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Copiare files altrui, quale reato? (Cass. 26899/22)

12 luglio 2022, Cassazione penale

La mera copiatura dei file non integra il reato di appropriazione indebita, difettando l'elemento materiale del reato costituito dalla definitiva sottrazione del bene ai titolari.

Nel caso della mera copiatura, in difetto della cancellazione dei file, questi restano nella disponibilità materiale e giuridica del titolare, con la conseguenza che manca la definitiva sottrazione del bene allo stesso e, quindi, l'elemento materiale del reato di appropriazione indebita. Tale reato, dunque, potrebbe ritenersi integrato solo nel caso in cui, alla copiatura, faccia seguito la cancellazione del file, ovvero nel caso  di utilizzazione di comandi che comportino lo spostamento del file dal computer del titolare al computer o, comunque, a una memoria, dell'imputato.

La mera copiatura del file e, quindi, la mera acquisizione della conoscenza delle informazioni (dati) contenute nello stesso, il quale resti nella disponibilità materiale e giuridica del titolare, non può, pertanto, integrare il reato (la condotta materiale) di appropriazione indebita.

In questo senso  è da escludere la configurabilità anche del reato di furto nel caso di semplice copiatura non autorizzata di file contenuti in un supporto informatico altrui, non comportando tale attività la perdita del possesso della res da parte del legittimo detentore.

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

 Sent., (data ud. 27/05/2022) 12/07/2022, n. 26899

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VERGA Giovanna - Presidente -

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi - Consigliere -

Dott. ARIOLLI Giovanni - Consigliere -

Dott. NICASTRO G. - rel. Consigliere -

Dott. CERSOSIMO Emanuele - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI VENEZIA;

Nel procedimento a carico di:

T.G., nato a (OMISSIS);

E.M., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 03/11/2021 del Tribunale di Venezia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIUSEPPE NICASTRO;

lette e conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. CASELLA GIUSEPPINA, che ha concluso chiedendo l'annullamento, con rinvio, dell'ordinanza impugnata;

letto l'atto di memoria e conclusioni dell'avv. MM, difensore di T.G. ed E.M., che ha concluso chiedendo che i ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 03/11/2021, il Tribunale di Venezia annullava l'ordinanza del 07/09/2021 del G.i.p. del Tribunale di Venezia che aveva applicato nei confronti di T.G. e di E.M. la misura interdittiva del divieto di esercitare attività imprenditoriale per un anno, in relazione al reato di appropriazione indebita aggravata.

Secondo la contestazione del pubblico ministero, tale reato era consistito nell'essersi, in concorso tra loro, nella qualità di legali rappresentanti di HH s.r.l., appropriati indebitamente, presso FA s.r.l. - in occasione di un rapporto commerciale tra le due parti, durante il quale HH s.r.l. aveva accesso ai sistemi informatici di FA s.r.l. per l'esecuzione di servizi di web marketing - dei contenuti dei corsi di formazione di FA "(OMISSIS)" (intelligenza emotiva, mindfulness, mindful eating, comunicazione, marketing).

Il Tribunale di Venezia riteneva che tale fatto non fosse inquadrabile nel reato di appropriazione indebita per due ragioni.

In primo luogo, perchè nella nozione di "cosa mobile", di cui all'art. 646 c.p., "non rientrano le opere di ingegno nè le medesime possono esservi ricondotte con un'analogia in malam partem inammissibile in sede penale".

In secondo luogo, per l'insussistenza dell'elemento, necessario per l'integrazione del reato, dell'"interversione del possesso, di cui viene privata la vittima, che viceversa, ne caso in esame, non ha mai subito continuando ad avere nella sua disponibilità il materiale didattico".

2. Avverso tale ordinanza del Tribunale di Venezia, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, che affida il proprio ricorso a tre motivi.

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce "contraddittorietà, illogicità manifesta della motivazione; travisamento di fatto; violazione di legge con riferimento all'art. 646 c.p., sotto il profilo della qualificazione del file in termini di cosa mobile".

Premesso che non appare in contestazione che gli indagati abbiano tratto dai sistemi informatici della persona offesa dei file contenenti dati economicamente rilevanti, il ricorrente sostiene la natura di "cosa mobile" dei file, attesa la "dimensione fisica" degli stessi, come ritenuto da Sez. 2, n. 11959 del 07/11/2019, dep. 2020, Carluccini, Rv. 278571-01.

2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce "violazione di legge in relazione all'art. 646 c.p., sulla nozione di appropriazione".

Dopo avere richiamato il principio affermato da Sez. 2, n. 24471 del 06/02/2019, Valicenti, secondo cui sussiste "il reato di appropriazione indebita, anche nell'ipotesi di uso indebito della cosa (...). Quello che conta è che l'uso indebito del bene, sia avvenuto trascendendo completamente (...) i limiti del titolo in virtù del quale l'agente deteneva il bene, di modo che l'atto comporti un impossessamento, si pure temporaneo, del bene, determinandosi così quell'inversione del possesso che costituisce l'elemento oggettivo della struttura del reato", il ricorrente rappresenta che "(l)'attività di copiatura dei files contenenti i corsi della parte lesa è stata indubbia distrazione dei beni dalle finalità loro proprie e da quelle che ne giustificavano l'utilizzo da parte degli indagati. Durante quell'accesso gli indagati si sono comportati in relazione ai documenti elettronici della parte offesa come ne fossero essi stessi proprietari. Il fatto che la parte lesa esaurita la condotta sia rimasta in possesso dei files non esclude la sussistenza del reato".

2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce "contraddittorietà, illogicità manifesta della motivazione; travisamento di fatto; violazione di legge in relazione all'art. 646 c.p., dell'appropriazione di file tramite estrazione di copia: appropriazione indebita permanente e manifestazione esterna di facoltà proprietarie".

Richiamando il principio affermato da Sez. 3, n. 3445 del 02/02/1995, Carnovale, Rv. 203402-01, secondo cui "(è) configurabile il reato di appropriazione indebita aggravata ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 11 e non di appropriazione indebita di uso, nel caso in cui l'amministratore e i soci di maggioranza, avvalendosi della loro posizione di ingerenza e di direzione di una società, abbiano rimosso, dal luogo ove erano custoditi, documenti contenenti disegni industriali-tecnici della società medesima (destinati a rimanere segreti o, quanto meno, riservati) li abbiano fotocopiati, li abbiano rimessi al loro posto ed abbiano passato le fotocopie ad una società concorrente, che abbia usufruito della tecnologia così indebitamente acquisita", il ricorrente deduce che "(n)el caso di specie, (...) l'appropriazione è andata oltre l'uso. L'evento è stato duraturo, indipendentemente dal fatto che la parte lesa abbia mantenuto la disponibilità dei files. Gli indagati hanno acquisito i files oggetto della condotta illecita non in via temporanea, ma definitiva, e allo stesso modo il patrimonio della parte lesa è stato inciso durevolmente". Ciò in quanto gli indagati "dopo avere copiato i files, anche all'esterno - al di fuori dei confini del proprio foro interiore - si sono comportati come proprietari dei documenti informatici appresi, utilizzandoli per realizzare e mettere in commercio corsi identici a quelli della parte lesa", "hanno disposto dei files della parte lesa ben oltre i limiti del titolo di possesso, facendone copia per sè ed utilizzandoli all'esterno come ne fossero proprietari, consegnandoli al personale della propria società per la realizzazione di corsi uguali e concorrenti a quelli proposti dalla FA".

3. T.G. e E.M. hanno depositato, per il tramite dei proprio difensore, un atto di memoria e conclusioni, nel quale deducono quanto segue.

Quanto al primo motivo di ricorso, rappresentano che, diversamente dalla fattispecie oggetto di Sez. 2, n. 11959 del 07/11/2019, dep. 2020, Carluccini, invocata dal ricorrente, "ove all'impossessamento dei files seguiva un contegno idoneo a renderli indisponibili al titolare legittimo", nel caso di specie "i denuncianti sono rimasti nel possesso dei materiali asseritamente sottratti", il che "impedisce quell'interversione del possesso che è indispensabile per realizzare un'appropriazione indebita".

Quanto al secondo motivo di ricorso, i due imputati ribadiscono l'inapplicabilità ai fatti di causa, per le ragioni già indicate in relazione al primo motivo ("i materiali informatici restavano nella disponibilità del denunciante"), del principio affermato da Sez. 2, n. 11959 del 07/11/2019, dep. 2020, Carluccini, e rappresentano come gli stessi fatti sarebbero invece inquadrabili nella fattispecie di cui all'art. 615-ter c.p., analogamente a quanto ritenuto in relazione ai fatti considerati da Sez. 5, n. 11994 del 05/12/2016, dep. 2017, Grigolli, Rv. 269478, e da Sez. 5, n. 565 del 29/11/2018, dep. 2019, Landi Di Chiavenna, Rv. 274392-01.

Quanto al terzo motivo di ricorso, i due imputati rappresentano come il richiamo, operato dal ricorrente, a Sez. 3, n. 3445 del 02/02/1995, Carnovale, Rv. 203402-01, sia inconferente atteso che "la fotocopia non è un bene informatico", che "impostando il discorso come sostiene il Pubblico Ministero ricorrente si giunge all'illogica conclusione che oggetto del reato sia il foglio con la sbobinatura delle lezioni" che "il materiale di cui la denunciante rivendica la proprietà è stato assemblato e composto in modo non sempre uguale all'originale e poi trascritto, creando un tutto comunque diverso dal precedente e non perfettamente sovrapponibile nemmeno a quanto si trova in rete, navigando liberamente", che "è lo stesso Pubblico Ministero oggi ricorrente che, nel capo d'imputazione, identifica quale oggetto dell'asserita appropriazione i "contenuti dei loro corsi di formazione (OMISSIS)- e non certo le sbobinature".

Motivi della decisione

1. Il ricorso - i cui tre motivi, per la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente - è manifestamente infondato.

Ciò in quanto, a prescindere dal fatto che i file siano o no qualificabili come "cosa mobile", ai sensi dell'art. 646 c.p., nel caso di specie, in cui vi è stata la mera copiatura dei file di FA s.r.l., difetta l'elemento materiale del reato di appropriazione indebita costituito dalla definitiva sottrazione del bene ai titolari.

A tale proposito, si deve infatti rilevare che, diversamente dal caso esaminato da Sez. 2, n. 11959 del 07/11/2019, Carluccini, Rv. 278571, in cui l'elemento materiale del reato di appropriazione indebita era stata ritenuto in quanto si era avuta la "sottrazione definitiva" dei file "mediante la loro cancellazione", così che "si realizza(va) il fatto tipico della materiale sottrazione del bene, che entra a far parte in via esclusiva del patrimonio del responsabile della condotta illecita", nel caso della mera copiatura - come è stato, pacificamente, nella presente fattispecie -, in difetto della cancellazione dei file, questi restano nella disponibilità materiale e giuridica del titolare, con la conseguenza che manca la definitiva sottrazione del bene allo stesso e, quindi, l'elemento materiale del reato di appropriazione indebita.

Tale reato, dunque, potrebbe ritenersi integrato solo nel caso in cui, alla copiatura, faccia seguito la cancellazione del file, ovvero nel caso - parimenti estraneo alla presente fattispecie - di utilizzazione di comandi che comportino lo spostamento del file dal computer del titolare al computer o, comunque, a una memoria, dell'imputato.

La mera copiatura del file e, quindi, la mera acquisizione della conoscenza delle informazioni (dati) contenute nello stesso, il quale resti nella disponibilità materiale e giuridica del titolare, non può, pertanto, integrare il reato (la condotta materiale) di appropriazione indebita.

In questo senso si è del resto già espressa questa Corte, sia pure in tema di furto, affermando il principio - che si palesa valido anche con riguardo all'appropriazione indebita - secondo cui è da escludere la configurabilità del reato di furto nel caso di semplice copiatura non autorizzata di file contenuti in un supporto informatico altrui, non comportando tale attività la perdita del possesso della res da parte del legittimo detentore (Sez. 4, n. 44840 del 26/10/2010, Petrosino, Rv. 249067-01; Sez. 4, n. 3449 del 13/11/2003, dep. 2004, Grimoldi, Rv. 229785-01).

Da ciò la manifesta infondatezza del ricorso che, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 27 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2022