria immagine la CAssaiozne ha stabilito che  "il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto, personalissimo ed inalienabile, all'immagine ma soltanto l'esercizio di tale diritto, sicché, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, il consenso resta distinto ed autonomo dalla pattuizione che lo contiene ed è sempre revocabile, qualunque sia il termine eventualmente indicato per la pubblicazione consentita ed a prescindere dalla pattuizione convenuta, che non integra un elemento del negozio autorizzativo" (Corte di Cassazione, sezione civile, 29.1.2016. n. 1748).

 E' quindi il consenso il presupposto normativo per poter pubblicare una fotografia nella quale sia riconoscibile una persona.

Tale condizione è prevista sia dalle disposizioni normative a tutela del diritto all’immagine(art. 10 c.c. e art. 96 legge 633/1941) sia da quelle a tutela del diritto alla riservatezza(art. 6 Regolamento UE 2016/679), poiché l’altrui pubblicazione di una propria immagine fotografica costituisce, in ogni caso (e a prescindere dall’applicabilità o meno della normativa di tutela di riferimento), una forma di trattamento di un dato personale.

Il consenso alla pubblicazione è, peraltro, suscettibile di revoca in qualsiasi momento: infatti, i diritti assoluti coinvolti (immagine e riservatezza) hanno natura strettamente personale e, pertanto, non possono soffrire compromissione se non alla luce della continua persistenza ed attualità del consenso, sempre suscettibile di revoca con produzione di effetti ex nunc (salvi, i casi in cui la pubblicazione è consentita comunque dalla legge). 

Si ammette quindi pacificamente la possibilità di revocare il consenso prestato alla diffusione della propria immagine quando esso, essendo contenuto in un negozio unilaterale, abbia assunto la forma di una mera autorizzazione. Nel caso di consenso inserito in un negozio bilaterale (contratto) la dottrina è invece divisa tra chi - al pari della giurisprudenza - ne afferma l'immutata revocabilità, salvo ovviamente il risarcimento dei danni, e chi invece sostiene l'inefficacia di un'eventuale revoca (le previsioni contrattuali saranno il primo elemento da valutare). 

Approfondimento: come reagire ad una fotografia pubblicata senza consenso?