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Estradizione e verifica d'ufficio del rispetto dei diritti fondamentali (Cass. 8529/17)

22 febbraio 2017, Cassazione Penale e Nicola Canestrini

Quando il pregiudizio per i diritti fondamentali della persona estradanda costituisce fatto notorio, compete all'autorità giudiziaria verificare, a norma dell'art. 705 c.p.p. , la presenza di cause ostative all'estradizione e segnatamente la sussistenza del pericolo concreto di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti nello Stato richiesto.

La circostanza che la procedura di consegna per ragioni di diritto intertemporale non sia soggetta al regime del mandato di arresto europeo e alle garanzie per esso previste, non deve determinare una tutela deteriore dei diritti fondamentali della persona da estradare.

 


Cassazione penale

Sezione VI, sentenza 22-02-2017, n. 8529

sul ricorso proposto da:

F.D.V., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 21/09/2016 della Corte di appello di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ersilia Calvanese;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Cardia Delia, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udito il difensore, avv. Giambattista Colombo, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Brescia, con la sentenza indicata in epigrafe, dichiarava sussistenti le condizioni per l'estradizione chiesta dal Governo della Repubblica di Romania per l'esecuzione della pena di tre anni di reclusione inflitta a F.D.V. con la sentenza esecutiva dalla Pretura di Deva per plurimi reati di truffa e falso, commessi sino al (OMISSIS).

La Corte di appello respingeva le eccezioni difensive incentrate sull'estinzione della pena per prescrizione e per l'indulto concesso in Italia dalla L. n. 241 del 2006 (ritenendo a tal fine inapplicabile il Trattato italo-rumeno di estradizione dell'11 novembre 1972).

2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione, a mezzo del suo difensore, F.D.V., articolando due motivi di annullamento.

2.1. Con il primo motivo, denuncia la violazione di legge processuale per la erronea non applicazione del Trattato bilaterale di estradizione del 1972.

Secondo il ricorrente, il suddetto Trattato non risulterebbe abrogato dalla successiva adesione della Romania alla Convenzione europea di estradizione, consentendo l'art. 28 di quest'ultima regimi derogatori: la Romania avrebbe depositato una riserva nel 2007 per fare salva l'applicazione transitoria dei trattati di estradizione per le domande ratione temporis non soggette alla disciplina del mandato di arresto europeo.

2.2. Con il secondo motivo, lamenta la violazione dell'art. 698 c.p.p. , comma 1, in considerazione del pericolo concreto dell'estradando di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti in relazione alla gravissima situazione di sovraffollamento del sistema carcerario rumeno.

2.3. Con memoria depositata il 28 dicembre 2016, il difensore fa altresì presente che F.D.V. è cittadino rumeno, residente in Italia legittimamente da oltre un decennio dove esercita attività lavorativa e dove risiede anche la moglie. Chiede pertanto che la pena sia scontata In Italia, ai sensi dell'art. 731 c.p.p. e del D.Lgs. n. 161 del 2010 .

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

2. Il primo motivo non ha fondamento.

L'art. 28 della Convenzione europea di estradizione stabilisce l'abrogazione delle disposizioni dei trattati, convenzioni o accordi bilaterali, che regolano l'estradizione tra le Parti e consente che le stesse possono concludere successivamente (come chiarisce il Rapporto esplicativo "at a later date" "ulterieurement") trattati per completare le disposizioni della Convenzione o per agevolare l'applicazione dei principi contenuti in essa. Tale facoltà, ad esempio, è stata utilizzata dall'Italia per concludere trattati aggiuntivi alla suddetta Convenzione con l'Austria e la Germania.

Pertanto, con l'adesione della Romania alla Convenzione europea di estradizione del 1957, avvenuta in data il 9 dicembre 1997, il Trattato bilaterale del 1972 deve ritenersi abrogato.

Nè ha alcuna rilevanza per la vigenza del suddetto Trattato la riserva citata dal ricorrente: con la riserva del 6 febbraio 2007, depositata presso il Segretariato generale del Consiglio d'Europa, la Romania ha dichiarato infatti che continuerà ad applicare la Convenzione europea di estradizione e i suoi protocolli con gli Stati membri dell'Unione europea in relazione a quelle richieste di consegna in via transitoria non soggette al regime del mandato di arresto europeo.

Quanto alla questione della rilevanza nel caso in esame dell'indulto concesso dallo Stato richiesto, deve osservarsi che all'estradizione del F. deve applicarsi non solo l'art. 10 della Convenzione europea di estradizione - che tra le cause estintive della pena rilevanti per il rifiuto della domanda annovera la soia prescrizione - ma anche il secondo Protocollo aggiuntivo del 17 marzo 1978, al quale hanno aderito sia l'Italia (23 aprile 1985) che la Romania (9 dicembre 2007), che all'art. 4 disciplina la rilevanza ostativa dell'amnistia ("amnesty" "amnistie") concessa nello Stato richiesto. Secondo il Rapporto esplicativo, con tale termine si è inteso far riferimento a provvedimenti clemenziali che estinguono il reato o anche solo la relativa pena.

Senza addentrarci in questa sede sulla portata del termine usato dal citato Protocollo (cfr. per un'analoga questione interpretativa, Sez. U, n. 36527 del 10/07/2008, Napoletano, Rv. 240399), è sufficiente osservare che il citato art. 4 stabilisce che l'estradizione sarà rifiutata in tale evenienza solo se lo Stato richiesto abbia giurisdizione "concorrente" sui reati oggetto della domanda (come lo stesso Rapporto esplicativo sottolinea): situazione nella specie non ricorrente, in quanto, i reati commessi in Romania dal F., cittadino rumeno, a danno dello Stato straniero e di soggetti stranieri (falso in pubblici documenti, truffa, messa in circolazione di targhe false), per i quali quindi non sussiste nessun collegamento con lo Stato italiano (nè di personalità attiva che passiva), sono punibili in Italia solo in via suppletiva, in base all'art. 10 c.p. , u.c. (attribuendo invero al Ministro della giustizia il potere di condizionarne la procedibilità).

3. E' da ritenersi inammissibile la richiesta del F. formulata solo in questa sede di volersi avvalere della facoltà di eseguire in Italia la pena.

Indipendentemente dalla ricorrenza delle condizioni normative per farsi luogo alla esecuzione richiesta, è assorbente rilevare che è applicabile anche al ricorso per cassazione di cui all'art. 706 c.p.p. la disposizione dell'art. 609 c.p.p. , che limita la cognizione della Corte di cassazione ai motivi proposti e alle questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo, nonchè a quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello.

In tale ambito non rientra la richiesta formulata dal ricorrente, che presuppone l'apprezzamento di questioni di fatto (la residenza dell'estradando nello Stato) non dedotte dinanzi alla Corte di appello (per un'analoga questione in tema di sindacato della Corte di cassazione esteso al "merito", cfr. tra tante, Sez. 6, n. 47071 del 4/12/2009, Lefter, Rv. 245456).

4. E' fondato invece il secondo motivo di ricorso.

Competeva infatti alla Corte di appello verificare, a norma dell'art. 705 c.p.p. , la presenza di cause ostative all'estradizione e segnatamente la sussistenza del pericolo concreto di sottoposizione del F. a trattamenti inumani o degradanti nello Stato richiesto.

E' vero che questa Corte ha più volte affermato che grava sull'estradando un onere di allegazione degli elementi e delle circostanze idonei a fondare il timore che la sua estradizione preluda ad un trattamento incompatibile con i diritti fondamentali della persona (tra tante, Sez. 6, n. 22827 del 26/04/2016, Ramirez Melendez, Rv. 267066), tuttavia la grave situazione rappresentata dall'estradando solo in questa sede (il sovraffollamento carcerario in Romania) costituiva una situazione obiettiva rilevata, non solo da decisioni di organismi giudiziari sovranazionali (tra tante, Corte di giustizia U.E., sent. del 5/04/2016, Aranyosi e Caldararu), ma anche da plurime decisioni di legittimità in tema di mandato di arresto europeo (ex multis, Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv. 267296; Sez. 6, n. 55141 del 28/12/2016, Avadanei, non mass.; Sez. 6, n. 52365 del 06/12/2016, Grecu, non mass.).

D'altra parte, la circostanza che la procedura di consegna del F., per ragioni di diritto intertemporale, non sia soggetta al regime del mandato di arresto europeo e alle garanzie per esso previste, non deve determinare una tutela deteriore dei diritti fondamentali della persona da estradare.

Al riguardo, va rammentato il recente arresto della Grande Camera della Corte di giustizia dell'Unione europea (sent. 06/09/2016, Petruhhin) che ha significativamente esteso alla materia estradizionale il regime di tutela dei diritti fondamentali previsto in tema di mandato di arresto europeo, stabilendo che, se uno Stato membro deve estradare un cittadino di un altro Stato membro, deve verificare che l'estradizione non pregiudichi i diritti di cui all'art. 19 della Carta dei diritti fondamentali e segnatamente il diritto a non essere estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

Tirando le fila del discorso e applicando, mutatis mutandis, i principi affermati da questa Corte in relazione alla procedura del mandato di arresto europeo, appare necessario che la Corte di appello acquisisca dallo Stato richiesto, attraverso i previsti canali di comunicazione, informazioni complementari dallo Stato richiesto (cfr. art. 13 della Convenzione europea di estradizione) necessarie ad una indagine "mirata", volta cioè a stabilire se, nel caso concreto, l'interessato sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante. Andrà accertato in altri termini se l'estradando dovrà espiare la pena in regime carcerario e, in caso positivo, quali saranno le effettive condizioni della sua detenzione (cfr. al riguardo, Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv. 267296).

5. Conclusivamente, sulla base di quanto premesso, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente all'omesso accertamento di cui all'art. 705 c.p.p. , comma 2, lett. c), affinchè la Corte di appello proceda ad nuovo giudizio sulla base dei principi sopra affermati. Il ricorso per il resto va rigettato.

La cancelleria provvederà agli adempimenti di rito.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'omesso accertamento di cui all'art. 705 c.p.p. , comma 2, lett. c), e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..

Così deciso il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2017 DEPOSITATO IN CANCELLERIA 2 2 FEB 2017