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Estradizione, quale valutazione del merito in Cassazione? (Cass. 25264/18)

17 maggio 2018, Cassazione penale

Nel procedimento estradizionale l'estensione al merito delle attribuzioni della Corte di cassazione non può spingersi sino al punto di onerarla di attività istruttoria, restando fermo il principio che essa effettua solo l'esame cartolare, limitato peraltro alle informazioni allo stato acquisite.

Corte di Cassazione

Sezoine VI Penale

Num. 25264 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CALVANESE ERSILIA
Data Udienza: 17/05/2018

 

SENTENZA

sul ricorso proposto da
SGD nato a ** (Moldavia) il **/1963 avverso la sentenza del 12/02/2018 della Corte di appello di Ancona
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore  generale Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. SGD ricorre per l'annullamento della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Corte di appello di Ancona dichiarava la
sussistenza delle condizioni per la sua estradizione richiesta dal Governo della Moldavia per l'esecuzione della pena di anni 12 di reclusione per i reati di  appropriazione indebita e truffa.

2. Nel ricorso, proposto dal difensore di fiducia, si deducono i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, disp. att. cod. proc. pen.

Ne! procedimento davanti alla Corte di appello non si sarebbe proceduto ad un reale giudizio sui fatti oggetto di estradizione né si sarebbe indagato sullo stato giuridico (in ordine alla presentazione di una domanda di asilo) e fisico del ricorrente.

La sentenza moldava che lo ha condannato avrebbe violato i "principi costituzionali dei diritti umani e di libertà dell'individuo della Carta Moldava", non essendosi il ricorrente potuto difendere per mancanza di soldi da un processo
che vedeva coinvolte persone pubbliche e non configurando i fatti oggetto dell'imputazione un reato secondo la legge penale moldava all'epoca dei fatti, per cui a seguito dell'estradizione si troverebbe ad essere ingiustamente detenuto con violazione dei diritti umani.

Il ricorrente avrebbe riportato gravi problemi di salute (due infarti) per i quali è stato ricoverato d'urgenza e sottoposto ad interventi, per cui il suo stato attuale di salute risulterebbe gravemente compromesso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il ricorso si !imita a generiche censure sulla completezza e correttezza della verifica compiuta dalla Corte di appello sulla domanda estradizionaie, viepiù sollevando questioni che investono profili di merito della decisione impugnata,
che tuttavia non risultano dedotti o comunque documentati sulla base delle informazioni acquisite all'udienza ex art. 704 cod. proc. pen.

Va ribadito il principio da tempo affermato in tema di procedimento estradizionale, secondo cui l'estensione al merito delle attribuzioni della Corte di cassazione non può spingersi sino al punto di onerarla di attività istruttoria, restando fermo il principio che essa effettua solo l'esame cartolare, limitato peraltro alle informazioni allo stato acquisite (tra tante, Sez. 2, n. 37023 del 29/09/2011, Colombo, Rv. 251141).


L'unico profilo, di cui si dà atto nella sentenza impugnata, che era stato sollevato davanti alla Corte di appello e che viene riproposto dal ricorso (la presentazione di una domanda di asilo) risulta affrontato del tutto correttamente in quella sede, finendo la censura per presentarsi anche aspecifica rispetto alle
ragioni della decisione (la Corte di appello ha rilevato che ia domanda era stata rigettata, come ammesso dallo stesso ricorrente).

3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.

In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di duemila euro, in favore della cassa delle
ammende.

La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 17/05/2018.