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Denuncia non basta per ritiro porto d'arma (TAR Lazio, 2330/21)

25 febbraio 2021, TAR Lazio

In tema di divieto di detenzione e porto d'armi o di revoca dei titoli autorizzativi, il pericolo di abuso delle armi deve essere comprovato e richiede un'adeguata valutazione non solo di singoli episodi, ma anche della personalità del soggetto, che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità, come in caso di personalità violente, aggressive o prive della normale capacità di autocontrollo.

Le misure di polizia hanno carattere preventivo, e non è richiesto che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso da parte del soggetto interessato, essendo sufficiente che – sulla base di elementi obiettivi – quest’ultimo dimostri una scarsa affidabilità nell’uso delle armi o un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni.

In materia di autorizzazioni di polizia, l'Amministrazione, pur esprimendo una valutazione discrezionale circa il requisito di non affidabilità del privato, non può comunque prescindere, nei provvedimenti di diniego o di revoca, da una congrua ed adeguata motivazione, onde evidenziare le specifiche ragioni che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi.

In caso di decisioni discrezionali dell'amministrazione  basate su denunce penali ovvero di segnalazioni della Autorità di P.S., l'amministrazione non può limitarsi a richiamarle acriticamente, od a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo, ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base.

 

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

(ud. 17/02/2021) 25-02-2021, n. 2330

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5554 del 2019, proposto da

-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato NN, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la sede della quale è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

sul ricorso numero di registro generale 7888 del 2019, proposto da

-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato NN, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Roma, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la sede della quale sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

A) quanto al ricorso n. 5554 del 2019:

- del provvedimento adottato dal Questore della Provincia di Roma il 18.2.2019 e notificato in data 8.3.2019 con cui è stato revocato il porto di pistola per difesa personale a tassa ridotta e il decreto di nomina a guardia particolare giurata;

B) quanto al ricorso n. 7888 del 2019:

- del decreto del Prefetto della Provincia di Roma, notificato in data 3.4.2019 alla ricorrente, del divieto di detenere armi, munizioni e materie esplodenti.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione nei giudizi del Ministero dell'Interno e dell'Ufficio Territoriale del Governo di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 17 febbraio 2021 il Cons. Daniele Dongiovanni e trattenuta la causa in decisione, ai sensi dell'art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, e successivamente, dall'art.1, comma 17, del D.L. 31 dicembre 2020, n. 183;

Svolgimento del processo

Con il ricorso RG n. 5554/2019, l'istante ha chiesto l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del Provv. dell'8 marzo 2019 con cui la Questura di Roma ha decretato la revoca nei suoi confronti della licenza per porto di pistola per difesa personale e del decreto di nomina a guardia particolare giurata.

Al riguardo, la ricorrente rappresenta quanto segue:

- l'amministrazione resistente ha adottato il provvedimento impugnato sulla base di due episodi, l'uno occorso in data 2 febbraio 2014 e l'altro il 28 giugno 2018;

- con riferimento a quest'ultimo episodio, si tratta di una lite avvenuta tra la ricorrente e la madre, al termine della quale la stessa istante avrebbe accusato malori tanto da essere trasportata in ambulanza presso il nosocomio di Ostia, ove le veniva diagnosticato un -OMISSIS-;

- per tale ragione, gli operatori di Polizia, dopo aver rilevato il forte stato di agitazione della ricorrente, hanno proceduto ex art. 39 T.U.L.P.S. al ritiro cautelativo delle armi, munizioni e titoli autorizzativi dalla stessa detenuti;

- per quanto riguarda invece il primo episodio, datato 2 febbraio 2014, riferisce la ricorrente di una vicenda occorsa in un Commissariato della Polizia di Stato, in seguito ad un diverbio occorso con un terzo soggetto tale da richiedere l'intervento degli operatori di polizia (che portava, peraltro, alla proposizione di denunce e querele reciproche), durante la quale emergeva - tra l'altro - che la ricorrente aveva lasciato l'arma in dotazione nella propria autovettura davanti allo stesso Commissariato, circostanza che portava ad ipotizzare altresì il reato di omessa custodia dell'arma;

- in conseguenza del citato episodio, in data 21 maggio 2014, alla ricorrente sono stati sospesi i titoli di polizia per un periodo di 20 giorni, con riserva di valutazione all'esito del procedimento penale, e sono stati disposti il ritiro amministrativo dell'arma e la segnalazione all'A.G., per omessa custodia, ai sensi dell'art. 20 della L. n. 110 del 1975.

- in ragione di ciò, il Questore di Roma ha emesso, in data 12.12.2018, il provvedimento di revoca del decreto di nomina a Guardia Particolare Giurata e del porto di pistola per difesa personale, per il venir meno dell'affidabilità necessaria al mantenimento delle autorizzazioni di polizia;

- successivamente, in data 3.4.2019, la Prefettura di Roma ha vietato, altresì, alla ricorrente di detenere armi e materiale esplodente.

Avverso la prima deliberazione del Questore di Roma dell'8 marzo 2019, la ricorrente, con il predetto gravame RG n. 5554/2019, ha proposto il seguente motivo:

- falsa applicazione dell'art. 138 TULPS ed eccesso di eccesso di potere per travisamento dei fatti.

L'amministrazione resistente ha errato nel ritenere i due episodi in cui è rimasta coinvolta la ricorrente un segno di inaffidabilità, tale da giustificare la revoca delle autorizzazioni di polizia.

La ricorrente ha, infatti, avuto modo di giustificare la propria condotta, peraltro di natura episodica e non connotata da negligenza e violenza.

Anche i fatti di cui ai procedimenti penali avviati in ragione dell'episodio occorso nel 2014 non sono stati oggetto di alcun vaglio dibattimentale né, quindi, si può imputare alla ricorrente alcuna forma di responsabilità.

Con successivo ricorso RG n. 7888/2019, la ricorrente ha, poi, impugnato il decreto con cui la Prefettura di Roma, in data 3.4.2019, in ragione degli stessi episodi sopra descritti, le ha vietato di detenere armi e materiale esplodente.

Al riguardo, l'istante, nel lamentare la violazione e falsa applicazione dell'art. 39 TULPS nonché l'eccesso di eccesso di potere per travisamento dei fatti, è dell'avviso - anche in questo caso - che l'amministrazione resistente abbia errato nel ritenere i due episodi in cui è rimasta coinvolta un segno di inaffidabilità, tale da giustificare l'adozione del divieto di detenere armi.

Si è costituito in entrambi i giudizi il Ministero dell'Interno, chiedendo il rigetto dei ricorsi perché infondati nel merito.

Con ordinanze n. 4377/2019 (nel ricorso RG n. 5554/2019) e n. 5328/2019 (nel gravame RG n. 7888/2019), sono state respinte le relative domande di sospensiva.

In prossimità della trattazione del merito, la ricorrente ha depositato memoria, insistendo nell'accoglimento del gravame e depositando, nel contempo, due certificati medici rilasciati dall'A.S. che attestano - il primo - l'idoneità psico-fisica dell'istante e - il secondo - l'idoneità al rinnovo del porto d'armi.

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2021, le cause sono state trattenute dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. Va, anzitutto, disposta, ai sensi dell'art. 70 del CPA, la riunione dei ricorsi RG n. 5554/2019 e n. 7888/2019, per evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva.

2. Entrando nel merito, va premesso che, con riferimento alla revoca dei titoli e delle autorizzazioni di polizia, la giurisprudenza amministrativa è costante nell'affermare che, ferma restando l'ampia discrezionalità che connota il potere valutativo dell'amministrazione in materia di rilascio della licenza di portare armi, a tutela degli interessi primari dell'ordine e della sicurezza pubblica, come anche nel caso di conferimento della nomina a guardia particolare giurata (GPG), non va mai dimenticato che la discrezionalità deve essere esercitata in coerenza con la situazione di fatto, oggettivamente esistente e mediante la formulazione di una congrua motivazione circa le ragioni, concrete ed attuali, dalle quali possa desumersi il rischio di un abuso delle armi o della stessa qualifica di GPG.

Ed invero, in tema di divieto di detenzione e porto d'armi o di revoca dei titoli autorizzativi, il potere discrezionale della pubblica amministrazione va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale, sia sotto quello della coerenza logica e ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell'adeguata istruttoria espletata, al fine di evidenziare circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi.

Il pericolo di abuso delle armi, in particolare, deve essere comprovato e richiede un'adeguata valutazione non solo del singolo episodio, ma anche della personalità del soggetto, che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità, come in caso di personalità violente, aggressive o prive della normale capacità di autocontrollo (cfr, tra le altre, TAR Campania Salerno, sez. II, 1 giugno 2017, n. 994; TAR Umbria, n. 97 del 23 gennaio 2017; TAR Basilicata, n. 261 del 26 maggio 2015).

A tale affermazione consegue, tra l'altro, che, considerato il carattere preventivo delle misure di polizia, non è richiesto che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso da parte del soggetto interessato, essendo sufficiente che - sulla base di elementi obiettivi - quest'ultimo dimostri una scarsa affidabilità nell'uso delle armi o un'insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni (Cons. Stato, sez. IV, 26 gennaio 2004, n. 238).

Analogamente, con riferimento alla revoca della licenza di porto d'armi ex art. 11 del R.D. n. 773 del 1931, la giurisprudenza non richiede un oggettivo ed accertato abuso nell'uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne e risultando, perciò, legittima - nonostante non ricorra alcuna delle ipotesi direttamente descritte dalla legge - la revoca dell'autorizzazione in base al motivato convincimento dell'Amministrazione circa la prevedibilità di abuso del titolo (TAR Puglia, sez. II, 29 agosto 2005, n. 3620).

Pur tuttavia, in materia di autorizzazioni di polizia, l'Amministrazione, pur esprimendo una valutazione discrezionale circa il requisito di non affidabilità del privato, non può comunque prescindere, nei provvedimenti di diniego o di revoca, da una congrua ed adeguata motivazione, onde evidenziare le specifiche ragioni che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi con la conseguenza che, "qualora si tratti di denunce penali ovvero di segnalazioni della Autorità di P.S., l'Amministrazione non può limitarsi a richiamarle acriticamente, od a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo, ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base" (TAR Emilia-Romagna, sez. staccata di Parma, 25 marzo 2004, n. 122 e TAR Campania, sez. V, n. 1357/2017).

2.1 Ciò posto, nel caso di specie, va ribadito che la revoca dei due titoli di polizia (impugnati con i ricorsi in esame) si basa su due episodi occorsi il primo nel 2014 e il secondo nel 2018.

In punto di fatto, va osservato quanto segue:

- con riferimento al primo episodio (quello del 2014), risulta che, nei confronti della ricorrente, sia stato aperto un procedimento penale (per minacce aggravate, oltraggio a pubblico ufficiale e omessa custodia dell'arma) che, allo stato, in assenza di aggiornamenti da entrambe le parti, risulta ancora pendente;

- da ciò deriva che, allo stato, non sussiste alcun accertamento dei fatti contestati all'istante; anzi, con riferimento a tale episodio, risulta pendente una contro-denuncia da parte della stessa ricorrente nei confronti della parte offesa per il reato di minacce aggravate, il cui procedimento penale, avviato nel 2014, risulta anch'esso pendente;

- per quanto riguarda l'omessa custodia delle armi, altresì, la ricorrente sostiene - e, sul punto, non risulta smentita dall'amministrazione resistente - che l'arma in dotazione era stata, comunque, lasciata nell'autovettura di proprietà, chiusa all'interno e priva di munizioni; autovettura che, altresì, era stata parcheggiata nell'area antistante il Commissariato della Polizia di Stato;

- a ciò si aggiunga che la vicenda di che trattasi era già stata oggetto di valutazione da parte dell'amministrazione resistente tramite l'avvio nel 2014 del procedimento amministrativo finalizzato al ritiro delle armi e alla revoca della relativa licenza, poi conclusosi con la restituzione all'istante dell'arma in dotazione;

- per quanto riguarda invece il secondo episodio del 2018, non può non rilevare il fatto che si sia svolto in ambito familiare e che gli stessi familiari (i genitori della ricorrente) hanno inteso sminuire nella loro consistenza e materialità;

- altresì, non risulta smentito che tale episodio sia nato nell'ambito di un contesto non semplice in cui la madre dell'istante risulta affetta da patologie che alterano le capacità cognitive;

- al riguardo, poi, non può non rilevare che la ricorrente, in vista della trattazione del merito, ha depositato in giudizio due certificati medici rilasciati nel mese di gennaio 2021 dall'A.S. che attestano - il primo - l'idoneità psico-fisica dell'istante e - il secondo - l'idoneità al rinnovo del porto d'armi.

2.2 Ora, a fronte di tali risultanze, dal provvedimento impugnato non emerge alcuna specifica valutazione dalla quale far discendere quel giudizio di inaffidabilità e di assenza di buona condotta nella ricorrente, impeditivo del possesso dei predetti titoli di polizia; giudizio che notoriamente deve investire nel suo complesso lo stile di vita del soggetto interessato e che va condotto con un approccio finalistico al tipo di autorizzazione o abilitazione che deve essere rilasciata.

La valutazione di segno negativo in ordine al possesso di detto requisito deve, invero, collegarsi a fatti e circostanze che, per la loro gravità, la reiterazione nel tempo, l'idoneità a coinvolgere l'intera vita familiare, sociale e di relazione dell'interessato vengano a incidere su un piano di effettività sul grado di affidabilità e sull'assenza di mende ordinariamente esigibili per potere aspirare al rilascio della licenza di polizia (Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2014, n. 2907).

Ciò vale anche con riferimento al pericolo di abuso delle armi che, in particolare, deve essere comprovato e richiede un'adeguata valutazione non solo del singolo episodio, ma anche della personalità del soggetto interessato, che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità, come in caso di personalità violente, aggressive o prive della normale capacità di autocontrollo.

Tutto ciò non si ricava dai provvedimenti impugnati in cui i due episodi non sono stati "calati" nel concreto della valutazione discrezionale al fine di giungere ad un giudizio di inaffidabilità dell'istante che, peraltro, risulta smentito dall'esito delle recenti visite specialistiche alle quali si è sottoposta l'istante che ne hanno attestato l'idoneità anche al rinnovo del porto d'armi.

3. In conclusione, i ricorsi sono fondati e vanno accolti, con conseguente annullamento degli atti ivi impugnati.

4. Le spese di entrambi i giudizi possono essere, tuttavia, compensate tra le parti, in ragione comunque dell'assoluta peculiarità della vicenda.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti ivi impugnati.

Spese di entrambi i giudizi compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità di parte ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2021, tenutasi mediante collegamento simultaneo da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, e successivamente, dall'art.1, comma 17, del D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Arzillo, Presidente

Daniele Dongiovanni, Consigliere, Estensore

Anna Maria Verlengia, Consigliere