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Estradizione verso gli USA, ma non verso il Messico (Cass.14941/18)

4 aprile 2018, Cassazione penale

La pluralità di domande estradizionali, ancorché trattate in un unico procedimento, non impedisce, stante l'autonomia di ognuna di esse, che le procedure si separino, in considerazione del differente esito della presente impugnazione. L'art. 708 c.p.p. prevede infatti che il Ministro della giustizia sia tenuto a pronunciarsi sulla domanda estradizionale nel termine di 45 giorni decorrenti, tra gli altri casi, dal deposito della sentenza della Corte di cassazione, scaduto il quale la persona, se detenuta per tale titolo, deve essere posta in libertà. Naturalmente, il Ministro della giustizia esercita le facoltà previste dal Trattato e dal codice di rito in ordine alla decisione sulla domanda di estradizione.

In tema di cooperazione giudiziaria a fini della consegna di persone ricercate per esigenze di giustizia penale, per la sussistenza del requisito della doppia punibilità, è necessario che l'ordinamento italiano contempli come reato, al momento della decisione sulla domanda, il fatto per il quale la consegna è richiesta, mentre non è necessaria la rilevanza penale del medesimo fatto alla data della sua commissione.

La collaborazione giudiziaria rispettivamente nella forma tanto del mandato di arresto Europeo quanto dell'estradizione si pongono al di fuori del perimento del principio di legalità di cui all'art. 7 della CEDU, in quanto l'arresto e la consegna, azioni in cui si traduce l'esecuzione di tali procedure, non hanno carattere "punitivo". Il giudice incaricato di dar corso alla collaborazione giudiziaria deve infatti verificare che sussistano tutti gli elementi necessari al fine di consegnare una persona che si trova nell'ambito della sua giurisdizione, senza addentrarsi nel merito del procedimento penale, tranne che agli effetti della procedura stessa, astenendosi dal valutare le prove e dal pronunciare un qualsiasi giudizio di colpevolezza.

Ai fini dell'estradizione verso gli Stati Uniti d'America, l'autorità giudiziaria italiana non è tenuta a valutare autonomamente la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma deve soltanto accertare che nella relazione sommaria dei fatti, allegata alla domanda di estradizione, a norma dell'art. X, par. 3, lett. b), del Trattato bilaterale del 13 ottobre 1983, risultino evocate le ragioni per le quali appare probabile, nella prospettiva processuale dello Stato richiedente, che l'estradando abbia commesso il reato oggetto dell'estradizione.

Sul controllo che l'autorità giudiziaria italiana è tenuta ad effettuare ai fini dell'estradizione verso gli Stati Uniti d'America, non deve consistere nella valutazione autonoma della consistenza dei gravi indizi di colpevolezza nè tantomeno nella verifica (che risulterebbe vieppiù non praticabile) della effettiva tenuta indiziaria della ricostruzione secondo le regole probatorie dello Stato richiedente.

Eventuali prove di innocenza, non conosciute dall'autorità giudiziaria dello Stato richiedente e sottoposte per la prima volta alla cognizione del giudice italiano, sono rilevanti purchè risultino manifeste ed incontrovertibili.

L'emissione di una sentenza favorevole all'estradizione per l'estero non è esclusa dalla possibilità che all'estradando venga irrogata una pena detentiva a vita, purchè l'ordinamento dello Stato richiesto preveda istituti che consentano di pervenire, in sede giudiziaria o amministrativa, ad una liberazione anticipata o ad una commutazione della pena, ove ricorrano ragioni umanitarie o progressi del condannato nel percorso rieducativo le eventuali riserve in ordine alla severità e rigidità del sistema punitivo dello Stato richiedente potranno rilevare nelle valutazioni di ordine politico spettanti al Ministro della giustizia, in sede di decisione sulla richiesta di estradizione ai sensi dell'art. 708 c.p.p..

Non può divenire causa ostativa ad una pronuncia favorevole alla estradizione l'entità della pena prevista nell'ordinamento dello Stato richiedente per il reato oggetto di consegna, perchè il regime sanzionatorio è riservato - fatta eccezione per il solo caso in cui sia prevista la pena capitale alle diverse e autonome valutazioni dei due ordinamenti, reciprocamente insindacabili e irrilevanti ai fini dell'estradizione, salvo che vi sia motivo di ritenere che l'estradando possa essere sottoposto ad atti, pene o trattamenti indicati dall'art. 698 c.p.p., comma 1.

In ordine alla condizione ostativa prevista dall'art. 698 c.p.p., comma 1, laddove vi siano elementi obiettivi, affidabili, precisi e debitamente attualizzati (desumibili anche da documenti e rapporti elaborati da organizzazioni non governative, la cui affidabilità sia generalmente riconosciuta sul piano internazionale), che facciano ritenere probabile che il ricercato venga sottoposto, una volta estradato, ad un trattamento inumano e degradante, lo Stato richiesto è tenuto a valutarlo, in applicazione della giurisprudenza CEDU per la quale lo Stato ha un obbligo positivo di assicurarsi che qualsiasi detenuto sia custodito in condizioni che garantiscono il rispetto della dignità umana.

Il giudice di merito ha il dovere di confrontarsi con la documentazione offerta dalla difesa, costituita in particolare da rapporti di organismi non governativi presso le Nazioni Unite e da report di organismi ufficiali di epoca più recente, che rilevino gravi carenze del sistema penitenziario,come ad esempio per il problema del sovraffollamento e delle deleterie condizioni carcerarie. Il giudice del merito deve quindi svolgere un'indagine mirata, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l'interessato alla consegna sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante (estradizione richiesta dal Messico).


CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Sent., (ud. 26/02/2018) 04-04-2018, n. 14941

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROTUNDO Vincenzo - Presidente -

Dott. MOGINI Stefano - Consigliere -

Dott. GIORDANO Emilia Anna - Consigliere -

Dott. CALVANESE Ersilia - rel. Consigliere -

Dott. CORBO Antonio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Y.R.T.J., nato in Messico il 7/03/1957;

avverso la sentenza del 21/09/2017 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ersilia Calvanese;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Canevelli Paolo, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio, limitatamente all'estradizione concessa in favore del Messico in relazione agli artt. 698 e 705 c.p.p., con il rigetto per il resto;

uditi i difensori, avv. L.M. e G.B., che hanno concluso insistendo nei motivi di ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 21 settembre 2017, la Corte di appello di Firenze dichiarava la sussistenza delle condizioni per la estradizione di Y.R.T.J., richiesta con separate domande estradizionali presentate rispettivamente dai governi degli Stati Uniti d'America e degli Stati Uniti Messicani, al fine del suo perseguimento per una serie di reati di seguito precisati.

2. In particolare, la domanda presentata dal governo degli Stati Uniti d'America aveva ad oggetto 11 capi di accusa, contestati all'estradando con indictment (atto di accusa finalizzato al giudizio, emesso dal Grand Jury) del 22 maggio 2013, con contestuale mandato di arresto.

Il capo 1) riguardava la partecipazione ad un'impresa criminale finalizzata alla commissione di attività di racket (Titolo 18 del codice penale, sez. 1962, lett. c e d), nella specie consistito nel conseguire profitti mediante traffico di stupefacenti, riciclaggio di danaro e frode bancaria, tramite la strutturazione di transazioni finanziarie truffaldine. In particolare, era stato contestato all'estradando di aver creato con altri una serie di società di comodo negli Stati Uniti e in Messico, nonchè di aver usato diverse tecniche illecite, per occultare e mascherare profitti ottenuti con il narcotraffico svolto negli Stati Uniti.

Il capo 2) aveva ad oggetto la partecipazione ad un'associazione per delinquere (conspiracy) finalizzata al traffico di cocaina e marijuana, sostanze stupefacenti destinate all'importazione illecita negli Stati Uniti d'America (art. 21 c.p., sezione 963 e 959).

Il capo 3) riguardava la partecipazione ad un'associazione per delinquere (conspiracy) finalizzata al riciclaggio di danaro (Titolo 18 del codice penale, sez. 1956), nella specie escogitare uno stratagemma per occultare e mascherare i proventi e i profitti ottenuti dall'importazione e distribuzione su base continuativa di cocaina e marijuana negli Stati Uniti d'America, corruzione e furto di pubblica proprietà. Gli associati a tal fine avevano creato in Texas società utilizzate per ricevere, detenere e trasferire i profitti dell'impresa criminale.

Il capo 4) aveva ad oggetto la partecipazione ad un'associazione per delinquere (conspiracy) finalizzata a produrre false dichiarazioni (Titolo 18, sez. 371 e 1014).

Al capo 5) era stata contestata all'estradando la partecipazione ad un'associazione per delinquere (conspiracy) finalizzata a produrre false dichiarazioni per ottenere fondi di proprietà istituti finanziari (Titolo 18 del codice penale, sezione 1349 e 1344);

Ai capi 6), 7), 8), 9) e 10) era stata contestata altresì la partecipazione a frodi nei confronti di istituti finanziari (Titolo 18 del codice penale, sezione 2 e 1344). Nella specie, l'estradando aveva eseguito o tentato di eseguire dolosamente un piano e dei raggiri al fine di ottenere negli Stati Uniti d'America prestiti da istituti finanziari, mediante simulazioni, false e fraudolente dichiarazioni e promesse: segnatamente a nome di Premier International Holdings Ltd. per Dollari 2.570.000, a nome di Canetra-Parkway Development Partners of SA, Lp. per Dollari 6.650.000, a nome di "xx0316" per circa Dollari 200.000, a nome di SPI Ling and Marlin Townhome Project, Lp. Dollari per 3.050.000 e a nome di "(OMISSIS)" per circa Dollari 150.000.

Il capo 11) infine aveva ad oggetto la partecipazione ad un'associazione per delinquere (conspiracy) finalizzata ad evitare in Texas la presentazione di un rapporto obbligatorio (segnalazione per transazioni di determinati importi) da parte di un istituto finanziario (Titolo 18 del codice penale, sezione 371, Titolo 31 del codice penale, sezione 5324).

Le autorità richiedenti nella domanda estradizionale avevano specificato che per i reati di cui ai capi 1), 2) e 3) la legislazione statunitense prevede la pena massima del carcere a vita.

La domanda estradizionale era corredata anche della traduzione di una dichiarazione giurata a sostegno della richiesta, proveniente dal Vice procuratore degli Stati Uniti d'America per il Distretto del Texas, del rinvio a giudizio emesso dal Gran Giurì nei confronti dello Y.R. (Reperto A) e del mandato di arresto (Reperto B), delle disposizioni di legge pertinenti (Reperto C), delle dichiarazioni giurate degli agenti di polizia statunitensi G. M.P. (Reperto D) e S. J. (Reperto E). Alle dichiarazioni dei suddetti agenti erano altresì allegate, in lingua inglese, le prove documentali richiamate nell'esposizione.

2.1. Secondo la Corte di appello, sussisteva per tutti i suddetti capi di accusa, fatto salvo il n. 4, la condizione della doppia incriminabilità, come regolata dal Trattato vigente con gli Stati Uniti, e, in particolare, per i reati di associazione per delinquere-conspiracy previsti dall'ordinamento di tale Stato, tale condizione era soddisfatta dalla estradabilità dei reati-fine dell'associazione criminosa, essendo quindi irrilevante la previsione bilaterale del fatto con riferimento al reato associativo.

Quanto alle ipotesi di frode bancaria, la Corte territoriale rilevava che i fatti oggetto della condotta incriminata corrispondevano al reato di truffa, risultando un quid pluris (gli stratagemmi attuati dai correi) rispetto alla mera trattativa o promessa di adempimento non onorata di natura squisitamente civilistica, come d'altronde già affermato dalla Corte di cassazione in relazione alla medesima fattispecie penale statunitense.

Ancora la Corte di appello escludeva che la recente introduzione del reato di autoriciclaggio venisse ad incidere sulla previsione bilaterale del fatto, in quanto le condotte erano comunque sussumibili in reati già previsti all'epoca dei fatti quale reato nell'ordinamento italiano (concorso nel traffico di stupefacenti e, fuori dal concorso, alternativamente, i reati di cui agli artt. 648-bis e 648-ter c.p. e D.L. n. 306 del 1992, art. 12-quinquies).

2.2. Quanto alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, la Corte di appello rilevava che risultava integrata dalla documentazione inviata a corredo della domanda estradizionale la "base ragionevole" richiesta dal Trattato bilaterale per ritenere che l'estradando avesse commesso i reati oggetto della domanda, non essendo previsto dalla stessa normativa pattizia l'esame autonomo e diretto del materiale probatorio da parte dello Stato richiesto, come d'altronde dimostrava la assenza di una previsione pattizia che prevedesse la trasmissione del materiale probatorio.

La Corte territoriale evidenziava come la valutazione della base ragionevole fosse stata già effettuata dalle autorità giudiziarie statunitensi con il rinvio a giudizio dell'estradando.

Secondo la Corte di appello, quel che rilevava (e che costituiva la sola verifica demandata sul punto al giudice italiano dalla normativa pattizia) era che dalla relazione sommaria dei fatti allegata alla domanda (ovvero dalla relazione redatta dal Vice Procuratore del Distretto del Texas, accompagnata dagli affidavit di due agenti speciali - reperti D ed E) risultavano evocate le ragioni per le quali doveva ritenersi probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l'estradando avesse commesso i reati oggetto dell'estradizione.

2.3. La Corte di appello escludeva inoltre che ricorresse l'ipotesi ostativa prevista dall'art. 698 c.p.p., comma 1, quanto al trattamento sanzionatorio previsto dall'ordinamento statunitense.

La difesa aveva sostenuto che i capi di accusa prevedevano negli Stati Uniti, alla luce anche della applicazione del cumulo materiale delle pene e della previsione per tre capi di accusa della pena dell'ergastolo, pene sproporzionate e contrarie ai principi fondamentali dettati dall'art. 27 Cost. e dalla CEDU, nonchè non rieducative, stante la assenza di misure alternative alla detenzione.

La Corte di appello richiamava a tal riguardo gli arresti sia della Corte Suprema (Sez. 6, n. 5747 del 09/01/2014, Homm, Rv. 258802) sia della Corte EDU (decisione Schuchter contro Italia del 11/10/2011) sul sistema sanzionatorio statunitense.

In particolare, con la citata sentenza del 2014, la Corte di cassazione aveva affrontato il tema della pena a vita nel sistema statunitense ritenendolo in linea ai principi espressi dalla Corte EDU nel caso Vinter c. U.K. del 2013.

2.4. Veniva rigettata infine un'eccezione procedurale relativa alla mancata traduzione in lingua italiana degli allegati alla domanda estradizionale, avendo la Corte di appello rilevato che la documentazione prevista dal Trattato era stata regolarmente tradotta.

3. La domanda estradizionale avanzata dal governo del Messico aveva ad oggetto invece il solo reato di narcotraffico, nella forma della collaborazione (art. 193 c.p. messicano e art. 194 c.p. messicano, comma 3), di cui al mandato di arresto emesso dal Giudice distrettuale dello Stato di Tamaulipas dell'8 agosto 2012.

3.1. La Corte di appello respingeva le eccezioni difensive sulla genericità dei fatti, oggetto della domanda, ritenendoli a converso adeguatamente descritti e corrispondenti nell'ordinamento italiano in condotte di trasporto e commercio di stupefacenti, in ordine alle quali l'estradando aveva apportato un contributo apprezzabile mediante l'agevolazione dell'attività delittuosa e il rafforzamento del proposito criminoso degli altri concorrenti.

La Corte distrettuale limitava l'oggetto della estradizione al solo traffico di cocaina, con esclusione di quello di marijuana, per il quale era maturata la prescrizione, secondo l'ordinamento italiano.

3.2. Gli elementi a carico dell'estradando esposti nella domanda estradizionale emergevano dalle propalazioni rese da vari dichiaranti davanti al Pubblico Ministero, aventi valore di prova secondo l'ordinamento messicano (art. 289 c.p.p. federale e art. 7 della Legge sulla criminalità organizzata), positivamente apprezzate in ordine alla loro attendibilità.

Anche in ordine alle condotte oggetto della domanda del Messico, la Corte di appello riteneva soddisfatto il presupposto circa la fondatezza delle accuse mosse nei confronti dell'estradando, avendo lo Stato richiedente evocato le ragioni per le quali doveva ritenersi probabile, nella prospettiva del suo ordinamento, la commissione da parte di costui dei reati oggetto del domanda estradizionale, non potendo pertanto essere accolta le doglianze difensive volte a valutare direttamente la documentazione probatoria.

3.3. La Corte di appello escludeva infine che vi fossero fondati motivi per ritenere l'estradando esposto al rischio di un processo volto a perseguirlo per sue opinioni politiche, alterandone pertanto la conduzione a suo sfavore, avendo la difesa soltanto allegato opinioni giornalistiche o tesi politiche, prive di obiettiva consistenza e di effettivo e concreto fondamento, viepiù considerando che anche altro Stato veniva a perseguirlo per fatti in parte coincidenti.

Quanto al rischio di violazioni da parte delle autorità messicane dei diritti fondamentali della persona, in particolare in ordine al trattamento carcerario e sanzionatorio di fatto e di diritto riservato all'estradando, la Corte di appello riteneva che dalla documentazione allegata dalla difesa non emergesse una situazione di sistematica violazione dei diritti umani e una specifica ed attuale rappresentazione di carenze nella fase esecutiva della pena.

4. Avverso la suddetta sentenza, l'estradando ha proposto, a mezzo dei suoi difensori di fiducia, ricorso, articolando in più atti i motivi di annullamento, come di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, disp. att. c.p.p. (la cui esplicazione per comodità espositiva sarà effettuata nel "considerato in diritto").

4. Ricorso a firma dell'avv. L.M.

Estradizione verso gli Stati Uniti.

4.1. Erronea applicazione dell'art. II, par. 2, del Trattato bilaterale di estradizione del 13 ottobre 1983 in vigore con gli Stati Uniti, come modificato dalla legge n. 25 del 2009, con riferimento al requisito della doppia punibilità per il reato di cui al capo 1) dell'indictment; erronea applicazione della fattispecie di conspiracy al fine di commettere atti di racket, e vizio di motivazione sul punto.

4.2. Erronea applicazione dell'art. II, par. 2, del Trattato citato, con riferimento al requisito della doppia punibilità per il reato di cui al capo 1) dell'indictment, in relazione al reato di autoriciclaggio, e vizio di motivazione sul punto.

4.3. Erronea applicazione degli artt. II, par. 2, e X, par. 3, punto 2), del Trattato citato, con riferimento al requisito della doppia punibilità per il reato di cui al capo 3) dell'indictment, e vizio di motivazione sul punto.

4.4. Erronea applicazione degli artt. 2, par. 2, del Trattato citato, con riferimento al requisito della doppia punibilità per il reato di cui al capo 3) dell'indictment, e vizio di motivazione sul punto.

4.5. Erronea applicazione dell'art. II, par. 2, del Trattato citato, con riferimento al requisito della doppia punibilità per il reato di cui ai capi 1), 5), 6), 8) e 10) dell'indictment, e vizio di motivazione sul punto.

4.6. Erronea applicazione dell'art. II, par. 2, del Trattato citato, con riferimento capo 11) dell'indictment, e vizio di motivazione sul punto.

4.7. Erronea applicazione dell'art. X, par. 6, del Trattato citato e vizio di motivazione sul punto.

4.8. Erronea applicazione dell'art. X, par. 3, n. 2, del Trattato citato e vizio di motivazione sul punto.

4.9. Inosservanza dell'art. 698 c.p.p., comma 1, in relazione all'art. 3 CEDU, e vizio di motivazione sul punto.

4.10. Inosservanza dell'art. 698 c.p.p., comma 1, e vizio di motivazione sul punto.

Estradizione verso il Messico

4.11. Erronea applicazione dell'art. 2, par. 1, lett. b) del Trattato di estradizione con gli Stati Uniti Messicani e vizio di motivazione sul punto.

4.12. Erronea applicazione dell'art. 705 c.p.p., comma 1, e vizio di motivazione sul punto.

4.13. Erronea applicazione dell'art. 705 c.p.p., comma 1, e vizio di motivazione sul punto.

4.14. Erronea applicazione dell'art. III, comma 1, lett. b) del Trattato citato; violazione dell'art. 704 c.p.p. e vizio di motivazione sul punto.

4.15. Violazione di legge in relazione all'art. 706 c.p.p., erronea applicazione dell'art. 705 c.p.p., comma 2, in relazione all'art. 698 c.p.p., comma 1, e art. III, lett. b), del Trattato citato; vizio di motivazione sul punto.

5. Ricorso a firma dell'avv. G.B.

Estradizione verso gli Stati Uniti.

5.1. Violazione di legge, in relazione all'art. X, par. 3, del Trattato di estradizione con riferimento al capo 2) di accusa (associazione finalizzata al narcotraffico) per assenza della "base ragionevole" per ritenere che il richiedente abbia commesso il reato.

5.2. Violazione dell'art. III del Trattato citato e dell'art. 4, par. 4. dell'Accordo tra Unione Europea e gli Stati Uniti, con riferimento al difetto di giurisdizione per il capo 2) di accusa (associazione finalizzata al narcotraffico).

5.3. Violazione dell'art. II del Trattato citato e dell'art. 13 c.p., con riferimento al difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 3) di accusa (associazione finalizzata al riciclaggio).

5.4. Violazione dell'art. II, par. 1 e 2, del Trattato citato e dell'art. 13 c.p. con riferimento al difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 5) di accusa (associazione finalizzata alla frode bancaria); violazione dell'art. X, par. 3, del Trattato citato per assenza della "base ragionevole" per ritenere che il richiedente abbia commesso il reato.

5.5. Violazione dell'art. II, par. 1 e 2, del Trattato citato e dell'art. 13 c.p. con riferimento al difetto del requisito della doppia incriminazione per i capi 8) e 10) di accusa (frode bancaria); violazione dell'art. X, par. 3, del Trattato citato per assenza della "base ragionevole" per ritenere che il richiedente abbia commesso il reato.

5.6. Violazione dell'art. II, par. 1 e 2, del Trattato citato e dell'art. 13 c.p. con riferimento al difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 11) di accusa (associazione finalizzata alla mancata presentazione di un rapporto obbligatorio da parte di un istituto finanziario).

5.7. Violazione dell'art. II, par. 1 e 2, del Trattato citato e dell'art. 13 c.p. con riferimento al difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 1) di accusa (associazione finalizzata al racket).

5.8. Violazione dell'art. 698 c.p.p., comma 1 e art. 705 c.p.p., comma 2, lett. c), in relazione all'art. 3 CEDU. 5.9. Violazione dell'art. 705 c.p.p., comma 2, lett. a), in relazione all'art. 7 CEDU. Estradizione verso il Messico.

5.10. Violazione dell'art. 3 del Trattato di estradizione del 28 luglio 2011, in relazione alla prescrizione del reato.

5.11. Violazione dell'art. 698 c.p.p., comma 1 e art. 705 c.p.p., comma 2, lett. c), e art. 3, lett. d) del Trattato citato, in relazione in relazione all'art. 3 CEDU.

6. In data 26 gennaio 2018, l'avv. B. ha presentato in vista dell'udienza camerale del 13 febbraio 2018 motivi nuovi.

Estradizione verso gli Stati Uniti.

6.1. Violazione dell'art. II, par. 1 e 2, del Trattato del 13 ottobre 1983 e dell'art. 13 c.p., comma 2, con riferimento al difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 3) di accusa.

6.2. Violazione dell'art. II, par. 1 e 2, del Trattato citato e dell'art. 13 c.p., comma 2, con riferimento al difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 5) di accusa (associazione finalizzata alla frode bancaria); e violazione dell'art. X, par. 3, del Trattato citato per assenza della "base ragionevole" per ritenere che il richiedente abbia commesso il reato.

Estradizione verso il Messico.

6.3. Violazione dell'art. 3 del Trattato di estradizione del 28 luglio 2011, in relazione alla prescrizione del reato.

7. In data 7 febbraio 2018, l'avv. M. ha depositato documentazione trasmessa dagli avvocati americani e messicani dell'estradando, a dimostrazione che alcune delle accuse mosse nei suoi confronti risulterebbero essere state rese dopo che lo stesso dichiarante era stato sottoposto a tortura, violenza e trattamenti inumani e degradanti, senza alcuna garanzia difensiva.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è parzialmente fondato.

2. Non può essere accolto il ricorso relativamente alla decisione della Corte di appello sulla esistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione presentata dal governo degli Stati Uniti d'America.

Di seguito saranno esaminati i relativi singoli motivi esposti negli atti di ricorso.

2.1. Ricorso a firma dell'avv. M.

2.1.1. Con il primo motivo si sostiene la mancanza della doppia incriminabilità con riferimento al capo 1), posto che, secondo l'ordinamento statunitense, la punibilità del reato di conspiracy è connessa alla realizzazione, anche solo in ipotesi, di almeno due reati di racket, che nella specie non risulterebbero configurabili (come sostenuto nei restanti motivi di ricorso).

Il motivo, in quanto connesso alla configurabilità delle altre ipotesi di reato, è infondato per quanto verrà di seguito illustrato.

2.1.2. Con il secondo e il quarto motivo si deduce che la sentenza impugnata non avrebbe affrontato in modo adeguato la questione della doppia incriminabilità in relazione sia al capo 1) che al capo 3) per i reati associativi finalizzati alla commissione di condotte di autoriciclaggio.

La Corte di appello non avrebbe considerato che la associazione prevista nei suddetti capi di accusa era finalizzata al compimento di condotte qualificabili, secondo l'ordinamento italiano, di autoriciclaggio, commesse tuttavia prima dell'introduzione del suddetto reato nel codice penale, dando luogo pertanto ad una doppia incriminabilità retroattiva; e che le medesime non sarebbero comunque sussumibili in altre fattispecie previste all'epoca dei fatti come reato, difettandone i presupposti.

Le censure non possono trovare accoglimento.

Secondo un principio consolidato in tema di cooperazione giudiziaria a fini della consegna di persone ricercate per esigenze di giustizia penale, per la sussistenza del requisito della doppia punibilità, è necessario che l'ordinamento italiano contempli come reato, al momento della decisione sulla domanda, il fatto per il quale la consegna è richiesta, mentre non è necessaria la rilevanza penale del medesimo fatto alla data della sua commissione.

Tale principio più volte affermato in tema di mandato di arresto Europeo (tra le tante, Sez. 6, n. 42042 del 04/10/2016, Ferraretto, Rv. 268072) è stato recentemente affermato in tema di estradizione verso gli Stati Uniti d'America (Sez. 6, n. 3039 del 06/12/2017, Magni, non ancora massimata), proprio con riferimento a condotte di autoriciclaggio, sanzionate nel nostro ordinamento ex art. 648-ter.1 c.p. (inserito dalla L. 15 dicembre 2014, n. 186, art. 3, comma 3).

Invero, tanto l'art. 13 c.p. che l'art. II, par. 1 del Trattato bilaterale di estradizione con gli Stati Uniti d'America richiedono soltanto la previsione bilaterale del fatto, oggetto della domanda estradizionale, senza far riferimento, quanto all'ordinamento dello Stato richiesto, al tempus commissi delicti.

Sempre in tema di autoriciclaggio, la Suprema Corte ha inoltre distinto la valutazione della doppia incriminabilità là dove si tratti di dar corso ad una forma di collaborazione giudiziaria ovvero di far discendere autonomamente un effetto penale da un provvedimento straniero (Sez. 6, n. 21348 del 27/04/2016, Corniglia, Rv. 266932): solo in quest'ultimo caso, sarà necessario verificare se al momento della commissione del reato, il fatto era punibile secondo l'ordinamento italiano.

D'altra parte, come hanno efficacemente spiegato sia la Corte di Giustizia (sentenza Grande Sezione, 3 maggio 2007, C-303/05) e sia la Corte EDU (decisioni 6/06/1976, X c. Paesi Bassi; 6/03/1991, Polley c. Belgio, 18/01/1996, Bakhtiar c. Svizzera), la collaborazione giudiziaria rispettivamente nella forma tanto del mandato di arresto Europeo quanto dell'estradizione si pongono al di fuori del perimento del principio di legalità di cui all'art. 7 della CEDU, in quanto l'arresto e la consegna, azioni in cui si traduce l'esecuzione di tali procedure, non hanno carattere "punitivo". Il giudice incaricato di dar corso alla collaborazione giudiziaria deve infatti verificare che sussistano tutti gli elementi necessari al fine di consegnare una persona che si trova nell'ambito della sua giurisdizione, senza addentrarsi nel merito del procedimento penale, tranne che agli effetti della procedura stessa, astenendosi dal valutare le prove e dal pronunciare un qualsiasi giudizio di colpevolezza.

2.1.3. Con il terzo motivo, si denuncia, quanto al capo 3), consistente nella partecipazione ad un'associazione finalizzata al riciclaggio di danaro di provenienza illecita, la mancanza della necessaria piattaforma indiziaria richiesta dall'art. X, comma 3 del Trattato, in ordine alla provenienza illecita del danaro e alla riconducibilità all'estradando delle attività di riciclaggio compiute dai presunti prestanomi, fondandosi la richiesta su mere asserzioni e salti logici.

Si deduce che su tale questione sollevata dalla difesa la Corte di appello non avrebbe motivato.

Il motivo non ha fondamento.

Va ribadito che, ai fini dell'estradizione verso gli Stati Uniti d'America, l'autorità giudiziaria italiana non è tenuta a valutare autonomamente la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma deve soltanto accertare che nella relazione sommaria dei fatti, allegata alla domanda di estradizione, a norma dell'art. X, par. 3, lett. b), del Trattato bilaterale del 13 ottobre 1983, risultino evocate le ragioni per le quali appare probabile, nella prospettiva processuale dello Stato richiedente, che l'estradando abbia commesso il reato oggetto dell'estradizione (Sez. 6, n. 42777 del 24/09/2014, Francisci, Rv. 260431; Sez. 6, n. 5760 del 04/02/2011, Anokhin, Rv. 249455).

Non rientra pertanto nel perimetro del procedimento di garanzia giurisdizionale in tema di estradizione passiva una qualsiasi valutazione di merito in ordine alla ricostruzione dei fatti-reato per i quali si procede nello Stato richiedente.

In questa prospettiva, l'esame condotto dalla Corte di appello non risulta censurabile.

La Corte di appello ha infatti dato atto, con motivazione congrua ed esaustiva, degli esiti delle indagini al riguardo, come esposte dalla relazione sommaria del Prosecutor e dagli affidavit allegati degli agenti di polizia, nei quali erano contenuti i dettagli delle prove raccolte, così come richiesto dal Trattato bilaterale.

Invero, l'art. X, par. 3, lett. b) del Trattato prevede che lo Stato richiedente, a corredo della domanda, alleghi "una relazione sommaria dei fatti, delle prove pertinenti e delle conclusioni raggiunte, che fornisca una base ragionevole per ritenere che la persona richiesta abbia commesso il reato per il quale viene domandata l'estradizione".

In particolare, come ha indicato la Corte distrettuale, le investigazioni condotte negli Stati Uniti avevano dimostrato il coinvolgimento dell'estradando nel traffico di droga e nelle operazioni di reinvestimento effettuate, utilizzando ingenti somme di denaro liquido.

Dal resoconto delle indagini era emerso che l'estradando, che aveva ricoperto dal 1999 al 2004 la carica di Governatore dello Stato messicano di Tamaulipas, posto al confine con gli Stati Uniti d'America, aveva a partire dal 1998 e fino al dicembre 2009 prima agevolato e poi partecipato ad attività di narcotraffico dell'organizzazione criminale messicana "Cartello del Golfo", assistita dal braccio armato "(OMISSIS)", e, in seguito del "(OMISSIS)": in tale periodo erano stati effettuati da tale sodalizio a suo favore e ad altri funzionari pubblici diversi pagamenti per centinaia di migliaia di dollari ciascuno, finalizzati ad assicurare che il governo di Tamaulipas consentisse, senza frapporre ostacoli, lo svolgimento di attività di importazione illegale di tonnellate di cocaina e marijuana negli Stati Uniti, attraverso il distretto meridionale del Texas (i pagamenti erano stati effettuati anche dopo la fine del suo mandato, avendo continuato l'estradando a mantenere un'influenza politica nello Stato messicano già amministrato).

Queste somme di danaro erano state poi riciclate negli Stati Uniti con le altre condotte illecite descritte nei capi di accusa oggetto nella domanda estradizionale.

Stante il controllo esteso al merito di questa Corte ai sensi dell'art. 706 c.p.p., è sufficiente rilevare che effettivamente negli affidavit richiamati dalla Corte di appello sono analiticamente indicate le fonti di prova poste alla base del rinvio a giudizio dell'estradando.

La piattaforma indiziaria era costituita, per il reato associativo relativo al traffico di droga, dalle dichiarazioni di C.S.R.I., in ordine a consegne di danaro del Cartello del Golfo ricevute dal ricorrente nel 1998 in cambio di far condurre liberamente il narcotraffico nello Stato di Tamaulipas; e di P.A.A., in ordine a consegne di danaro ottenute dall'estradando per il traffico di droga anche al termine del suo mandato nel 2004 (alle quali il dichiarante aveva direttamente partecipato) e in ordine ad un accordo tra il 2007 e il 2009 concluso tra l'estradando ed altri rappresentati dei cartelli di trafficanti di cocaina per consentire, dietro danaro, il passaggio di tonnellate di droga attraverso il Porto di Veracruz negli Stati Uniti.

Quanto al reato associativo di cui al capo 3), gli affidavit indicano gli elementi raccolti a carico dell'estradando, costituiti dalle dichiarazioni di P.A. in ordine ai soggetti che aveva aiutato quest'ultimo nelle attività di riciclaggio del danaro, corroborate dall'esame dei movimenti bancari che avevano rivelato il trasferimento di ingenti depositi per pochi giorni su conti dei prestanomi e dagli esiti di perquisizioni.

2.1.4. Con il quinto motivo, si denuncia che la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi in relazione alla questione concernente la doppia incriminabilità per i fatti di frode bancaria, indicati come reato-fine delle associazioni per delinquere descritte nei capi 1), 5), 6), 8) e 10) dell'indictment.

Difetterebbero invero (sia nella fattispecie legale prevista dal codice statunitense sia nei fatti oggetto della domanda) gli elementi tipici del reato di truffa previsto dall'art. 640 c.p., ovvero l'induzione in errore e il danno, essendosi limitata la Corte di appello a dar rilievo ai soli stratagemmi attuati dagli imputati.

In particolare, difetterebbe il profilo del danno con riferimento alle frodi di cui ai capi 6), 8) e 10).

Il motivo non può essere accolto.

Il principio di doppia incriminazione, in base al quale è necessario che il fatto per cui si domanda l'estradizione costituisca un illecito penale tanto nello Stato richiedente quanto nello Stato richiesto, non comporta che tale fatto, oltre che previsto come reato dalla legge italiana e dalla legge straniera, risulti punibile "in concreto" in entrambi gli Stati, perchè la norma di cui all'art. 13 c.p., comma 2 impone soltanto la garanzia del controllo di "compatibilità" dei due ordinamenti statali (tra tante, Sez. 5, n. 24423 del 26/05/2006, Fabbrocino, Rv. 23442101).

Quindi ai fini della doppia incriminabilità rileva soltanto (come nella specie) che la condotta come descritta nella domanda estradizionale costituisca una fattispecie di reato secondo l'ordinamento italiano.

I rilievi difensivi mirano piuttosto alla verifica in concreto della effettiva sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie, questione che attiene al merito del processo che sarà svolto nello Stato richiedente.

Quanto alla qualificazione dei fatti descritti nei capi 6), 7), 8), 9) e 10) del rinvio a giudizio, va rilevato che già questa Corte si è pronunciata sulla fattispecie della "frode bancaria" prevista dal Titolo 18, p. 1344 del codice penale statunitense (Sez. 6, n. 5760 del 04/02/2011, Anokhin, in motivazione), ritenendo sufficiente la predisposizione di analoghi stratagemmi, grazie in particolare all'opera fuorviante di interposizione svolta da prestanomi, per indurre in errore le banche sulle scelte che dovevano compiere in ordine all'accensione dei mutui. La Corte di legittimità ha infatti ravvisato in tali condotte quel quid pluris, rispetto alla semplice promessa di adempimento non onorata, che collocava la fattispecie, altrimenti solo a rilievo civilistico, nell'ambito penale (per una fattispecie in cui è stata configurata la truffa contrattuale anche nel solo silenzio dolosamente serbato dal cliente su una circostanza determinante per le decisioni o per scelte imprenditoriali dell'istituto bancario creditore, Sez. 2, n. 35185 del 04/10/2006, Dazzi, Rv. 235141).

D'altra parte la stessa fattispecie penale di cui al citato p. 1344 prevede come elemento costitutivo l'elemento del raggiro o artifizio, utilizzato al fine di ottenere denaro o ad altre utilità da istituti finanziari, consistente in dichiarazioni, rappresentazioni o promesse false o fraudolente.

Quanto alla sussistenza del danno, va rammentato che, in tema di truffa contrattuale, si è più volte affermato che il danno patrimoniale non è necessariamente costituito dalla perdita economica di un bene subìta dal soggetto passivo, ma può consistere nell'assunzione di obbligazioni che non avrebbe avuto giustificazione nell'effettiva realtà dei fatti se questa non fosse stata dissimulata dalle false prospettazioni del soggetto agente (tra le tante, Sez. 5, n. 22003 del 07/03/2013, Accarino, Rv. 255652).

In ogni caso, oltre a doversi rilevare che tutte le frodi in esame sono state contestate al ricorrente nel rinvio a giudizio anche nella forma tentata, la questione sollevata dal ricorrente appare vieppiù irrilevante quanto alla stessa prospettazione effettuata dalla difesa della ravvisabilità nel caso in esame del reato di mendacio bancario di cui al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 137, comma 1.

Invero, per la estradabilità di tale reato, contrariamente alla tesi sostenuta nel ricorso, non valgono i limiti di pena, alla luce della disposizione contenuta nell'art. II, par. 3 del Trattato ("Quando l'estradizione è stata concessa per un reato che da luogo all'estradizione, questa è altresì concessa per qualsiasi altro reato indicato nella richiesta anche se quest'ultimo reato è punibile con una pena restrittiva della libertà inferiore ad un anno, purchè siano soddisfatti tutti gli altri requisiti per l'estradizione").

Quanto ora affermato fa perdere di rilevanza anche la critica avanzata dal ricorrente con riferimento al reato associativo finalizzato alla frode bancaria (capo 5). Ai fini della dell'estradizione da o verso gli Stati Uniti d'America, l'art. II, par. 2, del Trattato consente invero l'estradizione per i reati associativi previsti dalle rispettive legislazioni nazionali (associazione per delinquere nell'ordinamento italiano e "conspiracy" in quello statunitense) indipendentemente dal requisito della previsione bilaterale del fatto, purchè tale ultima condizione sia soddisfatta per i reati che costituiscono il fine dell'associazione criminosa (tra tante, Sez. 6, n. 5760 del 04/02/2011, Anokhin, Rv. 249454). Reati che, come precisa lo stesso art. II cit., non devono consistere in "delitti" (dà luogo invero ad estradizione "un reato, comunque denominato").

2.1.5. Con il sesto motivo, il ricorrente denuncia che erroneamente la Corte di appello avrebbe ritenuto integrato il requisito della previsione bilaterale del fatto contestato nel capo 11) di accusa (associazione finalizzata a causare la mancata presentazione di un rapporto obbligatorio da parte di istituti finanziari), posto che qualificandole come condotte di autoriciclaggio verrebbero ad incorrere nel medesimo vizio dedotto di retroattiva applicazione della fattispecie prevista dall'ordinamento italiano; nè risulterebbe effettuata alcuna verifica sulla sovrapponibilità al fatto contestato delle caratteristiche di altre figure di reato evocate dalla Corte di appello.

Il motivo non coglie nel segno quanto alla questione del reato di autoriciclaggio per le ragioni già esposte in precedenza.

2.1.6. Con il settimo motivo, si contesta la risposta fornita dalla Corte di appello in ordine all'inutilizzabilità dei documenti allegati agli affidavit, in quanto non tradotti in lingua italiana, come prescritto dal Trattato.

Il motivo non ha pregio.

L'art. X del Trattato indica quali specifici documenti devono accompagnare la richiesta di estradizione, prevedendo che gli stessi siano "forniti dalla Parte Richiedente in italiano e in inglese".

Per quel che interessa il caso in esame, andava allegata, oltre al titolo estradizionale, la relazione sommaria e non le prove richiamate in essa. Quindi correttamente lo Stato istante ha inoltrato nelle lingue sopra indicate soltanto la documentazione indicata nel Trattato.

2.1.7. Con l'ottavo motivo di deduce la carente ed erronea valutazione della Corte di appello in ordine al requisito previsto dal Trattato della "base ragionevole per ritenere che la persona richiesta abbia commesso il reato per il quale viene domandata l'estradizione".

Secondo il ricorrente, la verifica non doveva arrestarsi alla mera constatazione della formulazione dell'addebito e doveva tener conto che il prosecutor che ha redatto la relazione è pur sempre una parte processuale e che il passaggio davanti al Grand Jury si fonda sulla sola prospettiva illustrativa del prosecutor in assenza di contraddittorio. Il controllo richiesto doveva invece verificare se le regole giuridiche dello Stato richiedente fossero state enucleate e rispettate. Nel caso in esame, nell'indictment le condotte erano descritte in modo carente e negli affidavit erano avanzate delle conclusioni apodittiche.

In particolare, non risulterebbe spiegata la circostanza che l'informatore chiave Angeles aveva un accordo di collaborazione con il governo di riduzione della pena: il che veniva ad influire sulla prevista "base ragionevole", come anche per gli altri collaboratori per i quali risulta probabile la conclusione di accordi simili.

Non sarebbe stata vagliata la questione del ruolo e del significato delle affermazioni di R., sottoposto in Messico ad arraigo prima di rilasciare le dichiarazioni a carico del ricorrente; così come la falsità dei testi P. e di V.B..

In definitiva il criterio usato dalla Corte di appello si sarebbe limitato ad una formale verifica della richiesta di estradizione, non considerando le allegazioni difensive di una prova d'alibi o dell'esistenza di elementi atti a perturbare la coerenza del quadro probatorio e non disponendo pertanto le dovute richieste di informazioni suppletive ai sensi dell'art. 704 c.p.p. in ordine alle prove pertinenti, non allegate alla domanda.

Il motivo non è fondato.

Si è già detto in ordine al contenuto del controllo che l'autorità giudiziaria italiana è tenuta ad effettuare ai fini dell'estradizione verso gli Stati Uniti d'America.

Non deve consistere nella valutazione autonoma della consistenza dei gravi indizi di colpevolezza nè tantomeno nella verifica (che risulterebbe vieppiù non praticabile) della effettiva tenuta indiziaria della ricostruzione secondo le regole probatorie dello Stato richiedente.

Si è anche affermato che eventuali prove di innocenza, non conosciute dall'autorità giudiziaria dello Stato richiedente e sottoposte per la prima volta alla cognizione del giudice italiano, sono rilevanti purchè risultino manifeste ed incontrovertibili (Sez. 6, n. 16287 del 19/04/2011, Xhatolli, Rv. 249648).

In questa prospettiva, la Corte di appello, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, ha fatto buon governo dei principi di diritto sopra richiamati, mentre le critiche difensive evocano un criterio di controllo che esula dal perimetro indicato dal Trattato bilaterale.

Nè hanno consistenza le suggestive deduzioni, quanto alle dichiarazioni rese da R., posto che nell'affidavit dell'agente G. si dà atto che costui era stato interrogato in Texas dall'agente statunitense M. nel 2012, quindi autonomamente dalle autorità statunitensi.

Per il resto sono enucleate critiche generiche sulla valutazione condotta dalla Corte di appello.

2.1.8. Con il nono motivo si deduce che in modo errato e carente sarebbe stata superata la questione della compatibilità del sistema punitivo ed esecutivo degli Stati Uniti con l'art. 3 CEDU, in relazione ai capi di accusa puniti con la pena del carcere a vita, essendosi la Corte di appello basata solo sulla pronuncia della Corte EDU Vinter c. U.K., non considerando gli sviluppi nel 2016 della giurisprudenza della medesima Corte, là dove ha richiesto come obbligatoria la revisione della situazione della detenzione almeno prima dei 40 anni di esecuzione della pena, non reputando sufficiente un meccanismo di tipo politico a garanzia della tutela dei diritti umani.

Invece la Corte di appello avrebbe ritenuto rilevante la possibilità del giudice di ridurre il termine di carcerazione su "straordinari e convincenti motivi" segnalati dal direttore del carcere, così affidandosi ad un criterio generico, che confligge con il diritto del detenuto (affermato dalla stessa sentenza Vinter citata) di conoscere al momento della condanna cosa deve fare perchè sia esaminata la sua liberazione e quali siano le condizioni applicabili.

Il motivo non può essere accolto.

Già questa Corte ha affermato che l'emissione di una sentenza favorevole all'estradizione per l'estero non è esclusa dalla possibilità che all'estradando venga irrogata una pena detentiva a vita, purchè l'ordinamento dello Stato richiesto preveda istituti che consentano di pervenire, in sede giudiziaria o amministrativa, ad una liberazione anticipata o ad una commutazione della pena, ove ricorrano ragioni umanitarie o progressi del condannato nel percorso rieducativo (Sez. 6, n. 5747 del 09/01/2014, Homm, Rv. 258802).

Con questa pronuncia, relativa ad estradizione verso gli Stati Uniti d'America, la Suprema Corte ha anche precisato che - laddove non ricorrano palesi violazioni dei principi di cui all'art. 3 CEDU e all'art. 27 Cost., comma 3, -  le eventuali riserve in ordine alla severità e rigidità del sistema punitivo dello Stato richiedente potranno rilevare nelle valutazioni di ordine politico spettanti al Ministro della giustizia, in sede di decisione sulla richiesta di estradizione ai sensi dell'art. 708 c.p.p..

La stessa Corte ha rilevato che "esistono nell'ordinamento statunitense istituti che, in relazione alla condotta del detenuto, consentono, sia pure sulla base di valutazioni discrezionali di varie autorità pubbliche, una liberazione anticipata del condannato raggiunto da una "sentenza a vita": commutazione della pena da parte del Presidente degli Stati Uniti (c. d. "grazia esecutiva": Sezioni 1. 1- 1.11 Parte 28 del Code of Federal Regulations); riduzione del termine di carcerazione ad opera del giudice su proposta del Direttore del Bureau of Prisons, se "straordinari e convincenti motivi" la giustificano: art. 3582 (c) (1) (A) (1) del Titolo 18 del Codice degli Stati Uniti ovvero Sezioni 571.60571.64 Parte 28 del Code of Federal Regulations; riduzione di pena in caso di condotta collaborativa a fini di indagini da parte del condannato: Regola 35(b) delle Federal Rules of Criminal Procedure e art. 3582 (c) (1) (8) del Titolo 18 del Codice degli Stati Uniti; forme di "sconto di pena" in ragione di 54 giorni ogni anno in caso di condotta conforme alle norme disciplinari dell'istituto carcerario (art. 3624 (b) (1) del Titolo 18 del Codice degli Stati Uniti) o di liberazione condizionale per l'ultimo 10 per cento del periodo detentivo (art. 3624 (c) del predetto Titolo 18).

Quanto alla decisione Corte EDU Vinter, la Corte di cassazione ha inoltre osservato: la sentenza Vinter ha cura di affermare (v. par. 120) che non può essere ritenuta imprescindibile ai fini dell'adozione di provvedimenti di liberazione anticipata del condannato a una pena potenzialmente perpetua la forma (giudiziaria piuttosto che amministrativa) che un tale esame deve assumere; sicchè non costituisce argomento dirimente (come invece mostra di ritenere il ricorrente) il fatto che alcuni dei provvedimenti previsti dall'ordinamento statunitense possano essere emessi a seconda dei casi dall'autorità politica, amministrativa o giudiziaria.

Inoltre, la principale ratio decidendi della sentenza Vinter riposa sul fatto che l'ordinamento del Regno Unito contempla forme di liberazione anticipata del condannato a una pena perpetua, adottabili dal ministro, solo in casi di circostanze eccezionali che giustifichino tale misura per motivi umanitari, specificati nel senso che il detenuto sia affetto da malattia incurabile in fase terminale ovvero sia costretto a letto o affetto da grave invalidità; mentre l'ordinamento nordamericano richiede genericamente l'esistenza di "straordinari e convincenti motivi" ai fini della riduzione del termine di carcerazione ad opera del giudice su proposta del Direttore del Bureau of Prisons, un potere di commutazione della pena da parte del Presidente degli Stati Uniti non fondato su presupposti determinati tassativamente e ancora un potere di riduzione di pena in caso di condotta collaborativa a fini di indagini da parte del condannato".

Oltre ai principi ora richiamati, nel caso in esame appare tuttavia dirimente richiamare quanto più volte affermato dalla stessa Corte EDU in tema di rappresentazione da parte del ricorrente di un rischio "concreto" e non meramente ipotetico di sottoposizione ad un trattamento contrario all'art. 3 CEDU. In particolare la Corte EDU (Lopez Elorza c. Spagna del 12/12/2017), relativamente all'estradizione richiesta alla Spagna dagli Stati Uniti d'America di una imputata per un reato per il quale era prevista la pena massima della reclusione a vita, ha ritenuto insussistente la dedotta violazione dell'art. 3 CEDU, in quanto, a fronte dell'astratta possibilità della irrogazione di una siffatta pena, andava considerato che il sistema statunitense, attraverso le "U.S. Federal Sentencing Guidelines", determina come in concreto per ogni reato debba essere applicata la pena. Determinazione che, come rilevato dalla stessa Corte EDU, risulta tutt'altro che non vincolante, posto che costituisce motivo di impugnazione la violazione nel sentencing della suddette Linee-Guida.

Orbene, la Corte EDU ha escluso la concretezza del rischio di un trattamento in violazione dell'art. 3 CEDU, sul rilievo che la ricorrente non aveva dimostrato che, sulla base delle Linee-Guida, la prospettiva della pena a vita non fosse soltanto teorica.

I medesimi principi sono stati affermati in altre pronunce della stessa Corte EDU (sentenza Calovskis c. Lettonia, 24/07/2014; decisione FindiKoglu c. Germania del 7/06/20169) sempre con riferimento ad estradizioni processuali richieste dagli Stati Uniti nelle quali era stata prospettata la possibilità dell'inflizione della pena a vita.

In tali casi, la Corte EDU ha rimarcato l'esistenza nel sistema statunitense, oltre alle circostanze di mitigazione e di aggravamento della pena di cui si è detto, anche di "pretrial factors", quali gli accordi di cooperazione con il governo che possono comportare una riduzione della pena, e di benefici premiali successivi alla condanna, che possono determinare la riduzione e la commutazione della pena se il condannato fornisce collaborazione con la giustizia.

Le stesse conclusioni possono essere adottate anche nel caso in esame, non avendo il ricorrente allegato l'esistenza di un rischio "reale" di essere sottoposto a trattamenti contrari all'art. 3 CEDU.

2.1.9. Con il decimo motivo si denuncia che la Corte di appello non avrebbe motivato in ordine alla questione del concreto rischio dell'estradando di essere riestradato o deportato in Messico, una volta consegnato agli Stati Uniti, così esponendolo al rischio di violazioni dei diritti umani sia in ordine ai principi del giusto processo sia in ordine a pene perpetue prive di benefici di tipo rieducativo sia alla stessa sicurezza personale sia in ordine alle condizioni disumane del sistema carcerario. Tale rischio sarebbe sussistente anche a fronte del diniego di estradizione verso il Messico, posto che gli Stati Uniti non sono esenti dal non aver rispettato i patti internazionali.

Il motivo non ha fondamento.

Il Trattato di estradizione con gli Stati uniti prevede all'art. XVI il principio di riestradizione (che è un corollario del principio di "specialità"): "Una persona estradata in base al presente trattato non può essere estradata in un terzo stato senza il consenso della parte che la ha consegnata".

Il rispetto delle regole pattizie da parte degli Stati Uniti non è stato mai messo in dubbio, anche laddove era stata garantita, attraverso il più generale principio di specialità, la non applicazione della pena di morte (al riguardo questa Corte ha specificato che non può ipotizzarsi, dato il rispetto dei Trattati internazionali cui gli Stati Uniti sono tenuti in forza della loro stessa Costituzione, che tale Paese richiedente proceda poi per una diversa più grave ipotesi delittuosa che preveda la pena capitale, Sez. 6, n. 35069 del 19/09/2005, Cipriani, Rv. 232085; Sez. 6, n. 16288 del 19/04/2011, Fusco, non mass.).

2.2. Ricorso a firma dell'avv. B.

2.2.1. Con il primo motivo si deduce, quanto al capo 2) (associazione finalizzata al narcotraffico), l'assenza della "base ragionevole" per ritenere che il richiedente abbia commesso il reato.

In particolare, nella dichiarazione giurata del Vice Procuratore H. risulterebbe descritta una condotta commessa esclusivamente nello Stato messicano, in ordine alla quale le stesse autorità messicane hanno escluso per il periodo 1998-2004 (ovvero quando ebbe a rivestire il ruolo di Governatore) che al ricorrente potesse essere mossa un'accusa di concorso o partecipazione.

Per il periodo successivo, il provvedimento di rinvio a giudizio del 22 maggio 2013 (reperto A) e l'affidavit G. (reperto D) non avrebbero indicato alcuna prova a fondamento delle conclusioni assunte e non avrebbero comunque chiarito con quale condotta il ricorrente avrebbe consentito il passaggio sicuro della droga (tenuto conto che si trattava di passaggio attraverso uno Stato nel quale il ricorrente non aveva ricoperto alcun incarico; che all'epoca non rivestiva in ogni caso alcun incarico pubblico, essendo anche fallita nel 2005 la sua nomina a candidato per la presidenza del Messico).

Nè sarebbe rilevante il richiamo da parte del Prosecutor a testimonianze rese da alcuni soggetti, stante che dai reperti allegati non risulta che costoro abbiamo reso informazioni sul pactum sceleris in questione.

Il motivo non ha fondamento.

Quanto all'esclusione della condotta illecita nella richiesta messicana per il periodo 1998-2004, il dato è irrilevante, trattandosi di scelte autonome e sovrane di ogni Stato quelle di qualificare i fatti secondo le fattispecie penali previste dall'ordinamento nazionale e di procedere in ordine ad essi.

Relativamente alle prove per il periodo successivo, il Reperto D) dà atto delle prove raccolte, riportando in particolare le dichiarazioni rese dai testi P.A.A. e C.S.R.I.. Costoro avevano spiegato i motivi dei pagamenti effettuati dai Cartelli della droga all'estradando, come già sopra indicato. Il che è sufficiente ad integrare la "base ragionevole" in ordine al reato in esame, non dovendo il controllo sul punto verificare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo, secondo l'ordinamento italiano.

Come hanno spiegato le autorità statunitensi, la conspiracy, secondo il codice penale degli Stati Uniti d'America, è un accordo per commettere uno o più reati, che può consistere anche in una intesa tacita.

Sul punto, va rammentato quanto già affermato da questa Corte: nell'ordinamento giuridico inglese il termine "conspiracy" indica l'accordo tra due o più persone mirante alla realizzazione di un evento criminoso e seguito da un atto che sia rivelatore del detto accordo in quanto costituisce l'inizio della consumazione del reato previsto nell'accordo; ne consegue che il reato di "conspiracy" va tenuto ben distinto dal nostro delitto di associazione per delinquere. Questo presuppone, infatti, la formazione e la permanenza, fra tre o più persone, di un vincolo associativo finalizzato allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti e la predisposizione comune di mezzi all'uopo idonei, mentre l'altro si concreta nell'accordo, tipico del concorso di persone nel reato, attraverso cui due o più soggetti decidono di commettere uno o più specifici fatti criminosi, accordo che non è punibile di per sè, ma costituisce reato solo se e quando del reato o dei reati programmati viene almeno iniziata l'esecuzione (Sez. 1, n. 2539 del 01/06/1992, Di Carlo, Rv. 1909590).

Pertanto, le dichiarazioni rese dai suddetti testi erano idonee a fornire una valida piattaforma indiziaria per ritenere che l'estradando fosse divenuto parte della conspiracy dedita al narcotraffico.

2.2.2. Con il secondo motivo, si denuncia il difetto di giurisdizione per il capo 2) di accusa (associazione finalizzata al narcotraffico).

In relazione a tale capo mancherebbe qualsiasi elemento che giustifichi la conclusione che il reato si sia consumato negli Stati Uniti e quindi, non essendo prevista la procedibilità in Italia del reato in questione se interamente commesso all'estero, la estradizione doveva essere rigettata ai sensi delle disposizioni del Trattato e dell'Accordo sopra indicati.

Il motivo non ha pregio.

L'art. III del Trattato in esame (anche a seguito delle modifiche apportate per recepire l'Accordo di estradizione tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione Europea firmato il 25 giugno 2003) stabilisce: "Quando un reato è stato commesso al di fuori del territorio della Parte Richiedente, la Parte Richiesta ha il potere di concedere l'estradizione se le sue leggi prevedono la punibilità di tale reato o se la persona richiesta è un cittadino della Parte Richiedente".

Si tratta dunque di facoltà discrezionale prevista dal Trattato, che non trova nel codice di rito un corrispondente diniego dell'estradizione e che non comporta conseguentemente una pronuncia di non estradabilità da parte dell'autorità giudiziaria competente, spettando al Ministro della giustizia ogni valutazione al riguardo (cfr. Corte cost. n. 58 del 1997).

In ogni caso, il reato di cui al capo 2) soddisfa comunque la condizione di cui all'art. III del Trattato, essendo punibile in Italia anche se commesso interamente all'estero.

Va al riguardo richiamato il principio affermato in relazione alla Convenzione Europea di estradizione del 13 dicembre 1957, che contiene una prescrizione analoga per il caso in cui il reato motivante la domanda d'estradizione sia stato commesso fuori del territorio della Parte richiedente: facendo riferimento la norma alla sola punibilità, non rilevano le condizioni previste dal codice penale per la procedibilità dei reati commessi all'estero (Sez. 6, n. 21251 del 01/04/2003, Schumann, Rv. 226042).

2.2.3. Con il terzo motivo si deduce che per il capo 3) di accusa (associazione finalizzata al riciclaggio di danaro) andava esclusa la sussistenza del requisito della doppia incriminabilità per i reati-fine della conspiracy: non era invero configurabile nei fatti nè il reato di riciclaggio, stante la partecipazione del ricorrente ai reati presupposto, nè la fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p., perchè non vigente al momento della loro commissione, nè infine quella prevista dal D.L. n. 306 del 1992, art. 12-quinquies, difettandone i requisiti (dolo specifico e disponibilità del bene da parte del dante causa).

Il motivo non ha fondamento per quanto già illustrato con riferimento ad analogo motivo proposto.

2.2.4. Con il quarto motivo si sostiene che, in relazione al capo 5), la Corte di appello erroneamente e in modo apparente avrebbe ritenuto soddisfatto il suddetto requisito di legalità attraverso l'ipotesi delittuosa dell'art. 640 c.p., in quanto risulterebbe assente il requisito della induzione in errore delle banche, posto che i dati non veritieri indicati non potevano indurre in errore (differenza meramente nominalistica in ordine all'intestazione del rapporto con riferimento a società anonime; garanzie comunque sussistenti) e che la banca non si sarebbe ragionevolmente basata solo sulle dichiarazioni non veritiere. Al più il fatto potrebbe rientrare nel mendacio bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 137), peraltro punito con una pena che non consente l'estradizione.

Inoltre per molti dei casi indicati nel capo di accusa i prestiti sarebbero stati rimborsati, venendo meno l'ipotesi della truffa, per mancanza di ingiusto profitto e altrui danno. Nè potrebbe configurarsi l'ipotesi tentata in assenza di elementi che facciano ritenere ragionevolmente un esito diverso del rapporto contrattuale.

Il motivo non può essere accolto, per le ragioni già illustrate in precedenza in relazione alla medesima problematica.

2.2.5. Con il quinto motivo si deduce che le condotte oggetto dei capi 8) e 10) di accusa (frode bancaria) non potrebbero essere sussunte nell'ipotesi della truffa, essendo consistite nella sola presentazione di dichiarazioni false (in ordine alle garanzie personali), inidonee ad indurre in errore l'istituto bancario; nè in quella di falso, in quanto depenalizzata nè in quella del mendacio bancario, difettando i requisiti sopra indicati.

Difetterebbe anche la base ragionevole richiesta dal Trattato, non essendo stato indicato alcun elemento che colleghi il reato al ricorrente, quale autore morale.

Il motivo è privo di fondamento.

Quanto al requisito della doppia incriminazione, si rinvia alle precedenti osservazioni.

Relativamente alla base ragionevole, la sentenza impugnata ha evidenziato, contrariamente all'assunto difensivo, gli elementi indiziari che collegavano le condotte contestate ai suddetti capi alla persona dell'estradando e che erano stati esposti dettagliatamente nell'affidavit S. (Reperto E).

In particolare, nel citato affidavit è data contezza delle indagini che avevano portato ad individuare il vero mandante dei due prestiti ottenuti dalla First National Bank: in tal caso, si trattava di prestiti richiesti dall'amante dell'estradando, S. C., risultata priva di redditi personali (l'esame dei suoi conti bancari aveva rivelato la mancanza delle fonti di reddito dichiarate per l'ottenimento del prestito), in relazione a case acquistate dalla stessa in Texas, facendo ricorso ora a denaro in contante ora a fondi ricevuti da un prestanome dell'estradando ( T.G., il quale riceveva sul suo conto corrente aperto negli Stati Uniti proventi di un ranch dell'estradando); il prestito di 200.000 era stato inoltre chiesto, allegando a sostegno, oltre alle dichiarazioni della C., rivelatesi false, anche le assicurazioni di persona vicina all'estradando.

2.2.6. Con il sesto motivo si lamenta il difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 11) di accusa (associazione finalizzata alla mancata presentazione di un rapporto obbligatorio da parte di un istituto finanziario).

Le condotte indicate nel suddetto capo di accusa sarebbero astrattamente sussumibili nel reato di autoriciclaggio e quindi non estradabili perchè commesse in epoca precedente all'introduzione di tale reato nell'ordinamento italiano, nè potrebbero essere inquadrate nella fattispecie di cui al D.L. n. 306 del 1992, art. 12-quinquies, difettando i requisiti (dolo specifico e disponibilità del bene da parte del dante causa).

Il motivo è infondato per le ragioni già esposte in precedenza quanto alla condotta di autoriciclaggio.

2.2.7. Con il settimo motivo, si deduce il difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 1) di accusa (associazione finalizzata al racket), sulla base delle censure avanzate nei paragrafi che precedono, posto che la suddetta associazione si basava su specifiche conspiracy previste negli altri capi di accusa, a loro volta privi del requisito in esame.

Il motivo è assorbito dall'infondatezza dei motivi connessi.

2.2.8. Con l'ottavo motivo si sostiene che erroneamente la sentenza impugnata avrebbe negato la sussistenza di ragioni per ritenere che l'estradando verrà sottoposto a trattamenti crudeli, disumani e degradanti, respingendo le censure della difesa in ordine al rischio di applicazione di una pena sia sproporzionata per effetto del cumulo delle pene, sia detentiva perpetua, in assenza di meccanismi in grado di garantire anticipatamente la futura rivalutazione.

La sentenza farebbe riferimento a benefici di cui non sono disciplinati i presupposti applicativi o che fondano l'operatività su un comportamento di collaborazione alle indagini o che sono inapplicabili a pene detentive perpetue o inidonei a garantire adeguatamente il rispetto dei diritti umani.

Il motivo va rigettato per le ragioni già esposte in precedenza.

A ciò deve aggiungersi, quanto al cumulo delle pene, che ancorchè l'ordinamento giudiziario americano ignori gli istituti del cumulo giuridico e del cumulo materiale temperato delle pene, tale regime di per sè non determina una violazione dell'art. 3 CEDU.

In tal senso si è pronunciata la Corte EDU, in un caso relativo ad un'estradizione concessa dall'Italia agli Stati Uniti d'America (Schuchter c. ITALIA, 11/10/2011), in quanto, anche a fronte del possibile ricorso del giudice di tale Stato ad un calcolo della pena in forma sequenziale, si sarebbe in presenza di una pena molto lunga, equivalente in pratica ad una reclusione a vita, di per sè non vietata dalla CEDU.

La Corte EDU ha inoltre affermato, sempre con riferimento alle modalità di calcolo della pena nell'ordinamento statunitense, che i sistemi penali variano notevolmente tra Stati e che spesso esistono differenze legittime e ragionevoli in merito alla durata delle condanne inflitte anche per reati simili (sentenza Calovskis c. Lettonia, 24/07/2014, p. 141), derivanti dalle grandi differenze nelle condizioni civili, politiche, economiche, sociali e culturali nei paesi di tutto il mondo, che hanno determinato la costruzione dei sistemi di giustizia penale su principi e approcci diversi.

In linea di principio, gli Stati sovrani decidono il modo migliore per affrontare i problemi che sorgono nei rispettivi territori, sempre a condizione che le risposte rimangano nella gamma di approcci ritenuti accettabili dagli Stati democratici. Le soluzioni applicate in uno Stato potrebbero non essere adatte ad un altro, con la conseguenza che una sentenza non può essere considerata sproporzionata semplicemente perchè è più severa della condanna che verrebbe imposta in un altro Stato.

In questa prospettiva va richiamato il consolidato orientamento di questa Corte regolatrice, secondo cui non può divenire causa ostativa ad una pronuncia favorevole alla estradizione l'entità della pena prevista nell'ordinamento dello Stato richiedente per il reato oggetto di consegna, perchè il regime sanzionatorio è riservato - fatta eccezione per il solo caso in cui sia prevista la pena capitale alle diverse e autonome valutazioni dei due ordinamenti, reciprocamente insindacabili e irrilevanti ai fini dell'estradizione, salvo che vi sia motivo di ritenere che l'estradando possa essere sottoposto ad atti, pene o trattamenti indicati dall'art. 698 c.p.p., comma 1, (Sez. 6, n. 15927 del 28/03/2013, D'Angelantonio, in motivazione, per una fattispecie relativa all'istituto del cumulo nella legislazione statunitense; Sez. 6, n. 31812 del 05/06/2008, Vleisides, Rv. 240325; Sez. 6, n. 36550 del 01/07/2003, Tumino, Rv. 227045).

2.2.9. Con il nono motivo si denuncia che il ricorrente sarà sottoposto ad un processo negli Stati Uniti che non assicura il rispetto dei diritti fondamentali, ed in particolare la legalità della pena (avendo il giudice ampia discrezionalità nel determinarla), stante il divario enorme tra minimo e massimo edittale e la tipologia di pena, previsti per i reati di cui ai capi di accusa.

Il motivo non ha fondamento alcuno, sulla base di quanto sopra già illustrato in ordine alle U.S. Federal Sentencing Guidelines.

2.2.10. Con il primo dei motivi aggiunti, il ricorrente, con riferimento al difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 3) di accusa (associazione finalizzata al riciclaggio del denaro), sostiene che la condotta non sarebbe sussumibile nelle fattispecie di reato previste prima dell'introduzione nell'ordinamento italiano del reato di autoriciclaggio, difettando in particolare gli elementi costitutivi del trasferimento fraudolento di valori (ovvero nella specie le specifiche finalità della condotta delittuosa, estranee invece alla fattispecie statunitense di money /aundering). In ogni caso neppure risulterebbe soddisfatto il presupposto della doppia incriminabilità in base all'art. 648-ter 1 c.p., essendo assente l'elemento tipico dell'impiego, del trasferimento o della sostituzione delle utilità di origine delittuosa in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative ed essendo escluse dalla norma condotte finalizzate alla mera utilizzazione o godimento personale del danaro o delle altre utilità.

Il motivo non può essere accolto.

Già si è affrontato il primo tema posto dal ricorrente, per cui si rinvia alle considerazioni già espresse al riguardo.

Quanto alla seconda deduzione, è sufficiente richiamare le evidenze indiziarie esposte nella domanda estradizionale. Dall'affidavit G. (reperto D) si evince che "il piano" architettato dal ricorrente per riciclare i proventi derivanti dalle sue attività criminali (in particolare quelle relative al narcotraffico) aveva avuto ad oggetto anche l'utilizzazione di società di comodo o aziende per mascherare i fondi come "legittimo reddito commerciale"; nell'affidavit S. (reperto E) si espone come il ricorrente avesse creato società in Texas per occultare la vera proprietà di immobili e di un aeroplano e mascherare i proventi delle attività illecite come reddito legittimo delle aziende.

Quindi siamo in presenza della reimmissione delle utilità provenienti da delitto in attività economiche ed imprenditoriali e non della mera "utilizzazione" o "godimento" personale dei profitti della attività criminale antecedente.

Poichè la doppia incriminabilità per il capo 3) non deve essere valutata con riferimento a singoli e specifici reati effettivamente commessi, bensì in relazione ai reati-fine dell'associazione, deve concludersi nel caso in esame che l'accordo aveva ad oggetto reati "estradabili", in quanto rientranti nella fattispecie di cui all'art. 648-ter.1 c.p..

2.2.11. Con il secondo motivo aggiunto, relativo al difetto del requisito della doppia incriminazione per il capo 5) di accusa (associazione finalizzata alla frode bancaria) e all'assenza della "base ragionevole" per ritenere che il richiedente abbia commesso il reato, il ricorrente fa presente che la qualificazione delle condotte indicate nel suddetto capo di accusa risulterebbe del tutto appiattita sulla fattispecie statunitense, non considerando che l'elemento dello stratagemma utilizzato era consistito nella mera presentazione di documenti che rappresentavano una difformità esclusivamente nominalistica con riguardo all'intestazione del rapporto, che giammai avrebbe potuto trarre in inganno le banche (posto che i finanziamenti erano richiesti da società anonime).

Il solo fatto di aver concluso un'operazione finanziaria con società anonime (giuridicamente legittime secondo il diritto del Texas) non poteva essere indice di un intento truffaldino nè tanto meno poteva essere considerato elemento sintomatico il solo fatto che le stesse erano state utilizzate per interposizione (posto che ben poteva, come risulta dal Reperto E, essere identificato il titolare effettivo del rapporto).

Quanto alla falsa indicazione della fonte di reddito a garanzia del prestito, risultava dagli atti che era pur sempre il M. a fungere da garante in tutti i prestiti. Quindi risulterebbe inverosimile la sussistenza dell'induzione in errore degli istituti bancari.

Si ribadisce inoltre che solo tre dei nove prestiti sarebbero rimasti insoluti, così da difettare per le relative condotte i due altri elementi costitutivi della truffa (ingiusto profitto e altrui danno).

Il motivo non ha fondamento, in quanto ripropone argomenti già affrontati e rigettati sulla base delle assorbenti considerazioni sopra illustrate.

3. Va invece accolto il ricorso relativamente alla sussistenza delle condizioni per la estradizione del ricorrente richiesta dagli Stati Uniti Messicani.

3.1. Appare assorbente il profilo, evidenziato da entrambi gli atti di ricorso, relativo alle dedotte gravi violazioni dei diritti umani a carico di persone detenute nelle carceri messicane.

Nel ricorso dell'avv. M. è stata denunciata la risposta viziata fornita dalla Corte di appello in ordine alla sussistenza in Messico delle suddette violazioni, pur documentate da relazioni ufficiali e da organismi accreditati presso le Nazioni Unite (con indicazione delle alte percentuali di atti di tortura e disumani), che dovevano far escludere che si trattasse di episodi isolati.

Nel ricorso dell'avv. B. è stato stigmatizzato come la Corte di appello abbia escluso in modo miope, nonostante la documentazione prodotta, l'esistenza in Messico di una situazione di cronica, costante e sistematica violazione dei diritti umani nelle carceri sia per le violenze patite dai detenuti, sia per gravi crimini commessi al loro interno sia per le condizioni di detenzione, che venivano ad esporre il ricorrente a rischi altissimi per la propria incolumità personale, senza adeguata tutela da parte del governo messicano.

Il motivo è fondato.

Effettivamente la Corte di appello ha omesso di confrontarsi con la documentazione offerta dalla difesa, costituita in particolare da rapporti del 2014 di organismi non governativi presso le Nazioni Unite e da report di organismi ufficiali di epoca più recente, che avevano rilevato gravi carenze del sistema penitenziario messicano (soprattutto per il problema del sovraffollamento e delle deleterie condizioni carcerarie). Sul punto, la Corte di appello ha in modo assertivo escluso che il quadro emergente da tale documentazione fosse tale da configurare un pericolo concreto per l'estradando.

Orbene, come già più volte affermato da questa Corte, in ordine alla condizione ostativa prevista dall'art. 698 c.p.p., comma 1, laddove vi siano elementi obiettivi, affidabili, precisi e debitamente attualizzati (desumibili anche da documenti e rapporti elaborati da organizzazioni non governative, la cui affidabilità sia generalmente riconosciuta sul piano internazionale, Sez. 6, n. 32685 del 08/07/2010, P.G., Rv. 248002), che facciano ritenere probabile che il ricercato venga sottoposto, una volta estradato, ad un trattamento inumano e degradante, lo Stato richiesto è tenuto a valutarlo, in applicazione della giurisprudenza CEDU per la quale lo Stato ha un obbligo positivo di assicurarsi che qualsiasi detenuto sia custodito in condizioni che garantiscono il rispetto della dignità umana.

La Corte d'appello deve quindi svolgere un'indagine mirata, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l'interessato alla consegna sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante (Sez. 6, n. 28822 del 28/06/2016, Diuligher, Rv. 268109).

S'impone, dunque, in considerazione dei profili critici ora evidenziati, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

4. Conclusivamente, sulla base delle su esposte considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con riferimento alla declaratoria della sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione avanzata dal governo degli Stati Uniti d'America.

La circostanza che le domande estradizionali siano state trattate in un unico procedimento non impedisce, stante l'autonomia di ognuna di esse, che le procedure si separino, in considerazione del differente esito della presente impugnazione.

L'art. 708 prevede infatti che il Ministro della giustizia sia tenuto a pronunciarsi sulla domanda estradizionale nel termine di 45 giorni decorrenti, tra gli altri casi, dal deposito della sentenza della Corte di cassazione, scaduto il quale la persona, se detenuta per tale titolo, deve essere posta in libertà.

Naturalmente, il Ministro della giustizia esercita le facoltà previste dal Trattato e dal codice di rito in ordine alla decisione sulla domanda di estradizione.

La sentenza impugnata deve essere invece annullata con riferimento alla declaratoria della sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione avanzata dal governo messicano, essendo necessario un nuovo giudizio che, nella piena libertà del relativo apprezzamento di merito, dovrà riesaminare il caso e porre rimedio ai vizi riscontrati.

Appare opportuno precisare che l'esito del giudizio di rinvio relativo alla suddetta domanda estradizionale è in ogni caso condizionato dalla presenza dell'estradando nel territorio dello Stato (che potrebbe eventualmente venir meno nel frattempo anche per la consegna dell'interessato all'altro Stato istante) (tra tante, Sez. 6, n. 30726 del 24/06/2016, Governo degli Emirati Arabi Uniti, Rv. 267682; Sez. 6, n. 2470 del 30/06/1999, Michalos Michalos, Rv. 215264).

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito.

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla dichiarazione di sussistenza delle condizioni per l'estradizione di Y.R.T.J. presentata dal governo degli Stati Uniti Messicani e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.

Rigetta nel resto il ricorso dello Y..

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2018