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Deduzione del presofferto estradizionale è diritto fondamentale della persona (Cass. 22257/20)

23 luglio 2020, Cassazione penale

Non può darsi consegna a fini estradizionali quando l'interessato abbia già scontato interamente la pena in Italia, agli effetti e nell'ambito della relativa procedura: lo scomputo della custodia sofferta a titolo cautelare costituisce infatti un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico, tale da originare un diritto fondamentale della persona, la cui eventuale violazione preclude l'accoglimento della richiesta estradizionale a norma dell'art. 698 c.p., comma 1, u.p.

In base alle stesse premesse, la norma ostativa all'accoglimento della richiesta è stata individuata anche nell'art. 705, comma 2, lett. b).

Del resto, la forza attribuita al principio di necessaria deduzione del pre-sofferto si desume anche dalla giurisprudenza che, nel caso di Paesi ove l'applicazione del principio stesso non sia garantita, consente all'estradizione solo con specifico riguardo all'esecuzione per una durata corrispondente al residuo della pena.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

udienza 18/06/2020 deposito 23/07/2020

sentenza n. 22257/20

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSTANZO Angelo - Presidente -

Dott. DI STEFANO Pierluigi - Consigliere -

Dott. APRILE Ercole - Consigliere -

Dott. ROSATI Martino - Consigliere -

Dott. PATERNO' RADDUSA B. - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

B.B., nato in (OMISSIS);

avverso la sentenza dell'11/10/2019 della Corte di Appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Paternò Raddusa;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Angelillis Ciro, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Torino ha accolto la richiesta di estradizione avanzata dalla Repubblica di Albania nei confronti di B.B. al fine di procedere all'esecuzione della condanna alla pena della reclusione per mesi quattro, inflitta al suddetto dal Tribunale di Durazzo per il reato di furto.

2. Con il ricorso, proposto nell'interesse dell'estradando dal difensore di fiducia, lamenta la violazione dell'art. 705 c.p.p., comma 2, lett. c), avendo la Corte errato nel ritenere non sussistente il rischio paventato dalla difesa quanto alla possibile sottoposizione del B. ad atti persecutori o trattamenti che configurano violazione dei diritti fondamentali della persona: e ciò sia per le preoccupazioni espresse dal ricorrente rispetto alla propria incolumità personale per una violenta aggressione patita in precedenza nel territorio dello Stato richiedente; sia per le note criticità del sistema carcerario albanese.

La difesa rimarca inoltre che, alla data del deposito del ricorso, in considerazione del pre-sofferto in esecuzione della misura della custodia in carcere applicata nel corso della procedura di estradizione, residuavano da scontare poco più di venti giorni rispetto alla condanna da eseguire.

3. La Procura Generale, con atto del 3/06/2020 ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, avendo il ricorrente integralmente espiato in sede cautelare la pena legata alla condanna oggetto della chiesta estradizione.

Motivi della decisione

1. La sentenza impugnata merita l'annullamento per le ragioni precisate di seguito.

2. La disamina degli atti trasmessi alla Corte consente di confermare, in linea con quanto evidenziato nel ricorso, che il ricorrente, a far tempo dal 18 luglio 2019, è rimasto in carcere in forza di apposita misura cautelare applicata in funzione della consegna e che, come puntualmente segnalato anche dalla stessa Corte territoriale, il 17 novembre del 2019 si è verificata l'integrale espiazione della pena in considerazione del pre-sofferto nel corso della stessa procedura di estradizione, con conseguente liberazione dell'estradando.

2. Tale circostanza in fatto assume valenza dirimente nella definizione del presente ricorso: l'intervenuta e completa espiazione, in forma di custodia cautelare, della pena detentiva la cui esecuzione costituisce lo scopo della richiesta di estradizione, priva, infatti, di attualità le questioni affrontate nella sentenza impugnata e nei motivi di ricorso.

Secondo quanto osservato da questa Corte non può infatti darsi consegna a fini estradizionali allorquando l'interessato abbia già scontato interamente la pena in Italia, agli effetti e nell'ambito della relativa procedura.

Lo scomputo della custodia sofferta a titolo cautelare costituisce infatti un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico (artt. 137 e 138 c.p.), tale da originare un diritto fondamentale della persona, la cui eventuale violazione preclude l'accoglimento della richiesta estradizionale a norma dell'art. 698 c.p., comma 1, u.p., (Sez. 6, n. 46451 del 17/09/2004, Rv. 233519; Sez. 6, n. 751 del 12/12/2006, Rv. 235898; Sez. 6, n. 1279 del 28.11.2013, dep. 2014, Rv. 257749; Sez. 6, n. 3075 del 22/11/2017, dep. 2018, n. m.).

In base alle stesse premesse, la norma ostativa all'accoglimento della richiesta è stata individuata anche nell'art. 705, comma 2, lett. b), (Sez. 6, n. 24666 del 09/06/2006, Rv. 234737).

Del resto, la forza attribuita al principio di necessaria deduzione del pre-sofferto si desume anche dalla giurisprudenza che, nel caso di Paesi ove l'applicazione del principio stesso non sia garantita, consente all'estradizione solo con specifico riguardo all'esecuzione per una durata corrispondente al residuo della pena (Sez. 6, n. 41302 del 08/10/2009, Catrin, Rv. 245032; Sez. 6, n. 20148 del 11/05/2010, Farris, Rv. 247386).

3.Non sussistono, in coerenza, le condizioni per l'accoglimento della richiesta di estradizione cui si riferisce la sentenza impugnata. La quale ultima, dunque, deve essere riformata, con dispositivo che enunci la conclusione raggiunta.

Considerate le conclusioni formalizzate dalla Procura Generale con la requisitoria scritta in atti, non sembra inoltre superfluo precisare che la circostanza in fatto riscontrata lascia inalterato l'interesse del ricorrente alla definizione del presente ricorso, alla luce del tenore della decisione impugnata, che accordava la consegna e che va invece annullata, facendo così venir meno il titolo utile ad una estrazione non più legittima, altrimenti destinato a consolidarsi.

P.Q.M.
In riforma della sentenza impugnata, dichiara insussistenti le condizioni per l'accoglimento della richiesta di estradizione, avendo il ricorrente espiato integralmente la pena in Italia, in custodia cautelare.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, il 18 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2020