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Condanna contumaciale e decorso del termine (Cass. 4904/15)

15 febbraio 2015, Cassazione penale

La persona che al momento della notificazione dell'atto giudiziale si trovi in stato di custodia all'estero, il termine finale entro cui far valere l'istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione è rappresentato, ai sensi dell'art. 175 c.p.p. , comma 2 bis, dal trentesimo giorno a partire dalla data della consegna allo Stato, non operando autonomamente la limitazione del trentesimo giorno a far data dalla conoscenza del provvedimento dell'autorità giudiziale italiana.

Il condannato in contumacia gode del termine di trenta giorni dall'entrata nel territorio nazionale, indipendentemente dalla conoscenza del procedimento o della nomina di uno o più difensori fatta in precedenza.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

(ud. 27/11/2014) 02-02-2015, n. 4904

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -

Dott. D'ISA Claudio - rel. Consigliere -

Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -

Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -

Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.A. n. il (OMISSIS);

avverso l' ordinanza n. 25/13 della Corte d'appello di Brescia del 14.10.2013;

Visti gli atti, l'ordinanza ed il ricorso;

Udita all'udienza camerale del 27 novembre 2014 la relazione fatta dal Consigliere dott. Claudio D'Isa;

Udite le richieste del Procuratore Generale nella persona del dott. Oscar Cedrangolo che ha concluso per il rigetto;

L'avv. I.P. o si riporta ai motivi del ricorso e ne chiede l'accoglimento con l'annullamento dell'ordinanza impugnata, in subordine chiede che venga esaminata la questione di legittimità costituzionale con riferimento alla L. n. 67 del 2014, art. 15 bis capo terzo.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione


L.A., attualmente detenuto presso la Casa di Reclusione di (OMISSIS), propone ricorso avverso l'ordinanza, indicata in epigrafie, della Corte d'appello di Brescia, che, su rinvio di questa Corte sez. 3, ha respinto l'istanza presentata dal medesimo, in data 24/3/2012, di restituzione in termine con riferimento alla sentenza emessa a suo carico dal Tribunale di Brescia in data 1/2/2002, all'esito della quale è stato condannato alla pena di anni dodici di reclusione ed Euro 800,00 di multa (sentenza poi confermata, a seguito di gravame interposto dal difensore, dalla sentenza della Corte di Appello di Brescia in data 4/11/2005).

In tale istanza il ricorrente aveva dedotto di aver avuto conoscenza del procedimento solo in occasione del suo arresto, avvenuto in Albania a seguito di domanda di estradizione presentata dallo Stato italiano, non avendo ricevuto in precedenza alcuna notifica, nè essendosi volontariamente sottratto al procedimento.

La Corte d'Appello di Brescia, Sezione Seconda, investita della richiesta, compiva accertamenti, così come consentito dall'art. 175 c.p.p. , comma 1, consistiti in particolare nell'assumere le dichiarazioni dell'Avv. E.T., che aveva assistito il L. nel corso del giudizio di appello, ed anche in esito a detti accertamenti respingeva de plano l'istanza.

Avverso di essa il L. proponeva ricorso per cassazione.

La Corte di legittimità, con sentenza in data 6 febbraio 2013, annullava l'ordinanza impugnata e rinviava alla Corte d'appello per l'ulteriore esame. Chiariva la Suprema Corte che il decreto di inammissibilità dell'istanza di restituzione del termine può essere emesso de plano solo quando l'istanza risulti inammissibile o meramente reiterativa di altra precedente istanza e quando non vi sia stata la necessità di esaminare nuovi elementi che amplino il tema probatorio sottoposto all'esame del giudice con l'istanza stessa.

Quando, invece, si è presentata la necessità di esaminare nuovi elementi, deve essere data all'istante la possibilità di instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto dall'art. 666 c.p.p. , comma 3, posto che, nel caso concreto, nell'ordinanza impugnata era stato fatto ampio riferimento agli accertamenti compiuti per verificare il fondamento della stessa e, quindi, si rendeva necessario sentire le parti in merito.

Celebrato il processo in camera di consiglio la Corte ha respinto l'istanza ritenendo la stessa presentata fuori dal termine previsto dall'art. 175 c.p.p. , comma 2.

In particolare, rigettava preliminarmente la deduzione difensiva formulata oralmente in udienza, secondo la quale l'instaurazione del contraddittorio avrebbe implicato che anche le dichiarazioni rese dall'Avv. Trommacco fossero assunte in presenza delle parti.

Argomentava che nessuna norma, infatti, impone che il contraddittorio abbia una tale latitudine, essendosi limitata la Suprema Corte, in tutte le ipotesi simili ed anche con la sentenza di annullamento in forza del quale si svolgeva l'attuale procedimento in sede di rinvio, ad affermare che sugli elementi assunti era necessario che le parti potessero interloquire.

Quanto alla intempestività della domanda, la Corte bresciana espone che risulta dagli atti che il L., in esito alla sentenza della Corte d'Appello, aveva provveduto alla nomina di difensore di fiducia affinchè fosse proposto ricorso per cassazione e, ritenuto che detta nomina è antecedente alla presentazione del ricorso medesimo, depositato il 14 gennaio 2006, deve farsi risalire, quantomeno, a questa data l'effettiva conoscenza dei provvedimenti giurisdizionali a suo carico. Deriva da tale constatazione che l'istanza del remissione in termini per impugnare la sentenza di primo grado, depositata il 13 gennaio 2012, è stata presentata oltre il termine di 30 giorni previsto dalla norma citata.

Per completezza di motivazione, osserva che risulta che, in ogni caso, il richiedente avesse avuto conoscenza della sentenza di primo grado a suo carico anche in data antecedente al giudizio d' appello (celebratosi il 4/11/2005), poichè allo scopo di essere assistito in detto giudizio (instaurato a seguito dell'interposto gravame da parte del difensore d'ufficio) aveva nominato quale difensore di fiducia l'Avv. E.T.

L'Avv. T., infatti, ha ricordato di aver ricevuto una telefonata nel periodo intercorrente tra la sentenza di primo grado e il giudizio d'appello direttamente dal L. o da un suo incaricato, di aver dato disposizioni affinchè fosse redatto un atto di nomina con traduzione in lingua italiana e di aver, quindi, ricevuto l'atto di nomina compiuto personalmente dall'odierno richiedente innanzi ad un notaio in Albania, che ne aveva autenticato la sottoscrizione.

Per la Corte è, pertanto, pacifico che il L. fosse a conoscenza già in quella data della sentenza di primo grado, poichè, diversamente, non avrebbe nominato un difensore di fiducia per essere assistito nei corso dell'appello ed anche tale conclusione conduce a ritenere che l'istanza di remissione in termini di cui si discute in questa sede è stata depositata quando il termine di decadenza di giorni trenta di cui all'art. 175 c.p.p. , comma 2 bis era ampiamente decorso.

Con il primo motivo del ricorso, presentato dal difensore di fiducia avv. G.S., il ricorrente denuncia violazione di legge per violazione dei contraddittorio per essere state assunte le dichiarazioni testimoniali dell'avv. T. al di fuori dell'udienza camerale ed assunte dal Presidente senza garanzia del contraddittorio, se ne contesta, pertanto, l'utilizzabilità ai fini della decisione di rigetto dell'istanza di restituzione in termini.

Si contesta la decisione della Corte risultando per il ricorrente dei tutto evidente che essa non abbia fatto buon governo dei principio del contraddittorio e delle norme previste in relazione alla sua puntuale osservanza nella formazione della prova orale rappresentativa, in violazione dei principi costituzionalmente garantiti del giusto processo.

Con il secondo motivo si denuncia altra violazione di legge con riferimento alla erronea interpretazione della nozione di effettiva conoscenza del provvedimento prescritta dall'art. 175 c.p.p. , comma 2. La Corte ha ritenuto che l'interessato avesse avuto l'effettiva conoscenza della sentenza di condanna del Tribunale sulla scorta di quanto dichiarato dall'avv. T., con la conseguenza che la nozione di piena conoscenza dei procedimento viene ridotta ad una mera enunciazione di principio e privata dalla necessaria effettiva verifica imposta dall'art. 175 c.p.p.. La Corte trascura di considerare che l'appello non venne proposto dall'avv. T., ma dal difensore d'ufficio, per cui non è possibile dedurre dalle dichiarazioni dei legale alcun dato tale da comprovare la piena ed effettiva consapevolezza da parte del L. del procedimento a suo carico.

Con il terzo motivo si denuncia vizio di motivazione risultante dal testo del provvedimento con. riferimento alla valutazione delle dichiarazioni rese dall'avv. T.

Il ricorso a firma dall'avv. P.I., altro difensore di fiducia, in sostanza ripercorre le stesse argomentazioni (con riferimento alla violazione del principio del contraddittorio e della disposizione dell'art. 175 c.p.p. in relazione alla nozione di "effettiva conoscenza del procedimento") con la denuncia ulteriore della violazione della disposizione dall'art. 6 C.E.D.U.. Si argomenta che in tale disposizione normativa europea il concetto di "conoscenza effettiva" del procedimento presuppone un atto formale di contestazione idoneo ad informare l'accusato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile ed in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico, al fine di consentirgli di difendersi nel merito. Nel caso di specie la prova della effettiva conoscenza non è stata raggiunta.

Con ulteriore memoria difensiva l'Avv. I., circa la tempestività dell'istanza ex art. 175 c.p.p. sottolinea il fatto che il ricorrente, come tutti gli altri estradati, gode del termine di trenta giorni dall'entrata nel territorio nazionale, indipendentemente dalla conoscenza del procedimento o della nomina di uno o più difensori fatta in precedenza, su tale aspetto si richiama la sentenza di questa Corte n. 2320 del 2013 della 3A sezione penale, secondo cui per la persona che al momento della notificazione dell'atto giudiziale si trovi in stato di custodia all'estero, il termine finale entro cui far valere l'istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione è rappresentato, ai sensi dell'art. 175 c.p.p. , comma 2 bis dal trentesimo giorno a far data dalla conoscenza del provvedimento dell'autorità giudiziaria.

Si invoca, comunque, l'applicazione delle disposizioni di cui alla L. 28 aprile 2014, n. 67 con la quale il legislatore ha definitivamente risolto le incongruenze tra le varie norme in materia di restituzione nei termini con riferimento alla posizione del contumace conferendo u diritto pieno a veder retrocedere il procedimento al momento in cui quei diritti potevano essere esercitati e laddove il prevenuto era assente al procedimento non per sua volontà. La nuova disposizione conferisce al richiedente la rescissione del giudicato laddove è accertato che lo stesso non aveva avuto conoscenza del procedimento sin dal primo grado di giudizio e cioè fino al momento in cui avrebbe potuto far valere i suoi diritti ai riti alternativi.

Il ricorso va accolto.

L'accoglimento è determinato dalla non condivisibilità delle argomentazioni poste dall'impugnata ordinanza in ordine alla ritenuta inammissibilità dell'istanza di cui all'art. 175 c.p.p. per la sua intempestività.

Questo è il tema principale del procedimento posto all'esame della Corte.

Ancor prima, però, è opportuno, ancorchè la Corte d'appello di Brescia abbia rigettato, incidenter tantum, la deduzione difensiva formulata oralmente nel corso del procedimento camerale circa la non utilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'avv. T., fuori udienza, al Presidente del Collegio, quali sono i limiti del contraddittorio che caratterizzano l'udienza camerale, nella specie, quella che si svolge innanzi al Giudice dell'esecuzione.

Questa Corte nel ribadire, nel rispetto del principio generale del contraddittorio, quale garanzia fondamentale del diritto di difesa, che non può considerarsi eccezionale il ricorso al rito camerale, alla presenza della parte privata, tutte le volte in cui occorra decidere su un'istanza rituale, tipica, quale la rimessione in termini ex art. 175 c.p.p. , destinata ad influire sullo svolgimento del processo, afferma altresì che non possono porsi limiti allo svolgimento dello stesso diversamente da come opina la Corte d'appello di Brescia.

Porre dei limiti alla esplicazione del contraddittorio significa, costringere la trattazione entro i confini della disamina meramente documentale; con esclusione, quindi, delle prove costituende; innanzitutto testimoniali, ma eventualmente anche per esame della parte, o perfino peritali (ad esempio, sulla genuinità della sottoscrizione dell'accipiens della notifica), in contrasto con il chiaro dettato dell'art. 175 c.p.p. , novellato, secondo cui l'autorità giudiziaria "compie ogni necessaria verifica": locuzione estremamente lata che non può considerarsi preclusiva, in astratto, di alcun mezzo legale di prova.

Ciò precisato, la tempestività della presentazione dell'istanza di rimessione in termini da parte del L. discende dall'applicazione del principio giurisprudenziale di cui alla sentenza, richiamata dalla difesa, n. 2320 del 2013 della 3^ sezione penale di questa Corte.

E' stato affermato, infatti, che il termine di trenta giorni dalla consegna allo Stato italiano concesso alla parte per proporre le proprie censure avverso il provvedimento legittimante la procedura di consegna costituisca una garanzia che si aggiunge al termine ordinariamente fissato a partire dalla data di avvenuta conoscenza del provvedimento di condanna.

Tale lettura della normativa risponde all'evidente volontà del legislatore di assicurare alla persona detenuta in territorio estero, e dunque in condizione di maggiore difficoltà, la possibilità di esercitare pienamente le proprie difese, una volta giunta nel territorio dello Stato, avvalendosi dell'assistenza tecnica che lo Stato comunque assicura.

Sia il testo della disciplina applicata sia la "ratio" adesso esposta contrastano con la interpretazione fornita dalla Corte di appello, non potendosi considerare intempestiva la richiesta che la persona arrestata proponga anteriormente la consegna e, dunque, anteriormente alla decorrenza del termine concesso dall'ordinamento per l'esercizio del diritto di difesa ex art. 175 c.p.p. , comma 2 bis.

Va così affermato il principio secondo cui per la persona che al momento della notificazione dell'atto giudiziale si trovi in stato di custodia all'estero il termine finale entro cui far valere l'istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione è rappresentato, ai sensi dell'art. 175 c.p.p. , comma 2 bis, dal trentesimo giorno a partire dalla data della consegna allo Stato, non operando autonomamente la limitazione del trentesimo giorno a far data dalla conoscenza del provvedimento dell'autorità giudiziale italiana.

Sulla base delle considerazioni che precedono l'ordinanza deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Brescia che procederà, in applicazione del principio fissato con la presente decisione, a nuovo esame.

Per completezza di motivazione, con riferimento al richiamo della nuova normativa sulla contumacia di cui alla L. n. 67 del 2014 , le S.U. di questa Corte, con sentenza n. 36848 del 17 luglio 2014, hanno affermato che l'istituto della rescissione del giudicato, di cui all'art. 625-ter cod. proc. pen. , si applica solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata l'assenza dell'imputato a norma dell'art. 420-bis cod. proc. pen. , come modificato dalla L. 28 aprile 2014, n. 67 , mentre, invece, ai procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della legge indicata, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall'art. 175 c.p.p. , comma 2 nel testo previdente.

P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Brescia.

Così deciso in Roma, nella Udienza camerale, il 27 novembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2015