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Contumace o assente? (Cass. 18129/21)

10 maggio 2021, Cassazione penale

Qualora l’imputato, già contumace, sia stato dichiarato assente nell’intervallo di temporale intercorrente tra la modifica dell’art. 420bis c.p.p. apportata dalla legge 28 aprile 2014 n. 67 e l’entrata in vigore della norma transitoria di cui all’art. 15bis della suddetta legge (articolo inserito dalla legge 11 agosto 2014 n. 118), l’ordinanza deve ritenersi priva di efficacia e pertanto la dichiarazione di contumacia, intervenuta in sede di udienza preliminare, costituisce in capo all’imputato uno “status” insuscettibile di venir meno per effetto della normativa sopravvenuta e che avrebbe dovuto comportare la notifica dell’estratto contumaciale.

Corte di Cassazione

sez. II Penale, sentenza 26 marzo – 10 maggio 2021, n. 18129
Presidente Imperiali – Relatore Cianfrocca

Ritenuto in fatto

1. Con provvedimento del 22.6-30.7.2020, la Corte di Appello di Roma ha respinto l’istanza di restituzione nel termine con cui C.S. aveva chiesto di essere autorizzato a proporre impugnazione contro la sentenza del Tribunale capitolino resa in data 9.7.2015, dichiarata definitiva ed irrevocabile in data 28.11.2017;
2. ricorre per cassazione il difensore del C. lamentando:
2.1 inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 175 e 420bis c.p.p. e L. n. 67 del 2014, art. 15bis: richiamato il tenore del provvedimento impugnato ha quindi riepilogato i termini della vicenda processuale: in data 3.6.2010 il C. era stato tratto in arresto in esecuzione della ordinanza custodiale emessa dal GIP di Catania nel procedimento 6546/10 RGNR; nell’occasione il C. aveva nominato proprio difensore di fiducia l’Avv. Caterina Bedetti che lo aveva assistito esclusivamente nella fase dell’interrogatorio di garanzia avendo quindi il prevenuto nominato quale suo difensore di fiducia l’Avv. Fernando Catanzaro; trasferito presso la Casa Circondariale di Catania, il C. aveva nominato suo difensore di fiducia l’Avv. Del Vecchio ed era stato rimesso in libertà nel dicembre del 2010; nel maggio del 2013 il C. aveva deciso di rientrare nel proprio paese nominando di nuovo l’Avv. Bedetti presso il cui studio aveva eletto domicilio; l’Avv. Bedetti, all’udienza preliminare, aveva rinunciato alla difesa producendo raccomandata spedita al suo assistito che, perciò, assume la difesa, non era mai venuto a conoscenza del processo instauratosi a suo carico; il GUP aveva nominato un difensore di ufficio e dichiarato la contumacia dell’imputato disponendone il rinvio a giudizio; il Tribunale, alla luce della normativa sopravvenuta, aveva dichiarato la "assenza" dell’imputato che, all’esito, aveva condannato con sentenza impugnata dal difensore di ufficio; rileva che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che il C. non avesse diritto alla notifica dell’estratto contumaciale; sottolinea, infatti, che il Tribunale, ha dichiarato la "assenza" in violazione di legge e, comunque, senza verificare se il ricorrente fosse venuto a conoscenza del processo; sottolinea, quanto a questo secondo aspetto, che la rinuncia del difensore di fiducia impediva di presumere la conoscenza del decreto di rinvio a giudizio da parte dell’imputato in quanto notificatogli presso il domicilio eletto; rileva che, in ogni caso, ai sensi della L. n. 118 del 2014, art. 15bis il "regime" applicabile era quello della "contumacia" e che la violazione della disciplina intertemporale introdotta dalla legge predetta implica nullità assoluta eccepibile e rilevabile in ogni stato e grado; segnala che la dichiarazione di "contumacia" già avvenuta dava diritto al C. alla notifica dell’estratto contumaciale denunziabile, in caso contrario, ai sensi dell’art. 175 c.p.p.; ribadisce come sia dovere dell’ufficio verificare la avvenuta conoscenza del processo da parte dell’imputato sottolineando, inoltre, le caratteristiche ed i presupposti di tale effettiva conoscenza nonché la assenza di attività difensiva da parte del difensore di fiducia quale elemento tale da giustificare la istanza di rimessione in termini;
3. il PG ha trasmesso la requisitoria scritta in cui conclude per la inammissibilità del ricorso: rileva, a tal proposito, che il C. era stato dichiarato "assente" all’udienza del 3.7.2014 quando, entrata in vigore la normativa di cui alla L. n. 67 del 2014, non era invece ancora entrata in vigore la disciplina "intertemporale" di cui alla L. n. 118 del 2014; di qui l’onere della difesa di eccepire la mancata conoscenza del processo nonostante la intervenuta elezione di domicilio presso il difensore di fiducia e l’avvenuto arresto del ricorrente che imponeva un onere di diligenza sullo sviluppo della vicenda processuale.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato nei termini di cui appresso.
1. Con istanza proposta in data 7.3.2020 tramite la Direzione della Casa Circondariale di Civitavecchia alla Corte di Appello di Roma C.S. (che era stato consegnato all’Italia il giorno 14.2.2020 a seguito ed in esecuzione di un MAE) aveva chiesto di essere rimesso in termini per impugnare la sentenza del Tribunale capitolino del 9.7.2015, parzialmente riformata con la sentenza della Corte di Appello di Roma (che aveva preso atto della intervenuta prescrizione di reato sub 3 della rubrica e rideterminato la pena in anni 4 e mesi 6 di reclusione), a sua volta (formalmente) definitiva ed irrevocabile il 28.11.2017.
L’odierno ricorrente aveva fatto presente che "il procedimento di primo grado si teneva senza che lo ne fossi a conoscenza" e che "anche l’atto di appello veniva proposto dal difensore senza che lo ne fossi venuto a conoscenza" non avendo mai ricevuto alcuna notifica o avviso perché nel frattempo trasferitosi nel paese di origine per problemi lavorativi.
Con memoria depositata in data 22.6.2020 il difensore del C. aveva fatto presente che il Tribunale aveva erroneamente ravvisato l’esistenza dei presupposti per dichiarare la "assenza" dell’imputato avendo ritenuto sufficiente a tal fine la intervenuta applicazione di una misura cautelare e l’avvenuta nomina di un difensore di fiducia presso il quale era stata eseguita la notifica del decreto di citazione a giudizio; la difesa aveva sottolineato che, al contrario, la venuta meno del rapporto fiduciario prima ancora dell’esercizio dell’azione penale aveva comportato un "vuoto informativo" che avrebbe dovuto indurre il Tribunale ad operare una verifica puntuale e rigorosa della avvenuta conoscenza del processo da parte dell’istante il quale, invece, ignaro sia della instaurazione del processo di primo grado che della impugnazione proposta dal difensore, aveva saputo della sua esistenza soltanto con la esecuzione della condanna e la esecuzione di un MAE con consegna all’Italia avvenuta il 14.2.2020; aveva segnalato, ancora, che la assenza era stata dichiarata illegittimamente anche in alla luce della L. n. 118 del 2014, art. 15bis e che il difensore aveva impugnato nell’esercizio del suo diritto autonomo.
2. La Corte di Appello, nel respingere la richiesta di rimessione in termini, ha spiegato che: a) in data 28.5.2013 il C. , indagato nell’ambito del procedimento RGNR 12873/13, aveva nominato difensore di fiducia l’Avv. Caterina Bedetti presso cui aveva eletto domicilio; b) all’udienza preliminare, l’Avv. Bedetti aveva rinunciato al mandato difensivo con nota inviata all’imputato tramite raccomandata; c) il GUP aveva nominato al C. un difensore di ufficio nella persona dell’Avv. Anixia Torti dichiarando la contumacia dell’imputato; d) all’udienza del 3.7.2014 il Tribunale aveva disposto procedersi nella sua "assenza" ed alla presenza del difensore di ufficio nominato ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 1 che nulla aveva eccepito sul punto come avrebbe a suo avviso dovuto fare in presenza di una eventuale nullità a regime intermedio per questo motivo sanata; il processo si era concluso con sentenza del 9.7.2015 che era stata impugnata dal difensore con argomentazioni vertenti esclusivamente sul merito e nulla eccependo sulla dichiarazione di assenza.
La Corte di Appello ha inoltre richiamato gli oneri di diligenza gravanti in capo all’imputato in conseguenza della nomina di un difensore di fiducia e della elezione di domicilio e che, nel caso di specie, il C. era stato validamente difeso nel corso del processo da parte del medesimo difensore di ufficio che, dopo aver partecipato a tutte le udienze, aveva anche impugnato la sentenza di primo grado.
In definitiva, la Corte ha vagliato la istanza difensiva sotto il profilo della legittimità della dichiarazione di "assenza" ai sensi dell’art. 420bis c.p.p. pervenendo a conclusioni che, in astratto, sono perfettamente condivisibili ed il linea con la giurisprudenza di questa che Corte in più occasioni chiarito che lo stato di ignoranza incolpevole del processo, rilevante ai fini dell’art. 420bis c.p.p. e 6 CEDU, deve essere esclusa nel caso in cui risulti che l’imputato, attraverso singoli atti della progressione processuale - quali in particolare l’elezione di domicilio, la nomina di un difensore di fiducia oppure l’arresto, il fermo o la sottoposizione a misura cautelare -, sia venuto a conoscenza dell’esistenza di un procedimento che genera, a suo carico, un onere di diligenza che si esprime anche nel dovere di mantenere i contatti con il difensore, ancor più se nominato di fiducia (cfr., Cass. Pen., 2, 20.11.2020 n. 34.041, Kebaili El Houari).
3. Se non ché, l’errore in cui la Corte è caduta è proprio sulla applicabilità della normativa sul processo "in absentia" introdotto, come è noto, dalla L. 28 aprile 2014, n. 67 pubblicata sulla GU del 2.5.2014 ed entrata in vigore il 17.5.2014 quando, in data 28.11.2013, si era già celebrata la udienza preliminare dove il C. era stato dichiarato "contumace" (cfr., dal verbale dell’udienza preliminare, in atti).
La prima udienza dibattimentale si era inoltre celebrata il giorno 3.7.2014, quando era entrata in vigore la L. n. 67 del 2014 ma non ancora la L. n. 118 del 2014 che avrebbe introdotto una apposita disciplina intertemporale con l’inserimento, nella L. n. 67 del 2014 e con decorrenza dal 22.8.2014, dell’art. 15bis, a mente del quale le disposizioni sul processo "in absentia" si sarebbero applicate anche ai procedimenti già in corso alla data di entrata in vigore della legge ma "... a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado" specificando ulteriormente che "In deroga a quanto previsto dal comma 1, le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando l’imputato è stato dichiarato contumace e non sia stato emesso il decreto di irreperibilità".
La questione, tipicamente di diritto "intertemporale", presenta un ulteriore peculiarità nel caso che ci occupa, in cui la normativa "transitoria" non era ancora stata adottata: e, tuttavia, questa Corte, in una decisione resa in una fattispecie del tutto simile, ha già avuto modo di chiarire che qualora l’imputato, già contumace, sia stato dichiarato assente nell’intervallo temporale intercorrente tra la modifica dell’art. 420bis c.p.p. apportata dalla L. 28 aprile 2014, n. 67 e l’entrata in vigore della norma transitoria di cui all’art. 15bis della suddetta legge (articolo inserito dalla L. 11 agosto 2014, n. 118 ed in vigore dal 22 agosto 2014), l’ordinanza deve ritenersi priva di efficacia, in quanto il regime transitorio deve ritenersi applicabile a tutti i procedimenti in corso in cui è stata dichiarata la contumacia, ma non è stata pronunciata la sentenza di primo grado,cfr., Cass. Pen., 5, 28.3.2018 n. 33.112, Siessena, in cui si è ritenuto che erroneamente era stata omessa la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado per effetto della conversione della contumacia in assenza, disposta in violazione della L. n. 118 del 2014, art. 15bis).
In questa occasione la Corte ha richiamato le decisioni con cui si er9à spietato che "... anche in difetto della norma transitoria poi emanata, in funzione sostanzialmente ricognitiva e chiarificatrice, la corretta applicazione, costituzionalmente orientata, del principio tempus regit actum avrebbe imposto la conservazione nei processi in corso delle guarentigie accordate dalla legge processuale precedente ai soggetti dichiarati contumaci prima dell’entrata in vigore della L. n. 67 del 2014" escludendosi perciò l’immediata applicazione della disciplina del processo "in absentia" ai processi in cui fosse stata già dichiarata la contumacia dell’imputato da cui deriva "... la sussistenza dell’obbligo di notifica dell’estratto della sentenza contumaciale, unitamente all’avviso di deposito, qualora il giudizio di merito, a carico dell’imputato, dichiarato contumace anteriormente alla data di entrata in vigore della L. n. 67 del 2014, fosse stato definito dopo tale data ma prima della entrata in vigore della disciplina transitoria, di cui all’art. 15bis della stessa legge, introdotto dalla L. n. 118 del 2014, sempre che la dichiarazione di contumacia non fosse dipesa dalla presa d’atto di una formale irreperibilità non derivante da colpa. (Sez. 1, n. 20485 del 08/03/2016, Sannino, Rv. 266944; Sez. 1, n. 36343 del 16/03/2016, Capoccitti e altri, Rv. 268265; Sez. 1, n. 51466 del 8/6/2017, in motivazione)..." (cfr., ancora, la sentenza "Siessena" sopra richiamata in cui si è ribadito che "... la dichiarazione di contumacia è actum che esprime una qualificazione particolare del rapporto tra l’imputato non comparso ed il procedimento che lo riguarda e che si colloca nella fase iniziale e costitutiva del rapporto processuale, con effetti che permangono, salvo comparizione dell’interessato, sino alla definizione del processo (...)" che "... la disciplina innovativa (adottata con L. n. 67 del 2014), pertanto, non era idonea a determinare una diffusa rimozione (...) del generale principio tempus regit actum (...) ma doveva essere analizzata nelle sue concrete disposizioni in termini comparativi (tra le due discipline) ed in rapporto al complessivo livello di garanzia fornito, alla luce del dichiarato intento del legislatore italiano di adeguarsi ai contenuti delle decisioni della CEDU in tema di giusto processo".
In ogni caso, si è segnalato, "... con l’entrata in vigore della L. n. 118 del 2014 l’ordinanza aveva cessato comunque di aver effetti poiché la disposizione transitoria introdotta in quel momento, ossia il predetto art. 15bis, si applicava a tutti i procedimenti in corso in cui fosse stata dichiarata la contumacia prima dell’entrata in vigore della L. n. 67 del 2014 e quindi anche a quelli nei quali, nelle more, si fosse provveduto erroneamente a convertire la contumacia in assenza"; d’altro canto, come invece ritenuto dalla Corte di Appello nel caso che ci occupa, "... nessun onere aveva quindi il difensore di contestare o eccepire la nullità di un provvedimento ormai caducato, tanto in sede di conclusioni di primo grado, quanto in sede di motivi di appello" e comunque non "... si è verificata alcuna sanatoria del vizio che lo affliggeva"... in quanto "... prima che si concretasse una effettiva lesione dei diritti processuali dell’imputato con l’omissione della notificazione dell’avviso di deposito della sentenza di primo grado e dell’estratto contumaciale, il suo difensore non avrebbe avuto titolo, nè interesse, a dolersi dell’anomalo provvedimento di "conversione", di per sé privo di conseguenze giuridiche, sino a che l’opinione di principio espressa dal Tribunale non si fosse tradotta in un effettivo vulnus alla sfera giuridica dell’imputato... il che è avvenuto solo con la concreta omissione della notificazione, che avrebbe potuto benissimo non conseguire, sol che si fosse correttamente proceduto nel rispetto delle regole del processo contumaciale applicabile ratione temporis".
Nè rileva che la dichiarazione di contumacia fosse intervenuta nel corso dell’udienza preliminare (cfr., Cass. Pen., 1, 28.1.2020 n. 8.595, Gheorghe Nicolae, in cui la Corte ha chiarito che la disciplina transitoria prevista per i procedimenti in corso dalla L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 15bis, comma 2, secondo cui seguitano ad osservarsi le disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore della suddetta legge nel caso in cui l’imputato sia già stato dichiarato contumace e non sia stato emesso nei suoi confronti decreto di irreperibilità, trova applicazione anche qualora la contumacia dell’imputato non irreperibile sia stata dichiarata all’udienza preliminare, a nulla rilevando l’eventuale sua successiva dichiarazione di assenza da parte del giudice del dibattimento, atteso l’affidamento ingenerato nell’imputato in ordine allo statuto di tutela conseguente all’iniziale dichiarazione di contumacia, principio affermato in una ipotesi in cui era stata omessa la notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado ad un imputato dichiarato assente alla prima udienza dibattimentale nonostante fosse già stato dichiarato contumace all’udienza preliminare).
In definitiva, quindi, la dichiarazione di contumacia, intervenuta nel caso che ci occupa in sede di udienza preliminare, aveva tuttavia costituito, in capo all’imputato, uno "status" insuscettibile di venir meno per effetto della normativa sopravvenuta e che avrebbe dovuto comportare la notifica dell’estratto contumaciale ai sensi dell’art. 548 c.p.p., comma 2 nella "versione" antecedente la legge del 2014.
4. Il provvedimento impugnato va dunque annullato perché viziato da un errore di diritto nella misura in cui, come si è visto, la Corte di Appello ha ritenuto direttamente applicabile la normativa sul processo "in absentia" con ogni successiva implicazione in ordine relativamente, in particolare alla mancata notifica dell’estratto contumaciale della sentenza.
Resta da esaminare quali siano le conseguenze di questa erronea prospettiva: ma, a ben guardare, ed ancor prima, è necessario interrogarsi sulla correttezza o meno dello strumento attivato dall’odierno ricorrente che, avendo "colto" la sostanza del problema, e proprio per questo, avrebbe dovuto attivarsi diversamente.
È infatti costante nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui l’istituto della restituzione nel termine (e, vale la pena di ribadirlo, sempre nella "versione" dell’art. 175 c.p.p. antecedente l’entrata in vigore della L. n. 67 del 2014) presuppone che si sia formato il titolo esecutivo a seguito della rituale notifica del provvedimento avverso il quale si intende proporre impugnazione; diversamente, va proposta l’impugnazione tardiva qualora si adduca l’esistenza di una invalidità che ha invece impedito la formazione del titolo anzidetto (cfr., Cass. Pen., 2, 22.9.2011 n. 36.488, Agazzi, secondo cui, perciò, l’istanza di restituzione nel termine per l’impugnazione della sentenza contumaciale di condanna emessa dalla Corte di Appello, se finalizzata a far valere una patologia attinente all’omessa formazione del titolo esecutivo per difetto di notifica dell’estratto contumaciale e non la mancanza di conoscenza effettiva pur quando l’estratto sia stato correttamente notificato, va qualificata come incidente di esecuzione, con conseguente necessità della trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione).
Di conseguenza, la Corte di Appello, non avrebbe potuto provvedere sulla istanza di rimessione in termini, che va qualificarla in termini di incidente di esecuzione: e perciò, rimosso il provvedimento impugnato, viziato nei termini sopra indicati, la istanza del C. va in questa sede qualificata come incidente di esecuzione e di conseguenza gli atti vanno trasmessi alla medesima Corte di Appello competente a provvedere in questa veste ai sensi dell’art. 665 c.p.p. attesa la intervenuta parziale riforma della decisione di primo grado.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e, qualificata l’istanza come incidente di esecuzione, dispone trasmettersi gli atti alla Corte di Appello di Roma quale Giudice dell’Esecuzione.