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Elezione di domicilio, requisiti e validità (Cass. 4926/19)

31 gennaio 2019, Cassazione penale

Il verbale di elezione di domicilio è preordinato a consentire il sicuro recapito degli atti diretti all’indagato o all’imputato: deve però contenere l’avviso che un procedimento penale, in relazione ad un determinato fatto, è o può essere instaurato nonché l’avvertimento che l’indagato o imputato ha l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che, in assenza di detta comunicazione, le notificazioni saranno eseguite mediante consegna al difensore.

Non è, invece, richiesto che siano indicate le specifiche norme di legge violate né il numero del relativo procedimento con l’indicazione dell’Autorità giudiziaria presso cui esso pende, trattandosi di atto spesso compiuto dalla polizia giudiziaria, in occasione del primo contatto con l’indagato, in cui detti elementi possono essere incerti o spesso sconosciuti: cionondimeno, si osserva, permane l’obbligo dell’interessato di comunicare le variazioni di domicilio anche in assenza di dette indicazioni la cui mancanza non impedisce, comunque, all’indagato diligente di accertare, anche attraverso l’autorità di polizia presso cui abbia dichiarato o eletto domicilio, l’Autorità giudiziaria competente cui indirizzare la comunicazione di variazione.

In tema di notificazioni all’imputato, l’elezione o dichiarazione di domicilio sono valide ed efficaci unicamente nell’ambito del procedimento nel quale sono state effettuate, mentre non spiegano alcun effetto nell’ambito di altri procedimenti, sia pure geneticamente collegati a quello originario, tant'è che l’elezione di domicilio, fatta nell’ambito di un procedimento conclusosi con l’archiviazione, non proietta la sua validità nel caso di successiva riapertura delle indagini, la quale dà luogo ad un procedimento formalmente nuovo.

 

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 dicembre 2018 – 31 gennaio 2019, n. 4926
Presidente Di Stefano – Relatore Giordano

Ritenuto in fatto

1. B.G. propone ricorso avverso l’ordinanza con la quale la Corte di appello di Palermo ha respinto l’istanza di rescissione del giudicato in relazione alla sentenza, relativa al reato di cui all’art. 572 cod. pen., emessa dal Tribunale di Agrigento del 17 novembre 2015, confermata dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 27 settembre 2017 e divenuta irrevocabile il 7 dicembre 2017.
La Corte palermitana ha ritenuto insussistenti i presupposti per l’accoglimento della richiesta sul rilievo che "nel caso di specie sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusivo del ricorso di cui all’art. 629 bis cod. proc. pen., considerato che il B. non ha adempiuto al proprio onere di diligenza comunicando nel processo pendente dinanzi all’autorità giudiziaria di Palermo il proprio mutamento di domicilio".
2. Il ricorrente denuncia l’illogicità della motivazione dell’ordinanza evidenziando che egli non era mai venuto a conoscenza del procedimento pendente dinanzi all’Autorità giudiziaria di Agrigento dal momento che la sua identificazione era stata compiuta in relazione ad altro procedimento, pendente dinanzi all’autorità giudiziaria di Palermo.
3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza con alla Corte di appello di Palermo.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato e deve trovare accoglimento con la pronuncia delle statuizioni di seguito indicate.
2. B.G. è stato raggiunto da ordine di esecuzione oltre che per l’esecuzione della sentenza indicata anche per l’esecuzione di coeva sentenza emessa dalla Corte di appello di Palermo per il delitto di cui all’art. 612 bis cod. pen. nei confronti della medesima persona offesa. Dagli atti allegati al ricorso, nonché da quelli trasmessi dalla Corte di appello ai quali il Collegio ha accesso in ragione della natura processuale del vizio dedotto risulta che in effetti B.G. , con verbale di identificazione, nomina del difensore di fiducia ed elezione di domicilio della persona sottoposta ad indagini era stato identificato dai Carabinieri della Stazione di Villabate a seguito della querela sporta da R.A. in data 18 agosto 2010 alle ore 17:00 in merito ai reati di molestie a mezzo del telefono, minacce e ingiurie, fatti avvenuti in (omissis) . La predetta denunciante, il precedente 11 agosto 2010 alle ore 13:10, aveva sporto altra denuncia presso il Commissariato PS di Palermo Brancaccio nei confronti del B. per i reati di maltrattamenti, minacce gravi ed altro. Per detti reati, commessi in (omissis) luogo di residenza della coppia nel periodo della loro convivenza, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Palermo aveva disposto, in data 8 marzo 2011 la trasmissione degli atti ad Agrigento. Trattasi degli atti relativi al procedimento penale culminato nella sentenza del Tribunale di Agrigento del 17 novembre 2015, confermata dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 27 settembre 2017 (divenuta irrevocabile il 7 dicembre 2017) e oggetto della richiesta di rescissione del giudicato.
3. Premesso che non consta che nel processo palermitano (relativo al reato di cui all’art. 612 bis cod. pen.) B.G. abbia nominato difensore di fiducia, dalla sentenza del Tribunale di Agrigento del 17 novembre 2015, si evince che il B. era assistito da difensore di ufficio e che tutte le notifiche, dopo un primo tentativo di notifica nel luogo di residenza (cioè in (omissis) , domicilio dichiarato nel verbale di identificazione del 18 agosto 2010) erano state eseguite, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, mediante notifica al difensore di ufficio. In particolare era stata eseguita mediante deposito nella Casa Comunale di Palermo la notifica dell’avviso di cui all’art. 415 bis cod. proc. pen., in esito ad accesso negativo al predetto indirizzo; mediante notifica al difensore di ufficio la richiesta di rinvio a giudizio del 21 settembre 2012, in vista dell’udienza preliminare del 15 aprile 2013 nel corso della quale il B. veniva dichiarato contumace; in esito a notizie negative (l’imputato risultava sloggiato) era stato notificato al difensore di ufficio il decreto che dispone il giudizio e così l’estratto contumaciale della sentenza di primo grado, a seguito di ulteriori informazioni (assunte in via (omissis) ) dalle quali risultava che l’imputato era trasferito. Anche in vista della fissazione dell’udienza fissata per il 19 luglio 2017 nel giudizio di appello (a seguito di impugnazione del difensore di ufficio) e, così l’estratto contumaciale della sentenza di appello sono stati notificati al difensore di ufficio, ai sensi dell’art. 161 c.p., comma 4.
4. Il descritto iter processuale impone a questa Corte di verificare se siano corrette le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte di appello palermitana che ha ritenuto ascrivibile a negligenza del B. e, pertanto preclusiva del ricorso di cui all’art. 629 bis cod. proc. pen., la mancata comunicazione da parte dell’odierno ricorrente, nel processo pendente dinanzi all’autorità giudiziaria di Palermo, del mutamento di domicilio, pacificamente intervenuto, osserva il Collegio, perlomeno a partire dall’anno 2013 allorquando il B. risultava sloggiato dall’abitazione di via (omissis) (v. relata di notifica del 14 gennaio 2013, in relazione alla notifica del decreto che dispone il giudizio).
Questa Corte ha enucleato gli elementi e requisiti del verbale di elezione di domicilio, ma le considerazioni valgono anche con riferimento al verbale di dichiarazione di domicilio nel corso della identificazione della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato non detenuto o internato dal giudice, dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria.
A tale riguardo, premesso che il verbale di elezione di domicilio è preordinato a consentire il sicuro recapito degli atti diretti all’indagato o all’imputato, si afferma che il verbale che deve contenere l’avviso che un procedimento penale, in relazione ad un determinato fatto, è o può essere instaurato nonché l’avvertimento che l’indagato o imputato ha l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che, in assenza di detta comunicazione, le notificazioni saranno eseguite, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, mediante consegna al difensore. Non è, invece, richiesto che siano indicate le specifiche norme di legge violate né il numero del relativo procedimento con l’indicazione dell’Autorità giudiziaria presso cui esso pende, trattandosi di atto spesso compiuto dalla polizia giudiziaria, in occasione del primo contatto con l’indagato, in cui detti elementi possono essere incerti o spesso sconosciuti: cionondimeno, si osserva, permane l’obbligo dell’interessato di comunicare le variazioni di domicilio anche in assenza di dette indicazioni la cui mancanza non impedisce, comunque, all’indagato diligente di accertare, anche attraverso l’autorità di polizia presso cui abbia dichiarato o eletto domicilio, l’Autorità giudiziaria competente cui indirizzare la comunicazione di variazione (Sez. 5, Sentenza n. 671 del 21/11/2013, dep 2014, Freda, Rv. 257961).
Questa Corte Suprema ha, inoltre, più volte affermato il principio che in tema di notificazioni all’imputato, l’elezione o dichiarazione di domicilio sono valide ed efficaci unicamente nell’ambito del procedimento nel quale sono state effettuate, mentre non spiegano alcun effetto nell’ambito di altri procedimenti, sia pure geneticamente collegati a quello originario (Sez. 6, n. 49498 del 15/10/2009, Santise, Rv. 245650) tanéè che l’elezione di domicilio, fatta nell’ambito di un procedimento conclusosi con l’archiviazione, non proietta la sua validità nel caso di successiva riapertura delle indagini, la quale dà luogo ad un procedimento formalmente nuovo, come evidenziato dalla necessità di procedere a nuova iscrizione a norma dell’art. 335 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 28691 del 13/06/2013, Tognetti e altro, Rv. 256533).
L’applicazione dei principi evincibili dalle sentenze ora richiamate impone di escludere che sia ravvisabile, da parte di B.G. , una condotta negligente preclusiva alla proposizione dell’istanza di rescissione del giudicato a suo carico poiché egli non ha mai ricevuto alcun avviso della esistenza di un procedimento penale, anche instaurando, in relazione ai fatti reato riconducibili al delitto di maltrattamenti, fatti che non erano oggetto di alcun riferimento nel descritto verbale del 18 agosto 2010; né il ricorrente ha ricevuto alcun avvertimento dell’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che, in assenza di detta comunicazione, le notificazioni sarebbero state eseguite, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, mediante consegna al difensore, avvertimenti che gli venivano dati in relazione ad un fatto e ad un procedimento diverso. E, al riguardo, alcun ulteriore approfondimento appare necessario, secondo la richiesta del Procuratore generale, dal momento che inequivocabilmente il verbale del 12 agosto 2010 non è pertinente al processo per il reato di maltrattamenti ma, come anticipato, al diverso procedimento per il reato di cui all’art. 612 bis cod. pen..
Ne consegue che non essendo ravvisabile alcuna colpevole negligenza del B. la procedura di notifica, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, del decreto che dispone il giudizio ha determinato la mancata conoscenza della pendenza del processo e quindi l’assenza dell’imputato dal procedimento a suo carico, nel quale non ha potuto esercitare alcuno dei diritti di difesa riconosciuti all’imputato ai fini della celebrazione di un processo equo, a partire da quello di parteciparvi personalmente, di essere informato dell’accusa ascrittagli e di nominare un difensore di fiducia, carenze immediatamente rilevabili da questa Corte, senza necessità di alcun ulteriore accertamento.
5.A tanto consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata e la revoca della sentenza del 17 novembre 2015 del Tribunale di Agrigento con trasmissione degli atti al medesimo Tribunale per il giudizio di primo grado. Va, inoltre, revocato l’ordine di esecuzione, indicato in dispositivo, limitatamente a tale sentenza con immediata liberazione del B. , se non detenuto per altro titolo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, revoca la sentenza del 17 novembre 2015 del Tribunale di Agrigento e dispone la trasmissione degli atti al medesimo Tribunale per il giudizio di primo grado. Revoca l’ordine di esecuzione del 29 gennaio 2018 limitatamente a tale sentenza ed ordina la sua immediata liberazione se non detenuto per altro.