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Elezione di domicilio deve essere attuale e reale (Cass. 27891/20)

7 ottobre 2020, Cassazione penale

Il sistema delineato dal codice presuppone che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del processo e che il giudice, quindi, ciò anche per le conseguenze derivanti dall’accertamento tardivo dell’assenza inconsapevole, debba procedere avendo certezza che l’imputato sia a conoscenza del contenuto dell’accusa e del giorno e luogo dell’udienza.

La dichiarazione o elezione di domicilio, l’applicazione di misura cautelare che abbia portato all’udienza di convalida o la sottoposizione a misura cautelare o la nomina di un difensore di fiducia, non sono presunzioni quanto, piuttosto, indici di conoscenza del processo che non consentono automaticamente di concludere che l’imputato si sia volontariamente e consapevolmente sottratto al giudizio.

Las scelta del domicilio eletto deve essere efficace, seria e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti: in assenza di un effettivo collegamento tra la persona e il luogo eletto ricorre una ipotesi di domicilio inidoneo.

Non è idonea una elezione di domicilio  effettuata in una fase precedente alla vocatio in iudicium e presso lo studio di un avvocato che dagli atti non risulta avere alcun rapporto con l’imputato formalizzata molti anni prima dalla celebrazione del processo.

La parte che intende dedurre la nullità di un atto, chiedendo alla Corte di procedere alla verifica circa la sussistenza di eventuali violazioni relative alle modalità di redazione e in ordine alla mancata o meno effettuazione degli avvisi previsti, infatti, ha l’onere di fare riferimento a un documento contenuto nel fascicolo del processo ovvero, qualora questo non sia allegato agli atti, di produrlo o, quanto meno di dare prova di aver tentato inutilmente di adempiere a tale onere.
Onere questo al quale la difesa -che pure ha presentato due precedenti eccezioni sull’esistenza e regolarità del verbale fondate, allora come ora, sulla lettura della sola comunicazione della Casa Circondariale e senza mai attivarsi per reperire la copia del verbale stesso- non ha adempiuto.
Questa Corte, d’altro canto, che pure quanto alle questioni processuali è anche giudice del fatto, non ha il potere di reperire ed individuare atti che le parti non hanno chiesto di acquisire nel fascicolo processuale e la cui esistenza e validità è, comunque, attestata da atti ufficiali già presenti nel processo e non risulta diversamente smentita.

Corte di Cassazione

sez. II Penale

sentenza 17 settembre – 7 ottobre 2020, n. 27891

Ritenuto in fatto

La CORTE di APPELLO di BOLOGNA, con sentenza del 5/4/2019, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di MODENA in data 9/3/2017, ha dichiarato non doversi procedere quanto al reato di cui al capo 3) (favoreggiamento) perché estinto per prescrizione e, rideterminata la pena, ha confermato nel resto la condanna nei confronti di C.H. in relazione a ai reati di cui agli artt. 648 e 337 c.p..
1. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che, a mezzo difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
1.1. Violazione di legge in relazione all’art. 178 c.p.p., lett. C), art. 171 c.p.p., lett. E) e artt. 134 e 161 c.p.p. e conseguente "Nullità delle sentenze di primo e secondo grado per violazione delle norme processuali poste a presidio della regolare citazione dell’imputato". Nel primo motivo la difesa in prima battuta eccepisce che la decisione della Corte territoriale in ordine alla questione della nullità della notifica effettuata presso l’avv. M sarebbe errata e la soluzione adottata illogica. L’affermazione secondo la quale l’elezione di domicilio presso l’avv. M non varrebbe per il presente processo, infatti, non sarebbe corretta in quanto si pone in evidente contrasto con i provvedimenti che si sono succeduti sul punto e, da ultimo, con la sentenza della Corte di Cassazione. Dalla stessa affermazione, poi, la Corte non trarrebbe le corrette conseguenze in quanto la ritenuta inesistenza dell’elezione di domicilio determinerebbe la nullità di tutte le notifiche effettuate presso l’avv. M e, da ultimo, quanto meno, quella del decreto di citazione per il giudizio di appello.
1.1.2. Nello stesso primo motivo la difesa eccepisce la nullità della notifica come conseguenza della nullità del verbale di elezione di domicilio. Sul punto il ricorrente evidenzia che la questione, già sollevata con i motivi di appello, non è stata analizzata dalla Corte territoriale che ha sul punto assunto la decisione tranciante che l’elezione di domicilio presso l’avv. M si riferiva ad altro procedimento.

A ben vedere, rileva la difesa, invece, tale conclusione non è condivisibile e, piuttosto, negli atti non si rileva il verbale di elezione di domicilio ma solo una annotazione della Casa Circondariale. Atto questo che, contenendo solo una comunicazione che il C. è stato scarcerato e che in tale occasione ha eletto domicilio, non avrebbe alcun valore in quanto redatto senza rispettare le previsioni di cui agli artt. 134 e 161 c.p.p. in ordine agli avvisi da effettuare e alle modalità di redazione del verbale di elezione di domicilio (non si da atto della presenza dell’imputato, se e quali avvisi gli sono stati fatti, se è stato tradotto o meno in lingua albanese...). Le indicate violazioni determinerebbero la nullità del verbale e della conseguente vocatio in iudicium ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c), sia per il giudizio di primo grado che di quello d’appello.
1.2. Violazione di legge in relazione alla "corretta interpretazione dell’art. 420 bis c.p.p., comma 2 e sull’idoneità delle domiciliazioni in atti a garantire l’effettiva conoscenza di luogo e data del processo all’imputato". Nel secondo motivo, evidenziato che l’avv. M non ha svolto alcuna attività nel processo, richiamata e ripercorsa anche la giurisprudenza interna ed internazionale, la difesa rileva che l’unica interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente corretta delle norme imporrebbe di concludere per l’inidoneità della notifica effettuata presso l’avv. M a garantire all’imputato l’effettiva conoscenza del processo. Qualora questa Corte fosse di diverso avviso, d’altro canto, il ricorrente sollecita il Collegio a sollevare "questione di legittimità costituzionale dell’art. 420 bis c.p.p., comma 2, in riferimento agli artt. 2, 3, 21, 24, 11 e 117 Cost. in relazione all’art. 14 del Patto Internazionale dei diritti Civili e Politici e art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nella parte in cui non prevede la notifica personale dell’atto introduttivo del giudizio penale, quantomeno nell’ipotesi di elezione di domicilio presso un avvocato non svolgente alcun ruolo nel procedimento, nè d’ufficio, nè di fiducia".
1.3. "Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per travisamento del fatto, anche a causa di una errata applicazione di un principio processuale in relazione al capo numerato 4 dell’imputazione (secondo capo imputazione -ricettazione di una patente di guida e carta identità rubati a B.F. ). Manifesta illogicità risultante dalla motivazione degli atti processuali (testimonianza resa dall’operatore di PG P. e verbale di perquisizione e sequestro del 18/6/2006 a carico di C.D. )". Nel terzo motivo la difesa rileva che i giudici di merito avrebbero desunto la prova della ricettazione della patente di guida e della falsificazione della carta di identità dal verbale di arresto, atto irripetibile contenuto nel fascicolo del dibattimento e utilizzabile solo quanto all’avvenuto arresto e non in ordine a quello che in questo viene descritto. Sulla riferibilità di tale documento, rinvenuto in un mobile e oggetto del verbale di sequestro redatto nei confronti di un’altra persona, il C.D. , non vi sarebbero altri elementi e la dichiarazione dell’ufficiale di PG sul punto sarebbe confusa e comunque non decisiva.
1.4. "Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per manifesta illogicità risultante dalla sentenza impugnata in ordine al delitto di ricettazione di cui al capo numerato 1 dell’imputazione (terzo capo di imputazione)". Il ricorrente rileva che la dichiarazione di responsabilità in ordine agli ulteriori beni (braccialetti, orologi e vari altri oggetti) sarebbe del tutto illogica. La circostanza che questi beni siano stati per lo più rinvenuti nella camera utilizzata dai coniugi S. e in un mobile in uso quanto meno prevalentemente al Cupi, infatti, escluderebbe una riferibilità di tali beni al C. e nulla rileverebbe la mancanza di giustificazione della provenienza, soprattutto in considerazione del fatto che il ricorrente non ha ricevuto alcuna notifica regolare circa la celebrazione del processo ed è rimasto contumace.
1.5. "Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per manifesta illogicità risultante dalla sentenza impugnata in ordine al delitto di resistenza a P.U. di cui al capo di numerato 2 dell’imputazione (primo capo di imputazione)". La difesa, da ultimo, rileva che la conclusione della Corte territoriale, per il quale la condotta del C. aveva il fine di opporsi all’arresto del C, fondata su di una lettura errata dei quanto emerso nel corso del processo sarebbe illogica. Il C. , infatti, avrebbe posto in essere una resistenza "naturale" all’ingresso in casa di persone che non aveva immediatamente identificato come Carabinieri.
2. In data 1 giugno 2020 è pervenuta una memoria redatta dall’avv. C, difensore del ricorrente. Nell’atto la difesa evidenzia che anche la notifica relativa alla presente fase è stata effettuata al ricorrente presso lo studio dell’avv. M e, rilevato che sul punto la Corte territoriale aveva comunque ritenuto che tale elezione di domicilio non fosse valida, insiste affinché sia accolto il primo motivo di ricorso. Sotto altro profilo, poi, il difensore, facendo riferimento all’informazione provvisoria della decisione delle Sez. Un. Del 28 novembre 2019, insiste per l’accoglimento del secondo motivo.
3. In data 6 luglio 2020 il ricorso, all’esito della discussione, avendo ritenuto il Collegio che per la decisione fosse opportuno attendere il deposito della motivazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 23507/18 a carico di I.D. , veniva rinviato a nuovo ruolo.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
1. Prima di procedere all’analisi delle censure della difesa appare opportuno sintetizzare lo svolgimento del procedimento.
C.H. è stato rinviato a giudizio per ricettazione di patente, falso di una carta di identità e vari beni provento di furto (orologi, braccialetti etc.) oltre a resistenza a pubblico ufficiale e favoreggiamento personale. I fatti sono stati accertati e avvenuti durante le fasi di esecuzione di un provvedimento con il quale era stata disposta una misura cautelare ad un altro soggetto, latitante.
Il ricorrente è stato arrestato in flagranza e, identificato in tale contesto, anche catturato in esecuzione di diverso ordine esecutivo.
Subito dopo l’arresto l’imputato è stato formalmente liberato per i fatti oggetto del presente processo e per questi ha eletto domicilio presso il difensore d’ufficio nominato, l’avv. C.
Il C. , però è rimasto in carcere in esecuzione dell’ordine di esecuzione relativo alla pena definitiva.
Dopo due mesi, il 2/8/2006, applicato l’indulto, il ricorrente è stato scarcerato e, in tale circostanza, ha dichiarato di eleggere domicilio presso l’avv. FM (persona diversa da difensore d’ufficio), legale che l’imputato non risulta aver nominato nè contestualmente nè successivamente quale proprio difensore di fiducia.
Questa dichiarazione di elezione di domicilio, per quanto consta, nel processo risulta esclusivamente da una comunicazione inviata dalla Casa Circondariale all’Ufficio Gip di Modena il 14/8/2006.
Il 15/9/2006 è stata celebrata l’udienza di convalida dell’arresto in presenza dell’avv. C, il difensore d’ufficio.
L’imputato, libero, era assente all’udienza.
Successivamente è stato notificato l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. presso lo studio dell’avv. C che non appena ricevuto l’atto ha depositato una comunicazione nella quale ha dichiarato di non accettare l’elezione di domicilio evidenziando espressamente di non avere alcuna possibilità di informare l’imputato o comunque di contattarlo.
Sia l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. che il decreto di citazione a giudizio erano tradotti in lingua albanese.
A seguito della dichiarazione con la quale l’avv. C dichiarava di "non accettare l’elezione di domicilio" dell’imputato il decreto di citazione a giudizio è stato notificato al medesimo difensore d’ufficio, questa volta ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4.
Il 7 luglio 2010, a seguito di eccezione sul punto del difensore, il giudice ha pronunciato ordinanza con la quale ha dichiarato la nullità delle notifiche dell’avviso di conclusione delle indagini e del decreto di citazione a giudizio effettuate ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4 e disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero affinché procedesse alla rinnovazione delle stesse presso il domicilio eletto, cioè presso l’avv. M.
Il pubblico ministero, dato atto che non risultava alcun verbale di elezione di domicilio presso l’avv. >M, ha rinnovato le notifiche ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, presso il difensore d’ufficio.
In data 2 settembre 2012, a seguito di una seconda eccezione della difesa sul punto, il giudice ha pronunciato ordinanza con la quale ha nuovamente dichiarato la nullità di entrambe le notifiche e disposto la trasmissione degli atti al pubblico ministero affinché le rinnovasse presso il domicilio eletto, cioè sempre presso lo studio dell’avv. M.
Il pubblico ministero, a questo punto, ha presentato ricorso per cassazione per abnormità avverso tale ordinanza.
Con sentenza n. 43774 del 4 ottobre 2013 questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero, stabilendo che la mancata trasmissione del verbale di elezione di domicilio redatto all’atto della scarcerazione non determina l’abnormità del provvedimento che, al fine di ritenere l’esistenza dello stesso, faccia riferimento a una comunicazione "ufficiale" proveniente dal carcere.
Le notifiche, a questo punto, sono state rinnovate ed effettuate presso lo studio dell’avv. M.
In data 9 ottobre 2014 il difensore d’ufficio, sempre l’avv. C, ha eccepito la nullità della vocatio in iudicium rilevando, questa volta, che l’elezione di domicilio presso l’avv. M, che non aveva svolto alcuna attività nel processo e desunta da una comunicazione trasmessa dal carcere, era inidonea a garantire all’imputato la conoscenza del processo.
Sotto altro profilo, poi, la difesa ha anche rilevato che l’assenza in atti del verbale di elezione di domicilio, impedendo di verificare il corretto adempimento di quanto previsto dagli artt. 143 e 161 c.p.p., avrebbe determinato la nullità dell’elezione di domicilio.
Il Tribunale, ritenuto che l’elezione di domicilio effettuata all’atto della scarcerazione garantisse desse piena contezza della conoscenza del procedimento, ha rigettato le eccezioni e ha disposto procedersi al giudizio.
All’esito del dibattimento l’imputato, ritenuta la recidiva, è stato condannato per i reati contestati.
Avverso la sentenza ha presentato appello l’imputato eccependo per i motivi già indicati la nullità della verbale di elezione di domicilio e, conseguentemente del processo, e contestando nel resto la dichiarazione di responsabilità.
La Corte territoriale ha ritenuto infondato l’appello e, dichiarata la prescrizione del reato di favoreggiamento personale, ha confermato nel resto la condanna per i reati di ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale.
Con specifico riferimento alla questione relativa alla validità o meno delle notifiche effettuate presso l’avv. M (e all’idoneità di queste a garantire all’imputato la conoscenza del processo) la Corte ha ritenuto che nel presente processo non vi sia mai stata alcuna elezione di domicilio presso l’avv. M e che in ordine a ciò sia sorto un equivoco. Nel presente processo, quindi, le notifiche sarebbero state correttamente effettuate presso lo studio dell’avv. C ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4.
Nel "merito" la Corte territoriale ha ritenuto infondato l’appello.
Tanto premesso.
2. Le due questioni dedotte nel primo motivo di ricorso con riferimento alla regolarità della notifica presso il domicilio eletto e alla validità del verbale di elezione di domicilio sono complessivamente infondate.
2.1. Diversamente da quanto indicato dalla Corte territoriale, secondo la quale si dovrebbe fare riferimento alle notifiche effettuate ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, al difensore d’ufficio, le notifiche effettuato presso il domicilio eletto dall’imputato, lo studio dell’avv. FM, sono formalmente regolari.
2.1.2. Come rilevato dalla difesa e, d’altro canto, confermato dalla sentenza pronunciata da questa Corte nel medesimo processo a seguito del ricorso presentato dal pubblico ministero avverso l’ordinanza che aveva dichiarato la nullità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e del secondo decreto di citazione a giudizio, negli atti è presente una comunicazione della Casa Circondariale di Modena al Giudice per le Indagini Preliminari nella quale è specificato che ricorrente, all’atto della stessa scarcerazione avvenuta in data 2 agosto 2006, ha eletto domicilio presso l’avv. FM.
Sotto tale profilo, pertanto, come anche evidenziato nel principio di diritto enucleato da questa Corte di cassazione nel caso specifico, in presenza di una attestazione contenuta in un atto ufficiale del processo, l’elezione di domicilio deve considerarsi esistente e le notifiche effettuate sono pertanto formalmente regolari.
2.2. La questione secondo la quale la notifica sarebbe nulla in conseguenza della nullità del verbale di elezione di domicilio è manifestamente infondata.
Le censure della difesa, tutte relative alle modalità di formazione e redazione del verbale di elezione di domicilio, si riferiscono in effetti ad un atto diverso, cioè alla comunicazione della comunicazione inviata dalla Casa Circondariale di Modena.
Tale atto, invero, non può essere confuso con il verbale di elezione di domicilio e, quindi, non possono evidentemente desumersi da questo le eventuali irregolarità di redazione dell’altro.
La comunicazione, d’altro canto, come pure evidenziato dalla pronuncia di questa Corte a seguito del ricorso del pubblico ministero, è atto ufficiale del processo che attesa l’esistenza del verbale, della quale non appare lecito pertanto dubitare.
Nell’assenza solo materiale del verbale, pertanto, ogni questione circa la regolarità di formazione e redazione dello stesso non può essere ora dedotta dalla parte che non adempia all’onere di produrlo.
La parte che intende dedurre la nullità di un atto, chiedendo alla Corte di procedere alla verifica circa la sussistenza di eventuali violazioni relative alle modalità di redazione e in ordine alla mancata o meno effettuazione degli avvisi previsti, infatti, ha l’onere di fare riferimento a un documento contenuto nel fascicolo del processo ovvero, qualora questo non sia allegato agli atti, di produrlo o, quanto meno di dare prova di aver tentato inutilmente di adempiere a tale onere.
Onere questo al quale la difesa -che pure ha presentato due precedenti eccezioni sull’esistenza e regolarità del verbale fondate, allora come ora, sulla lettura della sola comunicazione della Casa Circondariale e senza mai attivarsi per reperire la copia del verbale stesso- non ha adempiuto.
Questa Corte, d’altro canto, che pure quanto alle questioni processuali è anche giudice del fatto, non ha il potere di reperire ed individuare atti che le parti non hanno chiesto di acquisire nel fascicolo processuale e la cui esistenza e validità è, comunque, attestata da atti ufficiali già presenti nel processo e non risulta diversamente smentita.
3. Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione alla "corretta interpretazione dell’art. 420 bis c.p.pò., comma 2 e sull’idoneità delle domiciliazioni in atti a garantire l’effettiva conoscenza di luogo e data del processo all’imputato".
In specifico il ricorrente rileva che l’avv. M non ha svolto alcuna attività nel processo, e richiamata e ripercorsa anche la giurisprudenza interna ed internazionale, evidenzia che l’unica interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente corretta delle norme imporrebbe di concludere per l’inidoneità della notifica effettuata presso l’avv. M a garantire all’imputato l’effettiva conoscenza del processo.
Qualora questa Corte fosse di diverso avviso, d’altro canto, il ricorrente, in via subordinata, sollecita il Collegio a sollevare "questione di legittimità costituzionale dell’art. 420 bis c.p.p., comma 2, in riferimento agli artt. 2, 3, 21, 24, 11 e 117 Cost. in relazione all’art. 14 del Patto Internazionale dei diritti Civili e Politici e art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nella parte in cui non prevede la notifica personale dell’atto introduttivo del giudizio penale, quantomeno nell’ipotesi di elezione di domicilio presso un avvocato non svolgente alcun ruolo nel procedimento, nè d’ufficio, nè di fiducia".
La doglianza è fondata.
3.1. In due recenti pronunce, rese in ordine a situazioni non del tutto sovrapponibili con quella oggetto del caso di specie, le Sezioni Unite hanno delineato la disciplina del processo in assenza dell’imputo di cui all’art. 420 bis c.p.p. e seguenti (cfr. Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail Darwish, Rv. 279420 e Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716).
In tali sentenze, in sintesi, si è evidenziato che il sistema delineato dal codice presuppone che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del processo e che il giudice, quindi, ciò anche per le conseguenze derivanti dall’accertamento tardivo dell’assenza inconsapevole, debba procedere avendo certezza che l’imputato sia a conoscenza del contenuto dell’accusa e del giorno e luogo dell’udienza (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail Darwish, Rv. 279420 , cit. pag. 16 e seguenti; quanto alla necessità che la conoscenza debba riferirsi al processo e non alla fase delle indagini preliminari cfr. in specifico Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716, cit. all’articolata motivazione della quale si rinvia).
In questo contesto, d’altro canto, "la dichiarazione o elezione di domicilio", "l’applicazione di misura cautelare che abbia portato all’udienza di convalida o la sottoposizione a misura cautelare" e "la nomina di un difensore di fiducia", non sono presunzioni quanto, piuttosto, indici di conoscenza del processo che non consentono automaticamente di concludere che l’imputato si sia volontariamente e consapevolmente sottratto al giudizio (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail Darwish, Rv. 279420 cit. pag. 20).
Alla luce di tale premessa le Sezioni Unite, sviluppando quanto già accennato nella precedente sentenza Innaro, quindi, hanno evidenziato che le situazioni previste per avere rilievo ed essere considerate dal giudice ai fini della dichiarazione di assenza devono avere caratteri di effettività rispetto alle modalità con cui sono state realizzate.
Con specifico riguardo all’elezione di domicilio, poi, per quanto in questa sede rileva, la sentenza citata si è espressa nel senso che la scelta del domicilio deve essere "efficace", "seria" e "reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti" (cfr. ancora Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail Darwish, cit. pag. 222 e 23) concludendo nel senso che in assenza di un effettivo collegamento tra la persona e il luogo eletto ricorre una ipotesi di domicilio "inidoneo" (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail Darwish, cit. pag. 24).
3.2. Alla luce dei principi enucleati dalle Sezioni Unite e sinteticamente indicati deve ritenersi che nel caso di specie il processo sia nullo.
Il giudice, pure a fronte dell’eccezione della difesa, infatti, ha proceduto in assenza dell’imputato al di fuori dei casi previsti.
Nell’ordinanza pronunciata dal giudice di primo grado in data 9 ottobre 2014 ("a) l’elezione di domicilio all’atto della scarcerazione da piena contezza della conoscenza del procedimento, b) la notifica presso il domiciliatario è regolare, c) l’eventuale incolpevole ignoranza del processo deve essere invece dimostrata dall’imputato allegando specifiche circostanze che allo stato non risultano") si fa riferimento ad elementi formali e non vi è alcuna verifica in ordine alla effettiva conoscenza del processo.
Il riferimento generico alla esistenza dell’elezione di domicilio e alla regolarità della notifica, d’altro canto, in assenza di una valutazione circa la concreta idoneità dello stesso non sono, per le ragioni indicate dalle Sezioni Unite, sul punto sufficienti.
Ciò, soprattutto, in considerazione della circostanza che l’elezione di domicilio -peraltro effettuata in una fase precedente alla vocatio in iudicium e presso lo studio di un avvocato che dagli atti non risulta avere alcun rapporto con l’imputato- era stata formalizzata dal ricorrente circa otto anni prima dalla celebrazione del processo (il verbale di elezione di domicilio è del 2/8/2006, la notifica del decreto di citazione a giudizio è del 2/4/2014, il processo è iniziato il 9/10/2014).
Nè, d’altro canto, poteva assumere alcun rilievo la circostanza che il C. fosse stato arrestato in flagranza di reato e che si sia celebrata l’udienza di convalida.
In ordine al fatto oggetto dell’attuale processo, per il quale si era proceduto in flagranza di reato, infatti, l’imputato era stato immediatamente liberato, successivamente anche scarcerato in applicazione dell’indulto, e l’udienza di convalida è stata celebrata in sua assenza.
4. Gli ulteriori motivi, dovendo essere dichiarata la nullità sia della sentenza impugnata che di quella di primo grado, sono assorbiti.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Modena per l’ulteriore corso.