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Decisioni

Estradizione e asilo politico (Cass., 3746/14)

28 gennaio 2014, Cassazione penale

E' legittimo negare l'estradizione anche sulla base della concessione dello status di rifugiato politico, ritenendo quindi sussistente il pericolo che la persona estradanda, ove sia consegnata allo Stato richiedente, sarà sottoposta per motivi di opinioni politiche ad atti persecutori ovvero a trattamenti disumani o degradanti (Turchia).

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 VI, sent.28-01-2014, (ud. 18/12/2013), n. 3746

 


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MILO Nicola - Presidente -
Dott. GARRIBBA Tito - Consigliere -
Dott. GRAMENDOLA Frances - Consigliere -
Dott. PETRUZZELLIS Anna - Consigliere -
Dott. PATERNO' RADDUSA Benedet - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Firenze;
avverso la sentenza emessa il 12 luglio 2013 dalla Corte d'appello di Firenze nei confronti di:
T.I.;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Tito Garribba;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. D'Ambrosio Vito, che ha concluso per il rigetto del ricorso.


Svolgimento del processo

Con la sentenza specificata in epigrafe, la Corte d'appello di Firenze dichiarava insussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione presentata dalla Repubblica di Turchia nei confronti del proprio cittadino T.I., imputato di falsità in assegni bancari e truffa, osservando:
1. che, con atto del 25.6.2013, gli era stato riconosciuto lo status di protezione sussidiaria, per il motivo che, se rientrasse nel Paese di origine, correrebbe il rischio di subire trattamenti inumani o degradanti;
2. che, alla stregua della documentazione da lui prodotta, risulta che, a causa dell'appartenenza a un partito politico di opposizione, potrebbe correre il pericolo, tornato nel Paese di origine, di un danno grave alla persona sotto forma di trattamenti inumani o degradanti.
Contro la decisione ricorre il pubblico ministero, che denuncia mancanza di motivazione, censurando che la Corte fiorentina abbia recepito la valutazione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale nonchè le dichiarazioni dell'estradando senza compiere al riguardo alcun autonomo accertamento.

Motivi della decisione

La Corte d'appello ha pronunciato sentenza contraria all'estradizione, ritenendo sussistente la condizione prevista dall'art. 698, comma 1, a cui rinvia l'art. 705 c.p.p. , comma 2, lett. c), ossia il pericolo che la persona estradanda, ove sia consegnata allo Stato richiedente, sarà sottoposta per motivi di opinioni politiche ad atti persecutori ovvero a trattamenti disumani o degradanti. Tale convinzione l'ha desunta dal provvedimento con cui la competente Commissione territoriale, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, ha riconosciuto all'estradando lo status di protezione sussidiaria "in quanto il suo rientro in Turchia potrebbe esporto a trattamenti disumani e degradanti".


Il ricorso con cui il pubblico ministero censura che il giudice a quo abbia ritenuto la sussistenza della condizione ostativa prevista dall'art. 698 c.p.p. , comma 1, rimettendosi alla decisione dell'autorità amministrativa, senza condurre autonomi accertamenti, è infondato.

Invero l'art. 704 c.p.p. , comma 2, disponendo che la corte d'appello decide sull'esistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione "dopo avere assunto le informazioni e disposto gli accertamenti ritenuti necessari", affida alla valutazione discrezionale del giudice il compito di stabilire se e quali accertamenti siano necessari ai fini della decisione.

Nel caso concreto, la corte territoriale ha recepito il risultato degli accertamenti effettuati dalla Commissione preposta al riconoscimento della protezione internazionale e ha altresì ritenuto di condividerne la valutazione conclusiva e tale decisione non merita censura.

Occorre infatti considerare che il provvedimento che accorda allo straniero la protezione internazionale nelle forme del riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria viene emesso all'esito di un'istruttoria specificamente regolamentata, che accerta sulla base di criteri di valutazione prestabiliti (v. D.Lgs. cit., art. 3, commi 4 e 5) l'effettiva esistenza dei presupposti di fatto tipizzati dalla legge, compendiati nelle due distinte categorie degli "atti di persecuzione" e del "danno grave", che giustifichino il fondato timore, rispettivamente, di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità od opinione politica oppure di subire un grave danno alla vita o alla persona.


L'accertamento condotto dall'autorità amministrativa istituzionalmente chiamata a verificare la sussistenza dei presupposti di fatto legittimanti il riconoscimento della protezione internazionale, pur non essendo vincolante per la giurisdizione a causa del principio della separazione dei poteri dello Stato, può essere però assunto dal giudice come utile elemento di valutazione da porre a fondamento della propria decisione, ove ritenuto completo, certo e affidabile.

A tal fine assume particolare rilievo la motivazione del provvedimento amministrativo, nella parte in cui illustra i fatti addotti e le prove esibite dal richiedente la protezione, gli accertamenti compiuti d'ufficio e il relativo risultato probatorio, sul quale si innesterà l'autonoma - anche se generalmente coincidente - previsione circa il pericolo che quella persona, se ritornasse nel Paese di origine, potrebbe subire atti persecutori o trattamenti disumani o degradanti.

Nella fattispecie la sentenza impugnata ha condiviso accertamento e valutazione contenuti nel provvedimento amministrativo la cui tenuta e coerenza logica il pubblico ministero ricorrente non ha posto in discussione, cosicchè l'impugnazione deve essere rigettata.


P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp.att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2014